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STORIE E RACCONTI EROTICI
VIETATI AI MINORI DI 18 ANNI
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VIETATO AI MINORI DI 18 ANNI
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NOTE:
“Il profumo naturale di una donna è la sua maggiore attrattiva, dopo la bellezza. Emana da tutto il corpo femminile: capelli, pelle, seni, ascelle, genitali. L'odore e la grana della pelle sono probabilmente gli elementi più importanti nel meccanismo di attrazione sessuale.”
Alex Comfort
ABUSATA IN DISCOTECA
A volte stupidamente nella vita accadono fatti che la sconvolgono completamente e si vorrebbero non aver mai vissuto o dimenticare rapidamente, come se non fossero mai avvenuti, e si cerca di non ricordare, oppure viverli con distacco come se fossero accaduti ad altri. Ma purtroppo sono sempre lì davanti ai tuoi occhi ogni sera e ogni giorno a ricordartelo.
Quello che sto per confessarvi, accade qualche anno fa in vacanza con mio marito, allora non avevamo ancora figli, eravamo sposini da meno di un anno e innamoratissimi. Io mi ero appena laureata in Giurisprudenza, lui, Diego lo era già, essendo più grande di me di alcuni anni.
Era il primo anno che facevamo le vacanze da sposati, a parte quelle della luna di miele. Era un mese di luglio particolarmente caldo ed eravamo al mare in una nota località turistica italiana sul Tirreno, affollata di turisti tanto da sembrava che in quella cittadina ci fosse una bolgia infernale, un carnaio umano, tanta gente c’era.
Mi chiamo Marina, sono una ragazza comune, capelli biondi sulle spalle, snella, sempre ben curata nell’aspetto e ora ho 30 anni, quanto sto per narrarvi, accadde che ne avevo 24, ero ingenua e nella professione che mi accingevo a svolgere credevo nell’onestà delle persone anche se sbagliavano e anche se giovani.
Sono cresciuta in una famiglia cattolica del nord Italia, in una piccolissima zona di periferia dove non succedeva mai niente di interessante. Da piccola pensavo che avrei avuto una vita giudiziosa, onesta e saggia e per questo avevo deciso di fare l’avvocato. Raggiunta la maturità, ho conosciuto un ragazzo splendido, di cui me ne sono innamorata, tanto innamorata che come lui non vedevo l’ora che arrivasse sera per incontrarci e a volte fare l’amore. Ci amavamo molto, camminavamo sulle nuvole e ora è mio marito.
I giorni nella località di villeggiatura passavano spensierati e felici, tra bagni ed escursioni in collina. Un pomeriggio fummo invitati da dei conoscenti occasionali, pescatori del posto, a partecipare alla pesca notturna in alto mare, una pesca caratteristica e attrazione del luogo a cui lambivano molti turisti. Mio marito che era appassionato di pesca era felice, gli piaceva il mare, gli dava allegria ed entusiasmo e desiderava parteciparvi, ma io meno.
“Andiamoci amore, dicono che è una pesca bellissima, si va al largo lontano dalla costa e si pesca in notturna, è una pesca caratteristica di tonni …” Mi spiegò entusiasta dell’invito, proseguendo con enfasi: “Ha un fascino senza tempo, si va in alto mare, è considerata una delle più importanti pesche del Mediterraneo, ed è un’attività che si tramandano di padre in figlio i pescatori. Si svolge con le lampare …”
“Con le lampare?... Cosa sono le lampare?” Domandai interrompendolo.
“Sono piccole imbarcazioni, munite di una grossa una grossa lampada che viene montata sulla poppa, ed è accesa e usata rigorosamente di notte per illuminare l’acqua. Questo sistema attira i pesci compreso i tonni e i pesce spada, che vengono successivamente irretiti o catturati con la fiocina. Dalla lampada prende il nome anche l’imbarcazione, ‘lampara’.” Mi informò.
Sorrisi. “Già peccato amore che io soffra il mal di mare e poi non mi piace vedere soffrire e uccidere gli animali anche se sono pesci.” Dissi memore della mia sensibilità in materia animale di qualunque tipo e di una escursione sul battello che mi fece vomitare e stare male tutto il giorno.
” Ti ricordi la gita lo scorso anno in Sardegna? Dissi. E poi sinceramente non mi andava di vedere ammazzare quei poveri e grossi pesci che scorrevano liberi e felici nel mare.
Sorrise anche lui: “Prendi la pastiglietta per il mal di mare.” Replicò alla mia contrarietà
“No… è lo stesso! Non mi fa niente lo sai, l’avevo presa anche lo scorso anno. “Mi guardò abbozzando un sorriso: “Allora non andiamo!” Esclamò subito.
Sapendo quando ci tenesse a trascorrere la serata in quel modo e dimostrandomi il suo amore con quell’atto di rinunciare al suo svagarsi e divertirsi per stare con me, lo abbracciai e strinsi forte e mi sentii in dovere di dirgli: “No! Non è giusto che rinunci per me!... Vai tu! Io resto qui stasera.”
“E che fai da sola? “Si premurò a chiedermi.
“Niente, passeggerò, sentirò un po’ di musica o guarderò la tv e poi me ne andrò a letto e aspetterò che in mattinata arrivi tu, il mio pescatore!” Esclamai puntandogli il dito contro il petto e spingendolo sorridendogli.
Sorrise anche lui:” Ma sei sicura? Non ti annoi da sola? Guarda che io rinuncio volentieri per stare con te.”
“No, non voglio, non rinunciare, vai tranquillo, capitano raramente queste occasioni, non è giusto che declini l’invito perché io soffro il mal di mare e non mi piacciono vedere certe cose, io ti aspetterò, piuttosto portati qualcosa di pesante che ti tenga caldo, che in alto mare farà freddo anche d’estate!”
Mi abbraccio strusciandosi e sussurrandomi scherzosamente con un doppio senso.” Ti porto il pesce domani mattina … lo vuoi!?” E rise.
Capii subito a cosa intendeva, e allegro malizioso continuò:” Quale preferisci il mio o quello pescato in nottata!?
Sorrisi sentendo la sua asta di carne indurirsi contro il mio ventre: “Il tuo pesce…! Gli altri non li ho mai assaggiati e non voglio perchè sono sicura che non mi piacciono, desidero il tuo.” Risposi subito senza esitazione ricambiando la spiritosaggine e la battuta e abbracciandolo a mia volta.
“Il mio pesce è più buono… ti piacerà di più?!” Mormorò sorridendo.
“Si! ...Lo so che è più buono! È bello e grosso … è un pescione e lo preferisco a tutti quelli del mondo.” Risposi sorridendo felice inorgogliendolo, aggiungendo in quel gioco stupido di sottointesi fatto da sposini innamorati:” E lo aspetto domani mattina.”
“Anche se dormi?!” Domandò.
“Si svegliami!” Affermai. E ci fu un lungo bacio in bocca con la lingua. Erano giochetti e battute con sottointesi da innamorati quelle che ci facevamo spesso.
Il giorno seguente alle 20.00 della sera, dopo aver passato la giornata in spiaggia con lui, l’accompagnai al porticciolo turistico nella banchina dei pescatori e dopo esserci abbracciati e avergli raccomandato di stare attento e di coprirsi, partì sull’imbarcazione con i pescatori assieme ad altri turisti, per quella escursione rara e notturna.
Io tornai in albergo a cenare, al termine decisi di fare una passeggiata sul lungomare, salii in camera, mi cambiai e misi un vestitino leggero visto il gran caldo e l’afa che c’era. Mi vestii normalmente secondo la moda di qualche anno fa, con un abitino unico rosso, giovanile e molto bello. Mi piaceva molto quell’abitino perché era elegante e comodo, con la gonna che mi arrivava a mezza coscia. Salendo anteriormente verso il torace si stringeva sulla vita, evidenziandomi i fianchi e le forme, poi continuava dividendosi in due lembi larghi a coprire le mammelle, evidenziandone l’aspetto alto e arrotondato sotto il tessuto, proseguendo e restringendosi sopra il torace fino a diventare due nastri che unendosi si andavano ad annodare dietro il collo, dove il nodo veniva coperto dai miei capelli lunghi. Anteriormente appariva come una leggera scollatura a “V” stretto alla vita fino all’insenatura del seno e poi si allargava.
La scollatura posteriore era maggiore e lasciava la schiena scoperta e nuda, arrivando fin sopra i lombi, dove il tessuto aderiva alla pelle non facendo intravvedere l’interno superiore dei glutei. Non misi il reggiseno, perché si sarebbe visto dietro e sotto le scapole attraversare la schiena e non mi piaceva che si vedesse e poi potevo permettermelo, avevo 24 anni e un bel seno pieno e sodo che stava su da solo, le mie mammelle erano una terza e stavano benissimo dentro il vestito senza mostrarsi. Misi i sandali con un tacco normale da ragazza e quando fui pettinata e leggermente truccata uscii a fare due passi, prendendomi il golfino leggero tipo cardigan quasi trasparente a manica a ¾ che arrivava a metà avambraccio, da mettere eventualmente sopra le spalle a coprire la schiena se avesse fatto fresco all’improvviso. Presi la mia pochette e verso le 21.30 uscii a passeggiare. Era una bella serata calda e piena di gente.
Probabilmente senza volerlo apparivo sexy, ero una bella ragazza e con malizia attiravo l’attenzione dei maschietti.
Passeggiai tra la confusione della folla sul lungomare e andai nuovamente verso il porticciolo, presi anche il gelato e guardai il mare e le barche illuminate in lontananza, cercando di vedere la loro imbarcazione verso l’orizzonte, immaginando il mio amore felice intento ad osservare i tonni che venivano pescati. Verso le 23 decisi di tornare in albergo e nel ritorno passai davanti alla discoteca che avevo già notato nell’andare, che dava sul lungomare, piena di gente all’inverosimile e chiassosa con alcuni gruppi che per la calura erano all'esterno a fumare a scherzare e a parlare a vanvera.
Passando vidi che alcuni ragazzi fuori mi guardavano e sorridevano, uno di loro sfacciato si avvicinò invitandomi ad entrare, erano più o meno miei coetanei e c’erano anche delle ragazze più giovani con loro, ed apparivano allegri, spensierati e scherzosi come se all’interno ci fosse una festa.
Il ragazzo che mi bloccò mi venne incontro dicendomi: “Dove vai tutta sola bellissima?! Non hai paura dei brutti incontri?”
