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STORIE E RACCONTI EROTICI
VIETATI AI MINORI DI 18 ANNI
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STORIE IGNOBILI
VIETATO AI MINORI DI 18 ANNI.
UNA STORIA SPREGEVOLE (La sorella prostituta)
CONCETTA detta Cettina, Cetta, Cetty o semplicemente Ce…
ROSARIO detto Saro
NOTE:
“Due vite, fratello e sorella condannate dalla cinica sorte a diventare quello che non volevano essere. Un viaggio nell’esistenza di due giovani, dove il bene e il male si confondono, il peccato e l’amore si uniscono, dove il sesso e i soldi sono destinati a traviarli, a farli scontrare, a fargli perdere i valori della vita e a fondersi anche carnalmente tra di loro. Sullo sfondo di una giovinezza fatta di sogni e desideri perduti …”
SECONDA PARTE
E fu bellissimo il nostro amplesso, un’esplosione di calore e piacere, sentivo la sua vagina calda e umida stringermi la minchia, fasciarla con le sue pareti umide, contrarsi ripetutamente dal piacere sul mio cazzo e scoprii che mia sorella era una ragazza calda, che le piaceva chiavare, era come se avesse avuto l’Etna in eruzione dentro lo sticchiu (figa) e tra le cosce. Ma soprattutto era la prima volta che io chiavavo una ragazza, ed ero felice, anche se era mia sorella, perché stavo imparando come fare.
“Muoviti piano avanti e indietro Saro, ma senza farlo uscire…” Mi sussurrava in preda al piacere.
E io con l’enfasi del principiante tra mille paure le domandavo:” Va bene così Ce…”
“Si…sì, ma cerca di essere calmo, non agitato…”
Era una parola essere calmo, era la prima volta che chiavavo e ce l’avevo duro come il ferro.
“Mi raccomando quando senti che vieni tiralo subito fuori, capito?!” Diceva.
“Si…sì…stai tranquilla! Non ti vengo dentro…” Rispondevo.
Ripresi ad accarezzarle il seno chiavandola e lei riprese a dondolare sotto di me come un ‘invasata…. e come avevo visto fare a Carlo quando la chiavava, facevo io. Incominciai a leccarle le mammelle e poi presi una alla volta i capezzoli in bocca e li ciucciai come fanno i neonati quando tirano il latte e a lei piaceva che glieli ciucciavo mentre la chiavavo, gemeva e soffiava come gli animali quando sono in calore.
I miei peli pubici nella spinta del rapporto sessuale arrivavano ad andare contro e a unirsi ai suoi sulla vulva, soffici e arricciati. Ci amavamo, stavamo commettendo l’incesto, ma non ci importava in quel momento. Tra baci, abbracci e spinte in vagina e contro l’utero ci amavamo. Fu un rapporto sessuale di un amore peccaminoso, la sentii godere, avere l’orgasmo, ansimare e baciarmi, e alla fine venni anch’io. Lo sentii diventare più duro, i miei testicoli irrigidirsi e contrarsi come quando mi masturbavo e stavo per venire e subito dissi a mia sorella:” Sto venendo Ce…”
“Tiralo fuori. Tiralo fuori subito...” Mi esortò e mi spinse con la mano sul torace, mentre io mi allontanavo da lei sfilandolo dalla vagina. Subito appena fu fuori, in preda a una sorta di convulsione mentre ansimava, vedendolo svettante me lo prese in mano, lo impugnò ancora, quella volta bagnato dai suoi umori, dal suo godimento. E lo strinse duro e umido di umori e guardandomi negli occhi si mise a muoverlo su e giù, a menarmelo come dicevamo noi, a masturbarmi lei, tenendoselo sopra la pancia. Il mio cazzo non resistette molto ai movimenti della sua mano per la gioia mia e di mia sorella…Quando con un gemito le feci capire che stavo per sborrare, lei non solo non si tolse e lo tenne sull’addome, ma aumentò il ritmo della masturbazione e si protese su di me a baciarmi fino a ficcarmi tutta la lingua in bocca… finché non ce la feci più, serrai gli occhi scuotendomi e ansimando tutto e eiaculai sopra lei che aveva il respiro veloce e chiuse gli occhi godendo con me. Nel mentre nelle nostre bocche simultaneamente al bacio, le nostre salive si miscelarono in momenti di delirante soddisfazione sessuale… Il mio cazzo eruttò rapidamente getti ripetuti di sborra finché con la mano non lo svuotò completamente e continuò a masturbarlo, dandomi un piacere enorme, mai provato. Lei tenendolo e masturbandomi mi fece venire sulla sua pancia come aveva fatto la prima volta quel bastardo di Carlo.
Terminato mi lasciai andare e ci sdraiammo fianco a fianco ansimanti, Cetty mormorò: “Ti è piaciuto?” Ero imbarazzato, ma lei come se fosse stato un rapporto sessuale con un estraneo ripeté sorridendo:” Ti è piaciuto Saro?”
“Si, tanto Ce… era ciò a cui più aspiravo sempre…” Risposi.
“Si, ma fai attenzione e non dirlo a nessuno che lo abbiamo fatto tra di noi, nemmeno ai tuoi amici, siamo fratello e sorella e dobbiamo tenerlo nascosto, guai se si viene a sapere, sarebbe uno scandalo …. “
“Si, stai tranquilla. Lo facciamo ancora Ce…?
“Ma quando adesso?” Domandò lei.
Ero tanto contento che risposi di: “sì!”
“No adesso no?” Ribatté.
“Lo lavo… lo pulisco bene e l’asciugo.” Dissi io per convincerla.
“Non importa anche se lo lavi, dentro c’è ancora lo sperma.” Probabilmente quella considerazione l’aveva sentita dire da qualcuna delle sue amiche…
“Oggi no, vedremo!” Rispose sorridendo... Non ci rendevamo conto di quello che avevamo fatto, che avevamo compiuto un incesto.
Il mio cazzo era ancora un po’ semirigido, ma mostrava chiaramente di voler rapidamente rifarlo di nuovo con lei.
“Dai Ce…!” Esclamai preso dall’enfasi di aver chiavato per la prima volta in vita mia.
“No fottere no!” Esclamò ancora…:” Leccamela!” Mi sollecitò.
“Non l’ho mai fatto Cetta, non l’ho mai leccata… non so come si fa!” Dichiarai e lei rispose:” Imparerai, come hai imparato a chiavare.”
Aprì di nuovo le cosce e mi invitò a leccarla mostrandomela totalmente esposta. Mi avvicinai con la testa quando fui quasi davanti a circa cinquanta centimetri esitai ma lei allungando il braccio mi prese per i capelli e mi tirò a sé, tra le cosce. Era sudata la vulva, con i peli umidi arricciati ed emanava un forte odore di sesso e di selvatico che usciva dall’interno della vagina e mi dava fastidio tanto era forte e intenso, ma pensai che se volevo chiavarla di nuovo dovevo farlo e tirai fuori la lingua e iniziai a leccargliela. La sentivo bagnata del sudore del rapporto sessuale e dai suoi stessi umori del godimento che leccavo pizzicandomi la lingua con il loro gusto selvatico. Avvertivo i peli fastidiosi sulla lingua con a volte qualcuno che si staccava e sputavo. Le leccai la fessura, le grandi e piccole labbra e il clitoride. Era lei a guidarmi con la sua voce rotta dal piacere tenendomi per i capelli, e mi diceva:” Qui no Saro!... No… no… un po' più in su... un po' più in su… No…un po' più a destra… ancora un poco a destra e in alto…” E quando ci arrivavo esclamava forte:” Ecco lì…lì… sì… sì Saro …lecca lì…” E si lasciava andare al godimento della mia lingua.
Fu lei che guidò il mio rapporto orale su di lei. Mi spiegò dove e come leccare, come succhiare il clitoride, di prenderlo tra le labbra come se fosse un capezzolo, come penetrarla il più a fondo possibile con la lingua…E intanto che leccavo e succhiavo mi ero assuefatto all’odore intenso e gonfio di figa calda. Il suo sapore mi inebriava e mi aveva fatto di nuovo rizzare il cazzo, a diciassette anni bastava poco. Improvvisamente mentre gliela leccavo ebbe un forte orgasmo sulla mia bocca, sulla lingua sentii aumentare l’umido e il pizzicore selvatico sull’apice della lingua, ed eccitato continuai a leccare contento di farlo. Gliela leccai tutta, gonfia di odore e bagnata di umore pizzicante sulla lingua, ma assurdamente mi piaceva sentire quell’odore caldo-umido di figa godente e bagnata e quel pizzicore selvatico e la leccai tutta, sputando o raccogliendo con le dita i peli di figa che mi restavano sulla lingua.
Terminato mi tirai su e nonostante le avessi leccato la figa e fossi sbavato di saliva e umori vaginali ci baciammo sulla bocca con la lingua, la mia piena del sapore della sua figa. Eravamo pazzi non comprendevamo a pieno cosa stavamo facendo o forse lo sapevamo troppo bene e ci andava bene così. Lei era più di un anno che non chiavava più dopo quel Carlo, e moriva dalla voglia di farlo, era eccitata e desiderava prenderlo di nuovo in vagina e l’unico maschio che aveva a disposizione ero io che la controllavo, e io ero eccitato, e fu come mettere la benzina vicino al fuoco, finché con una scintilla non si incendiò. Mi era sempre piaciuta mia sorella e ora più di prima che mi aveva insegnato a chiavare e leccare la figa.
“Ti è piaciuto come te l’ho leccata?” Domandai curioso:” Ma a te queste cose Cetta chi te le ha insegnate Carlo…?”
“Si quello stronzo…” Rispose inscurendosi in viso, aggiungendo in dialetto:” Non ti sei mai accorto quando mi facivi u magnacciu che Carlu ma liccava pure u sticchiu!? (Non ti sei mai accorto quando mi facevi il magnaccia che Carlo mi leccava pure la figa)?!” Disse in siciliano ridendo, usando scherzosamente la parola magnaccio perché la controllavo sempre.
“Qualche volta me ne sono accorto, ma non pensavo che era così. Ma ti è piaciuto…?” Domandai ancora.
“Si certo, mi è piaciuto, sei bravo pure a liccare oltre che a fottere Saro…Perché?” Mi chiese.
“Così! … Sei brava Cetta, secondo me fai bene l’amore…” Dichiarai:” Non sono pratico, è la prima volta che l’ho fatto, ma mi è piaciuto tantissimo Ce… mi hai fatto impazzire.”
Lei si mise a sorridere con una smorfia compiaciuta ripetendo con dispiacere:” È stato Carlo... è lui che mi ha insegnato tutto, le posizioni e a ricercare il piacere in ogni modo. E poi lo sai, ci spiavi, guardavi.”
“Eh ma non sempre…” E non dissi più nulla e l’abbracciai, misi veramente con affetto il mio viso contro il suo e lei baciandomi in fronte fece lo stesso, ma capimmo che avevamo fatto qualcosa di sporco, di sacrilego e ci fu una sorta di pentimento e tristezza in noi dettato più che altro dalla famigliarità, dalle superstizioni e dai motivi religiosi. Ma era nato anche qualcosa di indissolubile in noi, che forse non era amore, ma certamente qualcosa che ci univa fortemente.
Passò l’estate, un'altra senza Carlo che non venne più in vacanza in riviera e un’altra senza nuovi amori lei.
Avevamo rapporti sessuali tra di noi i pomeriggi che eravamo soli in casa, ma non sempre, quando ci sentivano che ne avevamo voglia, a me piaceva anche masturbarmi da solo in bagno e immaginarla chiavata da qualcuno… Ero fatto così, era la mia sessualità avere anche di questi pensieri. Cetta non lo sapeva, non glielo mai detto che avevo di queste fantasie su di lei, le andava bene che lo facessimo saltuariamente, perché ragionando a mente fredda sapevamo di essere fratello e sorella e che commettevamo un incesto e per quanto possibile cercavamo di evitarlo, finché uno o l’altro di noi non veniva preso dal desiderio irrefrenabile di rifarlo e cercava l’altro.
In quei mesi un giorno che era invogliata, prima di incominciare a chiavare, vedendomelo duro svettare davanti a lei, si abbassò, me lo prese in bocca e si mise a succhiarmelo sulla cappella e la lasciai fare e saltuariamente iniziò a farm anche i pompini. Imparammo a fare sesso tra noi. Io portavo le riviste pornografiche e le guardavamo insieme e poi lo facevamo anche noi, provavamo le posizioni che c’erano nelle riviste. Era iniziato tutto come un gioco tra noi, con un bacio e un ballo, ma a mente fredda ci prendeva il rimorso di quello che facevamo, sapevamo di essere incestuosi, eravamo consci e d’accordo tutti e due cercavamo di non rifarlo più, fin quando ci riuscivamo. Lei era una ragazza calda… vogliosa e io libidinoso e osceno.
