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STORIE E RACCONTI EROTICI

VIETATI AI  MINORI DI 18 ANNI

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STORIE IGNOBILI

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VIETATO AI MINORI DI 18 ANNI

Note:

“È una storia da dimenticare, è una storia da non raccontare, è una storia un po’ complicata, è una storia sbagliata…

Storia diversa per gente normale, storia comune per gente speciale, cos’altro vi serve da queste vite ora che il cielo al centro le ha colpite, ora che il cielo ai bordi le ha scolpite.

È una storia di periferia, è una storia da una botta e via, è una storia sconclusionata, una storia sbagliata.”

F. De Andrè.

 

UNA STORIA SBAGLIATA (Storia di periferia)

 

PREMESSA

 

La storia che sto per narrare parla di una famiglia per bene, composta da madre 38enne e figlia quasi 18enne. Si svolge in un quartiere della periferia milanese dove vivono molte famiglie extracomunitarie sudamericane e qualcuna italiana. Inizia con il corteggiamento di un ragazzo sudamericano verso una ragazza italiana che non gradisce e vista la sua insistenza si sente molestata. Informa la madre degli episodi che interviene e minaccia il ragazzo e la madre sudamericana che interviene per difenderlo. Di qui inizia un ‘avversione e ostilità tra le due mamme, anche con epiteti volgari, che nel tempo sfocia in litigio personale, simili a quelli che avvengono spesso per i figli nei grandi agglomerati urbani e nei vari quartieri multietnici che sono molto abitati nella periferia delle grandi città.

Questo astio personale sfocia in malevolenza e avrebbe potuto risolversi semplicemente con un chiarimento tra genitori e figli e basta... e invece la vicenda prosegue e degenera al punto da diventare una storia sbagliata, una storia di periferia, insolita e senz’altro ignobile, forse anche erotica non so, dipende dai punti di vista di chi legge, mi direte voi scrivendomi se volete cosa ne pensate. Comunque è una storia vera, descritta dalla ragazza che l’ha vissuta direttamente nell’hinterland milanese. 

La mamma della giovane verrà picchiata, umiliata e sottomessa dalla mamma sudamericana e dalla vicenda subirà uno shock che la cambierà moralmente e nella personalità, e si concluderà con madre e figlia che verranno risucchiate in un nuovo tipo di vita che non è il loro, formato di prostituzione e peccato.

Questa forma di confessione indiretta che scrivo, è tratta da una vicenda reale avvenuta pochi anni fa.

Qualcuno a cui l’ho fatta leggere, ha trovato l’accaduto spaventoso, qualcun’altro morbosamente eccitante, altri deplorevole e altri ancora ignobile.

La storia avviene nel quartiere dove le protagoniste vivono e Il fatto iniziale del litigio non è mai stato denunciato alla polizia per volontà della protagonista (la mamma della ragazza), per vergogna, timore e voglia di dimenticare.

Io con piglio giornalistico curioso mi sono interessato alla storia quando ne sono venuto a conoscenza e nelle mie ricerche, ho avuto modo di individuare i protagonisti e i testimoni oculari reali e ho scoperto chi era la signora del litigio e la figlia che involontariamente ne è stata causa e ha assistito a tutto. Quindi ho avuto modo di conosce i particolari e le conseguenze che ne sono derivate direttamente da chi li ha vissuti in prima persona e cosa è seguito dopo a quel litigio e a quella conciliazione conseguente e ne ho tratto questo breve racconto.

La signora in causa, la mamma della ragazza la chiamerò Francesca, una bella donna quasi quarantenne, italiana, separata, che dopo mesi dall’episodio del suo pestaggio e della sua conseguenza su sé stessa e sulla figlia non ne ha voluto parlare. In compenso in un incontro con qualche sotterfugio e piccola bugia ho trovato e conosciuto la figlia, oramai cresciuta e dedita “grazie “al suo ragazzo sudamericano Juanito (quello che la molestava), all’attività più vecchia del mondo, alla prostituzione come la mamma. La figlia si è rivelata molto loquace e ne ho parlato molto con lei, con la promessa che sua madre non l’avrebbe mai saputo.

La figlia, che chiamerò Sabrina, mi ha raccontato la sua versione dell’evento, di quello che è accaduto a sua madre, di come dopo essere stata picchiata è cambiata nella personalità e di conseguenza lei stessa. Una storia veritiera perché l’ho confrontata con quello detto poi da altri testimoni oculari della zona che avevano assistito al fatto e all’evolversi della conseguenza. E mi hanno informato che la madre nello shock del litigio e nel modo in cui è avvenuto, ha subito una sorte di trauma da sindrome di Stoccolma provando una forma di attrazione verso la sua aggreditrice, la sudamericana chiamata Carmencita, che l’ha portata a diventarne prima forzatamente amica e poi ad assoggettarla fino a diventare come lei… 

Anche la figlia Sabrina ne è stata vittima indiretta sia della sudamericana che di sua madre stessa, che per compiacere la sua nuova amicizia, per timore e affiatamento di Carmencita, l’ha indotta involontariamente a diventare anche lei membro di quella comunità di sudamericani, diventando indirettamente con il cambiamento di personalità della madre, anch’ella succube a quella famiglia.

Ho voluto raccontare questa storia, come lei, Sabrina ha visto e vissuto il seguito di quell’avvenimento accaduto a sua madre che l’ha cambiata irreversibilmente. Da come la vita può trasformare le cose, i fatti e le mentalità degli individui, di come due persone per bene educate e moraliste sono state stravolte dagli avvenimenti e sono diventate meretrici. Da come una vita normale, possa diventare una vita sbagliata, una semplice storia di periferia senza importanza come ce ne molte e di cui nessuno parla, ma accadono nell’indifferenza generale della gente.  E ho voluto soprattutto nella storia, sceneggiare l'evento, facendo rivivere con le parole della figlia quello che ha vissuto nella realtà lei e la madre. E nel farlo ho voluto immedesimarmi in essa, parlando io in prima persona come se fossi Sabrina e raccontare le sue sensazioni, emozioni, paure e angosce, nonché la sua trasformazione vissuta in conseguenza di quella di sua madre.

 

p.s.  Chiedo scusa se lo spagnolo non sarà perfetto nella traduzione delle frasi e con le sue esclamazioni, ma non conoscendolo mi sono affidato al traduttore di Google, e spero che si comprenda il senso e il significato di quello scritto.