Sorridendo scossi la testa in modo negativo senza parlare, non volevo che attaccasse bottone.
“Vieni entra che balliamo e ci divertiamo un pò.” Pronunciò allungandomi il braccio per darmi la mano.
Scossi ancora la testa dicendo di no con il capo, ma insistette. Allora io… non so nemmeno perchè lo feci… gli mostrai il dorso della mano a dita aperte mostrandogli il dito con la fede nuziale, muovendolo dicendo sorridendo:” Sono sposata!”
“Noooo!!!... Che sfigaaa!!!” Esclamò lui.
“Sei già sposa !?” Chiese una ragazza vicino a lui. Annui.
E il ragazzo che mi aveva fermato mi chiese:” E tuo marito dov’è?”
È andato a pescare stasera!” Dissi.
È andato a pescareeeehh!!?... Ma è matto a lasciare sola una bella figa come te!” Esclamò con impeto e con il tipico linguaggio dei giovani dicendomi “bella figa”.
Sorrisi con celata gioia dell’aggettivo con cui mi aveva apostrofata, sinceramente mi fece piacere.
Nel frattempo arrivarono altri suoi amici e delle ragazze che li invitarono ad entrare dentro la discoteca e loro invitarono pure a me ad entrare.
“Dai vieni balliamo un po’!” Disse uno di loro dandomi subito del tu.
“No è tardi!” Risposi.
“Tardi!? Ma se sono le undici!” Ribatté uno di loro.
Seria, declinai l’invito, ma loro insistettero. Fu l’insistenza di una ragazza giovane e carina a convincermi a entrare dicendo: “Dai!!... È il compleanno di una nostra amica, vieni a bere qualcosa con noi e poi te ne vai, non ti mangiamo mica. Su non fare l’antisociale, la borghese rigorosa, siamo tutti ragazzi della tua età … non hai mica 40 anni!” Aggiunse. E l’amica vicino ripeté quasi la stessa frase:” Su entra dai bevi qualcosa con noi che festeggiamo il compleanno poi te ne vai.”
Era una bella serata calda, ero contenta quella sera e loro insistevano, erano allegri e sembravano ragazzi per bene e tutti accoppiati, mi ispirarono fiducia e non so nemmeno io perché, ma mi lasciai trascinare dai loro sorrisi e dal loro entusiasmo visto che eravamo quasi coetanei e mi lasciai convincere da quella ragazza dolce, Barbara ad entrare solo una decina di minuti.
” Almeno per una sera.” Pensai divertita. E poi quel locale si trovava a solo cento metri dall’albergo in cui alloggiavo.
” Ma solo per un momento! Cinque minuti!” Esclamai rispondendo con un sorriso affermativamente.
“Si va bene!... Fai passare la signora …” Disse uno di loro rivolgendosi agli amici facendo lo stupido. Chissà perchè, forse l’essere sposata, mi faceva sentire superiore a loro. E poi in fondo era vero, era ancora presto e un quarto d’ora potevo fermarmi.
Entrai con quella ragazza simpatica, il locale era comune a molte altre discoteche, all’interno c’era un caos indescrivibile e assordante di musica, tanto che tra loro si dovevano parlare avvicinandosi all’orecchio. C’era molta gente, forse più del dovuto, come sempre avviene nelle discoteche d’estate, che quasi non si poteva camminare. La pista era al centro, grande e colma di ragazzi e ragazze che ballavano e saltavano, da un lato c’era il bancone bar che era laterale all’entrata e dalla parte opposta i servizi igienici di toilette e un frastuono musicale con i decibel che erano altissimi. Lei si avvicinò tanto e parlandomi in un orecchio quasi mi annusò il collo e mi disse:” Noi siamo là in quell’angolo laggiù.” Indicandomelo con il dito:” Dammi la mano se non ci perdiamo nella bolgia…” È presa la sua mano mi avviai dietro a lei tra la confusione. A un certo punto si fermò, si girò e avvicinò di nuovo all’orecchio;” Dicendomi:” mmhhmmm Che buon profumo che hai…che cos’è!”
Sorrisi:” Chance (scians pronuncia) di chanel.” Pronunciai.
È buono!” Affermò:” Davvero buono…” Annusandomelo ancora parlandomi all’orecchio.
Ero contenta che piacesse, perché me l’aveva regalato mio marito e mi differenziava dalle altre, e riprendendo tra sinte e gomitate a proseguire nella folla.
Appena arrivai nel loro angolino la musica si sentiva meno forte e mi trovai attorniata da ragazzi e ragazze che ridevano, scherzavano e ballavano tra di loro con i bicchieri in mano davanti ai tavolini.
Lei presentandomi disse:” Questa è… a proposito come ti chiami tu?” Mi chiese guardandomi.
“Marina!” Risposi.
“Questa è Marina ragazzi! Una nuova amica. Io sono Barbara e lui è Diego.” E iniziarono i saluti da parte di tutti:” Ciao Marina, ciao …io sono Diego.” E ricambiai in modo generale ai saluti. “Erano tutti della stessa compagnia, ma non erano del posto, erano turisti in vacanza anche loro come noi. Qualcuno mi guardava insistentemente, probabilmente gli piacevo; sembrava un party tutto regolare, una festicciola.
Faceva caldo all’interno e posai il golfino leggero e la borsetta vicino alle altre.
Non so come è avvenuto all’improvviso mi trovai con un bicchiere in mano come loro che mi invitano a bere. “Cos’è!?” Chiesi.
“Qualcosa di forte, che scalda gli animi!” Rispose la ragazza e vedendo che esitavo disse:
“Su dai bevi qualcosa? Preferisci una cuba libra...un Alexander? “Domandò vedendo che esitavo a bere.
“No… no! Va bene questo, basta che non sia alcolico!” Ribattei io precisando: “Non bevo alcolici!”
“Ma non è alcolico e appena speziato!” Disse un ragazzo vicino a Diego sorridendo.
“E’ un drink …” Preciso quella ragazza dolce. “…ovvero Rhum e cocca cola, ma più coca cola, il rhum solo per dargli il gusto.” Disse.
Lo assaggiai, sorseggiai una, due volte effettivamente era buono, solo un po’salato e pizzicava sulla lingua, comunque lo sorseggiai. Restammo un po’ lì a parlare a fatica, quasi a urlare per sentirci in quel caos da mal di testa, che già mi ero pentita di essere entrata.
” Finisco di bere il drink e me ne vado dritta in albergo.” Pensai, e guardandomi attorno una sorsata alla volta lo bevvi quasi tutto e tra i loro sorrisi posai il bicchiere sul tavolino.
All’improvviso tra urla e canti il gruppo si mosse e qualcuno gridò:” A ballare! ...A ballare! Tutti a ballare in pista !!”
E si mossero tutti insieme presi dall’entusiasmo e io trovandomi tra loro fui inglobata nel gruppo che si spostava e mi sentii trascinata e sospinta con essi nella pista da ballo.
La pista come la sala era gremita di persone, tra urti e spinte involontarie alle altre coppie cominciarono subito a ballare.
Non era certo mia intenzione ballare, ma una volta lì con loro lo feci anch’io, ballai la disco music con il gruppo, muovendoci a ritmo di musica, assieme anche alle ragazze di quel gruppo tra cui una amica di quella Barbara che mi sorrideva.
Tutto sommato per un momento mi sentii indipendente, stavo ballando da sola in mezzo alla pista senza mio marito … con un mare di ragazze e ragazzi attorno che non conoscevo, che mi circondavano e alcuni stupidamente ci provavano con strusciamenti e sorrisi stupidi, ma con decisione li allontanavo tutti.
Ballavo normalmente, ma nei movimenti che facevo la scollatura ogni tanto si allentava un po’ sul fianco, lasciando intravvedere a chi era di lato, dondolare dentro il tessuto dell’abito, la porzione laterale delle mammelle, pallide, quasi bianche in confronto all’abbronzatura delle braccia. Erano visibili ed infatti notai alcuni ragazzi lì vicino che scioccamente si mettevano di fianco apposta per guardarmi. Uno di loro si fece avanti e si mise a ballare sorridendo di fronte a me, guardandomi negli occhi. Capii che ci provava, mi faceva il filo. Era davvero figo ma a me non interessava, ero sposata e avevo mio marito, anche se anch’io lo guardavo con sguardo un po’ malizioso continuando a ballare.
Mi lasciai prendere dalla danza e dalla musica e iniziai a ballare con lui, che mi venne sempre più vicino fino quasi a strusciarsi sul mio corpo; quel gesto mi diede fastidio e mi allontanai da lui, non mi piaceva quel genere di ballo, né quella confidenza che si pigliava, io ero sposata ed ero una ragazza seria.
All’improvviso la musica cambiò e lui venendomi incontro e davanti sempre sorridendo mi propose di ballare, appoggiò una mano sulla spalla e l’altra sul fianco iniziando ballare il lento e vidi anche tutto il gruppo di ragazzi che mi avevano invitata ad entrare, a ballare tra di loro. Osservavo quelle giovani coppie mano nella mano ballare nel buio i lenti, lasciarsi andare in abbracci ed effusione amorose, risatine stupide e bacini con nuovi abbracci e risatine.
Erano momenti di felicità di ragazzi innamorati, un pò come eravamo io e mio marito qualche anno prima. E lo pensai, in quel momento mi mancava, avrei voluto essere lì con lui a ballare, avvertivo la sua presenza anche se non c’era.
Nel gruppo danzavano tra loro con sensualità, abbracci e baci dati nella semioscurità, strusciamenti e sguardi amorosi tra loro, ed era anche bello vederli.
Io ballavo in modo distaccato con il mio partner, non conoscendolo nemmeno, e mentre danzavamo si avvicinò per cercare di parlarmi all’orecchio, chiedendomi cose stupide del tipo:
” Che musica ti piace?... Come mai ti sei sposata così giovane? “E altro ancora.
Domande a cui io non rispondevo perchè erano affari miei e perché non volevo dargli confidenza e lui mi guardava.
In quel ballo iniziarono a scaldarsi anche i corpi, non solo gli animi delle coppie, baci e strusciamenti avevano effetto su tutti ma non su di me che ero una signora sposata e anzi mi sentivo a disagio in quella situazione con quel ragazzo.
Ballammo un pò, si sudava e tra la confusione si urtavano le altre coppie di ragazzi che si muovevano adiacenti a noi, tanta era la gente.