Cetta a volte usciva con le amiche e compagne di scuola e io spesso li seguivo e come volevano i miei genitori la controllavo, con la speranza che me ne facesse conoscere qualcuna. E devo dire che ci ha provato, sono anche uscito con qualche sua amica, ma non legavo, o non piacevo o non ero il loro tipo.
Come dicevo la seconda estate senza quel Carlo fu tranquilla, finita ritornammo a scuola, lei iniziò il quarto anno di ragioneria e io il terzo anno di liceo. Ma lei dopo tutte quelle vicissitudini non aveva più la testa nello studio, così parlò prima con mia madre e mio padre dicendo che non voleva più andare a scuola ma a lavorare e dopo qualche mattina gli insegnati di mia sorella chiamarono mia madre. Le dissero che Cetta non aveva voglia di studiare:” È brava, intelligente, sveglia come ragazza, ma non è portata per lo studio.” Anche se a lei era sempre piaciuto studiare ragioneria per fare l’impiegata, e aggiunsero:” Piuttosto che tenerla a scaldare il banco è meglio che si trovi un lavoro pratico più che teorico e che impari un mestiere.” Così smise di studiare e iniziò a cercarsi un impiego.
Lo stesso io, non mi andava più di studiare, non mi era mai piaciuto e il mese dopo mia sorella gli insegnanti convocarono mia madre per me e le dissero praticamente le medesime cose che avevano dette di mia sorella. Che ero sveglio, intelligente, ma anch’io non ero portato per lo studio, di trovare e imparare un lavoro pratico per il futuro. E così iniziai a fare lavori saltuari, passavo da lavorare alcune settimane a fare il disoccupato, poi nuovamente a riprendere a lavorare a fare il pittore di ringhiere, oppure il garzone di negozio, poi l’apprendista idraulico, poi restavo nuovamente disoccupato per altre settimane. Feci anche la lava pentole in un albergo ma alla fine della stagione ero ancora disoccupato.
Anche quando smise di studiare mia sorella, dovette trovarsi un lavoro, mamma la portò con sé, la fece iniziare a lavorare con lei in albergo, un pò tutto fare, dalla cameriera di sala a servire a tavola, a rifare i letti nelle camere a gettare i sacchi con l’immondizia nei bidoni della spazzatura con le sue braccia esili. Ma lei si vergognava di quel lavoro, non le piaceva e così dopo un mese smise e con la contrarietà di mia madre si licenziò, fece altri lavori saltuari in prova, commessa, pulizie e altro, ma anche lei restò disoccupata e lavorava saltuariamente.
Così ci ritrovammo in quel periodo tutti e due senza lavoro e disoccupati, con pochi soldi in tasca e la testa piena di sogni e di invidia di chi più fortunato di noi aveva tutto, abiti soprattutto in quel tempo e soldi…
I genitori ci mantenevano, ma per non pesare su di loro non gli chiedevamo soldi, e nell’attesa di trovare un lavoro stabile, ci adattavamo a fare lavori saltuari, io anche di giornata, a pescare alla sera con le cianciole o i pomeriggi a incassettare frutta, per avere qualche soldo per i vizi, fumavo ed ero sempre senza sigarette e miscela per lo scooter. Ero sfortunato, trovavo soltanto lavori discontinui. A mia sorella come detto sarebbe piaciuto fare l’impiegata, ma non si trovavano quei tipi di lavori per lei, non eravamo conosciuti né raccomandati, per la gente del posto eravamo soltanto dei meridionali, dei terroni… E spesso passavamo la giornata insieme cercando lavoro.
Eravamo fratello e sorella incestuosi, come ce ne sono alcuni e tutto sarebbe restato confinato nella nostra adolescenza e nella nostra povertà. Saremmo cresciuti, sposati, ognuno si sarebbe fatto la propria famiglia e tutto sarebbe finito lì, se non fosse stato per una proposta di lavoro dove partecipò anche mia sorella. Da quel momento gli eventi si susseguirono inaspettatamente.
Non so come giunse la voce a mia madre, forse qualche sua collega in albergo… le disse che una ditta di combustibili in una città a dieci chilometri dalla nostra cercava una ragazza da impiegare per lavoro d’ufficio. Sarebbe stato un bel lavoro che piaceva anche a mia sorella, ma c’era da andare a fare il colloquio. Mamma ne parlò con Cettina che subito entusiasta rispose:” Si…sì ... mi piace...” E a tavola alla sera ne parlò anche con mio padre che fu possibilista: “Ma è lontano… sono dieci chilometri.”
“Dai pà vado a fare il colloquio, prendo il pullman.” Alla fine si decise che non sarebbe andata da sola, ma che l’avrei accompagnata io con la moto. Per i miei non era bello che la prima volta si presentasse da sola a fare quel colloquio per lavorare in ufficio, ma che era giusto se vedevano che era accompagnata dal fratello, secondo loro sarebbe stato tutto diverso, più serio e rispettabile.
Il pomeriggio del giorno dopo si preparò, si mise in ordine e si truccò quel poco che praticavano le ragazzine della sua età e che i miei genitori consentivano. Scendemmo da casa, si sedette dietro la moto e partimmo, e arrivammo al luogo indicato di questa impresa.
Posteggiai lo scooter e entrammo negli uffici, mia sorella spiegò all’impiegata che era per il colloquio di assunzione.
” Eh come sei giovane… quanti anni hai?” Le domandò la segretaria.
“Diciotto fatti da poco…” Rispose mia sorella sorridendo.
La fecero accomodare e vedendo me insieme a lei, le domandò:” Chi è il suo ragazzo…”
“No, è mio fratello!” Rispose.
“Comunque lui non può entrare, deve aspettare qui fuori.”
“Va bene!” Disse. Ci salutammo con un cenno della mano e la vidi andare via dietro la segretaria. Io mi sedetti in una sedia della sala d’attesa e aspettai.
Quando dopo un’ora finì e uscimmo dagli uffici, era felice, non stava più nella pelle, mi abbracciò e baciò dicendo:” Il colloquio, è stato positivo Saro, ora mi prendono in prova quindici giorni e poi mi daranno il giudizio finale e se va bene mi assumono fissa.” Sorrisi contento anch’io.
“Sei brava Ce… ero certo che superavi il colloquio, vedrai che alla fine dei quindici giorni ti assumeranno. “E tornammo a casa in moto con lei contenta dietro di me che mi stringeva forte sui fianchi e baciava sulla nuca. Le piaceva il lavoro che avrebbe dovuto fare, e ora anche se provvisoriamente era impiegata in un ufficio. Chissà cosa le sembrava di essere impiegata… Mah! Non l’ho mai capito.
Comunque iniziò a lavorare e d’accordo con mio padre, visto che io in quel periodo non lavoravo ancora non avendo trovato nulla, l’avrei accompagnata e sarei andata a prendere io sul lavoro. Soprattutto nell’ora della pausa pranzo quando lei usciva e andava al bar a mangiare qualcosa, per non lasciarla sola sarei andato anch’io, intanto in casa fino a sera non c’era nessuno.
Nei giorni seguenti a mezzogiorno e mezzo quando usciva per la pausa pranzo, mi vedeva, veniva da me e andavamo insieme al bar a pranzare con qualcosa, più che altro tramezzini e focaccia.
Fu in quelle pause che mi presentò Renzo, un impiegato di quarant’anni, più del doppio degli anni di mia sorella che lavorava anch’egli li negli uffici. Era un tipo un pò playboy, brizzolato sulle tempie, sempre ben vestito e pettinato, era un tipo che piaceva alle altre impiegate e sorrideva a tutte. Ci incontravamo tutti i giorni dalle 12.30 alle 13.30 e in quelle pause capii che lui la corteggiava, si sedeva spesso al tavolino a pranzare con noi. Le piaceva Cettina, come d’altronde piaceva a tanta mia sorella.
Quel Renzo era un bell’uomo maturo e le faceva la corte anche davanti a me nelle pause pranzo, le sorrideva e le compiva gli scherzi e lei ne era lusingata e a casa una sera chiacchierando con me ammise che faceva la civetta e che anche lui gli piaceva. Io provavo una sorta di gelosia interiore a vederlo sempre vicino a mia sorella e a sapere che era attratta da lui, so che non facevano niente.
Una sera soli a casa mi disse in dialetto con la faccia maliziosa quasi vergognandosi:” Se te lo chiedessi Saro, mi lasceresti fottere con lui?”
“Da Renzo? Ti piace?” Replicai. E mentre annuiva prosegui:” Ma se è più vecchio di te, ha il doppio dei tuoi anni e ha l’età di papà…”
“Embè a me piace!” Rispose.
” No, non voglio è troppo grande per te!” Dissi io.
“Sei geloso?!” Mi domandò.
“E anche se fosse?” Ribattei.
“Ma Saro io prima o poi devo avere anche un altro, non possiamo farlo sempre io e te, lo sai!”
“Quando sarà il momento vedremo…” Risposi, e il discorso finì lì.
Era vero quello che diceva, ero geloso che la chiavasse qualcun altro, ma non potevo chiavarla sempre e soltanto io per quello che c’era tra noi, d’altronde sapevamo che prima o poi sarebbe finito tutto e lei avrebbe avuto un altro ragazzo e poi un marito.
In una pausa pranzo della seconda settimana di prova per quel lavoro, Renzo vedendoci sempre insieme e intuendo o forse glielo disse mia sorella, che da sola non sarebbe mai andata in nessun posto con lui senza di me, ci invitò a ballare, sia a Cettina che me.
Lei era felice di andarci, Renzo le piaceva anche se era un uomo e dopo quel Carlo era la seconda persona che l’attraeva e la entusiasmava e mi chiese di convincere papà a lasciarla andare a ballare che ci sarei stato anch’io.
A quella richiesta fui sincero e le dissi:” A me non piace questo Renzo, troppo grande per te Ce… lo sai cosa vuole da te.”
“Non incominciare Saro, deve piacere a me e non a te!” Rispose seria e infastidita, e replicai soltanto: “Ma perché preferisci quelli più grandi te? Ha il doppio dei tuoi anni…”
“Perché si, a me piacciono così!” Ribatté.
Comunque non pronunciai più nulla e quella sera a tavola con i genitori, su sua richiesta che mi spronava dissi:” Papà dove lavora Cettina fanno una festa, l’hanno invitata e lei vorrebbe andarci” E subito lei masticando e deglutendo si premurò a dire:
” C’è anche Saro con me papà!” Per giustificare la richiesta:” Andiamo insieme…”
“i miei genitori si guardarono e poi mio padre annuì:” Va bene Saro, se ci sei tu che l’accompagni andate pure…” E così senza sapere che quello era un incontro con Renzo, i miei genitori acconsentirono purché ci fossi anch’io.
Cettina era felice, non stava più nella pelle, ancora una volta eravamo complici e le reggevo il gioco e lei lo sapeva e mi voleva bene per questo, e mi stringeva e mi dava i baci sulle guance. Infondo a me piaceva anche immaginarla chiavare con altre persone e quell’incontro sarebbe stato un motivo per fantasticare di lei e lui quando mi sarei masturbato.
Quella sera, era un giovedì andammo in una discoteca all’aperto scelta da lui distante da dove abitava, eravamo tutti e tre a un tavolino io con loro due Renzo e Cetty che si guardavano negli occhi. Renzo seduto vicino a me mi esortava ad andare a ballare:” Vai fatti un giro, vai con qualche ragazza invitala a ballare, qui ce ne quante ne vuoi… E non stare qui seduto con noi…Fatti un giro.” Ripeteva.
Lo diceva perché non stessi lì con loro, e li lasciassi soli da potere restare appartato e da solo con mia sorella, che le piaceva. Ma io non andavo via, un po' perché ero timido e non riuscivo a legare e ballare con le ragazze e poi non mi fidavo di lui, sapevo che voleva chiavarsi mia sorella. E l’accordo con lei era chiaro, soltanto a ballare tutti insieme senza appartarsi.
Ballarono loro in pista tra la gente, lui la stringeva e strusciava e parlandole all’orecchia le sorrideva e lei si lasciava stringere e accarezzare. Ad un certo punto si fermarono dal ballare e mentre lui era fermo al margine della pista ad aspettarla mia sorella arrivò da me chiedendomi.” Saro… posso uscire a passeggiare fuori con Renzo? Mi dai il permesso?” … Sapendo già cosa era successo la volta precedente e intuendo cosa volesse fare Renzo scossi il capo le dissi subito di no.