 

UNA STORIA SBAGLIATA (Storia di periferia)

 

Io e mia madre abitavamo da sole in un quartiere alla periferia di Milano in una zona che prima era tranquilla, ma ora non lo è più, Mamma si era separata da pochi anni, con papà avevano litigato e non andavano più d'accordo e lui era andato a vivere nella parte opposta della città con un'altra donna, restando io e mamma da sole, passandoci mensilmente gli alimenti per me quando poteva.  Eravamo in affitto in un appartamento al terzo piano di un grande stabile condominiale, ci stavamo bene, bella casa, spaziosa, arieggiata e ben arredata.

Io mi chiamo Sabrina e allora studiavo al liceo scientifico dell’Istituto d'Istruzione Superiore "Bertrand Russell" nella periferia nord di Milano, che raggiungevo tutti i giorni con il tram o motorino. Portavo i capelli lunghi e castani come mamma e mi piaceva molto assomigliare e diventare come lei. Mamma si chiamava Francesca, doveva compierne 38 anni, era ed è una bella donna, appariscente, sempre ben tenuta e ordinata che teneva molto alla sua persona, anche se oggi è cambiata molto nella personalità e nell’aspetto e non è più la stessa.

Quando accadde il fatto ero una ragazza normale, studiavo ed ero alle superiori, ero magra e alta quasi come mamma, per lei io ero tutto e sarebbe stata disposta a tutto per me, anche a gettarsi nel fuoco. Studiavo e mi divertivo con i miei coetanei e compagni di scuola, la mia era una classe tutta femminile. Ero al secondo anno del liceo e mamma lavorava da impiegata in un ufficio comunale e vivevamo discretamente, i corteggiamenti non ci mancavano, sia a lei che a me, io con piccoli flirt di ragazzi coetanei italiani del mio quartiere fatti di sguardi, sorrisi, qualche carezza e baci e nulla di più. E anche mamma era piena di attenzioni da parte di molti uomini adulti, che sapendo che era bella e sola la corteggiavano.

Negli ultimi anni, nella nostra zona abitativa come in altre zone di città italiane erano arrivati molti emigranti dal sud America, coppie, singole e famiglie con una miriade di figli, alcuni della mia età o poco più grandi. La zona dove vivevano era a poche centinaia di metri dal nostro palazzo, ed era frequentata da alcune ragazze e ragazzi sudamericani che però anche se mi corteggiavano io su consiglio di mamma snobbavo e tenevo alla larga non legando con loro.

Tra queste c'era una famiglia che quando la vidi non sapevo se fosse Colombiana, venezuelana o Honduregna, so solo che erano sudamericani olivastri di pelle e tra loro parlavo lo spagnolo o il portoghese e un po' l’italiano, ma si facevano capire.

Questa famiglia aveva parecchi figli, quattro anche se i genitori erano giovani. La madre avrà avuto 35 o 36 anni, ma si sa che da loro incominciano a fare figli a 14 anni e quindi aveva anche una figlia, la più grande ventenne con già due figli di pochissimi anni, ed era già nonna a quell’età lì.  Poi aveva un altro figlio poco più grande della mia età, si chiamava Juanito, che lavorava saltuariamente ma ero un poco di buono, rubava anche e per questo anche se era un bel ragazzo gli stavo alla larga, e poi aveva altri due figli, di 12 e 14 anni.

Lei era un tipo di donna robusta, non molto alta, pelle olivastra come se fosse perennemente abbronzata dal sole, ma invece era il suo colore naturale, la sua etnia e dava una sensazione di sporco, di chi si lavasse poco e non usasse la saponetta. Aveva i lineamenti del volto tipici dei sud americani, quasi da indios, ma carina, con il naso largo ma proporzionato e armonioso in un viso pieno e arrotondato come il corpo. Si truccava in modo appariscente, con labbra che evidenziava coprendole di rossetto vistoso, unghie laccate dello stesso colore, occhi scuri, piccoli che le davano un’espressione cattiva e infatti lo era. Denti bianchi, tanto belli e perfetti che se non fossero stai poveri, avrei detto che sarebbero stati una protesi dentaria, invece erano veramente i suoi bianchissimi e regolari. I suoi capelli erano lunghi e neri come la pece, con riflessi tinti biondo oro come le donne occidentali, forse per voler assomigliare a noi e sembrare o voler essere una europea... ma la rendevano solamente ridicola. A volte erano sciolti sulle spalle, altre volte li portava in una o due lunghe trecce sulla schiena.

L’abbigliamento che indossava era attillato e colorato e si vestiva in modo appariscente. Indossava magliette stropicciate e non stirate, sgargianti e disegnate con brillantini che non si usavano più da anni, fuori moda e aderenti all’inverosimile da mostrare il grande seno prosperoso e l’abbondanza carnosa del suo corpo; con l'eccesso delle sue protuberanze oltre al ventre gonfio che protendeva in avanti. Lo stesso per il sedere tenuto aderente nei jeans che lo mostravano pieno, rotondo e voluminoso che a stento le stava nei pantaloni, mostrandone la larghezza e la sporgenza esterna etnica, da sudamericana; tenuto su dalle grosse cosce che a fatica contenevano nel tessuto...

La si vedeva sempre con la borsa a tracolla, cicciottella con una collana vistosa di chincaglieria e quando la osservavamo io e mamma ridevamo sempre tra di noi. Mamma diceva che aveva un aspetto ridicolo e volgare e che aveva saputo che era una prostituta, che riceveva a casa sua i clienti e ridendo mi diceva:” Ma chi vuoi che ci vada con quella lì! Non vedi com’è! Dovrebbe essere lei a pagare gli uomini per andarci insieme…” E ridevamo divertite.

La incrociavamo spesso nella strada quando passavamo e non conoscendo il suo nome che sapemmo solo poi inseguito chiamarsi Ana, mia madre per distinguerla da altre sue compaesane e colleghe lavoratrici del sesso che c’erano e per capirci tra noi di chi parlavamo, avendola vista un giorno con una treccia lunga come nella pubblicità del caffè paulista l’aveva soprannominata Carmencita…. per il suo modo di vestire e di essere; e ci capivamo subito al volo con quel nome quando intendevamo lei.