Il ballo era lento e la sala era semibuia e stracolma, dopo alcuni passi lui mi prese per i fianchi e si portò contro di me, aderente, lo allontanai immediatamente mettendogli una mano sul torace e spingendolo lentamente indietro, dicendo forte per superare il fragore della musica la musica e farmi sentire:” No… No! Non fare così! … Non mi toccare che non voglio, credo che tu abbia sbagliato persona.”
Poi vedendo che lui continuava a toccarmi il braccio, a sfiorarlo con le dita e con la sua faccia da scemo, impassibile a quello che gli dicevo, comportandosi proprio da ragazzino bulletto che ci prova con quella più grande, decisi di andarmene e gli dissi:
” Basta!!... Sono stanca!” Mi girai e allontanai dalla pista e andai via lasciandolo da solo.
Passai tra la gente, i tavolini e in mezzo alla confusione e il vociare delle coppie di ragazzi, tanto stretti che urtavo anche loro e mi avviai nell’angolo in penombra in fondo alla sala, dove avevo lasciato golfino e borsetta. Ero sudata e accaldata e tornai a sedermi un momento prima di andare via.
Appena seduta una giovane ragazza della compagnia sorridendo mi diede un bicchiere in mano e mi invitò a bere. Avevo sete, ero accaldata e l’assaggiai, era la stessa bevanda di prima, avevo la gola secca e la bocca asciutta e la sorseggiai con gusto.
Avvertii che era speziata più della prima e leggermente alcolica o così mi parve, ma la sete era tanta che mi dissi:” La bevo e me ne vado via.” Invece in pochi minuti mentre la sorseggiavo, arrivarono tutti i loro amici della compagnia, sudati e accaldati anche loro. Mi alzai di scatto:” Io vado via!” Dissi sorridendo a quella ragazza Barbara prendendo le mie cose.
“Ma no perché? Ci stiamo divertendo” Disse il festeggiato e seppi che compiva 22 anni.
“No è tardi per me! “Ribattei:” Devo andare!”
“Ah già che tu sei sposata!” Disse sarcastico il ragazzo da cui ero fuggita dalla pista, arrivato anche lui. Non gli diedi nemmeno retta, mi era antipatico e mi guardai attorno. Loro mi invitarono a sedermi sui divanetti.
“Dai qui siamo tutti di noi!”
Mi sentivo eccessivamente accaldata e mi girava la testa, davo la colpa alla calura e al ballo e pensai che un momento di riposo mi avrebbe fatto bene.
Ero seduta sul divanetto, alla penombra malgrado le luci a intermittenza verdi, blu e gialle mi illuminassero lo stesso in minima parte, volevo solo riprendere fiato e mi ero già pentita di essere entrata e non vedevo l’ora di scappare via.
Mentre ero seduta che mi rilassavo un pochino, voltai il capo alla mia destra e osservai distrattamente la coppia seduta poco distante da a me, troppo presi a baciarsi in bocca e toccarsi apertamente dappertutto senza moderazione, non accorgendosi che poco distante da loro inibita li osservavo.
“Vuoi ballare?” Chiese ancora quel ragazzo che ci aveva provato. Lo guardai con sopportazione.
“No!” Grazie risposi con un falso sorriso.
Non mi andava più di ballare, specialmente con quell’antipatico e bulletto, volevo solo andare via, ero accaldata e avevo sempre sete.
“Non ti va di ballare con me?” Ripeté indispettito del mio no.
“Oddiooo!!!” Pensai:” Questo non ci molla!!”
Stupidamente risposi sinceramente:” Si non mi va né con te, né con nessun altro!”
“Perchè?” Domandò ancora lui.
Scrollai le spalle dicendo per tagliare corto: " Non mi va e basta!”
Non dovevo dare spiegazioni di me a nessuno, tantomeno a quel ragazzino impertinente su cosa volevo o non volevo fare io.
“Dai un ballo solo!” Ripeté arrogante sorridendo, credendo forse di piacermi.
"Oh no!!...Dioo !!... Come rompe!" Pensai ancora portandomi ancora il bicchiere in bocca bevendo sorsate di quel drink.
Mi dispiaceva e non volevo essere scortese, ma non mi andava più di stare lì con loro, mi sentivo molestata da lui e ci avevo ripensato, volevo andare via.
Quel tipo invece insisteva, continuava a parlare con me anche se si accorgeva che ero infastidita della sua presenza, anzi lo faceva apposta e si guardava in giro, come se si aspettasse che io gli dicessi di sì.
"Cosa fate di bello tu e tuo marito?" Chiese all’improvviso per rompere quel muro di indifferenza e mio disinteresse che c’era tra noi, sperando che gli dicessi qualcosa. Alla fine risposi, ma con un sorriso sarcastico e infastidita:" Secondo te? ... Siamo in vacanza!” Pronunciai irata.
Poco distante da noi, la sua amica vedendoci parlare domandò ad entrambi: “Non andate a ballare voi due?”
“Non vuole ballare con me.” Rispose lui
“Perchè? “Chiese a me con una faccia stupita.
“Perché non mi va!” Ribattei anche a lei con una espressione scocciata, delusa, di insofferenza e mi alzai contrariata dicendo:” Anzi vado via subito, devo rientrare, grazie di tutto e buona serata!”
“No dai! Resta ancora un pochino, non ti importunerà nessuno te lo prometto!” Disse lei vedendo la mia faccia scocciata verso il suo amico e redarguendolo:” Dai lasciala in pace!”
“No… ma devo andare …davvero!” Ribattei io.
“Cinque minuti ancora dai! È il mio compleanno!” Disse.
Mi era simpatica quella ragazzina, quella Barbara, era anche dolce ed educata nei modi e nel proporsi e aveva preso le mie difese, o almeno così appariva e mi risedetti.
“Solo cinque minuti però.” Dichiarai.
Vedendo che quel tipo disgustoso, sedutosi di fronte mi guardava le gambe con insistenza, oserei dire con desiderio lascivo, con fastidio mi staccai un po’ dalla poltroncina e alzando il sedere tirai giù la gonna con le mani sia sotto che sopra a coprirmi il più possibile le cosce.
Ero accaldata e iniziavo a sudare parecchio.
Non so nemmeno io perché, ma stupidamente guardandolo pensavo che in fondo era carino, peccato fosse antipatico e stronzo e lo guardai anch’io, e scioccamente come sfidandolo stetti al suo gioco decisa di liquidarlo in pochi minuti e dopo andarmene.
Lo guardai meglio con più attenzione. Aveva i capelli corti, probabilmente biondi, ma difficile da definire con lil chiaro scuro e luci psicodeliche dei faretti che cambiavano colore ogni dieci secondi, e gli occhi di sicuro chiari, ma anch’essi di difficile definizione per lo stesso motivo. Il viso coperto appena di una leggera peluria sbarazzina, quel genere di barba da ventenne che viene voglia di toccare, accarezzare tanto pensi sia tenera. Vestito in modo sobrio, dei jeans chiari e una polo nera, niente di speciale, me lo ricordo bene perché non ero ancora confusa a sufficienza e lo guardavo. Ma a un certo punto stupita di me, mi domandai perché anch’io stessi a osservarlo e mi ponessi tutte quelle considerazioni su di lui, visto che ero sposata e non mi interessava assolutamente se non per l’atteggiamento fastidioso e spiacevole che suscitava in me.
D’accordo, era carino e mi fissava, ma non capivo quell’improvviso interesse che si era prodotto in me.
Lui attaccò ancora discorso e per educazione risposi, appoggiandomi con il dorso sullo schienale del divanetto sentendomi confusa.
Parlammo un pochino, ma ero visibilmente in difficoltà non riuscendo a concentrarmi bene sia sulle domande che faceva che sulle risposte che dovevo dare, anche perchè essendo io sposata e mi trovavo lì per caso, mi chiedevo perché discutessi con lui che era un estraneo.
Ricordo che a una mia domanda mi disse di chiamarsi Enzo (l’unico indizio e nome oltre quello di Diego e Barbara che ricordo tra tutti), ma non so se fossero veri o falsi.
Con la scusa di parlare e che non si sentisse bene per via della musica alta, si sporse in avanti verso me, e notai che mi guardava il seno, all’improvviso si alzò e si venne a sedere vicino a me, si accomodò di proposito di fianco e mi si avvicinò tanto da incastrarmi tra il bracciolo del divanetto a sinistra e lui a destra adeso a me.
E assurdamente pur disapprovando la sua vicinanza e quel suo atteggiamento provocatorio non dissi nulla.
Quando fu lì attiguo a me urlò ripetendo: “Ciao!” In prossimità al mio orecchio per farsi sentire, e ricordo la sensazione del suo alito caldo sulla guancia.
“Ciao!” Ricambiai con educazione guardandolo in faccia e li mi accorsi che in me c’era qualcosa che non andava, sentivo un caldo abnorme e sudavo moltissimo.
“Ti va di parlare un pò ora?”
Non era un problema che mi parlasse, soltanto che volevo andare via, mi sentivo indisposta e avrei voluto che mi lasciasse tranquilla, oltre che lo spazio per respirare un po’ d’aria fresca, perché non mi sentivo bene e iniziava a girarmi la testa. Diedi la colpa a quel ritmo e alla musica ad alto volume.
All’improvviso guardandomi in viso e negli occhi si incollò a me subito, cingendomi la vita con un braccio, sapevo dove voleva arrivare, ma assurdamente non glielo tolsi, lasciai che mi accerchiasse la vita, come se fossi stata sua, la sua ragazza.
Iniziavo a sentirmi sempre più diversa da quella che ero realmente, rallentata, leggera e stranamente allegra e non riuscivo più a coordinarmi né a connettere bene.
Non ricordo esattamente di cosa parlammo, ero visibilmente in difficoltà e me ne rendevo conto anch’io non riuscendo a concentrarmi bene, ed essendo sposata e mi trovavo lì per caso, mi resi conto che avrei dovuto andare via subito.
“Mi sembri un po’ spaesata.” Disse mentre mi stringeva il fianco tirandomi verso di lui, guardandomi e sorridendo.
“Si!” Risposi:” Mi gira un po’ la testa e sono confusa e mi danno fastidio certi atteggiamenti.” E feci segno a quella coppia di prima che su un divanetto poco distante da noi continuava indisturbata nella sua attività sessuale a limonare e toccarsi dappertutto in preda a un affetto fin troppo esplicito che mi metteva a disagio solo a guardarli.