Ma lei insistette:” Dai Saro, facciamo solo una passeggiata qui fuori, Renzo è gentile con me, parliamo soltanto…”
Le ripetei di no e per evitare che facessi scenate si rassegnò e tornammo a sederci tutti e tre, con mia sorella davanti a me, e poco dopo avvicinandosi rincominciò:” Dai Saro facciamo solo una passeggiata un giro qui fuori, io ti ho sempre accontentato…” Mormorò tra il frastuono della musica facendomi capire cosa intendeva con quel “per accontentarmi”, i rapporti sessuali tra noi:” … mezz’oretta e torniamo.” Ripeté Cettina. E seduti al tavolino mi guardavano tutti e due, mia sorella ed Renzo, con lui seccato.
“Si sta mettendo a piovere, non potete fare la passeggiata…” Dissi sornione, contento che non sarebbero usciti. Ed era vero, si era alzato il vento e iniziava a gocciolare.
“Ma dai Saro…” Si intromise Renzo:” … non essere repressivo con tua sorella, se piove allora ci mettiamo un po' nella mia macchina ad ascoltare la musica e chiacchierare. Non te la rubo mica…” E sorrise.
“Rubare no, ma non vorrei che succedesse qualcos’altro…” Affermai io guardando mia sorella.
“E cosa vuoi che succeda, al limite la bacio… “Dichiarò chiaro Renzo sempre con il sorriso.
Preciso che questa discussione con lui avveniva davanti a mia sorella che mi teneva il muso perché voleva andare e ascoltava tutto.
Renzo forse perché era eccitato dall’aver ballato e strusciato mia sorella e lei perché lui le piaceva davvero, non so come accadde, so soltanto che a un certo punto lo vidi frugare nella tasca della giacca, tirare fuori il portafogli, aprirlo, prendere 50.000 lire (allora c’erano ancora le lire), metterle sul tavolino dicendo: “Ti do 50.000 mila lire se ci fai restare un po' soli in macchina insieme.” E non disse nient’altro.
Restai senza parole, c’era solo la musica di sottofondo, guardai mia sorella che non diceva nulla, restava in silenzio anche lei stupita dal quel gesto e quell’offerta, e guardava me, lui e quelle cinquantamila lire sul tavolo.
Cinquantamila lire erano dei bei soldi per noi, oggi erano il valore di cento euro forse qualcosa di più. Avrei dovuto offendermi, ma non sapevo che dire, che rispondere, praticamente mi pagava per poter appartarsi con mia sorella, certamente per chiavarsela in auto vista la proposta dei soldi. Cetta non diceva più niente, in silenzio guardava cosa avrei fatto io, anche lei capì che praticamente mi pagava per stare solo con lei, per chiavarla. Avrei dovuto alzarmi e prenderlo a pugni in faccia, ma assurdamente non mi sentivo indignato da quella proposta fatta davanti a mia sorella di offrirmi dei soldi per averla. Voleva appartarsi con lei, e anche Cettina invece di indignarsi a sentirsi pagata come una buttana restava in silenzio perché Renzo gli piaceva. Fu allora che pronunciai:” E in macchina cosa fate?”
“Ma niente!” Rispose lui:” Qualche carezza dai lo sai… tua sorella mi piace e io piaccio a lei lo hai capito, vedi che la corteggio ma ci sei sempre tu che ti metti in mezzo se voglio darle qualche bacio e dici di no a tutto. “E subito tagliò corto: “Dai va bene così allora?! D’accordo!?” Esclamò prendendo la mano di mia sorella.
Fu allora che stupidamente invece di dire di no, esclamai:” Ma restate in macchina qui, non andate via.”
“Ma si dai…! Ci appartiamo un po' nel posteggio a sentire la musica, parliamo, ci diamo qualche bacetto, qualche carezza, e a te do cinquantamila lire…” Aggiunse sorridendo.
“E quelle cinquantamila lire erano sempre lì, sul tavolo tra me e lui e mia sorella, che guardavamo e non toccavamo perché sapevamo il motivo che me le aveva date.”
A un certo punto tra la musica e quel frastuono come un automa allungai la mano mentre mia sorella mi guardava silenziosa e li presi ripetendo:” Però restate in macchina …” E guardai Cettina negli occhi, come a redarguirla da fare qualcosa di spinto.
“Ma si...sì…!” ripeté Renzo tenendola per mano facendola alzare.
Non avrei dovuto fidarmi di Renzo, era un uomo adulto, un quarantenne benestante e aveva ben chiaro in mente cosa voleva da mia sorella e cosa volesse fare con lei, voleva chiavarla e inconsciamente lo sapevamo anche noi, sia io che mia sorella perché mi offriva quei soldi. Allungai la mano e tra il frastuono presi i soldi e li misi in tasca. Loro si alzarono, Renzo tenendo per mano mia sorella, che non disse nulla di quel mio prendere i soldi davanti a lei, mi guardò negli occhi e andarono verso l’uscita. Soltanto quando uscirono mi alzai anch’io andando verso l’entrata. Appena fui fuori alla luce dei lampioni li vidi nel buio sempre mano nella mano andare in fondo alla strada. All’improvviso sentii il segnale del telecomando e vidi un’auto, un suv lampeggiare le frecce mentre si aprivano automaticamente le portiere.
Entrarono nella sua auto, all’aprirsi e chiudere della portiera vidi accendersi la luce dell’abitacolo e poi spegnersi subito e le loro sagome vicino parlare, forse baciarsi, non era proprio buio nell’abitacolo, c’era la luce dello stereo e quella riflessa in lontananza dei lampioni che illuminavano un poco.
Come avevo fatto la prima volta con Carlo li seguii e forse mia sorella lo sospettò e quatto quatto mi misi dietro altre auto, poco distante e mi accesi una sigaretta, pensando che si sarebbero limonati o al massimo le avrebbe fatto un ditalino. Stettero un po' di minuti e poi vidi la sua sagoma andare verso lei, prenderla tirarla a sé e baciarla in bocca con mia sorella che non diceva nulla, non lo impediva, anzi lo abbracciava. Finii la sigaretta ed erano ancora lì certamente a sentire musica con lo stereo e conversare, intanto incominciava ad arrivare la pioggia portata dal vento.
A un certo punto non vidi più a mia sorella, Renzo aveva reclinato lo schienale del sedile del passeggero dove era lei, facendola sdraiare, ma vedevo lui che piegato su di lei la baciava da sopra. Non so perché ma ero agitato e anche geloso, sessualmente la sentivo come mia a mia sorella, e avevo un brutto presentimento, che poi non si rivelò sbagliato. Vedendo lui abbassarsi ancora su di lei, lateralmente mi avvicinai all’auto e vidi che stava approfittando di mia sorella, le aveva tirato su la gonna e le accarezzava la pancia, tirandole poi giù l’elastico delle mutandine davanti per scoprirle la figa e accarezzarle i peli. Sapevo che lui piaceva a Cettina e non intervenni in quel momento un po' per paura di lui, un po' perché mi aveva dato cinquantamila lire e un po' perché mi piaceva guardarli e lasciai che la baciasse e le facesse un ditalino.
In quel momento uscirono dei ragazzi dalla sala da ballo parlando ad alta voce e per paura che mi vedessero piegato vicino alle auto e che pensassero che fossi un ladro che volesse rubare gli stereo o qualche oggetto all’interno delle auto posteggiate, mi allontanai nascondendomi. Loro ridendo e scherzando salirono sulla loro auto, accesero il motore e partirono, in tutto passarono quattro, cinque minuti. Tornai e mi avvicinai all’auto di Renzo guardando e a vederla da distante sembrava vuota, che non ci fosse nessuno all’interno, ma mi sembrava impossibile che fossero scesi e ritornati in discoteca, finché avvicinandomi ancora vidi lui muoversi sopra a mia sorella, sdraiata a gambe larghe che la stava chiavando...:
“Nooo!” Urlai dentro di me, era come quella sera tra gli scogli con Carlo, anche ora si lasciava chiavare da lui, da Renzo. Non sapevo che fare, se reagire o no e restai di lato a guardare che chiavavano, anche se ero preso da un sentimento di gelosia, rabbia e di piacere allo stesso tempo. Vedevo quel grosso suv dondolare dalle spinte e i colpi che dava in figa a mia sorella il cazzo di quell’Renzo.
Quella volta non scappai, mi fermai nascosto a guardarli, volevo vedere come la chiavava lui, se la faceva godere più di me. Non è che si vedeva molto, ma intravvedevo le gambe di mia sorella Cettina larghe e scosciate con tra loro quell’uomo, quell’Renzo con il culo nudo che si abbassava su e giù chiavandola e le mani di mia sorella muoversi sulla sua schiena, sulla sua camicia, segno che gradiva, e le piaceva essere chiavata da lui. Osservavo il lento dondolio dell’auto ai movimenti del loro amplesso e la testa di lui da dietro muoversi contro il volto di mia sorella a baciarla. Ero dispiaciuto e deluso che fosse successo di nuovo e che si lasciasse chiavare specialmente con un uomo di quarant’anni e non un ragazzo della nostra età, ma un po' dentro di me l’aspettavo.
Con la mano in tasca d’istinto mi toccavo l’uccello e le cinquantamila lire che avevo dentro e provavo un piacere incredibile:
“Per questo me le ha date …” Pensai pur sapendolo già:” … per chiavarla…”
Era come se mi avesse pagato per farlo, per chiavarsi mia sorella come se fosse una puttana, e tutto quello che accadeva, anche il modo com’era avvenuto mi scombussolava, mi tormentava ma eccitava anche, tanto che al termine, quando vidi il loro orgasmo e prima che loro uscissero dall’auto, tornai dentro la sala da ballo e andai nella toilette e mi masturbai. Si, mi masturbai al pensiero che quel Renzo mi aveva pagato per chiavarsi mia sorella e noi l’avevamo accettato.
Uscito dalla toilette ritornai a sedermi al tavolino e dopo una decina di minuti arrivarono loro, con Cetta davanti e Renzo dietro, con lui sorridente e mia sorella silenziosa che mi guardò negli occhi. Fra il frastuono musicale ironizzando quel bastardo di Renzo prima di sedersi di nuovo con mia sorella, tra la musica e il vociare mi si avvicinò all’orecchio mormorando soddisfatto:” Mi è costata cinquantamila lire la figa di tua sorella ma ne è valsa la pena!” E sorrise battendomi la mano sulla spalla. Non dissi nulla e guardai ancora Cetta, che a sua volta mi guardò silenziosa.
Lei quando mi rivide si accorse subito che le tenevo di nuovo il muso ma non disse nulla, probabilmente conoscendomi immaginò che come l’avevo vista chiavare con Carlo anche con lui l’avevo spiata.
Renzo visto che c’era vento e piovigginava voleva accompagnarla a casa in macchina, ma lei non volle preferì ritornare con me in moto, visto che mi vedeva immusito.
Appena partito mentre ci avviavamo alla moto mi disse:” Che c’è ora Saro?!
“Lo sai bene cosa c’è, Cettina…!” Esclamai serio:” Lo hai fatto di nuovo!”
Quella volta mi mosse le spalle come a fregarsene di me: “Embè, è diventato il mio ragazzo.” Disse.
“Anche lui? Il tuo uomo vorrai dire visto che ha più di quarant’anni… e più del doppio dei tuoi anni, ha l’età del papà e andrebbe bene per mamma.”
“Quanto sei stupido quando fai così Saro…” Esclamò:”…l’età non centra… a me piace e poi ti ha dato anche i soldi.” Rispose secca per mettermi a disagio.
“Ah l’hai fatto per i soldi dunque? Come le buttane vere…” Esclamai.
“Smettila di dire queste cose e di trattarmi così Saro!... Non l’ho fatto per i soldi, ma perché mi piace lui, sei tu che mi hai lasciata andare con lui per i soldi…” Disse sorridendo maliziosamente. Fece una pausa e proseguì in dialetto siciliano scherzando:” facisti di nuovo u magnacciu… e stavolta ti pagau pure… (Hai fatto di nuovo il magnaccio e stavolta ti ha pagato pure.) E rise e continuò: “… l’hai presi tu i soldi di Renzu, io non ho detto niente, mi piace, te l’ho detto ci sarei andata lo stesso anche gratis.”
Presi quelle cinquantamila lire dalla tasca li tirai fuori insieme al mio orgoglio di fratello e siciliano dicendo davanti a lei:” Domani lo cerco e gliele sbatto in faccia…”
Vedendomi veramente arrabbiato disse lei: “Ma perché Saro? Perché fai così? È un regalo che ti ha fatto …”
“Che ci ha fatto a tutte e due.” La corressi.
“E va bene, è un regalo che ha fatto a tutti e due sono soldi, tienili tu.”
“Ti ha pagato come una buttana…” Pronunciai in dialetto.
E a sentire che mi rispondeva mi incazzai al punto che la minacciai:” Questa è la seconda volta Ce… questa volta dico tutto al papà.”
Lei ferma mi guardò seria dicendo:” Non lo farai Sarò…”
“Perché non lo dovrei fare ?!” Esclamai alterato.