Sapevamo che si prostituiva in casa ricevendo i suoi compaesani latino americani che erano molti. Per copertura del suo lavoro ufficiale che era quello della prostituta, o faceva la badante, oppure aiutava stagionalmente nelle campagne dell’hinterland milanese a raccogliere la frutta e gli ortaggi con le sue connazionali, a volte aiutata dai figli, di cui uno, quello della mia età Juanito mi corteggiava sempre non ricambiato, anzi snobbato da me. Non era male come ragazzo, ma era sudamericano… e a me come mamma non piaceva quella gente lì e non gradivo la sua amicizia né tanto meno la sua conoscenza, anche se lui si credeva bello e pensava di piacermi e continuava a infastidirmi.

Tutte le volte che mi vedeva da sola mi importunava, mi fermava e diceva nel suo italiano stentato misto allo spagnolo:” Posso venire con te Sabrina? Posso accompagnarti?”  Con quell’aria da bullo e capobanda da strada. E ai miei no diventava insistente e allungando il braccio mi toccava il vestito e sul capo:” Que hermoso cabello castano claro ca tienes (Che bei capelli castano chiari che hai…)  Lo sai que me gustis! (Lo sai che mi piaci…!) Estoy enamorado de ti Sabrina … (Sono innamorato di te Sabrina…).

“Tu invece a me non piaci!... E per piacere lasciami in pace e non infastidirmi più e non toccarmi con le tue manacce che non voglio!” Rispondevo io.

Di quel suo importunarmi informai anche mia madre e un giorno che lo vedemmo passare in moto lei lo fermò, lui si credeva che lo avesse fatto gesto per fare conoscenza e amicizia, invece mamma con voce e sguardo cattivo lo minacciò e diffidò.

” Ti avviso lascia stare in pace mia figlia se no guai per te! Se la importuni ancora ti denuncio…” E ce ne andammo lasciandolo lì sulla moto.

Lui probabilmente lo disse a sua madre e quell’episodio contribuì a fare aumentare l’astio tra mia madre e Carmencita che già c’era.

Il padre e marito di quella Carmencita, al contrario della moglie era una persona magra anch'egli sui 35- 36 anni, di aspetto gradevole che come copertura oltre fare il protettore della moglie lavorava saltuariamente in un negozio di alimentari, facendo anche consegne a domicilio, per avere una copertura legale ai loro permessi di soggiorno.

A lui come ad altri di loro le piaceva mamma e si era invaghito di lei, le sorrideva sempre ed era sempre gentile. Si chiamava Juan e mamma scherzosamente alcune volte ricambiava i suoi sorrisi e si divertiva a fargli credere che anche lui le piacesse e alcune volte si faceva portare a casa la spesa, perché mamma lavorando non riusciva a farla. Ordinava telefonicamente e lui Juan, gliela portava a domicilio essendo il suo lavoro. Probabilmente di questa simpatia forzata e indotta dal lavoro ne venne a conoscenza la moglie, la cosiddetta da noi Carmencita, che quando vedeva mamma proferiva sempre parole in spagnolo che noi non capivamo. Ce l’aveva con noi perché io snobbavo suo figlio che si era dichiarato innamorato di me e non gli davo la minima confidenza e amicizia. E inoltre perché penso che credesse che mamma le volesse portare via il suo uomo, il suo hombre come dicevano loro, che era Juan.

Quando si incrociavano tra loro in strada o qualche negozio a pelle non si potevano soffrire, si erano antipatici l’una all’altra. Non so come sia potuto succedere ma nei mesi incontrandosi, dagli sguardi cattivi passarono a inveirsi tra di loro, fino all’offesa personale anche. Carmencita con cattiveria e disprezzo diceva che mamma era una puta, una razzista perché non voleva che io frequentassi suo figlio e mamma con altrettanta animosità le rispondeva che lei era una donnaccia…e che una ragazza come me suo figlio poteva scordarsela… E poi a me quando eravamo sole, mamma mi diceva che quella Carmencita era capace soltanto di usare il sesso per pisciare, venderlo a qualcuno che la pagava e fare figli …. E mi redarguiva di lasciarmi avvicinare da suo figlio e dargli confidenza. Quindi se prima si guardavano soltanto in cagnesco e inveivano tra di loro, in seguito si creò una situazione concreta per odiarsi. Io ero il gioiello di mamma e per Carmencita probabilmente lo era anche suo figlio Juanito.

Questa storia andò avanti mesi e mesi, quasi un anno e le occhiate che le lanciava quella donna sudamericana quando si incrociavano non erano niente di buono, erano cattive e piene di odio. Ma mamma non si intimoriva, era forte di carattere e risoluta, non si faceva mettere i piedi addosso da nessuno, tanto meno da lei, da quella sudamericana ridicola e prostituta, e rispondeva al suo sguardo cattivo con il suo altrettanto duro e di sfida, facendole anche il sorrisetto stupido e provocatorio che a lei la faceva arrabbiare.

“Che stronza…! “Ripeteva mia madre:” Ma perché non se ne tornano al loro paese invece di venire qui a rompere i maroni e a importunare le ragazze?! Ma cosa si è messa in testa quella Carmencita che una ragazza come te…un fiore come sei tu, lo dia a quel mezzo indios di suo figlio?... Oh ma se mi capita l’occasione gliela do io una bella lezione a quella indios di merda…! Le insego l’educazione e a rispettarci…” Diceva mia madre sfogandosi con me quando si arrabbiava con lei.

Quella latino americana non poteva sopportare mamma, probabilmente per come avevo trattato in malo modo suo figlio che mi corteggiava e per la minaccia di mamma di denunciarlo e forse anche perché era gelosa del suo Juan, ma a mamma il marito di quella donna non le interessava minimamente, figuriamoci se si fosse congiunta sessualmente con un sud americano.

E un giorno in un negozio di alimentari dove per caso si trovarono tutte e due a fare acquisti ci fu un’altra discussione animata, dopo gli sguardi cattivi e qualche parola in spagnolo detta da Carmencita le cose precipitarono ed ebbero pure un battibecco. A dire la verità fu mamma a provocarla dicendo alla negoziante in modo che lei sentisse:” Me la porta Juan la spesa a casa?” Con un sorrisetto provocatorio. 

“Se vuole gliela faccio portare…” Rispose la esercente.