All’improvviso lui guardandomi e riferendosi a quei due che limonavano mi chiese sfacciatamente: “Non ti piace fare sesso?”
Subito restai perplessa di quella domanda intima e personale, ma stranamente invece di chiudere il discorso Risposi infastidita: “Si!... Ma solo con mio marito!” Lui sorrise.
“E con un altro?” Domandò.
“No… assolutamente! ...Io amo mio marito!”
“L’hai mai tradito?!” Chiese sfacciatamente.
“Assolutamente no!... Io ho avuto e voglio soltanto lui, non ne voglio altri!” Vidi che quell’Enzo sorrise maggiormente. Non capivo perché parlassi delle mie faccende personali e intime con lui che era un estraneo, dovevo essere impazzita, eppure lo facevo e sorridevo nel farlo.
In quel mentre arrivarono altre ragazze e ragazzi, alcuni in coppia altri soli e si introdussero nella discussione anche loro, mettendosi in piedi davanti a noi a semicerchio, come a interporre una barriera umana tra noi seduti sul divanetto e il resto della sala da ballo. Non la conoscevo ma quella era una nuova tecnica imparata dagli extracomunitari nord africani che loro chiamavano “taharrush jamaʿi” in arabo, che significava un'aggressione sessuale di massa ai danni di una donna, che poteva anche sfociare nella stupro. E consisteva nel circondare la ragazza oscurandola dalla vista all’esterno di loro, molestarla, palparla, spogliarla e anche violentarla. E sono diventate tristemente comuni anche in Europa, nell’occasione delle manifestazioni e delle festività che si svolgono in piazze molto affollate, e alcuni gruppi di balordi occidentali l’hanno fatta loro, praticandola anche dentro le discoteche e io fui una vittima.
Ognuno di loro diceva la sua e confrontando le idee si iniziò a discutere, faceva veramente caldo e il drink che mi aveva dato quella ragazza finì velocemente. IL cocktail o quello che c’era dentro stava facendo effetto e stranamente non facevo altro che parlare con loro, ragazze comprese e ridere e sorridere sudata, mettendomi con la mano i capelli indietro, mentre lui sorridendo e guardando gli amici e le amiche continuava a stringermi per la vita e tirarmi contro di lui. Poco dopo mi sentii un pò brilla e in preda a un inizio di una strana euforia.
Dopo circa venti minuti dall’aver bevuto quel drink, iniziai a sentirmi inspiegabilmente accaldata, ma non esteriormente sul corpo, ma dentro di me, nella testa, nella pelvi, nel sangue che scorreva. Avverti un brivido improvviso, seguito da un senso di calma e a seguire avvertii ancora l’euforia che aumentava e incomprensibilmente non avevo più premura di ritornare a casa. Provavo una inspiegabile sensazione di benessere ad essere lì con loro, a parlare; e stranamente presi una accresciuta confidenza con gli altri ragazzi e ragazze, come se le barriere emotive fossero state rimosse e la comunicabilità si fosse esaltata con maggiori sensazioni. Vivevo una sorta di empatia che mi dava la capacità di immedesimarmi nei pensieri e negli stati d’animo loro, condividendoli pur non approvandoli, e seguivo e percepivo di più anche il ritmo e la musica accompagnandola con i movimenti del corpo, delle spalle, della testa e delle braccia.
Quell’Enzo con un sorriso stupido si avvicinò ancora e mi chiese.” Ma lo sai che hai un buon profumo…che cos’è?”
Ricordo che rispose quella Barbara dietro di lui:” Si chiama Change di Chanel.” Con un tono di voce sprezzante aggiungendo prendendo la mia borsetta:” Vediamo se ce l’ha dietro…Le signore in genere se lo portano sempre.
Mormorai soltanto:” No … ma che fai? ...” lascia la borsa…”
Ma lei rovistando lo trovò, lo prese in mano, lo guardò e ridendo se lo spruzzò addosso sul collo e il seno a lei e a una sua amica… e ricacciò la borsetta sul tavolino.
Quell’atteggiamento mi aveva disgustata ma ero accaldata, tutti ridevano e scherzavano e quell’Enzo continuava a conversare.
Iniziai a discutere con loro di tutto, sudavo ed ero come in fiamme e mi muovevo e parlavo come se avessi avuto il diavolo in corpo. Il mio interesse a dialogare con quelle ragazze e ragazzi era aumentato, incrementando l’interesse dei rapporti interpersonali, ma era calata la vigilanza e soprattutto la resistenza fisica.
Non riuscivo a spegnere l’incendio di calore ed euforia che provavo in me e me ne sentivo soffocata.
In un attimo di lucidità provai ad alzarmi, ma non ci riuscii, non ne avevo le capacità e quell’Enzo mi teneva stretta per la vita sempre più vicino a lui impedendomi di alzarmi. Guardai l’orologio, erano solo le 23.30, ero dentro da meno di un’ora e mi sentivo confusa e non riuscivo neanche più a reggermi in piedi.
Di colpo sentii lui vicino a me che si stava strusciando e il cuore fermarsi, ma non dissi nulla.
All’improvviso tolse il braccio dalla vita e me lo mise sulle spalle facendolo passare dietro il collo, tirandomi a lui con la testa e venendomi incontro con il viso avvicinò la sua bocca alle mie labbra e mi baciò spingendo la lingua dentro. Un brivido mi pervase tutta, era la prima volta che un altro ragazzo che non era mio marito mi baciava. Quando si staccò lo guardai scioccata, mi girava la testa e mi sentivo stranamente infervorata ma non dissi una parola, lo osservai incredula… Lui ritornò ancora con il volto contro il mio e mi baciò nuovamente in bocca, un bacio lungo e meraviglioso, che io assurdamente lasciavo che me lo desse, che la sua lingua duellasse con la mia e fu come se mi fossi baciata con un ragazzo per la prima volta.
Non riuscivo a staccarmi e ad allontanarlo, ero passiva e consapevole, ma restavo lì ferma incredula a lasciarmi baciare, trascinandomi in un bacio a dir poco scatenato, mentre succhiava la mia lingua e mi faceva sfuggire dei gemiti eccitanti.
Sembrava che il mio corpo non rispondesse alla mia mente.
Sentivo e capivo tutto, ma non riuscivo ad allontanarmi e razionalizzare il mio comportamento, anzi assurdamente mi piaceva essere trattata in quel modo, come una ragazzina di loro, tra i sorrisi e i risolini dei presenti che messosi tutti in piedi davanti e intorno a noi seduti, oltre l’aria ci toglievano la visuale, impedendo di vedere la sala ma allo stesso tempo di essere visti dagli altri.
Mi ritrovai ancora con la sua bocca incollata alla mia, era bravo, sapeva baciare nonostante fosse più giovane di me e di mio marito, sapeva come muovere la lingua; la sua saliva sapeva di arancia e caffè forse, ma il retro gusto del rhum nella cavità orale era inconfondibile. Non ho idea perché non reagissi ma anzi, scelleratamente partecipassi a quel bacio, so solo che mentre mi baciava i nostri corpi aderirono in modo perfetto, quasi fossero stati fatti apposta l’uno per l’altro.
Allungò l’altra mano direttamente dentro la scollatura.
“Ma che fai! … No… questo no…!” Ebbi la forza di mormorare.
Ma la sua mano continuò a scendere dentro frugandomi il seno senza reggiseno, palpandolo, accarezzandolo, strizzandolo e prendendomi le mammelle nella mano mi accarezzò i capezzoli che al suo sfregamento con le dita diventarono duri e ritti e involontariamente iniziai anch’io ad eccitarmi… a respirare forte, quasi a soffiare.
Una mammella alla volta allargando la scollatura del vestito le tirò fuori davanti a tutti che osservavano, mostrandole ai loro sguardi e risolini, piegò il capo in basso e iniziò a baciarmele entrambe. D’istinto cercai di allontanarmi, ma lui mi trattenne ancora, la sua testa era china sopra la parte superiore del seno e sullo sterno e la lingua aveva cominciato a serpeggiare sulla mia pelle leccandomi. Ricordo che a quelle sensazioni piacevoli di aver riversato la testa all’indietro lasciandolo fare, incapace o non volendo reagire e di aver sentito all’improvviso altre mani dietro me intrecciarsi con i miei capelli per immobilizzare la testa.
All’improvviso il calore aumentò, il respiro allungò e le escursioni respiratorie diventarono profonde e avvertii inaspettatamente il desiderio sessuale che aumentava la mia disinibizione con lui e davanti a quei ragazzi e ragazze, e provavo empatia con entrambi i sessi.
Iniziai a sudare eccessivamente e mi sentii fortemente accaldata con un rapido aumento della temperatura corporea. Ma non riuscivo a percepire chiaramente ciò che accadeva nel mio corpo, pensavo che fosse il caldo, il luogo chiuso e il sovraffollamento di gente che mi stordisse, o la musica ad alterarmi fisicamente, invece erano gli effetti di quel cocktail che avevo bevuto, ma non dell’alcool, ma di quello che probabilmente quei ragazzi gli avevano messo dentro. Questo lo scoprii dopo ma quelli erano i primi sintomi di quella droga che loro avevano versato nel bicchiere del drink bevuto, e che iniziava a fare effetto su di me.
Stranamente a un certo punto non mi interessava più tornare in albergo come avevo intenzione di fare poco prima, in quel momento mi piaceva restare lì con loro a ridere, scherzare, parlare e lasciarmi baciare e toccare da quel ragazzo stupido di Enzo, che era diventato non più fastidioso con il suo comportamento ma piacevole.
In alcuni momenti avevo l’alterazione dei sensi. I colori li percepivo in modo particolarmente intenso e gradevole, così come i suoni che non mi davano più fastidio, e le sensazioni tattili sulla pelle, quelle carezze e il toccarmi da parte di lui e di quei ragazzi sui capelli, il collo e il seno mi piaceva e questo mi spingeva di più al contatto fisico che vivevo come un desiderio e un’esperienza “diversa” … E mi prese un senso di grande vitalità e di eccitazione e quel bacio che mi lasciai dare senza reagire, ma anzi contraccambiandolo ne era il risultato.