“Perché mi vuoi bene e fai così perché sei geloso, perché ho fottuto (chiavato) con lui e poi dovresti dire a papà che ti sei fatto anche pagare…” Restai spiazzato da quella risposa. Lei si avvicinò e guardandomi e accarezzandomi il braccio esclamò:” Ma perché dobbiamo litigare sempre Saro? Non essere geloso, io ti voglio bene e sono certa che anche tu lo sai… e prima o poi dovrò andare anche con qualche altro uomo o ragazzo e non solo con te… mi dovrò sposare.” Fece una pausa guardandomi e proseguì:” E cosa importa se ho fatto sesso con lui perché ne avevo voglia o mi piaceva, anzi ci ha dato anche cinquantamila lire… teniamoceli.” Rispose aggiungendo:” Lui i soldi li tiene! (…ce l’ha!)”.
Quella risposta mi disarmò, era vero, ci volevamo bene ed ero geloso di lei, e forse reagivo così per gelosia, ma mi colpì il fatto che tutto sommato accettava i soldi, di essere stata pagata. Restammo al vento a sentire le gocce di pioggia, poi mi abbracciò e bacio sul volto e in bocca limonandomi, dicendo:” Dai torniamo a casa Saro e domani ti faccio vedere che amo sempre anche te.”
Arrivammo con mia madre alzata che ci aspettava, facemmo ancora quattro chiacchiere le demmo i bacini della buonanotte e poi andammo a letto, io con il pensiero che lui se l’era chiavata e mi aveva dato cinquantamila lire.
La mattina dopo non lo cercai per ridargli le cinquantamila lire, per sbattergliele in faccia come avevo detto a mia sorella, ma seguii il suo consiglio e li tenni. Li cambiai comprandomi le sigarette, feci il pieno allo scooter e venticinquemila lire quando ci incontrammo alla pausa pranzo le diedi a Cetta per comprarsi quello che voleva, che sorrise.
Passò il venerdì, il sabato vedendoci sempre tutti e tre nelle pause pranzo, mantenendo un certo distacco con lui e sempre con me presente, e non ci furono più incontri sessuali tra lei e Renzo e non parlammo più delle cinquantamila lire.
Il lunedì mattina verso le 10.30, mia sorella mi chiamò sul cellulare, dicendomi:” Saro… sono stata chiamata nell’ufficio del responsabile per conto del direttore, mi ha detto che ho il periodo di prova, ma non sono stata ritenuta idonea al tipo di lavoro che intendono loro. Che non sono all’altezza non avendo il diploma di ragioneria, anche se mi mancavano soltanto due anni per finire. E che non possono assumere e tenere personale senza requisiti, per via dei controlli della filiale centrale.” Mi informò delusa e demoralizzata quasi piangendo:” Hanno detto che mi faranno avere quanto mi devono ma non sono idonea.”
Insomma le raccontarono un sacco di balle per dirle che non andava bene. Quando me lo disse ci restai male, eravamo tutti e due convinti che l’avrebbero presa fissa, invece… presi la moto e andai subito da lei.
Quell’ultimo giorno, nella pausa pranzo andai dove lavorava, aspettai che mia sorella uscisse dall’ufficio con la busta e i suoi soldi e andammo entrambi al bar e mi spiegò tutto bene:” Hanno preso un'altra ragazza più grande al mio posto, una raccomandata!” Esclamò.
Subito le chiesi: “Ma non l’hai visto Renzo? Lo sa lui cosa ti è successo?” Speravamo nel suo aiuto.
“Stamattina l’ho cercato ma non sono riuscito a trovarlo.”
“Non è venuto nemmeno qui nel bar con te nella pausa pranzo…” Dichiarai:” … lo faceva sempre per vederti e chiacchierare con te?”
“No… non l’’ho ancora visto oggi.”
Uscimmo dal bar e lo cercammo in un altro, vicino dove andavano altri dipendenti dell’ufficio sempre durante la pausa pranzo e lo vedemmo seduto con altri colleghi e colleghe a chiacchierare e ridere. Quando ci vide restò sorpreso, si alzò e ci venne incontro dicendo:” Ho saputo poco fa… mi dispiace tanto Cetty. Proprio non me l’aspettavo, ci sono restato male.”
Ci sedemmo in disparte e iniziammo a parlare e ci informò:” Non è la prima volta che la ditta si comporta in questo modo, che io disapprovo.”
Gli domandai:” Ma non puoi fare qualcosa tu! Parlare con il direttore, aiutarla…in fondo la conosci, mi veniva da dire è la tua ragazza... “
Lui forse capendo la situazione che si era creata o che si stava creando fu chiaro e affermò subito:” Sapete, io sono sposato e ho due figli piccoli anche se con mia moglie non vado d’accordo…” Aggiunse falsamente, ma non era vero:” … E non posso fare queste cose, se lo direbbero a mia moglie guai…” Restammo sconcertati da quella nuova scoperta, che ancora mia sorella che era molto bella venisse scaricata per un'altra dopo che qualcuno se l’era chiavata. Anche Cettina restò incredula:” Sei sposato e hai figli?” Domandò.
“Si due di otto e dieci anni!” Rispose lui imbarazzato.
Anche Renzo era stato un porco bastardo, se l’era chiavata per divertimento, mi aveva anche pagato per farlo mentre mia sorella iniziava a provare sentimenti per lui. Mi venne da dire:” Ce lo dico io a tua moglie che ti sei chiavato mia sorella che ha appena diciotto anni pagandola con cinquantamila lire, poi vediamo cosa dice tua moglie…!”
Ma Cettina esclamò:” Lascia perdere tutto Saro… lascialo stare lui non centra.”
E Renzo seppur spaventato dalla mia battuta ci invitò in un altro tavolino più appartato, sedendoci e spiegandoci:” Non fate colpi di testa che mi rovinate, ho due figli…” Ripeté.
Ci fermammo a bere con lui e ci consolò, più a lei che me delle sue due delusioni:” Guarda Cetty, davvero, non posso fare niente. “Affermò. L’aver scoperto che lui era sposato e che lei era stata lasciata a casa dal lavoro fu davvero una batosta per noi.
“Se posso aiutarvi in qualche modo ditemelo… “Esclamò mentre eravamo affranti e pensosi. “Comunque tu Cetty sei giovane oltre che bella…” Disse a mia sorella:” … troverai senz’altro qualcosa da fare di meglio che qui… e guadagnare di più se vuoi.” Poi ci domandò:” Voi nella vostra città frequentate sempre il solito bar che mi avete detto?”
“Si!” Risposi.
“Se mi capita qualcosa, qualche lavoro, qualche occasione vi segnalo, vi cerco o vi faccio cercare…” Dichiarò.
Mia sorella lo osservava delusa, poi all’improvviso lei si alzò e se ne andò e io la segui e consolai.
Il pomeriggio rientrò in ditta a formalizzare la cessata prova, uscì con duecentomila lire di paga di quelle due settimane che diede a mamma.
Nei giorni seguenti cercammo lavoro entrambi, ma quei pochi che trovavamo erano tutti provvisori e brutti.
“Proprio adesso che avevamo delle speranza e ci servivano dei soldi per essere indipendenti sei stata licenziata…” Dichiarai continuando:” … anch’io non riesco a trovare un lavoro se non saltuario...” Eravamo sfiduciati, arrabbiati, senza soldi nemmeno per le sigarette, la benzina e la scheda del cellulare. Ci dispiaceva, avevamo fatto dei progetti sull’acquisto anche di indumenti alla moda per noi e per altre cose, ma tutto svanì. Lei voleva prendersi anche la patente dell’auto, aveva appena compiuto diciotto anni e lavorando aveva intenzione di comprarsi a rate una macchinina usata per girare qui… e invece svanì tutto, delusione su delusione per non dire disperazione adolescenziale.
Passò una settimana, forse dieci giorni e noi oltre che girare a cercare lavoro ci fermavamo come base nel dehors del bar che frequentavamo, dove io prendevo il caffè e lei il the, l’unica cosa che potevamo permetterci di consumare che costava poco.
In quel periodo fatti nuovi inaspettati e mai pensati si susseguirono in modo conseguenziale senza renderci conto di quello che stavamo facendo, di dove ci stavamo ficcando e cosa stavamo diventando.
Un pomeriggio mentre io e mia sorella eravamo insieme seduti in un tavolino del dehors davanti e affianco alla strada del lungomare, vedemmo arrivare un’auto che si fermò dall’altra parte e notammo all’interno un signore sulla cinquantina d’anni che arrivato scese dall’auto, si mise vicino alla fiancata, si accese una sigaretta e ci osservava, a dire il vero fissava mia sorella Cetta.
“Che cazzo ha da guardare quello lì!” Esclamai infastidito.
Se ne accorse anche mia sorella che ci guardava o meglio che guardava lei. “Lo conosci?” Mi chiese.
“No!” Risposi:” E tu?”
“Nemmeno io!” Ribatté: “Mai visto!”
A un certo punto capendo che ci eravamo accorti della sua presenza e che ci scrutava, sorrise e si fece avanti facendomi un cenno con la mano come a chiamarmi. Mi guardai intorno non c’era nessuno in quel momento nel dehors tranne noi e lui, ripeté il gesto della mano come dire …” Te! ...Si, dico a te! Vieni…!”
“Ti chiama, che vuole da te?!” Mormorò mia sorella.
“Non lo so, aspettami qui vediamo cosa vuole!” Dichiarai alzandomi dalla sedia e mi avvicinai a lui dall’altra parte della strada, con tono serio e pugni chiusi.
“C’è qualcosa che non va!” Esclamai appena fui davanti a lui.
“No.…no… volevo chiedergli un incontro con la ragazza!”
Lo guardai sorpreso. “Che incontro?” Domandai stupito.
E lui sempre sorridente ma impacciato disse:” Un rapporto sessuale.”
“Un rapporto sessuale con lei?” Ripetei.
“Si! Pago!” Esclamò serio.
Lo guardai cercando di capire per chi ci avesse preso, ricordo che pensai:” Senz’altro ci scambia per altre persone, per un'altra coppia…” Mentre mia sorella dal tavolino ci osservava parlare senza capire cosa dicevamo.
Credevo che fosse uno scherzo e ci volesse insultare e stavo per mandarlo al diavolo, anzi affanculo quando lui esclamò imbarazzato: “Mi manda Renzo, è lui che mi ha segnalato voi, mi ha detto di rivolgermi a lei per chiavare la ragazza, che prende 50.000 lire a prestazione, la signorina mi piace, io gliene do sessanta…” Pronunciò serio.
Restai in silenzio:” Ma per chi ci ha preso ?!” Pensai.” A mia sorella per una prostituta e a me per il suo magnaccia? … Ma che cazzo gli ha detto quel bastardo di Renzo? Come si permette? Perché c’ha dato cinquantamila lire per chiavarla ora cosa crede che lo fa con tutti? Che è una puttana!” Pensai.
Mi salì un senso di nausea e rabbia che considerassero mia sorella una prostituta e gli domandai:” L’ha mandata Renzo? È lui che gli ha detto che prendiamo cinquantamila lire?”
“Si...sì! Stia tranquillo sono una persona a posto, pulita e fidata, non cerco guai, vorrei solo chiavare la signorina…” Ripeté, aggiungendo di nuovo:” La pago!”
“Lei è amico di Renzo?!” Domandai io invece.
“Si siamo colleghi di lavoro… però io lavoro in un’altra filiale.” Rispose.
Fu allora che capii e pensai:” Hai capito lo stronzo… mi aveva dato 50.000 mila lire per appartarsi con Cetta e poi chiavarsela che non doveva, e deve aver detto a questo stronzo che con 50.000 lire io faccio chiavare Cettina a tutti.
“Guardai ancora quell’uomo e pensai osservandolo:” Non so se Renzo glielo ha detto pensandolo davvero che con cinquantamila lire si sarebbe chiavato Cettina, oppure per prenderlo in giro e fargli uno scherzo e questo scemo c’è cascato.” Stavo per mandarlo a quel paese, ma mi fermai un attimo a riflettere, mi sentivo smarrito e confuso, avvolto da una strana e nuova emozione, ero indignato, ma anche turbato da quella proposta oscena, e perfino affascinato dalla possibilità di guadagnare sessantamila lire in poco tempo, alche non so cosa mi prese in quel momento e gli dissi:
“Aspetti un attimo!” E tornai da mia sorella che appena mi sedetti vicino a lei mi chiese:
“Chi è? Che vuole quello?”
E la informai in dialetto siciliano:” È un signore che ha mandato Renzo…”
“Renzo?” Mi interruppe stupita:” E che vuole?”
“Si, lo ha inviato Renzo qui da noi, è un suo amico e collega di un’altra filiale, ci offre sessantamila lire per chiavarti…. Se ti lasci fottere (chiavare) da lui!” La informai con la voce rotta dall’imbarazzo e preso da una strana forma di eccitamento a dirle quelle parole, che mi facevano battere il cuore fortissimo.