Ma mamma subito dopo rispose.” No va! C’è mia figlia che mi aiuta, sarà per un’altra volta…”  Mentre quella Carmencita ad ascoltare quelle parole fremeva di rabbia. ma poi finì tutto lì. In poche parole non si piacevano e mamma non faceva niente per nasconderlo, anzi lo evidenziava apertamente irritandola e provocandola.” Vediamo chi è più dura tra me e lei…” Mi diceva.

Io non so com'era il carattere di quella sudamericana che chiamavamo Carmencita, ma da come si atteggiava e vestiva dava l'aria di una selvatica, spesso con i capelli spettinati e unti, mentre mamma era completamente diversa da lei, snella e bella, curata nel corpo e nel vestire. E nell’abbigliarsi e truccarsi era sobria, indossando si pantaloni, ma spesso gonne, senza ostentare le forme e la sensualità con appariscenza. Carmencita aveva unghie laccate, ma vestiva alla moda di alcuni anni prima, colorata, con volgarità e indumenti stretti. Mentre mamma era una bella donna, fine nei gesti e dolce di viso, occhi regolari e volto armonioso nella sua pelle pallida. Capelli castano chiaro sul biondo anche lei come me, ondulati che le arrivavano alle spalle, sempre in ordine, lavati e lucenti, essendo proprio quei capelli lunghi un po' l'orgoglio di mamma. Il resto del corpo era da signora adulta, quasi quarantenne, con il seno e il sedere regolari e proporzionati in un corpo senza eccessi di grasso e non volgare come quella latina sud americana.

Di carattere mamma era dolce, ma risoluta, convinta e determinata nelle sue scelte e idee, in un certo senso era anche coraggiosa. Lei su una cosa se aveva ragione non lasciava perdere, non rinunciava alle sue motivazioni per nulla al mondo, ne aveva saputo qualcosa mio padre.

Quel deridere e scherzare tra noi della sudamericana provocandola e facendole credere che mamma le insediasse il marito, senza che ce ne rendessimo conto insieme al rancore che covava verso di noi, soprattutto a mamma per come aveva trattato suo figlio aveva preso una brutta piega. Non lo sapevamo e capivamo allora, pensandolo soltanto un comportamento spiritoso tra di noi, ma a causa di quell’atteggiamento scherzoso e di sfida di mamma nei loro confronti, Carmencita aveva avuto discussioni e litigi con il marito e con il figlio che essendosi invaghito di me mi voleva ad ogni costo e continuare a importunarmi; e perché pensava che forse davvero il marito se la facesse con mamma e lo insidiasse. Ma non era assolutamente vero, mamma come me non si sarebbe mai messa e non sarebbe mai andata con quella gente sudamericana, ma a conseguenza di quel pensiero di rancore, Carmencita con le sue connazionali, colleghe e conoscenze del quartiere prese ad apostrofare mamma soprannominandola “la Puta” che in italiano significa “la puttana”. E quando Carmencita la incrociava per strada iniziò a sputare per terra davanti a lei al suo passaggio e inveirle contro in spagnolo, apostrofandola:” Puta…! puta…!” e a dire:” Mierda…!  Mujer de mierda…!”

Quelle invettive e soprannome datole da Carmencita le dava fastidio, mamma non lo tollerava, anche che le dicesse in spagnolo “donna di merda…”  perché non lo era e oltre che a sentirlo noi direttamente, arrivò alle nostre orecchie anche tramite persone di nostra conoscenza, condomini. Un’altra volta sempre nello stesso negozio mentre faceva la spesa entrò per i fatti suoi anche quella Carmencita con le sue amiche. Mamma vedendola approfittò dell’occasione e l'affrontò a muso duro dicendole:
“ Non si permetta più di darmi quell'appellativo di puttana e di merda se no la denuncio!”

Carmencita rispose con uno spagnolo italianizzato:

“A my non me fai paura. Se non vuoi essere appelada puta e mierda non lo fare, lascia in pace my hombre e my figlio, cercane altri... Oppure se vuoi tanti hombre fai la puta…!”

“Come te!” Rispose subito mia madre.

Almeno fu quello che capimmo in quella specie di dialetto italo-spagnolo, dove si comprendevano mezze parole dette in italiano e altre in spagnolo, proferite velocemente con quella cadenza e cantilena dei sudamericani. E continuarono: “A me non mi interessa né il tuo hombre né tuo figlio, che deve soltanto lasciare in pace Sabrina!” Rispose decisa senza timore mamma: “Tienitelo stretto tuo marito e se non sei capace di farlo peggio per te! D’altronde anche voi ne avete molti de hombre...che vengono a casa sua…” Provocandola ancora involontariamente. 

Era una donna antipatica e indisponente quella Carmencita e dopo aver risposto, mamma lasciò perdere: “Non vale la pena fare discussioni con questa gente che non capisce niente!” Disse rivolgendosi a me che sorrisi condividendo la sua espressione e il suo pensiero:” Vieni Sabrina andiamo via!”

Ma Carmencita replicò e continuarono la discussione animata, mamma, le rispose per le rime facendo finire tutto lì o almeno sembrava e noi andammo via. Mia madre gliel'aveva cantate a quella stupida latino americana, le aveva mostrato che non aveva paura di lei, ed ero orgogliosa di mia madre, l’ammiravo.

Come sempre noi in casa per il caldo, come molte donne ci mettevamo in libertà, restando spesso in mutandine e reggiseno o maglietta e mutandine, per restare un po' al fresco essendo al terzo piano soleggiato, e tenevamo le finestre aperte e le tende leggere tirate in modo da fare un po' di corrente, di privacy. E mentre trafficavamo con le nostre cose a sentire l’aria fresca, ci accorgemmo che dal palazzo di fronte, dalla finestra della scala quei deficienti ci spiavano, non eravamo più padroni di stare in libertà a casa nostra e dovevamo chiudere tende o finestre. Quella perfida di Carmencita ci faceva perseguitare.

“Lo so cosa vuole…!” Diceva mia madre ragionando ad alta voce:” Vuole te per suo figlio, ma se lo scorda…  Se mi capita a tiro le darò una bella lezione a quella megera…” E tra quelle frasi di sfogo passarono i giorni.