Non lo sapevo, lo scoprii in seguito, ma iniziavo a scaldarmi e a confondermi, il drink allungato con l’eccitante che quella giovane ragazza mi aveva passato e fatto bere iniziava a fare effetto. Quella bevanda mi rendeva sempre più euforica e irriverente, alternavo momenti di lucidità e iperattivismo a momenti di passività e iniziavo a non connettere con la testa, ridevo… sorridevo e ridevo… Improvvisamente ero allegra e accaldata, sudavo tanto e ogni tanto mi sentivo rallentata nel parlare, farfugliavo e dicevo qualche frase a sproposito.
Poi con la mano scese più in basso e ritirandola su nuovamente la infilò sotto la gonna del vestito e la tirò su scoprendomi le cosce, mettendole in mostra insieme alle mutandine che accarezzò sul sesso.
D’istinto cercai di fermarlo e di allontanarlo con il braccio, ma lui mi bloccò la mano e infilo due dita dentro le mutandine dall’inguine a toccarmi il sesso lateralmente e accarezzarmi i peli.
Vidi e sentii il ragazzo che mi aveva baciata che si voltò verso gli altri dicendo: “Ha la figa già bagnata, ed è eccitata.” E introdusse un dito davanti a loro in vagina, senza che io lo impedissi o ci provassi, non ne avevo la forza né le capacità in quel momento e iniziò a farmi un ditalino, seduta a gambe divaricate sul divanetto, facendomi gemere e mostrando a tutti, alle loro risa, che mi masturbava.
Alternavo momenti in cui ero infervorata e confusa ad altri di passività e accettazione.
Il divanetto ad angolo aveva una parte laterale a muro e i restanti liberi e loro si erano disposti volutamente tutti intorno, davanti e dietro restando in piedi, ridendo e bevendo ragazze e ragazzi chiudendosi a semicerchio. Notai che si erano messi compatti, uniti uno affianco all’altro a dividere noi e il nostro divanetto dal resto della sala, creando un muro umano intorno, con noi al centro, circondati da tutti loro come una parete di carne umana. E osservavano divertendosi dei suoi atti di libidine su di me.
Nessuno poteva vederci, soltanto loro. Eravamo isolati da tutto il resto della sala.
Chiamandolo fece toccare il mio sesso con mano a un altro ragazzo, portandogliela lui sopra la mia vulva, facendogliela accarezzare e sentire quanto ero bagnata.
È vero! “Esclamò il ragazzo, mentre ero seduta in quel divanetto a gambe larghe, con la sua mano dentro lo slip e le dita che mi accarezzavano la vulva e mi masturbavano.
In un ultimo barlume di concentrazione rimasi sorpresa e imbarazzata di me stessa, dal mio comportamento, dalla mia non reazione e dalla sua intraprendenza, avrei voluto reagire, alzarmi, schiaffeggiarlo, urlare, gridare aiuto e invece non ci riuscivo, non era quello che volevo in quel momento. Avrei voluto alzarmi e andarmene perché ero cosciente e realizzavo quello che mi succedeva, ma non avevo la forza di farlo, come se la mia volontà non ci fosse o peggio, me lo impedisse e non ci riuscii. Credetemi fu terribile.
All’improvviso mi sentii come trattenuta da qualcosa o qualcuno dietro me, che iniziò a toccarmi e accarezzare i capelli e il collo, e scendere da dietro con le mani portandole sul seno.
Mi sentii incapace di oppormi, ribellarmi come se avessi perso ogni volontà e inibizione. Era assurdo, ma non riuscivo ad avere l’iniziativa di farlo smettere di toccarmi.
Seppi poi in seguito documentandomi su internet, che in quel drink che bevetti, c’era qualcosa all’interno che mi fece perdere completamente ogni freno inibitore e alterò i miei sensi, la percezione delle cose, quello di cui sei sente spesso parlare e che si chiama “Ecstasy, formata da un acido gamma-idrossibutirico detto GHB, che oltre in ambito farmacologico, viene utilizzato anche come disinibitore sessuale.”
Comunque quel ragazzo che mi stringeva e avevo baciato, quell’Enzo, dopo avermi tenuta seduta al suo fianco, guardando divertito anche gli altri toccarmi, sul corpo, si accorse che ero partita, che non connettevo più bene o meglio capivo ma non reagivo più e tra la musica e tutti quei ragazzi attorno, mi fece cenno con la mano battendola sulla sua coscia di sedermi a cavalcioni sulle sue gambe.
“Vieni qui! Siediti a cavalcioni sulle gambe!” Esclamò forte per far sentire tutti, battendoci sopra la mano per mostrami dove e in che punto avrei dovuto accomodarmi.
Lui era seduto di fianco a me, ma non mi mossi, non ne avevo la volontà né la forza. Fu tra le grida di divertimento, la musica assordante e le urla, con risate e risolini all’interno di quella barriera umana che ci accerchiava e nascondeva agli occhi di tutti, che alla mia inerzia sentii delle braccia che da dietro mi presero sotto le ascelle sudate e tirandomi in su mi alzarono. Mentre altri davanti prendendomi per il bacino e le gambe mi sollevavano di peso con il sedere, staccandolo dal divanetto. Altre, le ragazze mi fecero allargare le gambe, e ruotandomi su me stessa mi alzarono un poco la gonna e mi sedettero di peso a cavalcioni su di lui, sulle sue cosce unite di questo Enzo, con il mio sesso contro il suo, divisi solo dalla stoffa degli indumenti. Con quella manovra e in quella posizione, la gonna del vestito salì posteriormente mostrando i glutei, e loro tra musica e risate, rallegrandosi la tirarono ancora più su, sulla vita, scoprendomi completamente il sedere lasciandomi praticamente con le mutandine in mostra.
Appena fui a cavalcioni sopra di lui, mi afferrò il viso tra le mani, dando colpetti con il bacino verso l’alto, facendo urtare il suo sesso rigido contro il mio, facendomi saltellare sopra di esso, sulla sua pelvi, mimando un rapporto sessuale che in quel momento non c’era, ma non per questo era meno eccitante, mentre gli altri attorno ridevano. E tenendomi sempre con il viso tra le sue mani tirandomi a sé di nuovo mi baciò in bocca, e io accettai quel bacio e risposi in una danza fatta di lingue vischiose e labbra invadenti. D’altra parte l’eccitazione, la disponibilità, la voglia nella mia confusione divennero molto elevate.
Inconsciamente su sollecitazione dei ragazzi e delle ragazze attorno, probabilmente di riflesso e ridendo eccitata anch’io, mi mossi muovendo il bacino sopra di lui, urtando io la mia vulva contro il suo pene rigido, strisciando e battendo il mio sesso sopra la sua erezione che premeva all’interno dei pantaloni contro la mia vulva. Non riuscivo a controllarmi nelle reazioni, ridevo anch’io stupidamente, sapevo che stavo compiendo qualcosa di riprovevole in quella specie di seduta di piacere, ma ridevo come faceva lui e tutti quelli attorno.
Nel frattempo, mentre il seno era ancora imbrigliato tra le spalline del vestito e la scollatura dell’abito, con le mammelle fuori dalla stoffa e inferiormente sostenute da essa, ai suoi colpi di pelvi le sentivo dondolare sul torace, mentre lui le toccava e giocava con le dita sui capezzoli turgidi.
Le sue mani percorrevano il seno e ruotavano su e intorno ad esso sfiorandolo, arrivando a stringere le mammelle e i capezzoli che diventarono durissimi per reazione ed eccitazione. E io stupidamente lo guardavo e gli sorridevo e lo lasciavo continuare.
Sentii sul mio sedere le mani di quel ragazzo toccarmelo e infilarle una mano dentro lo slip palpandomelo, accarezzando stringendo i glutei, con me che lasciavo fare passiva, continuando a partecipe e ad assecondare i suoi atti di libidine ero proprio alterata, capivo ma non mi rendevo conto di quanto fosse grave quello che gli concedevo di compiere.
Su incitazione degli altri e delle ragazze quell’Enzo riprese a baciarmi sul seno e sulla bocca, essendo seduta a cavalcioni sopra e di fronte a lui gli veniva tutto facile. Sentivo la musica forte nel cervello, le loro risa e voci stridenti, e poi le incitazioni di qualcuno o qualcuno che diceva:” Toccala dai… baciala ancora …” E ridere tutti io compresa
Poco dopo mentre lui mi baciava, sentii una mano sul vestito, che accarezzandomi saliva lungo la schiena fino ad arrivare al collo ad incontrare il fiocco della parte anterosuperiore dell’abito, annodato dietro la nuca e sotto i capelli, spostarli con una mano, prenderne un capo e tirarlo forte snodandolo e lasciando cadere i due lembi davanti.
Ricordo che per un attimo stordita pensai:” Ma chi è? … Ma che fanno mi hanno slacciato il vestito?!”
Ma ero troppo confusa e anche eccitata e accalorata dalla musica e da quello che avevo bevuto da non reagire per fermarlo; così da dietro, aiutato anche da quel ragazzo e qualche ragazza ridente e allegra, mi abbassarono la parte superiore del vestito fino alla vita, giù, oltre all’ombelico, facendomi rimanere non solo con il seno fuori completamente, ma con il busto scoperto, nudo, esposto davanti e dietro, con torace e la schiena ai loro sguardi e alle loro carezze.
E mentre lui mi accarezzava davanti e mi concedevo ai suoi baci sulle mammelle, alle manate e strizzate tra la confusione della musica; i ragazzi e ragazze ridevano e mi accarezzavano la schiena, il collo e i capelli, anche le due avevano aperta la borsetta che si erano spruzzate il mio profumo, eccitandomi di più. Ma il colmo e l’assurdo era che li lasciavo fare a toccarmi, e lui a baciarmi le mammelle, leccarle e stringerle e mi piaceva che lo facesse, e quando con le sue labbra venne ancora contro le mie mettendomi per l’ennesima volta la lingua in bocca, iniziai a sentire dura la sua erezione prepotente contro il mio sesso, e a quel contatto ripetuto una forma di calore eccitante mi invase la pelvi.
Ero disorientata da quelle sensazioni.
In quel momento percepii che avrebbe potuto fare qualsiasi cosa senza che io in quello stato glielo avessi impedito. Così aiutato da altri dietro me, mi tolsero sempre di peso da cavalcioni a Enzo e mi sdraiarono con la schiena sul divanetto, con la gonna del vestito spinta da loro su fino alla vita, ad arrotolarsi contro la parte superiore dell’abitino abbassata tutta, lasciandomi il seno, la pancia e le cosce scoperte tra il loro incitare e battere di mano:” Spogliala!... Spogliatela nuda!” Gridò una voce femminile di qualche ragazza attorno al muro umano, di quel taharrush jamaʿi italiano.