Lei restò sorpresa, aprì di più gli occhi e fece un gesto in avanti con il capo:” Cosa? Mi offre sessantamila lire per fottermi? (chiavarmi?) Ma per chi mi ha preso? ...Per una buttana?” Esclamò risentita inscurendosi e cambiando espressione in volto.
“Si, probabilmente sì…” Risposi:” Ricordi quella sera quando a ballare mi ha dato le cinquantamila lire per appartarsi con te e fare sesso? Renzo deve averlo preso come un pagamento di una prestazione sessuale, per poterti chiavare.”
Era incredula anche lei, soprattutto delusa e offesa di essere considerata da Renzo che gli piaceva e da quell’uomo una sorta di puttana a pagamento. E io affianco a lei, dopo averglielo riferito, invece di dirle:” Vieni Ce… alzati andiamo via prima che gli riempio di pugni la faccia a quello stronzo là.” E come se fossi in attesa della risposta domandai a mia sorella:” Allora Ce…! Che facciamo? Cosa gli dico?”
“Come cosa gli dici?” Esclamò girandosi verso di me e guardandomi: “Gli dici di no… di pagare sua sorella o sua figlia se vuole fottere e non a me, che io non sono una puttana…” Replicò proseguendo: “Figurati! Vuoi mica che mi faccia chiavare da lui per i soldi? È un vecchio e poi non mi piace come persona, ha più di cinquant’anni…”
Io invece di accettare la risposata di mia sorella ripetei: “Pensaci Ce… sono sessantamila lire per pochi minuti…ci farebbero comodo, potremmo comprare scarpe e abbigliamento …” E mi trovai senza pensarci, ne volerlo a convincerla. E assurdamente e scelleratamente per persuaderla le ripetei ancora:” Pensaci Ce…! Non lo saprebbe nessuno, sarebbe solo questa volta e durerebbe un quarto d’ora…”
Lei restò in silenzio, mi guardò dicendo:” Ma sei impazzito Saro? Davvero vuoi che vada a farmi fottere da quello là? A prostituirmi!”
“Ti da sessantamila lire per pochi minuti…” Ripetei quasi inconsciamente:” Ci farebbero comodo, siamo senza una lira…”
Lei mi fisso, poi guardò quell’uomo che appoggiato alla fiancata della macchina aspettava una risposta. Dentro di me mi stavo vergognando di avergli proposto di farsi chiavare da lui per soldi e stavo per alzarmi e andargli a dire di no che non si faceva niente, quando con sorpresa, mia sorella invece di dire:” No… assolutamente no Saro…!” Sempre osservando quell’uomo appoggiato all’auto rispose:” Ma è un vecchio!”
Mi diede una risposta che mi spiazzò e mi provocò il battere del cuore fortissimo, in modo agitato, quasi eccitante, con una sorta di stimolo improvviso al pene. E mi fece intuire una sua possibile disponibilità reale ad andarci.
A quella sua esclamazione mi prese una sorta di paura mista a preoccupazione e agitazione che mi pervase il corpo, con il timore che potesse dire sì e ci andasse davvero. Fui avvolto da una sorta di inquietudine di volere e non volere che dicesse sì e accettasse veramente, era mia sorella e scelleratamente la stavo esortando a prostituirsi e lei sciaguratamente era possibilista. E in quella condizione fisica e mentale alterata dalla situazione, quasi di getto e inconsapevolmente le dissi: “Perché se fosse bello ci andresti?... Che ti frega se è vecchio, ci dà i soldi, ti paga... “Lei borbottò qualcosa e io continuai:” …durerebbe un quarto d’ora Ce... Ci sarei anch’io a controllarti. Ci dà i soldi sessantamila lire, e sarebbe soltanto questa volta e nessuno saprebbe niente.”
“Eh ma se è malato?!” Ribatté lei.
Capii che se insistevo poteva accettare e invece di desistere la esortai: “Ma no Ce…! Non lo devi mica baciare e poi gli facciamo mettere il preservativo.”
Il silenzio di mia sorella fu eloquente come il mio, sospirò, probabilmente era tentata e mi guardò ancora esitando, e dapprima che rispondesse, all’improvviso come un automa decisi io per lei:” Va bene Ce… gli dico di sì!” Dissi, e mi rialzai prima che lei smarrita realizzasse la mia scelta per lei e dicesse di no. E voltandomi con il timore che una volta girato Cettina ci ripensasse, mi fermasse richiamandomi, andai verso quell’uomo con il cardiopalmo per quello che mi accingevo a far compiere a mia sorella. Lei invece non disse nulla, non mi chiamò ne fermò e mi lasciò andare. In un certo senso avevo deciso io per lei, avevo anticipato e forzato la sua scelta.
Arrivato da quell’uomo che aspettava appoggiato alla sua auto gli dissi:” Va bene! Dove vuole farlo?”
“Avete un appartamento?” Domandò.
“No!” Risposi.
“Allora…” facendomi segno disse:” …lo faccio in macchina.”
In quel momento mi venne in mente il posto dove andavo con le prostitute io alla sera con i miei amici prima di iniziare a chiavare con lei, e gli dissi.
“Si ma non qui, sa dove c’è il cavalcavia per l’autostrada?”
“Si!” Rispose.
“Bene prima, affianco c’è una stradina sterrata, prenda quella e vada avanti duecento metri, c’è uno slargo, ci vediamo li tra mezz’ora!”
“Va bene!” Replicò lui.
“Ah!... Li ha i preservativi…?” Domandai.
“Eh no! Quelli ce li ha lei…” Rispose serio.
“Va bene… va bene!” Ribattei io. Ci vediamo nello spiazzò. Salì sull’auto guardando ancora mia sorella e partì.
Guardandomi attorno tornai da mia sorella che era seduta e ci guardava, avevamo accettato, eravamo entrati senza rendercene conto in un susseguirsi di circostanze accidentali e inaspettate come in un circolo vizioso che ci avrebbe risucchiato e segnato per sempre la nostra vita.
“Che ti ha detto?” Chiese.
“Che va bene, ci aspetta tra venti minuti nello spiazzo dopo il cavalcavia, un posto appartato che conosco io. Lo farai in macchina come hai fatto con Renzo.” Dichiarai.
“Ma ci sei anche tu!?” Domandò preoccupata.
“Si, sarò fuori dalla macchina a controllare e proteggerti.”
Anche lei era ansiosa, era la prima volta che lo faceva, che si prostituiva e come me non si rendeva conto di quello che stesse compiendo e poco dopo presi la moto, la feci sedere dietro e partimmo. Ci fermammo alla prima farmacia che incontrai e intanto che io, sceso dalla moto con i pochi spiccioli che avevamo andavo ad acquistare il preservativo, mia sorella seduta sulla sella attendeva.
Non ebbi nessun ripensamento in quel momento e neppure lei, forse incoscientemente non pensavamo nemmeno a quello che stavamo compiendo, che lei si prostituisse davvero per soldi, era come se fosse tutto normale, tutto una conseguenza di un’altra conseguenza e a sua volta di un’altra ancora. Non ci rendevamo conto che stavamo cadendo in un baratro che come un vortice ci avrebbe risucchiato, a lei soprattutto e per sempre.
Acquistati i preservativi ripartimmo e andammo al posto convenuto. Nell’attesa che il tizio arrivasse la istruii, lei era smarrita aveva accettato forse controvoglia, perché avevo deciso io per lei e ci servivano i soldi, ma era intimorita. Le diedi il preservativo dicendo come usarlo e metterlo:” O se vuoi dallo a lui che se lo mette da solo…” Le dissi:” Gli dici che ti fa male la mano. Non spogliarti, tira solo via la mutandina e alza la gonna come facevi con Carlo e Renzo e nient’altro, se vuole toccare, fallo toccare un po’ e quando si sdraia sopra di te accompagnagli il cazzo alla figa con la tua mano… poi farà da solo. Io lo so come fanno essendoci già andato con loro.”
“Con le buttane!” Rispose seria. Quella esclamazione mi spiazzò, non sapevo che dire e pronunciai:” Si ma tu lo fai soltanto questa volta…”
“E tu mi fai u magnacciu!” Esclamò ironica in dialetto siciliano.
La guardai, era titubante:” Dai Ce… oramai abbiamo deciso. Tra un po' arriva… un quarto d’ora ed è tutto finito.” Non disse più nulla.
Le raccomandai ancora:” Non lo devi baciare Ce… devi stare soltanto lì a farti fottere (chiavare), senza baciarlo e farti baciare…Le buttane non si baciano…” Dissi ridendo stupidamente.
“Strunzu…!” Esclamò lei sorridendo a sua volta imbronciata.
La vedevo agitata indecisa:” Che c’è che ti preoccupa Cettina? Dimmelo…” Esitò e rispose soltanto:”
“Eh se poi mi piace? Che mi viene da godere, che faccio? Io mi vergogno!”
“Ma che vergona e vergona Ce… se ti piace e ti viene da godere, godi pure tranquillamente a lui piacerà di più. Non preoccuparti.
Quando arrivò quello che sarebbe stato il suo primo vero cliente, le feci segno dove mettere la macchia in un lato riparato, visto che eravamo di pomeriggio e c’era il sole. Dissi a mia sorella:” Tu resta qui vicino alla moto, ti faccio segno io con la testa quando ti devi avvicinare, ricordati quello che ti ho spiegato, togli solo la mutandina da sotto e niente baci.” Lei silenziosa annuì.
Mi avvicinai all’auto e lui scese con la sua pancetta dicendo:” Non viene?”
“Prima i soldi!” Esclamai aprendo la mano.
“A sì!” Prese il portafogli, tiro fuori dei biglietti da diecimila lire grigi, dei Michelangelo Buonarroti come li chiamavamo noi, e me ne diede sei, che allora valevano come cento, centoventi euro di oggi e per noi erano tanti soldi, e li contavo mentre me li passava a uno a uno e mia sorella poco distante sulla moto guardava che li prendevo. E li misi in tasca dicendogli:” Ora viene! … Fate con calma, io sono qui attorno a controllare.” Assurdamente mi comportavo come un vero magnaccia.
A quel punto feci un segno con il capo a mia sorella di venire e salire in macchina.
Imbarazzata e impacciata lei si incamminò e mentre si avvicinava, quell’uomo la guardava e sorrideva dicendomi:
“E’ una bella ragazza! Alta magra, con le gambe lunghe e toniche, ha anche un bel seno. Ma siete italiani?” Domandò, visto che in quel periodo c’erano molte rumene e albanesi che si prostituivano.
“Certo!” Risposi:” Siamo siciliani.” Dicendo stupidamente la verità.
“Ah italiani… lei allora è una bella sicula…” Esclamò sorridendo.
Mi allontanai di qualche metro dietro l’auto e dalla parte posteriore dal punto in cui mi ero messo vidi aprirsi tutte e due le portiere. In una, quella del guidatore entrò il cliente, nell’altra aperta del passeggero vidi mia sorella fermarsi, alzarsi su la gonna e curvarsi in avanti, spingere giù la mutandina alle ginocchia e piegando una gamba alla volta portarla ai piedi togliendola. E tenendosela appallottola in mano, si sedette all’interno nel sedile del passeggero chiudendo la portiera affianco a sé...
Restai girato a osservarmi attorno e visto che non c’era nessuno, mi rigirai guardando dal cristallo posteriore dell’auto, e dal lunotto vidi le loro figure, loro due che parlavano, poi subito dopo mia sorella portarsi con il tronco dalla parte del guidatore, incrociare le mani in basso… e emozionato e in parte contento pensai:” Gli sta mettendo il preservativo, speriamo che ci riesca.”
Ma non feci nemmeno a tempo a finire quel pensiero che vidi la sagoma di lui portare le braccia nel suo basso addome, e probabilmente mettendoselo da solo il preservativo, perché lei non riusciva. In quel momento tra l’agitazione e il caldo realizzai un attimo cosa stavamo facendo io e mia sorella, cosa le stavo facendo compiere. Mi dispiaceva farla prostituire ma subito pensai:” Ma la colpa è anche sua se si fa pagare da quest’uomo…bastava che avesse detto di no subito e non avremmo fatto niente…” Mentendo a me stesso che l’avevo esortata e indotta a farlo.
Così quel pomeriggio iniziava una nuova vita per noi. In quel momento ero preso come da una forma di stordimento e dispiacere, quell’uomo pagava per chiavare mia sorella, ed io assurdamente ero eccitato che avvenisse, che avesse accettato e che si accingesse a compiere. Avrei potuto ancora fermare tutto, dire basta, esci fuori di lì Cetta, e lei se ne vada…. Invece come un verme gli avevo venduta mia sorella per sessantamila lire e restai in silenzio a guardare, a spiare che lui la toccava e quella visione mi eccitava e inquietava. Avrei potuto fermare ancora tutto, salvare l’onore e il futuro di mia sorella, invece restai immobile a guardare.