 

Trascorsero delle settimane ed eravamo alla fine di maggio, suo figlio, quel Juanito riprese a importunarmi, a seguirmi quando uscivo da scuola e da casa per strada, a dirmi che mi voleva, a suo dire a corteggiarmi, ma era un molestarmi e lo ridissi a mia madre. Intanto gli altri figli più piccoli di Carmencita con i loro amici probabilmente aizzati da lei iniziarono a farci dispetti, all’auto di mia madre e al mio motorino, rigandoci l’auto sulla carrozzeria e a molestare mamma sessualmente, proponendosi di fare sesso con lei a pagamento. Alle offerte di quegli stupidi ragazzini per solidarietà e parentato con Carmencita arrivarono anche i loro amici e connazionali adulti, che quando ci vedevano passare sorridevano a mamma sfregando l’indice e il pollice in segno di soldi, invitandola a seguirli, per andare con loro a fare sesso.

Un giorno molto caldo di una giornata assolata di tarda primavera, mamma si trovò la macchina rigata e la gomma a terra e dovette chiamare il meccanico per sostituirla e io sempre quella mattina passando in motorino fui investita di un palloncino pieno d'acqua che mi tirarono i figli di quell’odiosa Carmencita, che si ruppe e mi bagnò la maglietta. E quegli stupidi che me l’avevano lanciata tra risolini mi invitavano ad appartarmi sessualmente con loro. Tornai a casa e lo dissi a mia madre. Non ne potevamo più, ci stavano facendo stalking, ci molestavano e mamma quando glielo comunicai esclamò:

“Ora basta! È ora di finirla con questa gente! Adesso vado a parlare direttamente con la loro madre, sperando che capisca qualcosa quella stupida gallina sudamericana. “

Ma seppur condividendola e sostenendola da parte mia fu una decisione sbagliata e con tutte le buone intenzioni i fatti precipitarono involontariamente, quasi per caso di conseguenza uno dietro l’altro.

Arrabbiata prese l'abito dalla sedia, era un vestito unico con gonna e busto uniti con chiusura posteriore, di quelli già estivi, casual di cotone leggero, in tessuto traspirante che metteva anche al lavoro e le teneva fresco. E imprecando se lo infilò dalla testa, passando le mani e le braccia dalle spalline, tirandolo giù fino al ginocchio, mettendolo a posto davanti, sui fianchi e dietro. Era senza maniche con due spalline larghe e la scollatura a U davanti che era abbastanza ampia e lo stesso dietro fino alle scapole. In vita era elasticizzato che permetteva di sblusare allargando leggermente la parte inferiore dell’abito nella gonna e dare risalto alla parte superiore e alle forme. Poi si volto con la schiena verso me e dicendo:

” Abbottonamelo:”

E io andando dietro e lo feci, partii dal basso in fondo alla colonna vertebrale, tra i lombi e lo abbottonai su fino quasi alle scapole lasciando proseguire la poca scollatura posteriore. Quando finii si tolse due mollettoni che le tenevano su i capelli e li lasciò cadere, mise la mano dietro il collo e alzandola allargò e sparpagliò la sua bella e lunga chioma castana facendola cadere oltre le spalle e sulla colonna vertebrale dorsale.  Sempre inveendo da sola contro quella sudamericana andò in bagno e si pettinò, si guardò il viso e gli occhi e li ritoccò, quando si sentì a posto tornò in soggiorno, mise i sandali a ciabatta con la parte superiore ricoperta di glass con tacco medio e disse:” Andiamo a dirgliene quattro a quella stronza!” E uscimmo, io ammirandola orgogliosa del suo coraggio e atteggiamento e la seguii spalleggiandola.

Come detto mamma era un tipo di donna risoluta o almeno a me pareva tale o forse voleva farsi vedere così forte e decisa da me, sua figlia in modo che imparassi a non farmi prevaricare da nessuno. Lei non si faceva mettere i piedi addosso da nessuno, quello che aveva da dire lo diceva apertamente in faccia e ne sapeva qualcosa mio padre prima di separarsi che quando litigavano mamma reagiva sempre e non solo verbalmente ma anche tirandogli gli oggetti. Mi piaceva com’era e volevo essere anch'io come lei, forte e decisa, far valere i miei diritti e idee in ogni modo.

Quando uscimmo da casa era davvero arrabbiata, dopo aver camminato per una cinquantina di metri, vedemmo quella Carmencita davanti a un negozio con delle sue connazionali e mamma si diresse subito verso lei con me al suo seguito.  Fu una amica di Carmencita a farle segno che dietro di lei stavamo arrivando noi, si voltò e ci guardarono in cagnesco. Mamma si avvicinò e l’affrontò, e avvertì subito Carmencita di dire ai figli e ai loro amici di lasciarci in pace, ma lei alzò le spalle come a fregarsene. Mamma le fece presente che aveva anche la macchina misteriosamente rigata e con una ruota sgonfia. Naturalmente non sapevamo se lei o i suoi figli centrassero davvero qualcosa, ma visto i rapporti glielo disse:

“La mia macchina è stata rigata...” La informò.

“E che vuoi da my!” Rispose lei ostile nel suo linguaggio mezzo italiano e smezzo spagnolo.

“Non mi stupirei se dietro a tutto questo ci fosse lei signora!” Disse accusandola apertamente, mentre altre sue amiche vicino parlando in spagnolo facevano segno su mia madre.

“Falla aggiustare!” Rispose Carmencita perfida ridendo:” Vender el coño y arreglarlo! (Vendi un po' la figa e la metti a posto!)”  Che ne intuimmo il significato anche vedendo tutte le sue amiche ridere o peggio deridere mamma, facendo segno con la mano battendola sul sesso e ripetere:” Vender! ...Vender…!”

Con quella battuta Carmencita mandò su tutte le furie mamma, che anche se nervosa non si scompose ma replicò con altrettanta perfidia sorridendo: “Va bene! Vorrà dire che la prossima volta chiamerò tuo marito per ripararla e farla mettere a posto!”

A quella risposta a Carmencita schizzarono gli occhi fuori e si avvicinò con cattiveria a mia madre puntandole il dito indice contro il viso.

“Tu a mi esposo lo devi lasciar perdere. Comprendido!?” Esclamò visibilmente alterata.

“E tu lascia stare noi!” Ribatté mamma per nulla intimorita dal suo atteggiamento, mentre lei si era avvicinata di più, quasi corpo a corpo con le facce una contro l’altra a urlarsi contro.

“Digli a quel delinquente di tuo figlio Juanito di lasciare in pace e perdere mia figlia, che intanto non sarà mai sua, non la darò mai a uno come lui, a gente come voi… Lo denuncio se la tormenta ancora.”