E tutti insieme al ritmo del battimano si misero a esclamare:
” Nuda!... Nudaaa!!... Nudaaa!!…” Coperti dalla musica dance.
E sentii qualcuno che prendendomi per il busto mi fece alzare le braccia in alto, prese il tessuto da ambo i lati e tirandolo su sfilò anche il mio bel vestitino rosso arrotolato sulla vita, facendolo passare per il tronco tra le mammelle la testa e le braccia tese, togliendomelo e cacciandolo da qualche parte. Poi adagiandomi nuovamente qualcun altro mi disse:”
“Tira su il sedere dai!!!...Staccalo dal divano…” Battendoci di fianco con la mano.
Come un automa lo feci, piegai leggermente le gambe, puntai sui talloni e spinsi su alzando il sedere, staccandolo da sotto, e subito, aiutato da una ragazza che rideva, presero l’elastico dello slip sui fianchi e uno da una parte e l’altra dall’atra ridendo e a strattoni lo tirarono giù alle cosce e in un attimo senza la minima resistenza alle ginocchia, alle caviglie e poi me lo sfilarono via dai piedi, lasciandomi le scarpe. E tenendolo in mano la ragazza, le mostrò come un trofeo agli altri ridenti, con me che assente lasciavo fare, guardandoli e sorridendo stupidamente con loro tra un battimano generale. Ero completamente nuda, ma mi sentivo come se non lo fossi, non provavo vergogna, pur rendendomi conto del mio stato.
“Ha i peli!!” Gridò la ragazza e tutti risero.
Era incredibile, comprendevo quello che accadeva, che ero stesa nuda su un divanetto della discoteca con quei ragazzi attorno e il seno e la figa alla loro vista e alle loro mani ed ero assurdamente eccitata. Mi piaceva che mi guardassero e toccassero. La ragazza mi divaricò le gambe, dando modo ai presenti di osservarmi bene la vulva coperta dalla peluria.
In seguito mi domandai come mai in quel chiasso nessuno del personale intervenisse al loro caos e mi risposi che probabilmente era solo la mia percezione alterata che me lo faceva apparire e sentire tale, ma che forse il loro caos era meno rumoroso di quello che percepivo io, più composto, attento. Oppure non intervenivano per il fatto che sapevano che stavano festeggiando un compleanno e sentendoli gridare e battere le mani in quella bolgia non ci facevano caso, pensandolo parte del loro divertimento.
Sta di fatto che vedevo attorno me ragazzi e ragazze che ridevano, mi guardavano, toccavano e accarezzavano sul seno e sul sesso e che sorridendogli, era come se li incitassi io a fare di più. Alcuni toccandosi il loro sesso eccitato mi osservavano libidinosi.
Ricordo che tra la musica e il ridere fu una voce femminile a dire: “Leccagliela! Leccagliela! Che ci sta!!” E un altro dire:” Si dai! Vediamo se lei se la lascia leccare!”
E poi risate e musica assordante, e all’improvviso lui, quell’Enzo sotto gli sguardi di tutti si abbassò in ginocchio lateralmente e mentre una ragazza tenendola mi spostava una gamba in fuori divaricandomele più lui mettendo il busto e la testa con la faccia tra le mie gambe iniziò a baciarmela e leccarmela. A sentire la sua lingua non capii più nulla, era come se le grandi labbra vaginali e il clitoride con quella sostanza che mi avevano fatto bere a mia insaputa si fossero sensibilizzati maggiormente. Presi la sua testa con la mano, i capelli tra le dita e la premetti sul mio sesso per godere di più, mentre tutti ridevano della mia consensualità artificiale dicendo:
“Hai visto? Ci sta! Le piace!... Le piace farsela leccare!”
Mentre altre mani di ragazzi e ragazze allungandosi iniziavano a palparmi da per tutto, le mammelle, il sedere, le cosce ed i ragazzi attorno a me in piedi si chiudevano sempre più a cerchio formando un muro umano impenetrabile di taharrush jamaʿi e mi parevano sempre più numerosi.
Avevo dei flash di lucidità. Ricordo che quell’Enzo mi disse provocatoriamente canzonandomi: “...Ma che combini Marina? Sei sposata, hai un marito … e sei qui a fartela leccare da me?! “
Ma fu un attimo, un altro ragazzo affianco si tirò giù i pantaloni e le mutandine facendo uscire il suo cazzo eretto a oscillarmi davanti, arrivando a mettermelo vicino alla faccia.
“Fattelo baciale! Fattelo leccare! Fatti fare un pompino!” Gridò da dietro me penso quella Barbara, quella ragazza che ritenevo dolce e che aveva preso le mie difese e ora lo incitava a mettermelo in bocca, mentre io lo guardavo assente e distaccata. Lui si avvicinò, mi prese per i capelli tirandomeli e mi trascinò su con il busto portandomi con il volto e le labbra verso il suo glande per farselo succhiare.
In quello stato non feci resistenza. Mi tirò a sé per la testa e io lo presi prima contro il viso e poi le labbra, iniziando a quel vociare e incitamento:” Bacialo! ...Leccalo!” A baciare e leccare la sua cappella.
“Un pompino! Un pompino fatti fare!”
Gridò qualcuna o qualcuno divertito e sapendo cosa fosse e volessero, alterata e stordita aprii la bocca e incoscientemente lo feci entrare tra le mie labbra, lo presi in bocca e iniziai a succhiarlo, come facevo a volte a mio marito, assecondando quel ragazzo in ogni sua spinta e tra le risate e gli incitamenti lo spompinai per qualche minuto come se fossi una troia e oscenamente mi piaceva farlo.
“Stai attento che non te lo morsica!” Gridò qualcuno ridendo.
Non so quanto tempo passò in quella concitazione di incitazioni e risate. Poi interruppe la fellatio, si mise affianco dell’amico Enzo che smise di leccarmi la figa tirandosi su e qualcuna all’improvviso sovrastando la musica disse ai ragazzi:” Chiavatela! Chiavatela! Che tanto non dice niente! Ci sta! Le piace!”
Vidi Enzo sorridermi e voltandosi anche ai suoi amici. Lo vidi slacciarsi la cintura e abbassare la cerniera tirando un poco in giù i pantaloni; con quel muro umano attorno e la luce tenue non erano neanche preoccupati che qualcuno ci potesse vedere e poi anche se fosse accaduto io in quel momento sembrava che ci stessi, che partecipassi.
Appoggiò la mano e mi spinse sul seno a farmi sdraiare nuovamente e alcuni di loro, anche qualche ragazza, si abbassarono ad allargarmi le gambe, altri lo tirarono fuori anche loro dai pantaloni e io remissivamente e assente, stupidamente li guardavo ridenti parlare tra di loro e i loro compagni, con i loro peni duri fuori e certuni in mano che se lo accarezzavano.
Il primo, quell’Enzo maledetto, mi divaricò e piegò un poco le gambe e si mise tra loro, lo sentivo parlare con chi era attorno, era incitato ed eccitato e senza rendermene conto mi ritrovai sdraiata sotto a lui completamente nuda pronta a lasciarmi penetrare e possedere senza impedirlo, anzi, ad attendere desiderandolo, volendolo fare.
Sentii le sue dita frugarmi tra i peli e le grandi labbra e di seguito la sua cappella appoggiarsi e premere sulla vulva insalivata dal cunnilingus e umida dalla mia eccitazione, toccarmela e poi spingere forte, divaricare le grandi labbra ormai eccitate e umide, e penetrarmi, entrare in me facendomi sussultare tra lo scroscio di un applauso e i mormorii quasi coperti dalla musica: “Bravo! Chiavala!... Chiavala Enzo che se lo merita!!” Qualcuno urlò.
E qualcun altro dire: “Te l’ho detto che ci stava!”
Mi penetrò, lo avvertii entrare in me e inconsciamente e per reazione l’abbracciai e lo strinsi, mentre gli altri attorno ridevano, e muovendosi iniziò a possedermi. Mi prendeva in quella posizione come si suol dire da missionario, e mi baciava davanti a tutti in viso, in bocca e sul seno e assurdamente godevo di lui, lo sentivo dentro me, avvertivo gli spasmi vaginali del contrarsi della vagina al piacere che mi dava il suo cazzo con il suo avanti e indietro. E aprendo gli occhi, vedevo tutti quei volti giovani e sconosciuti, sorridenti e allegri intorno a noi semi illuminati che ci osservavano, ridevano, parlavano tra loro e mi guardavano.
Lui mentre mi possedeva e mi dava colpi profondi facendomi godere, con il capo in alto Enzo guardava i suoi amici e le amiche attorno, ridendo con loro, facendole vedere quanto era bravo a chiavare la signora Marina e a far godere anche una ragazza sposata.
Mi piaceva fare sesso in quel momento in quella condizione e lo avrei fatto con chiunque, rispondevo anch’io ai suoi movimenti muovendo io stessa la pelvi verso lui, abbracciandolo e spingendo il bacino contro il suo in modo che mi penetrasse di più e in profondità, Finché incontrollata ebbi un orgasmo stringendomi di più a lui e cercando d’istinto di baciarlo in bocca, Enzo non volle, allontanò il capo, memore del pompino che avevo fatto al suo amico.
Lo stesso lui, si tirò su e lo sfilò dall’interno della vagina venendomi sulla pancia e sui peli, il tutto seguito da uno scroscio di un battito di mano tra urla di giubilo, forti quasi come la musica.
Si alzò e allontanò di poco lasciandomi ferma a gambe larghe con l’entrata vaginale dilatata e a vista a tutti i loro sguardi, vivendo quel momento di benessere con soddisfazione e indifferenza ad essere guardata sulla figa da loro, e poco dopo sentii dire:” Adesso io…! La chiavo anch’io.”
Mi vennero le palpitazioni vedendo un altro giovane alticcio uscire dal gruppo e venirmi incontro, slacciare la cintura e tirare giù i pantaloni facendo uscire il suo sesso eretto e oscillante davanti alla mia vulva e incurante dello sperma del suo amico sul mio pube, si sdraio tra le mie cosce e su di me.
E ancora mi sentii penetrare, questa volta in modo più vigoroso, era più grosso del precedente e mi possedette anche lui sul divanetto, tra la musica assordante, grida e le risate e i battiti di mano degli amici. Lui mi possedeva e mi baciava, mi mordeva e succhiava il labbro inferiore ricambiato inconsapevolmente da me che come una cagnetta a bocca aperta sotto il suo volto, aspettavo che mi infilasse la sua lingua.