Lo vidi lui tirare giù lo schienale del passeggero e fare salire e semi sdraiare sopra mia sorella, alzandole la gonna, accarezzandole le cosce e allargandogliele, fermandosi un attimo a osservarle la figa pelosa e subito scavalcare una gamba mettendosi tra di esse. Stava avvenendo davvero, si stava prostituendo o meglio l’avevo indotta io a farlo. E la immaginavo imbarazzata e vergognosa, arrossata in viso con quel cliente pagante che si accingeva a penetrarla per possederla, quell’uomo che poco prima davanti al bar aveva apostrofato -vecchio- e in confronto a lei che era appena diciottenne lo era.
All’interno dell’auto come ipnotizzato scrutavo il capo, i suoi capelli neri e le gambe lunghe e larghe con lui tra esse a trafficare, a cercarle la figa. È agitato e nascosto gli vidi il cazzo fasciato di lattice che si lubrificava con la saliva sulle dita. Lo scorsi puntarglielo sulla fessura vulvare e spingerlo dentro in vagina. Quando la penetrò ebbi un tuffo al cuore, fu tremendo perché sapevamo che lo faceva per soldi, e dopo pochi secondi vidi il sedere flaccido di quell’uomo muoversi su e giù tra le cosce divaricate di mia sorella e l’auto iniziare a muoversi e dondolare, ero impressionato, stravolto, pentito e contento che lo facesse. Ebbi una sorta di vertigine e tachicardia al cuore, e pensai:” È fatta oramai, ha iniziato! Quel vecchio la sta chiavando davvero e tutto a pagamento come le prostitute vere.” In quel momento mi resi conto che Cettina sciaguratamente stava compiendo la sua prima marchetta da prostituta e io scelleratamente le facevo da magnaccia.
Quel cliente cinquantenne che la pagava doveva essere bravo e chiavare bene, perché poco dopo visto che lei era una ragazza calda sessualmente, pur senza volerlo iniziò a gemere e godere nella sua prima prestazione sessuale in automobile, come aveva fatto con Carlo e Renzo, facendo uscire i gemiti del piacere dal finestrino aperto della portiera.
Non durò molto il rapporto sessuale, circa dieci o quindici minuti, non quantificai il tempo, successivamente vidi il cliente tirarsi su da lei, sedersi dalla parte del guidatore e poco dopo aprire la portiera; e mia sorella fare lo stesso dalla sua parte, uscire dopo essere stata chiavata. Scese e se l’asciugò bene dagli umori e dal sudore con un fazzolettino di carta, prese la sua mutandina e la sbatté forte e poi la indossò facendola salire sulle gambe e le cosce fino a coprirle il sedere e la figa e subito come se si vergognasse tirò giù la gonna per poi sedersi sul bordo del sedile del passeggero a gambe fuori.
Quell’uomo sorridente, voltandosi mostro il suo cazzo e il preservativo riempito sulla parte anteriore dal suo sperma, che se non ci fosse stato il profilattico avrebbe riversato tutto in figa o sulla pancia a mia sorella. Se lo tolse e lo cacciò in un angolo tra gli arbusti, insieme ad altri che già c’erano di prostitute vere.
In quel momento vedendoli scendere. Mi avvicinai, facendo segno a mia sorella con il capo di andare dalla moto, non volevo che avesse altri tipi di contatti con lui, quelli aspettavano a me. Cosa che fece e mi attese seduta sulla sella dello scooter.
Quell’uomo o cliente continuava a guardarmi e fu allora che domandai quasi d’istinto:” È soddisfatto?”
“Si! ...si!” Rispose lui dicendo:” È inesperta, ma calda… ha ancora la figa stretta, ed è bella e giovane, una ragazzina, ma imparerà!” Abbozzai un sorriso freddo e lui mi chiese:” Senta ha un numero di cellulare per contattarlo quando voglio rifarlo? Non vorrei farmi vedere venirvi a cerarvi al bar come oggi, sa sono sposato. La ragazza mi piace, sembra che goda davvero quando lo fa, e io posso rifarlo almeno due volte al mese.” A quella richiesta pensai un attimo poi essendo andato tutto bene e lei consenziente gli diedi il numero del mio cellulare che memorizzò nel suo, intanto che mia sorella osservava mentre attendeva sulla moto. Aggiungendo a bassa voce:” Se vuole posso darlo anche a degli amici, dei miei conoscenti, tutta gente per bene, fidata, gli parlerò bene di voi se vuole.” Lo guardai e annui con la testa, accettai, gli diedi il permesso di darlo ad altri il mio numero di cellulare.
Ci salutammo, lui salì in auto e io mi portai verso la moto e mentre lui partiva e si allontanava, l’accesi e con mia sorella dietro partimmo e ristornammo al bar.
Da quel momento era cambiata la nostra vita e non sarebbe più stata come prima. Giunti al bar mezzoretta dopo, ci sedemmo e prendemmo da bere e il gelato e vedendola tranquilla e non agitata o pentita le domandai:” Come è stato Ce…?”
Scosse le spalle: “Pensavo peggio, invece è stato soltanto fastidioso…” Rispose. “Fastidioso perché mi era sopra con la pancia?” Precisò.
“Ma ti è piacito, hai goduto anche con lui?”
Sorrise imbarazzata.” Un po' sì, ma è diverso farlo senza baciare, non ti senti coinvolta, anche se mi veniva d’istinto di farlo, di baciare… ma ho fatto come mi hai detto tu.”
“Vedi!... È meno peggio di quello che pensavamo…!” Esclamai stupidamente.
“Eh ma non sono capace, non riuscivo a mettergli il preservativo, alla fine se l’è infilato lui…”
“Ma questo non importa, imparerai Ce… ti insegnerò io come fare…”
“Perché vuoi che lo rifaccia di nuovo?” Mi chiese. Quella domanda mi spiazzò:” Avevamo detto una volta soltanto Saro…” E dissi:” No, se non vuoi tu Cettina non lo rifacciamo più, comunque imparare a mettere i preservativi ti può sempre servire anche con i ragazzi…” E sorrisi.
E lei cambiando discorso mi domandò:” Te li ha dati i soldi?”
“Si!” Risposi tirandoli fuori e dandole quarantamila lire dicendole, comprati quello che vuoi…” Lei li prese e sorrise stupidamente.
“E tu?”
“Io ne tengo ventimila…”
Mi guardò pronunciando:” No Saro, facciamo metà per uno... Sei il mio protettore…” Disse ridendo.
Prendevamo sottogamba quello che era avvenuto, per noi era un gioco, non ci rendevamo conto della pericolosità di quello che stavamo facendo. “E fu in quel momento che le dissi:
” Ha voluto il numerò del mio cellulare Ce…, ha detto che quando lo pagano lo vuole rifare ancora, che le piaci, sei calda…” Lei sorrise stupidamente. “Di nuovo?” Pronunciò ma senza dire di no.
“Si! Lo vuole rifare con te…” Ripetei.” Ora vatti a comprare le scarpe che ti piacciono …” La esortai.” Quanto costano?” Domandai.
“Venticinquemila lire…”
“Bene, te ne restano ancora quindici per qualcos’altro.”
“Allora mi compro anche una maglietta che mi piace …!” Esclamò lei con un tono d’enfasi come se chiedesse il permesso a me.
“Va bene! Comprati quello che vuoi.” Risposi facendo il grande e tenendomi ventimila lire.
Ce li spendemmo subito per cose futili e quella disponibilità di soldi senza rendercene conto ci fece entrare in un turbine corrotto, di lei prostituta e io magnaccia.”
Passarono alcuni giorni e una mattina mi telefonò un uomo dicendo:” Mi ha dato il suo numero un amico, dice che lei fa praticare prestazioni sessuali alla sua ragazza…che è molto bella.”
“Si!” Risposi.
“Quanto vuole?”
“Non gliel’ha detto il suo amico? Sono sessantamila lire in auto…”
“Va bene…” Rispose e ci mettemmo d’accordo per il pomeriggio come la volta precedente al solito posto.
Lo dissi a Cetta:” Mi ha telefonato un altro cliente Ce… Gli ha dato il mio numero quello di l’altro ieri.”
“E che vuole?!” Esclamò probabilmente già sapendo la risposta.
“Come che vuole? Vuole fotterti come l’altro oggi pomeriggio, con le stesse modalità della volta precedente. Anche lui ci dà sessantamila lire. Gli ho detto di sì Ce…!”
“E se io non volessi…?”
“Ma perché non vuoi, ci dà sessantamila lire.” Che erano un po' come centoventi euro oggi.
“Allora?”
“Allora mi fai fare la buttana davvero!?” Esclamò sorridendo.
A quella risposta replicai:” Va bene se vuoi non facciamo niente…” Lei non disse nulla, solo poco dopo esclamò prendi i preservativi. A quella esclamazione sorrisi, aveva accettato e quella mattina andai in farmacia a comprare i preservativi e ridendo e scherzando a casa le feci vedere come metterli su me stesso, e finimmo ancora a fare sesso io e lei, a godere di noi, anch’io con baci e abbracci del suo corpo.
Il pomeriggio come la volta precedente la portai con la moto nel piazzale vicino al cavalcavia dove il tipo arrivò con l’auto. Prima mi avvicinai sempre io a contrattare e prendere i soldi, poi feci a lei un segnale con il capo di avvicinarsi che era tutto a posto e poteva farsi chiavare da lui tranquillamente, mentre io restavo appoggiato alla moto ad aspettare fumando.
Nei giorni e nelle settimane seguenti ci furono altre chiamate al cellulare di clienti, più di uno, tutti con il passaparola del suo primo cliente e quasi tutti oltre i cinquant’anni. Anche a loro dissi che avrebbero potuto dare il mio numero di cellulare ad altri loro conoscenti, purché fossero state persone fidate e tranquille. Erano tutti soddisfatti e appagati di chiavare Cettina e il ritmo aumento, mia sorella piaceva e quegli uomini erano disposti a pagare per averla sessualmente.
E nei giorni passammo da un incontro alla settimana a uno ogni tre giorni, poi a due giorni e dopo un mese e mezzo, quasi tutti i giorni c’era un cliente. Riuscivamo a mettere via 300 mila lire alla settimana, qualcosa come seicento euro di oggi. Ed erano tanti per noi e iniziammo a guadagnare dei bei soldi, davamo qualcosa a casa e con il resto ci compravamo quello che volevamo e ce ne avanzavano ancora. Il potere dei soldi ci stava ammaliando e seducendo, era bello avere sempre i soldi in tasca.
Proseguendo sempre con mia sorella consenziente e anche lei bramosa di guadagnare, arrivammo ad avere anche più di una prestazione al giorno, diventarono due al giorno, poi tre al giorno e in orari differenti. Avevo un taccuino dove segnavo le prenotazioni dell’incontro con l’orario. Mi chiamavano sul cellulare e prendevamo appuntamento al solito posto, loro arrivavano in auto, io accompagnavo mia sorella in moto, andavo prima a parlargli e a prendere i soldi e dopo, a un mio cenno andava lei a farsi chiavare. In quel modo arrivammo anche a guadagnare più di due milioni in un mese e quel guadagno facile ci diede alla testa, ci impediva di ragionare su quello che stavamo facendo allontanando l’intenzione di smettere.
Passarono alcuni mesi e arrivammo all’inverno, e un pomeriggio che pioveva, quello che era stato il nostro primo cliente mandato da Renzo che due volte al mese veniva ad accoppiarsi con mia sorella, quando finirono e scesero mi chiamò, arrivai con l’ombrello e mi disse:
“Ma perché alla tua ragazza glielo fai fare sempre in auto in questo modo? Anche adesso che fa freddo e piove. È scomodo e pericoloso, c’è il rischio che vi pizzica la polizia prima o poi, a lei la schedano come prostituta e a te, ti denunciano come magnaccia. Sai con quelle che battono sulla strada sono molto severi.”
“Ma lei non batte!” Risposi quasi risentito.
“Si, ma è come se lo facesse, lo fa in macchina su appuntamento. Praticarlo così in auto è come farlo battendo sulla strada e c’è anche il rischio che qualcuno di qualche racket vi veda e vi faccia del male…” Io ascoltavo in silenzio con mia sorella vicino sotto l’ombrello, era vero quello che diceva ed era anche una nostra preoccupazione. “E che cosa dovremmo fare allora?” Chiesi.
Lui si accese una sigaretta e sbuffando il fumo “La tua ragazza è bellina…” Disse credendola anche lui la mia ragazza, non sapendo che invece era mia sorella:” … dovresti farla prostituire in un appartamento, al caldo e nel pulito cosi sareste al sicuro e fare entrare soltanto chi volete voi.”