Aldilà delle parole mia madre tutto sommato voleva trovare una soluzione pacifica ai problemi, voleva soltanto che ci lasciassero in pace e tentare di stemperare a parole la situazione e una volta per tutte le incomprensioni che avevano tra loro. Ma quella Carmencita strillando non gliene dava la possibilità, pronunciando con cattiveria e sempre veloce e a voce alta le sue parole sopra quelle di mamma per farsi ascoltare dalle sue connazionali con la sua voce di cacca, impedendole di esprimersi. E mamma non voleva apparire quella che pur avendo ragione davanti a tutti e a me soprattutto, sua figlia, che ascoltavo e la guardavo ammirata, cedesse sui suoi principi davanti a quella donna che si agitava e alzava la voce.

Iniziarono a parlare ad alta voce, ad urlarsi addosso: “Devi dire ai tuoi figli di smetterla di importunarci e di lasciare stare in pace mia figlia!” Ribadì mamma agitata.

“Ma che vuoi… ?!“Rispose lei in modo superficiale e scocciata parlando il suo italiano spagnolizzato che aveva imparato facendo la badante e lavorando a incestinare pomodori e pesche e prostituendosi.

“Voglio che dici ai tuoi figli di non importunare la mia!” Esclamò davanti a me e agli sguardi delle sue connazionali che ascoltavano e sorridevano sarcasticamente battendosi la mano sul sesso.

“Ma che so io de la tua cica, e lei che provoca i mie figli, les pica el conos (le prude la figa) e i ragazzi giocano, scherzano... avrà voglia de farse rascar, de cono...de folar... (avrà voglia di farsela grattare, di cazzo, di chiavare…).” Rispose, dando la colpa a me del loro atteggiamento.

“A mia figlia non prude e non ha voglia di farsela grattare e di certo non dai tuoi figli, lei non provoca, e ben educata e loro sarà meglio che non giocano e non scherzano più con noi, se no finiscono male, che sia chiaro!” Ribatté mamma avvertendola e alzando l’indice verso la faccia di Carmencita. Lei si risentì di quella intimidazione prendendola come una minaccia e dicendo con faccia cattiva:

“Oh ma che vuoi tu? Chi sei tu che vieni a chi a minacciarmi e minacciare i miei figli?!”

Ma mamma non si intimorì: “Stai attenta!” Ripeté avvicinando il viso e il dito di più alla sua brutta faccia. Ma quella sudamericana di rimando si avvicinò anche lei dicendo:” Non tengo paura de te!”

“Invece è bene che tu ne l’abbia!” Replicò mamma sempre più arrabbiata anche lei.

Carmencita era infuriata, si avvicinava parlava nella sua lingua e poi si allontanava di qualche passo gesticolando il dito indice. Mamma la guardava con disprezzo, era superiore a lei per cultura, ceto sociale e bellezza fisica e non voleva scendere al suo livello sguaiato e volgare di prostituta rissaiola e la osservava con il labbro sollevato da un lato e lo sguardo di sufficienza, perché quella Carmencita con i suoi modi di fare più di tanto non si meritava, e di fatto obbligò mia madre a difendersi verbalmente.

Come dicevo mamma non voleva lo scontro fisico, non ci pensava nemmeno, voleva discutere e risolvere tutto a parole cercando di non dire nulla di troppo provocatorio. Ma Carmencita non l'ascoltava parlava solo del suo hombre e dei suoi figli.

A un certo punto mia madre vedendo il suo gesticolare rissoso con le braccia e vedendo che si arrabbiava sempre più, per evitare il peggio cercò di smorzare la tensione dicendo: " Signora io non ce l’ho con lei, non voglio parlare male dei suoi figli ne voglio insediarle il marito, sono stanca di tutti questi battibecchi che non servono a nulla. Non possiamo semplicemente andare ognuna per la propria strada?"

Osservavo quella scena, quella discussione fatta soprattutto di facce cattive gesti e parole grosse e dell’intenzione di mamma di smettere con quel bisticcio. Ma vidi e sentii Carmencita dire: “Ma va…va!” Voltandosi verso le sue connazionali e amiche ridenti facendo per andare via.

A quell’atteggiamento di sufficienza mamma arrabbiata ebbe uno scatto d’ira, mentre Carmencita si girava per andare via la prese per la spalla e la tirò facendola rigirare verso lei pronunciando: “Non ho finito! Te ne andrai quando avrò terminato e stai attenta anche te!” Probabilmente per invitarla a seguire di più i figli a essere corretti e rispettare il prossimo. Carmencita a quell’atto involontario e forse sbagliato di mamma, invece di continuare ad allontanarsi si avvicinò di più con la faccia su di lei sbraitando: “Tieni giù le mani, non ti permette mai più di toccarmi. Credi di farmi paura!?”

“Nemmeno tu mi fai paura!” Replicò mamma mentre anche lei si avvicinava sempre di più con il corpo quasi a toccarsi.

A quel punto penso che mia madre per non averla addosso e non indietreggiare davanti a lei, per reazione istintiva le mise le mani sul torace e la spinse indietro. Sbagliò mamma lo ammetto a fare quel gesto e anche lei se ne accorse subito, perché nell’andare indietro impreparata Carmencita perse l’equilibrio e a momenti cadeva a terra…. Mamma subito pronunciò:” Mi dispiace…”

Ma Carmencita imprecò qualcosa nella sua lingua spagnola e di rimando spinse mia madre sul torace indietro con forza, facendole perdere l’equilibrio e battere con il sedere contro un’auto posteggiata vicino al negozio.

Mia madre reagì, si riportò d’impeto di nuovo in avanti e tirò d’istinto uno schiaffo sul viso a Carmencita, che sembrava che non aspettasse altro per iniziare un litigio che si mise a gridare e si avventò su mamma prendendola per i capelli, che per difendersi a sua volta fece lo stesso con lei e iniziarono ad azzuffarsi, a tirarseli e a darsi schiaffi tenendosi distanziate con le braccia tese una con l’altra. A mamma nella colluttazione cadde la borsa con il portafoglio, le chiavi di casa, dell’auto con i documenti e smartphone dentro, per fortuna la raccolsi subito, avevo paura che la rubavano.