Godendo e stringendolo ebbi un altro orgasmo e venni di nuovo e anche lui.
Lo tolse e ancora sentii urla e risate sceme e tra una pausa silenziosa del ritmo musicale, guardando in alto stordita quel soffitto scuro della discoteca, sentii ancora una voce femminile dire a qualcuno:” Dai provaci anche te! Chiavala anche te! “E poi ridere, e altre risate ancora e poco dopo sentii nuovamente un corpo sdraiarsi sopra il mio e poco dopo avvertii il glande puntarmelo sulla vulva tra le grandi labbra e penetrarmi, infilarlo dentro in un colpo solo, iniziando a chiavarmi con gran foga, e possedermi con passione ricambiata. Mi sentivo baciare in viso e toccare anche da altre mani sul corpo mentre lui mi prendeva. In quel momento non capivo niente, godevo e muovevo il bacino verso lui, mentre gli amici attorno lo incitavo a sfondarmi.
“Sfondale la figa a questa stronzetta… che chissà cosa si crede di essere…” Disse qualcuna.
Si mosse tanto e veloce a chiavarmi su quel divanetto che ebbi ancora un orgasmo incontrollato, stringendolo su di me e baciandolo, senza nemmeno sapere chi fosse e che viso avesse quel ragazzo, il quarto.
Sapeva chiavare e iniziai ad urlare dal piacere, gemiti coperti dalla musica e dal battimano. Le contrazioni vaginale, gli spasmi della pelvi glielo fasciavano e stringevano dentro di me e fecero sì che tra le mie urla dell’orgasmo e le sue, venne anche lui. Lo tirò fuori veloce eiaculandomi sui peli. E lo mostrò tra risa e incitazioni.
Mentre ero sdraiata ed estasiata, sentii dire ancora:” Chi vuole chiavarla adesso!?”
Ma prima che qualcuno si facesse avanti un'altra voce disse: “Ora basta ragazzi!!”
Enzo si ricompone lasciandomi sdraiata in quella sorta di estasi, con degli scatti del corpo improvvisi e incontrollati dovuti al piacere che ancora avevo dentro me. Stringevo le gambe e mettevo le mani sul sesso come a trattenermi quel bellissimo piacere che non era solo fisico, ma anche nervoso dentro la vagina.
Praticamente drogandomi quei ragazzi con l’aiuto delle ragazze mi avevano violentata a turno e gli amici e le amiche complici avevano osservato, incitandoli e ridendo. Probabilmente erano fatti anche loro di qualche sostanza e senz’altro alcuni ubriachi, ma avevano compiuto una violenza carnale su di me.
Mi chiesi poi in seguito se lo avevano già fatto a qualcun'altra di drogarla e prenderla sessualmente in quel modo, annullando la sua volontà e capacità reattive a resistere e a opporsi come era successo a me.
Furono in tre a possedermi completamente con penetrazione, uno dietro l’altro, una cosa incredibile di cui non me ne rendevo conto fin quando poi realizzai il tutto.
L’assurdo era che in quel momento, mentre facevo sesso con loro, li amavo e partecipavo… Ricordo di aver provato un fortissimo legame emotivo, come se ognuno di loro in quel momento del rapporto sessuale fosse mio marito e li amassi, li desiderassi carnalmente e mentalmente come a lui. E li volessi dentro di me in vagina, e in quei momenti durante l’amplesso, pensavo anche assurdamente di essere innamorata di ognuno di loro.
Anche se poi mi sono resa conto che quelle sensazioni erano generate dalla chimica del mio cervello in reazione con la dalla sostanza che avevo bevuto. La testa era leggera e a volte mi girava. Non li conoscevo nemmeno, non li avevo nemmeno visti bene in faccia, eppure li baciavo e amavo sessualmente con desiderio e passione come loro facevano con me, e mi facevano godere, e godevo fino ad avere l’orgasmo con ognuno di loro.
Mentre ero ancora sdraiata e stordita su quel divanetto, senza quasi accorgermene, qualcuno mi cacciò le mutandine e il vestito sopra il corpo, come a coprirmi e ridendo e scherzando tra loro, a uno a uno o in coppia si allontanarono tra la confusione della sala; si alzarono anche quelli seduti andandosene. Restai solo io sdraiata con una ragazza vicino che mi guardava e sembrava drogata o ubriaca anche lei. Mi tirai con il tronco su a fatica in quell’angolo in penombra, aiutata da lei che a stento mi passò la borsetta; prima di tirare giù le gambe rimisi le mutandine, lentamente e con calma. Con la stessa lentezza e calma mi alzai in quella baraonda poco lontano da me, senza che nessuno se ne accorgesse, tutti presi dalle loro cose, e aiutata da lei, da quella ragazza che pareva fatta anche lei, mi infilai il vestito, ormai tutto stropicciato, fermandomi e tenendomi più volte agli schienali delle poltroncine e divanetti per non perdere l’equilibrio e cadere- Mi girava la testa e mi sentivo leggera, urtai anche uno dei tavolini pieno di bicchieri vuoti e sporchi. A fatica, sempre con il suo aiuto legai i due lembi anteriore dell’abito dietro il collo. Mi stirai il volto con le mani e misi a posto i capelli con le dita, presi la borsetta, il golfino non lo trovai più e silenziosa mentre quella tipa più assente di me si risedeva tra la confusione a sognare, mi avviai.
Nel camminare in quella semioscurità della sala e luci psicodeliche per uscire, barcollando inciampai più di una volta, chi mi vedeva pensò che fossi ubriaca. Mi allontanai e uscii.
Fuori dalla sala da ballo all’aria fresca mi ripresi un po’ e realizzai… ero smarrita di quello successo, tutta intontita, mi incamminai tra la gente verso l’albergo e mi fermai più volte a prendere un po’ di fresco, ero molto accaldata e mi girava la testa.
Sudata feci un centinaio di metri all’aria del lungomare che mi temprarono. Avevo una grande voglia di urinare.
Arrivai in albergo e salii subito su in camera, rientrai che era l’una di notte e non volevo che qualcuno mi vedesse. Nella stanza gettai la borsetta su una sedia, andai di corsa in bagno e mi lavai la faccia con l’acqua fresca e iniziai a realizzare di più cosa era accaduto e il mio e loro comportamento, capii che ero stata violentata: “Mi hanno senz’altro drogata con qualcosa.” Pensai.
Decisi di lavarmi, mi sentivo sporca di sperma e attaccaticcia sull’addome e sopra le cosce, ma prima dovevo urinare, non ce la facevo più. Davanti al water mi girai e mi misi con il sedere verso la tazza, alzai il vestito tutto stropicciato e quando abbassai le mutandine per sedermi sull’asse, mi venne un colpo, ero incredula a quello che vedevo, all’interno cove appoggiavano sulla vulva erano sporche di sperma che vista la posizione eretta lentamente stava ancora colando fuori dalla vagina.
“Mio Dio pensai…” Mi prese il panico, senz’altro uno di quegli stupidi o più di uno mi aveva eiaculato in vagina, o forse ubriaco o sotto l’effetto di qualche sostanza non era riuscito a trattenersi e non sapevo nemmeno chi fosse dei tre. Non che mi importasse ma quel fatto era una disgrazia nella disgrazia, non solo essere stata drogata e violentata, ma anche perchè eiaculata in vagina. Con l’indice mi toccai sulla fessura e lo sentii, era proprio sperma, bianco e cremoso che per gravità essendo in piedi scendeva e usciva lentamente e chissà quanto ce n’era ancora dentro e contro l’utero.
Non ce la feci più, mi sedetti e urinai, e mentre la facevo liberandomi piacevolmente da quello stimolo pensavo, e il primo pensiero che mi venne e mi gettò nel panico fu:” E se qualcuno di loro mi ha messa incinta?”
Fui colta dal terrore e mi venne un nodo alla gola.” Che faccio ora?” Pensai.
Ero preoccupata, avrei voluto denunciare tutto alla polizia, ma pensai a mio marito, eravamo sposini cosa potevo dire, raccontare?... La verità!? Dirle che mentre tornavo indietro in albergo dopo averlo lasciato sulla barca ho incontrato dei ragazzi che mi hanno invitato a ballare e io sono andata?
Si volevo farlo, ma avrei dovuto anche dirgli perché io quella sera che lui non c’era invece di restare in albergo come gli avevo detto, sono andata a ballare con degli sconosciuti. Se avessi detto la verità, se gli avessi detto che ero stata drogata e violentata da alcuni ragazzi in discoteca mi avrebbe creduta?
E se loro dicevano che invece ero io che c’ero stata con loro?
In fondo ero entrata di mia iniziativa, di mia spontanea volontà con loro nella discoteca e ballato con loro. Si potevo denunciarli? E poi? … Non sapevo nemmeno chi erano, chi avrei accusato?
Non sapevo che fare, ero confusa. Per prima cosa decisi di lavarmi, andai sotto la doccia feci scorrere l’acqua sulla pelle, me la sfregai mille volte. Avrei voluto fare delle lavande vaginali con il tantum rosa, ma non l’avevo dietro, non potevo portarmelo dietro in vacanza. Lo stesso vista l’ora notturna potevo uscire e andare a cercare una farmacia aperta o di turno per acquistarlo. E poi sarebbe servito? E se ero già fecondata? Sapevo che gli spermatozoi ci mettono pochi minuti risalire l’utero e la tuba. Mi lavai con la pressione del doccino contro la vulva, allargandola con due dita della stessa mano facendo entrare acqua a pressione in vagina per poi farla uscire più volte. Pensai e ripensai anche: “Dicono che esiste la pillola del giorno dopo!?”
Ma come avrei potuto averla, procuramela con mio marito vicino, non potevo andare in qualche consultorio a farmela dare, avrei dovuto dirgli tutto, che ero stata a ballare, che avevo bevuto e quei ragazzi mi avevano drogata, violentata e messa incinta. Non ci avrebbe creduto, avrei rovinato il mio matrimonio e avrei perso l’uomo che amavo per sempre, distrutto la mia vita e la sua e quella dei nostri genitori. Già immaginavo mia suocera e mia cognata dire: “E già, lui non c’era e lei è andata a ballare a sua insaputa e ora dice che è stata violentata e che è pure incinta!”