“Un appartamento?!” Esclamai.
“Si, ne affittate uno e quando sentite i clienti al telefono gli date appuntamento nell’appartamento, gli date l’indirizzo il numero di portone e il nome falso che metterete sul citofono. In questo modo può farlo anche nuda su un letto e chiedere più soldi, anche centomila lire …eh ma non a me che vi ho dato il consiglio però …” Disse ridendo sbuffando fumo e continuando: “E anche più igienico, quando ha finito si lava…Come ho detto vi affittate un appartamento e quando i clienti vi chiamano al telefono date l’indirizzo e chiedete di più, ma anche lì dovrete prendere degli accorgimenti, dovete girare.”
“Come girare?!” Chiese mia sorella interessata e curiosa.
“Si girare, non stare sempre nello stesso appartamento, massimo dai tre ai sei mesi in uno e via cambiare appartamento, zona, città in modo che chi abita lì non faccia in tempo a segnalare l’andirivieni per le scale, perché prima o poi se ne accorgono e fanno la segnalazione alla polizia o ai vigili, è capitata a una signora che frequentavo. Lo stesso con i numeri del cellulare, dovete cambiarlo ogni sei mesi e anche meno e darlo ai clienti e cambiare scheda.” Poi aspirando e espirando il fumo proseguì:” E poi lei deve trovare qualcosa da fare li negli appartamento, una copertura, se venisse un controllo, qualcuno della polizia, dire che ci lavora a fare i massaggi, che ne so, che legge la mano, che fa la chiromante o qualsiasi altra cosa, in modo che se qualcuno vi fa qualche contestazione sul fare la prostituta gli dite che non è così, che riceve su appuntamento perché fa l’estetista, la chiromante, la parrucchiera, la sarta o quello che volete, anche se non ci credono avete un alibi, una giustificazione. Voi siete giovani ma dovete aprire gli occhi in questo mondo… E inoltre darsi un nome d’arte, cos’è questa Cetta?” Domandò.
Non rispondemmo e lui riprese: “In appartamento come ti ho detto oltre a essere maggiormente sicura, può fare di più e chiedere più soldi.”
Parlava di soldi, prostituzione di come farla prostituire meglio, con noi non ancora ventenni che ascoltavamo.
“In che senso guadagna di più? …Perché lo fa nuda?” Domandai.
“Non solo perché può farsi chiavare nuda e quindi chiedere di più…può fare pompini se vuole, farsi fare il culo, anche, giocare con i clienti, è la pagano bene sai…” Io in silenzio ascoltavo. Quel tizio mi stava plagiando e inducendo a fare di mia sorella una vera puttana d’appartamento che fa tutto.
“Ci penserò!” Risposi:” Grazie del consiglio.”
“Si, pensateci, è un peccato fare battere una bella ragazza come lei soltanto in auto… i clienti pagherebbero bene per leccarle il seno, la figa… e io fra questi.” Ripeté.
Ci salutammo e iniziai a pensarci davvero e ne parlammo tra noi io e Cetta. Ragionammo su quanto ci aveva detto quel cliente, dei rischi a continuare in quel modo a farlo in auto e dei vantaggi a farlo in un appartamento, su un letto, dove avrebbe potuto farsi dare di più e lavarsi subito al termine. Convenimmo di darsi un nome d’arte che le piaceva e non farsi chiamare Cetty… come facevamo nella nostra ingenuità
Ne parlammo alcuni giorni, sarebbe stato un salto di qualità, un po' di soldi per prendere un appartamento in affitto li avevamo, incominciavano a girare nelle cittadine a venti trenta chilometri di distanza dalla nostra. Momentaneamente avevamo concordato di farlo soltanto per un certo periodo, un anno due, finché io non sarei andato al militare che purtroppo c’era ancora, per farci un po’ di soldi e poi avrebbe smesso definitivamente. Non volevamo entrare stabilmente nel mondo della prostituzione ma soltanto temporaneamente, lei come prostituta italiana con il suo nome d’arte e io il suo protettore e i guadagni sarebbero stati buoni e multipli.
“Che facciamo? “Domandai a mia sorella responsabilizzando anche lei di quella scelta:” Se vuoi praticarlo ancora per un certo periodo conviene farlo bene. Affittiamo un appartamentino e lo fai in camera. Se invece vuoi farlo ancora qualche mese continuiamo così!”
“Non so!” Rispose.
Iniziavamo a guadagnare e vedevamo giraci i soldi…” Te l’ho detto Ce… se vuoi farlo ancora per qualche anno in modo da fare un po' di soldi, pigliamo un appartamento, se no… le scelte sono quelle lì!”
Lei restò in silenzio e poi mormorò:” Fai tu Saro…”
“Allora continuiamo ancora per due anni, finché non vado al militare, guadagniamo un po' di soldi e poi smettiamo. Intanto facciamo come ci ha consigliato quel tipo, prendiamo un appartamento ammobiliato, un’altra scheda del telefono e ti dai un nome d’arte?”
Lei annuì stupidamente come se fosse un gioco:” Si va bene, ma io non ho intenzione di fare quelle cose che ha detto quello là…” Dichiarò.
“Quali?... I pompini e fartelo infilare nel culo?” Domandai.
“Si!” Rispose: “E poi non ho voglia di farlo sempre… Voglio comprarmi un negozio di abbigliamento...” Aggiunse.
“Ma no, non farai quelle cose se non vuoi, assolutamente e poi lo farai solo per due anni e non per tutta la vita, non devi mica diventare una professionista, è soltanto per mettere dei soldi da parte, darli a mamma e preparare la tua dote quando ti sposerai. … e poi smettiamo. E intanto ti prendi i la patente e ti compri la macchina e io la moto nuova, mi prendo l’Harley Davidson che mi è sempre piaciuta …” E aggiunsi:” Se lo facciamo bene Ce… guadagniamo più di un milione a settimana, sai cosa vuol dire? Quattro milioni al mese, cinquanta all’anno, Ma ci pensi!?”
In quel momento non pensavamo a che si prostituisse, costruivamo i nostri sogni giovanili. E prosegui:” In questi due anni possiamo comprare anche un appartamento per mamma e papà… e una parte la mettiamo in banca e potremmo comprarci anche un negozio per noi, insieme …” Tutti sogni che credevamo possibili e che si avverassero e che invece ci traviavano dalla realtà. “Per il resto non farai niente che non vorrai tu Ce…, vedi quanto ti offrono e poi vediamo, se vuoi provare bene, se non vuoi non fai niente. Ci sono tante ragazze che lo fanno anche dietro e lo sugano, lo hai fatto anche con Carlo, questa è una cosa che devi vedere tu se ti senti.” Dissi.
E così nei giorni seguenti tramite un’agenzia immobiliare cercai un appartamentino appartato in periferia in una città a venti chilometri da noi, dissi a Cetta di dire che faceva la sarta e lavorava in casa, visto che a lei piacevano gli abiti. Comprammo altri telefonini, anzi i primi smartphone che uscivano, che pochi ragazzi avevano e noi si, si diede il nome d’arte di Azzurra e iniziammo la nostra nuova vita.
Io ricevevo le telefonate e organizzavo gli incontri, uno ogni mezz’ora a centomila lire in camera e nuda a letto e in breve tempo arrivammo a fare anche sei incontri al giorno, ed erano soldi che guadagnavamo, tanti, tanti che non ci credevamo nemmeno noi di averli e tutti in contanti, tanto che aprimmo un libretto in posta e uno in banca per metterceli intestati a tutti e due.
Era pazzesco, arrivammo a guadagnare anche seicentomila lire al giorno, quasi la paga di un mese di una impiegata, più di due milioni alla settimana e dodici al mese, era pazzesco, incredibile, un patrimonio per noi che avevamo vent’anni e non avevamo mai avuto soldi in tasca. Vestivamo con capi griffati sempre ben vestiti e in ordine, e Cetta si prese la patente e si comprò la macchina, un’utilitaria usata, una Toyota.
A casa dicemmo ai genitori che avevamo trovammo un lavoro dove eravamo insieme tutte e due lei come apprendista sarta e io come tutto fare e davamo ciascuno ottocentomila lire al mese a mamma e papà che non gli pareva vero.
Incoscientemente quella situazione andò avanti parecchie settimane, mesi, e poi un anno, due e quei soldi ci cambiarono la vita, come noi cambiavamo città e appartamenti e schede telefoniche ogni tre quattro mesi.
Ora avevamo vestiti nuovi e alla moda, lei profumi. Comprammo abiti e io una moto nuova, non la Harley per non dare troppo nell’occhio. Entrammo in un vortice dove non ci mancava niente di quello che volevamo. Mia sorella divenne sexy, bellissima sia nel vestirsi, che nel truccarsi e nella lingerie, desiderata da tutti.
Proseguimmo con altri clienti, sembrava tutto un gioco, tutto filava liscio senza intoppi come volevamo noi, si era formato un giro di decine di persone che settimanalmente contrattavano con me per avere e chiavare Cettina, dai quaranta ai sessant’anni, commercianti, impiegati, professionisti, tutta gente benestante e seria, niente balordi.
Ero diventato realmente il magnaccia di mia sorella.
Com’era prevedibile, trovammo persone che volevano farselo succhiare prima e mia sorella dopo averglielo lavato iniziò a praticare anche i rapporti orali che già aveva avuto con Carlo in spiaggia e qualcuno con me. E da lì un cliente le chiese di lasciarsi sodomizzare e quando seppe che era ancora vergine dietro, le offrì cinquecentomila lire per incularla. Ne parlammo e accettammo, vendette la sua verginità anale per mezzo milione, ed erano soldi come mille euro oggi; e saltuariamente iniziò anche quella la pratica della sodomia, duecentomila lire per farsi inculare dal cliente.
Dopo quasi due anni che tutto filò liscio ed ero quasi ventenne, fui chiamato alla visita militare, e alcuni mesi dopo sarei partito. Erano gli ultimi anni che c’era la leva obbligatoria e c’ero caduto proprio io.
Un giorno telefonò un uomo per un appuntamento, pensavo che era per una prestazione con Cetty, invece mi disse che lui e sua moglie volevano parlare con me e con Cettina.
“A che proposito volete parlarci?” Domandai.
“Riguardo a quello che fate, alla vostra professione, sappiamo tutto, ma state tranquilli non siamo della polizia, bensì colleghi!”
“Colleghi pensai? “Comunque dopo averne parlato tra noi io e Cetta, decidemmo di incontrarli
In un bar vicino alla stazione dei treni. Arrivati ci sedemmo a un tavolino in disparte, preoccupati, pensavamo che ci volessero ricattare visto che sapevano tutto di noi. All’improvviso entro una coppia, lui un quarantenne dell’est Europa e lei era con una signora quasi cinquantenne, formosa e truccata, capelli tinti e labbra colorate, e parlava quasi sempre lei e l’uomo che poi scoprimmo non essere suo marito ma un magnaccia che ascoltava. E subito ci rassicurò:
“Non preoccupatevi, state tranquilli, siamo colleghi, io mi chiamo Rosanna e lui Dracu ed è il mio magnaccia. Siamo qui perché abbiamo saputo da un cliente comune che frequenta la vostra, Azzurra o Cettina…” Si interruppe e chiese:” … come preferisci che ti chiamo carina? Io da quello che mi hanno detto ti chiamerei fighetta d’oro…” Disse sorridendosi da sola.
Anche mia sorella abbozzò un sorriso a quell’appellativo e lei osservandola proseguì:” Sappiamo che tu Azzurra o Cettina ti prostituisce e che sei molto richiesta, hai molti clienti senz’altro più di quelli che gestiamo noi. Sappiamo molte cose… ci siamo informati su di voi riservatamente e dalle ricerche che abbiamo fatto seguendovi, sappiamo che siete indipendenti, non appartenete a nessun giro e conosciamo dove abitate, e abbiamo anche fatto una scoperta sconvolgente che siete fratello e sorella… “A quella parola si fermò e calò il gelo nel nostro tavolino, e sia io che Cettina diventammo subito seri e proseguì:” Ma a noi questo particolare non ci interessa. Sappiamo che i vostri genitori lavorano onestamente, e non sanno niente di quello che fate voi. Io…” Pronunciò ancora:” … gestisco tre ragazze in due case di appuntamento in due città diverse...” Fece una pausa e si accese una sigaretta offrendola anche a noi come se fossimo vecchi amici. Il quel momento capii che era una piccola tenutaria, una specie di matrona. E appena accendemmo le sigarette continuò:” Ero curiosa di conoscere e parlare con questa giovane che tutti mi dicono bellissima e che ha molti clienti. E ora che ti vedo devo dire che è vero quello che mi dicevano, e ho una proposta da farvi.”
Fu Cetta a domandare:” Che proposta?!