Ero spaventata, non volevo che mamma si picchiasse con quella donna. Mi guardai intorno sperando che qualcuno intervenisse, ma nessuno lo faceva, le sue connazionali e qualche passante guardavano e sorridevano divertiti di quel litigio tra la sudamericana e l’italiana. Sembrava che quell’azzuffarsi e gridare attirasse gente del quartiere tra le risate dei presenti. Alcuni ragazzi, forse i suoi figli o delle amiche, con lo smartphone, ridendo riprendevano la scena.   

Io d’istinto per aiutare mamma mi avventai contro Carmencita da dietro, ma un braccio di un’altra donna sudamericana mi prese e tirò via dicendo: “Fierma!! Se a intri le buscas anche tu!... Sta fierma a chi! (Ferma! Se entri le buschi anche tu! Stai ferma qui…!” Spingendomi in un lato a guardare.

Avevo paura ero agitata, dicevo sempre rivolgendomi direttamente ai presenti:” Fatele smettere! Fatele smettere per favore, si fanno male...” Ma nessuno interveniva anzi ridevano, le incitavano. Mi sentivo impotente.

In pochi minuti, dalle parole erano passati ai fatti.

Come iniziarono non lo vidi bene, ma fu la sudamericana a cacciarsi in avanti verso mamma, fu talmente veloce che sentii le grida e vidi solo le mani di Carmencita infilarsi nei capelli di mamma ben pettinati che rispose allo stesso modo in cui era stata attaccata. E vedevo le loro teste con i capelli l’uno nelle mani dell’altra che se le tiravano e le due chiome con i capi che andavano da tutte le parti tirate di qua e di là. E mamma che non essendo abituata a queste sceneggiate, sentendo male ripeteva forte:” Lasciami! Lasciami!” 

Si avventarono una contro l'altra colpendosi e prendendosi per i capelli. Ovvero: dagli insulti, passarono alle botte, a darsi veri schiaffi in faccia e la testa e tirarsi i capelli in mezzo alla strada, dimostrando Carmencita la donnaccia che era.

Si acciuffarono per le chiome, cosa innata nelle donne come Carmencita abituate a vivere in strada, a essere rissose e litigare con tutte:” Tira...tira!” Dicevano le sue connazionali tifando per Carmencita che tirasse i capelli a mia madre più forte. Si, perché una capigliatura folta e lussureggiante come quella di mamma era indice di grande femminilità e quindi divenne la prima cosa che si voleva rovinare e distruggere a mia madre, la sua femminilità e la bellezza. Fu talmente istintivo prendersi per i capelli che furono velocissime. Mamma reagì, non stette certo ferma a farseli tirare.

Colpendosi, graffiandosi e spingendosi, finirono fuori dal marciapiede sulla strada interna del quartiere e Carmencita fece sbattere mamma con la schiena contro la portiera di un’auto li posteggiata. Poi tirandola verso sé la prese ancora per i capelli tirandoli e spingendole la testa verso il basso con tutti i capelli cadenti in avanti e sui lati, così che mamma non potesse vedere chi avesse davanti ma tenesse il capo giù a guardare l'asfalto e i suoi piedi. Mia madre per reazione spinse in avanti contro Carmencita con la testa che, retrocedendo lei, inciampò sui suoi stessi sandali, perse l'equilibrio e cadde a terra tirandosi dietro mamma per i capelli che perdendo l'equilibrio anche lei le cadde sopra.

Nel cascare a mamma la gonna del vestito le si tirò su e le si scoprirono le cosce, ma presa dalla colluttazione muovendo le gambe e dando schiaffi a ripetizione a quella stronza, non pensò minimamente a coprirsele o forse non se ne accorse nemmeno che le aveva scoperte. Nel mentre in quel pubblico tutto sudamericano la parte maschile cercava perfida tra espressioni allegre e divertite di vedere il colore delle mutandine che indossava, ridendo e ammiccando tra di essi. Per loro quella bella signora occidentale che era mamma, era soltanto qualcosa da vedere e a nulla valsero le mie esortazioni allarmate a farle smettere.

Vidi la sudamericana che veloce si rigirò e alzò il busto restando in ginocchio, mettendo mamma sotto di essa sdraiata a pancia sotto, le si avvinghiò salendo su di lei a cavalcioni, sedendosi sul suo vedere, colpendola sul capo e da dietro sul viso con percosse a ripetizione. Le dava schiaffi e colpi sulla schiena cercando di tenerla giù e impedirle di alzarsi.

Anche mamma come me diceva di smetterla, di farla finita che si facevano soltanto del male, ma vedendo che Carmencita continuava e faceva sul serio, e la colpiva per farle del male e non voleva smettere, mamma con forza si tirò su di schiena disarcionandola e mentre Carmencita le tirava forte i capelli le ribadì urlando:” Basta!... Smettiamola mi fai maleee!!”.

Ma lei continuava e tenendosi ognuna con le braccia dell'altra a fatica si alzarono.

Quando furono in piedi gridando a testa bassa fecero qualche passo, avanti e indietro e di lato, tenendosi sempre per le braccia e i capelli, per poi sbattere ancora di lato sulla fiancata di un’auto parcheggiata. Mamma in quella colluttazione perse un sandalo, che io cercai di raccogliere, ma me lo impedirono le sue connazionali lasciandolo li sull’asfalto, e restò calzandone solo uno.

Carmencita si vedeva che era una donna rissosa dedita ai litigi, perché non potendo usare le braccia, la colpi con ginocchiate alle cosce cercando di farle perdere l'equilibrio e cadere ancora.

Mamma andava indietro con il bacino tenendola sempre per le braccia, per evitare i pugni, gli schiaffi e soprattutto le tirate di capelli che le facevano male e le pativa, mentre Carmencita continuava e cercava di colpirla all'addome arrivando sollecitata dal tifo delle sue connazionali che gridavano:” Ana…Ana…! “A impiantarle le unghie nelle braccia mentre mamma la teneva, graffiandola e sputandole addosso.

Era proprio una selvaggia aggressiva quella donna. Era uno spettacolo deprimente che non avevo mai visto e mai avrei voluto vedere. Mamma era incredula di quello che le stava accadendo, credo che non pensasse che Carmencita reagisse così e penso che fosse la prima volta che si picchiasse, mentre lei sembrava a suo agio in quell’accapigliarsi rissoso e urlare.

E in quella colluttazione perdendo l'equilibrio caddero ancora tutte e due a terra, quella volta mamma sopra di lei.