Probabilmente avrei dovuto abortire e questo non avrebbe cambiato il giudizio di mio marito e di loro su di me.
Si fa presto a dire:” Dì sempre la verità!”
Ma come fai?... Specie se questa verità ti crea più problemi di una bugia? Dovevo pensarci prima, non entrare in quella discoteca e non ora.
Guardai nella borsetta e vidi che non c’era più il mio flacone di profumo spray portabile Change di Chanel, probabilmente se lo era tenuto quella ragazza come trofeo visto che gli piaceva molto. Lo smartphone per fortuna c’era ancora e vidi i messaggi d’amore di mio marito e qualche foto notturna della costa con le luci vista allargo dal mare. Risposi soltanto con un messaggio:” Ti amo!”
Ero demoralizzata, triste e malinconica, non sapevo che fare e nuda con soltanto la mutandina mi buttai sul letto a piangere per quel sconvolgimento della mia vita e poi stanca e intontita mi addormentai.
Mi svegliò che stava albeggiando mio marito con un bacio, che rientrato da quella pesca mi accarezzava dicendo:” Ti ho portato il pesce amore… lo vuoi?!”
Lo abbracciai d’istinto forte forte e lo baciai dappertutto sul viso, stringendolo a me.
“Si lo voglio!” Risposi, e in un attimo eccitato che fossi quasi nuda si spogliò, mi tolse le mutandine e mi venne sopra accarezzandomela, avvertendola ancora umida e socchiusa, dicendomi: “Sei già bagnata!” Avrei dovuto rispondere sono ancora bagnata dopo quello che mi è successo e invece dissi d’istinto: “Ti aspettavo, ti sognavo, non vedevo l’ora che arrivassi! Per questo sono già eccitata.”
Quel mio stato alterato e rispondere in quel modo non so se era dovuto ai residui del sonno o di quel piacere perverso e malsano di poche ore prima che avevo avuto con quei ragazzi, che ancora persisteva in me e nel mio corpo. Non gli dissi niente dell’accaduto, non volevo, avevo paura che mi ripudiasse, mi scacciasse da lui.
So solo che si sdraio sopra me eccitato ed in erezione dicendo baciandomi e sorridente:” Ti ho portato il pesce, bello grosso e duro…” Appoggiò il glande al centro della fessura della vulva, premette e spingendo mi penetrò e facemmo l’amore alle cinque o sei di mattino, mentre l’aurora usciva e iniziava ad albeggiare dalla finestra. E prese a baciarmi e a muoversi, con me purtroppo con quei pensieri intrusivi in testa, ripensandomi in quella discoteca con tutta quella gente attorno a guardarmi, a battere le mani e incitare quei ragazzi a possedermi. E assurdamente fu ancora eccitante pensare a quello che era avvenuto poche ore prima e venni subito abbracciandolo forte, forzandomi e pensando che fosse lui, mio marito e non i pensieri intrusivi di quei ragazzi a farmi godere. Quando stava per venire e lo sentii irrigidirsi, pronto a tirarlo fuori dalla vagina, non so cosa mi accadde, forse un pensiero inconscio ripetuto, lo strinsi con le cosce e lo trattenei forte su di me, non lo lasciai uscire.
Lui perplesso mi guardò nel chiarore tenue dell’alba che filtrava dalla finestra.
“No… Non uscire!!”
Mormorai tirandolo di più a me circondandole i fianchi con le cosce.
“Perché? …Vuoi che venga dentro?! … Vuoi un figlio?” Mi chiese sorpreso.
Indegnamente sussurrai:” Si Diego!... Voglio un figlio, nostro…ora!” Incitando mio marito oltre che con le parole con i gesti e le carezze a eiacularmi dentro, dandole degli scossoni con il bacino che lo volevo, cosa che baciandomi fece in un mio orgasmo d’amore con lui, ma con l’alterazione e il ricordo di poco prima con quei ragazzi.
Mi abbracciò e mi eiaculò internamente e subito tirai un sospiro di sollievo, mi lasciai andare e mi rilassai. Ero stata perfida lo so, lo avevo ingannato, ma perché lo amavo e non potevo fare diversamente, non volevo perderlo.
Restammo sdraiati e abbracciati ad accarezzarci e respirarci addosso, poi ci alzammo, lavammo e tornammo a letto a dormire ancora. Stranamente non ero più tesa, ero rilassata e scelleratamente felice, avevo risolto il mio problema anche se avevo come ho ancora, il senso di colpa e il rimorso di averlo ingannato.
Essendo nel periodo fecondo e di massima ovulazione, sapevo di essere già incinta di qualcuno di quei ragazzi e per salvare tutte le apparenze, il nostro matrimonio, la nostra vita e il nostro amore, feci eiaculare anche mio marito dentro me, facendogli credere che fosse suo il figlio che sarebbe nato.
So che è stato un atto ignobile, ma come dicevo era l’unico modo per non perdere mio marito e salvare il nostro matrimonio… il nostro amore.
Restammo ancora qualche giorno in vacanza, non volli più passare davanti a quella discoteca e nemmeno sentirne il nome. Lui il giorno dopo mi racconto di come fosse stata bella quella serata a pesca e di come si era divertito e io gli dissi che invece ero ritornata subito in albergo.
Rientrati a casa, dopo un mese e l’assenza di mestruazioni mi accorsi di essere incinta, e lo annunciai tra la felicità di mio marito e i parenti.
Ora sono passati alcuni anni, e ho sempre il rimorso per quello che ho fatto a mio marito, ma ripeto ancora, non potevo fare diversamente. Non simo più andati in vacanza in quella cittadina, anche se bella ea mio marito piace molto e più volte mi ha invitata a farlo, ma ho sempre detto di no, il ricordo è anch’ora troppo vivo.
I figli ora sono due, un bel maschietto di cinque anni, avuto da quei ragazzi e l’altra una bellissima femminuccia di tre anni, concepita e avuta realmente da mio marito due anni dopo. La seconda, la bambina è sua biologicamente, è veramente figlia di mio marito. E ora viviamo felici.
Io da mamma, quando guardo i miei figli, noto nella fisionomia alcune differenze, il primo assomiglia a quell’Enzo della discoteca, e dalla somiglianza capii che fu lui il primo eiacularmi in vagina e fecondarmi, ma li amo entrambi allo stesso modo, anche se il maschietto è vivace e discolo, e non ha certo il carattere tranquillo mio o di mio marito che è calmo.
Assomigliano entrambi a me e questo basta a far dire ai parenti e alla gente che nel maschio ci vedono qualcosa anche di mio marito, chi gli occhi, chi la fronte. Ma solo io so che non è il suo.
Soltanto mia suocera una volta mi disse:” Marina!... Il maschietto assomiglia tutto a te, ma la bambina tutta a mio figlio.” Segnalandomi la differenza.
“I maschietti assomigliano sempre alla mamma e le femminucce al papà!” Risposi sorridendo della sua considerazione, aggiungendo:” Vedrai che crescendo lei assomiglierà a me e lui tutto a Diego.” Me la cavai così… con delle battute.
Non nascondo che quando vedo mia suocera che prende in braccio il maschietto e lo bacia, mi fa un certo effetto, conoscendola moralista e molto legata alla consanguineità e discendenza. Lo stesso effetto me lo fa mio marito, quando lo vedo avere ignaro tra le braccia il figlio biologico di Enzo credendolo suo, vezzeggiandolo e baciandolo.
Spero sempre che non succeda mai niente da poter portare alla scoperta della verità, come la ricerca del gruppo sanguigno o peggio del Dna su mio figlio, e mio marito e notare le diversità. Ma se succederà, sarà un problema che affronterò al momento.
In questi anni mi sono informata e documentata molto tramite internet e sono venuta a conoscenza di aspetti interessanti di quello che è avvenuto. In parte di quello che già sospettavo, probabilmente quei ragazzi mi avevano fatto bere a mia insaputa l’ecstasy liquida o in pastiglia schiacciata e polverizzata nel drink, o meglio una sostanza che si chiama Ghb detto appunto ecstasy e mi sono erudita.
Una volta messo nella bevanda diventa incolore e inodore, con un sapore leggermente salato, fa perdere ogni inibizione, per questo è detta anche il liquido dell’amore per le sue qualità sessuali perché disinibisce, ma è più conosciuta come la “droga dello stupro.”
Lessi che gli effetti cominciano generalmente a distanza di 5-10 minuti dall'ingestione e durano da una a tre ore circa.
A basse dosi e inizialmente presenta effetti molto simili a quelli degli alcolici, sensazioni di disinibizione, piacere diffuso, rilassamento e tranquillità, sensualità, euforia e tendenza a verbalizzare, cioè a parlare molto come è capitato a me che ho avuto gli stessi sintomi generali.
Lessi anche che la Ghb ha, inoltre, un effetto legato al post assunzione, una sorta di post sbronza meno forte di quella derivante dal consumo di alcolici.
So che ho ingannato mio marito e non lo meritava, e vivo con questo terribile segreto, ma una donna, una madre, deve saper fare anche questo per amore del suo uomo e dei suoi figli, scegliere tra il bene e il male.
Con questa mia confessione mi rivolgo alle donne e soprattutto alle ragazze com’ero io dicendole:” Abbiate sempre estrema cautela, non fidatevi mai degli sconosciuti, sia essi maschili che femminili, anche se hanno la faccia per bene, carina, simpatica, dolce e dei bravi ragazzi. Lo stesso vale per le ragazze, ricordo ancora bene in quella confusione le voci femminili che incitavano i maschi a praticare atti di libidine su di me e di possedermi…
Nella mia ricerca ho letto che sono stati riportati casi di violenza carnale legati al consumo ignaro di dosi di Ghb (cosa che ha fatto guadagnare al Ghb la nomea di 'rape drug',( ovvero droga da stupro). Quindi, mi rivolgo al sesso femminile, fate attenzione a quello che bevete in discoteca, se la vostra bevanda vi è offerta e portata da sconosciuti o ha uno strano sapore salato che non dovrebbe avere, fate molta attenzione, non bevetela! Io oltre a essere stata violentata, mi sono ritrovata incinta con un figlio nella pancia.
Spero che questa mia confessione possa essere d’aiuto e aprire gli occhi a qualcuna.
Grazie.
Una di voi, Marina (nome di fantasia).
Per commenti, suggerimenti, idee, notizie o critiche, scrivere a:
dressage1@hotmail.it
Grazie.
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