Quella Rosanna sorrise:” È una proposta semplice, vi proponiamo di lavorare per noi...” E guardandola continuò:” … saresti la prima donna delle mie ragazze, quella che tira il gruppo, con i clienti che vengono per lei e poi vanno anche con le altre.”
“La prima donna?” Dissi io stupito.
“La prima puttana…” Pronunciò mia sorella.
“Vedo che hai capito subito sei una ragazza sveglie e sono certa che faremo dei buoni affari noi…”
E voltandosi verso di me aggiunse: “Si, ci sarai anche tu. Voi non dovrete più pensare a niente, penserò a tutto io, a cambiare appartamenti, numeri di telefono e trattare con i clienti. Dovete soltanto lavorare con me. Le tariffe che avete fate voi vanno bene anche se sono alte, ma sono certa che li vali se sei brava come dicono, così le ritoccheremo al rialzo anche per le altre…”
Guardai mia sorella e poi domandai: “Ma com’è che funziona?” ...
“Guardate, facciamo un preambolo prima dei vostri vantaggi… Sappiamo che tu tra qualche mese vai a soldato…”
“Si, a militare.” Confermai.
“E tua sorella cosa farà, resterà sola?”
“Smette!” Risposi subito io.
Cetta intervenne dicendo:” Ho deciso di smettere, qualcosa abbiamo guadagnato, oramai in banca abbiamo qualche soldo e sarebbe mia intenzione aprire un negozio di abbigliamento…”
“Si, il suo sogno.” Dissi io.
Lei si inscurì in volto e iniziò a ripetere con la sua faccia grassa: “Peccato! Che peccato!... Sei molto richiesta…pensaci. Non farlo, è un peccato ora che siete avviati, fatelo ancora per qualche anno e vi fate ancora dei bei soldini… a comprare un negozio ci vogliono parecchi soldi.” Disse proseguendo:” Nel frattempo che tuo fratello è a militare puoi lavorare con noi…
“Tu quando vieni in licenza potrai chiavare qualcuna delle nostre ragazze, gratis si intende. Ogni mese lei ti manderà dei soldi, vedrai te lo farà passare bene il militare, e quando ritorni riprenderai in mano tutto tu di tua sorella, ritornerà a prostituirsi per te e farete quello che volete. E poi un’altra cosa, siete fratello e sorella, pensate se si sapesse, nel nostro ambiente non si accettano queste cose, e nemmeno i clienti accettano gli incestuosi, perché non ditemi che fate sesso tra di voi perché non ci credo, siete troppo affiatati.” Fece una pausa fumando e riprese:” E se per qualsiasi motivo la polizia vi controllasse e scoprisse che siete fratello e sorella, che tu la fai prostituire e chiavate insieme… scoppia uno scandolo mai visto, finirete sui giornali, verrete additati e condannati da tutti. Immaginate i vostri conoscenti, amici, parenti i vostri genitori poverini che vengono a sapere che oltre che incestuosi tu fai la puttana e lui il tuo protettore e in più avete rapporti sessuali tra voi! È un casino!” Disse scuotendo la testa seria anche lei. Fece una pausa e riprese:” Se invece lei in questo periodo che tu non ci sei è con noi, io le do anche una copertura legale, altro che la sarta che se vendono non avete nemmeno un abito appeso a un manichino da mostrare non ci credono. Io la faccio lavorare e ti metto in regola, ti scrivo agli artigiani come estetista, e in ogni stanza metteremo un lettino e un armadietto con i prodotti da estetista. E se anche su segnalazione facessero i controlli, tu risulteresti a tutti gli effetti una dipendente, un’estetista mobile, che si sposta, iscritta agli artigiani. E potrai sempre dire e dimostrare che lavori per me, non ci sarebbe nessuno scandalo, al massimo qualche multa per non averlo segnalato al comune e saresti una lavoratrice abusiva e tutto sarebbe controllato. Anche perché finora siete stati fortunati e avete avuto la fortuna che siamo arrivati noi prima degli altri, ma se arrivano gli albanesi e i rumeni, vi minacciano, vi picchiano e a lei la fanno battere sulla strada, è gente pericolosa quella e state tranquilli che prima o poi arrivano, ve li vedete arrivare se siete soli.”
Vidi mia sorella preoccupata in viso e lui chiedermi a bruciapelo:” Ce l’hai tu la pistola?”
“No ma che dici!” Dissi:” Che pistola? Non mi serve, non la voglio e non voglio usarla.”
“Beh se continuate così è meglio che te la procuri perché loro ce l’hanno.”
” Siete giovani, lasciatevi guidare da noi che siamo del mestiere.” Disse Rosanna e rivolto a me aggiunse:” Tu puoi imparare a fare bene il magnaccia, ma non solo di tua sorella, quando non c’è lui puoi farlo anche alle nostre ragazze… Un magnaccia vero… e magare riuscite a coinvolgere e indurre anche qualche altra ragazza che conoscete. E tu…” Rivolgendosi a mia sorella, come ti ho detto:” Sarai la prima prostituta e visionerai le altre, sarai la fighetta d’oro. A quella frase ci guardammo io e Cetta e domandai:” E con i soldi come si fa?”
“Saremo soci… con un fondo comune dove verseremo i soldi e poi li divideremo…”
“Una sorta di cooperativa?” Dissi
“Esatto rispose Rosanna, divideremo tra tutti.
“Sarà semplice, lei prenderà 50.000 lire a prestazione per ogni chiavata, trentamila lire per un pompino, centomila lire per farselo infilare in culo… Tutto quello che riuscirà a farsi dare in più sarà vostro, noi prenderemo soltanto il 50% del tariffario e provvederemo a tutto…” Continuando:” … a lei verranno dati dei pomeriggi o mattine visto che le sere non può lavorare. I luoghi varieranno a seconda delle esigenze, comunque sono tutti fuori provincia. Il minimo di prestazioni è di sei al pomeriggio e se vuole anche di più, può guadagnare trecentomila lire al giorno, un milione e mezzo in una settimana di cinque giorni, Sei milioni al mese…settanta all’anno, e senza nessuna preoccupazione se non quelli di spenderli. Tutto organizzato, in questo modo allora sì che vi comprate il negozio e l’appartamento.” Affermò.
Ci guardammo in faccia io e mia sorella dicendo:” Ci appartiamo un momento per discutere…”
“Certo fate pure …” Esclamò Rosanna accendendosi un’altra sigaretta. Rammentate che un’occasione così è vantaggiosa in tutti sensi per voi.”
Appena fummo in un angolo domandai sottovoce: “Cosa dici Ce…?”
“Ma sembra conveniente, senza nessuna preoccupazione, come se fosse un impiego professionale con l’orario.” Rispose aggiungendo:” Ma avevi detto che quando partivi per il militare finivo tutto…smettevamo.”
“Va bene ci pensiamo, ne parliamo con calma tra noi e le diamo una risposta…” Dissi.
Tornammo al tavolo dicendo:” Vogliamo pensarci qualche giorno, poi vi faremo sapere.”
Subito Rosanna mostrandosi comprensibile disse: “Va bene pensateci che è conveniente per voi, specialmente se tu vai al militare. Qui con noi può venire quando vuoi… ed è al sicuro.”
Nei due giorni seguenti ne parlammo tra noi, valutammo tutti i pro e i contro, anche il fatto che conoscevano molte cose di noi.
Dopo i due giorni ci rivedemmo ancora e dopo aver valutato bene accettammo nella nostra scelleratezza. Loro ci davano sicurezza, erano esperti ed organizzati. Cetta iniziò a lavorare per loro, le fecero conoscere le altre ragazze e io dopo qualche mese partii per il militare.
Volete sapere come finì la storia tra me e mia sorella? Lei con Rosanna si emancipò, le divenne una sorta di madre putativa sulla professione che svolgeva, le raccontò anche quello che sapeva lei già, che eravamo incestuosi. Cetta aveva ventun anni e lei cinquanta, non essendoci più io che la controllavo si mise lei al mio posto, le fece una sorta di lavaggio del cervello. La fece sentire importante, unica, la prima delle sue puttane e il peggio fu che le insegnò a ragionare in modo diverso, ad accettarsi e a diventare come lei. L’accompagnò dal ginecologo, la fece visitare e mettere la spirale vaginale come anticoncezionale, una precauzione in più oltre il preservativo, ad usare creme spermicide e a praticare lavande vaginali e negli anni la
fece diventare una giovane tenutaria com’era lei.
Nei periodi della licenza la vedevo ogni volta diversa, più bella, non solo fisicamente e di aspetto, ma anche più matura mentalmente. Quando tornai in licenza e volevo appartarmi sessualmente con lei Rosanna mi si avvicinò dicendo:” No… dai Saro! Non chiavare tua sorella …hai tre ragazze qui, vai con quella che vuoi ma con tua sorella non farlo più.” Era già qualcosa che volevo fare io, ma lei mi ha preceduta.
E così incominciai ad appartarmi con la ragazza albanese che lavorava con loro, Albiola, che tutto sommato anche se era una prostituta mi piaceva e mi ci ritrovavo con lei, al punto che la invitai anche a uscire insieme a passeggiare e in seguito a ballare. Quand’ero a Roma alla Cecchignola a svolgere il servizio di leva, mi scriveva e a volte mi telefonava, si era instaurato un rapporto di simpatia tra di noi, che poi divenne qualcosa di più.
Mia sorella invece si mise con l’amico di Rosanna, il suo magnaccio, un quarantenne, gli erano sempre piaciute i ragazzi e gli uomini più grandi di lei, quello anche se era una prostituta la mise incinta e su mia richiesta per non dare un dispiacere ai nostri genitori, ci presentammo tutti e quattro dai nostri genitori. La sposò in comune e io e i miei genitori pendemmo qualsiasi diritto su di lei, le facemmo da testimoni io e Rosanna. Quel porco di suo marito, su appuntamento e pagando bene la faceva chiavare anche se incinta a dei depravati a cui piacevano quelle cose. Oramai era la sua puttana e lei ormai consenziente ed accettandolo come suo lavoro si prostituiva per lui. Pochi anni dopo feci lo stesso anch’io con Albiola l’albanese, mi sposai con lei, dissi ai miei genitori che era una brava ragazza Albanese. Con i genitori non fu facile, terminato il militare in quegli anni dovetti prepararli dirgli che c’eravamo fidanzati, che anche Cetta si era fidanzata e che lui era un bravo uomo anche se più grande e maturo di lei.
” È quello che ci vuole…” Disse mio padre:” L’uomo deve essere sempre più grande…” Non ricordando o facendo finta di farlo che io e l’albanese eravamo coetanei.
Alla fine imparentati cambiammo zona ci spostammo tutti, andammo a vivere sull’Adriatico, lungo la costa.
Rosanna era sveglia come persona, era un donnone e anche bella e attraente nonostante fosse formosa e matura. E riprendemmo a vivere e professare li, da Chioggia a Pescara. La nostra base era a Ravenna, dove abitiamo e vivevamo con le famiglie, ma facemmo tutta la costa, Comacchio, Fano, Rimini, Riccione, Silvi marittima e anche l’entroterra.
Volevamo smettere a 20 anni e invece siamo rimasti risucchiati e invischiati nel mondo della prostituzione. In tutti questi anni ci furono momenti brutti, non fu sempre idilliaco, un gruppo di Rumeni voleva che mia sorella andasse a battere per loro, e Rosanna prima di ritirarsi era disposta a venderla come aveva fatto con le altre ragazze, la pagavano bene, ma poi suo marito non fu d’accordo e non se ne fece niente. Finimmo anche in retate e arrestati e venimmo schedati tutti, io come protettore e Cetta come prostituta, per fortuna con dei buoni avvocati finì tutto, uscimmo subito, ma restammo schedati.
Ancora adesso pur vivendo in città differenti e avendo due figli ciascuno ed essendo benestanti, di nascosto dei figli, continuiamo con questo lavoro. Oramai Cetta, Azzurra ha 46 anni ed è ancora bella anche se leggermente formosa, ha preso il posto di Rosanna che è andata via, altri lidi, si è pensionata a sessant’anni, e questa è la nostra vita, lei della puttana e tenutaria insieme a mia moglie Albiola e io del magnaccio.
A volte la sorte decide i destini delle persone a modo suo, imprevedibilmente, nessuno di noi due pensava di fare questo lavoro e ci siamo finiti dentro. Lei per avere 46 anni è vecchia per questa professione, più che altro professa quando capita di incontrare ragazzi a cui piacciono le donne mature. Pratica poco, ma fa la tenutaria come faceva Rosanna, gestisce alcune ragazze, e ce ne sono tante altre ragazzine di 18 anni pronte a prostituirsi per un po' di soldi, vestiti o per comparire in qualche programma Tv o social. E lei da brava tenutaria le adesca e le instrada alla professione, al mestiere più antico del mondo, ed è brava anche in questo, a creare nuove puttane.
FINE RACCONTO.
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