Continuarono a graffiarsi, insultandosi e picchiandosi. Era disdicevole. Sembrava uno scontro senza soluzione e senza indulgenza per quanto erano determinate e decise.  Quello che mi colpì particolarmente fu il fatto che durante quella lotta non voluta da mia madre, Carmencita oltre che cercare di proteggersi dai colpi di mamma, faceva di tutto per danneggiarla colpendola anche in zone intime, sul seno, prendendole il vestito e tirandolo per strapparglielo.

Quella sudamericana si difendeva attaccando, dicendo in un italiano storpiato:” Vediamo chi di noi tira più forte i capelli all'altra…”  E non contemplava alcuna forma di difesa e indulgenza ma solo di attacco, e quel modo di fare dava spettacolarità a quel litigio fra le donne sue connazionali ed esaltazione per chi assisteva, meno che a me che ero impressionata e impaurita da quello che accadeva. Erano due furie, mamma rispondeva per difendersi, ripetendo più volte di smetterla:” La smetta! ...Finiamola qui!!”

Tra gli spettatori c'erano anche donne che guardavano, oltre le sue connazionali anche qualche italiana di passaggio che si fermava curiosa e vedendo che litigavano, osservavano e fuggivano.

Vidi una signora avvicinarsi e chiedere: “Che succede? “

E qualcuno in quel campanello di gente rispondere: “Mah... devono essere due prostitute che litigano!”  E subito un tizio vicino che aveva assistito a tutta la scena dall'inizio, di rimando aggiunse:” Non so se sono prostitute, ma il motivo del perché se le danno di santa ragione è che una ha portato via il maschio all'altra e ora si picchiano... è una questione di cazzo, vogliono tutte e due lo stesso cazzo!” Disse ridendo e risero tutti, naturalmente non era vero. Intanto un altro poco lontano esclamò:” Sempre per il cazzo si picchiano le donne!”  E rise.

Quelle parole mi deprimevano e ferivano, non era vero quello che dicevano, non erano quelli i motivi del litigio, ma facevano passare mamma come una prostituta, qualcuna che litigava per un uomo …”

E mentre i presenti osservavano divertiti lo spettacolo ridendo senza intervenire, altre latino americane incitavano Carmencita o meglio Ana come si chiamava davvero a picchiare mia madre, con un vociare e grida assordanti da gallinaio. Per loro era uno show e sembravano davvero compiaciute ed eccitate da ciò che stavano guardando. Ma io ero impressionata, avevo paura, vedevo gli occhi di mamma spaventati e intimoriti e insieme a lei stavo vivendo un dramma che mi spaventava e ci avrebbe segnato e cambiato per sempre per tutta la vita.

In quel muoversi mamma perse anche l'altro sandalo, che finì sotto un’auto posteggiata, restando scalza.

Mamma reagiva a dispetto di diversità di corporatura e forza. La sudamericana pur essendo più bassa e formosa, aveva una aggressività e cattiveria nel colpire che mamma non aveva e la rendevano più forte.

Era tutto veloce, con schiaffi a ripetizioni, urla tra loro, grida, sorrisi, commenti dei presenti che facevano gli spettatori e tifavano, e loro a strapparsi i capelli e graffiarsi la pelle tra quell'incitamento di quel pubblico sudamericano divertito. Se le davano di santa ragione andando a cercare con le mani i vestiti e i capelli l'una dell’altra, nonostante si trovassero spesso in posizioni nelle quali non fosse così agevole raggiungere tale presa. Per quella gente divertita e sorridente era piacevole vedere due donne che si picchiavano per gelosia con movenze feline Ma io avevo paura e a vedere mamma prendere schiaffi ed essere tirata per i capelli, avendo la faccia arrossata dalle sberle. Da sola iniziai a piangere a dire:” Basta … basta…smettetela.... lasciate stare mamma ...” Volevo che finisse tutto, mia madre non era una donna da litigio, da risse, da fare quelle scene per strada e nemmeno in privato, ma una persona da discussione seria e pacata, con cui si poteva ragionare.

Nello spingersi piegando il capo in giù per schivare i colpi, mamma cadde di nuovo a terra, tirando dietro sé Carmencita e oramai visto che quella non la smetteva di picchiarla ...doveva difendersi anche lei reagendo e colpendola.

Quando fu a terra mamma iniziò a scalciare per tenerla lontana e impedire di avvicinarsi e non farsi prendere mentre Carmencita allungava le braccia per colpirla sulle cosce. Ma a mia madre nel praticare quel gesto veloce e ripetitivo per difendersi come il movimento di pedalare la bicicletta, alzando le gambe le scese la gonna del vestito giù fin quasi agli inguini scoprendole completamente le cosce fino alle mutandine, che si videro bene di colore bianco.

Loro continuavano quella lotta e cercavano di alzarsi ruzzolando per terra, con mamma involontariamente scosciata, e nel ruzzolarsi fu Carmencita a passare sotto e mamma sopra avendo la meglio. Il tutto fra lo sguardo divertito ed esaltato dei presenti, anche di sesso femminile che sorridendo osservavano le cosce lisce e pallide e le mutandine bianche di quella bella signora che era mia mamma.

Alcuni si erano raggruppati facendo campanello e facevano addirittura il tifo! Naturalmente tutti tenevano per la sudamericana loro connazionale.

Volevo chiamare la polizia, ma ero talmente spaventata che mi tremavano le mani e agitata e confusa non mi veniva in mente il numero...112. E così continuarono.

Pur essendo afferrata per i capelli e sentendo male, mamma tenendo i capelli neri di Carmencita e spingendola, riuscì a mettersi a cavalcioni sopra di lei e tenendola per le braccia a tirarle forti i suoi capelli da farle male e farla gridare dal dolore, come aveva fatto Carmencita con mamma poco prima.

Ero contenta che mamma stesse vincendo e avesse la meglio con quella donnaccia sotto di lei e mamma per reazione e presa da quella incitazione riuscì a schiaffeggiarla forte e veloce più volte in viso e continuare a tirarle i capelli davanti a tutti, dicendole oramai esaltata anche lei:

“Hai capito che ci devi lasciare in pace!! E dire ai tuoi figli di lasciare in pace me e mia figlia!! Hai capito...??“Gridava colpendola, mentre Carmencita sotto di mamma non riuscendo ad alzarsi cercava di proteggersi e le gridava:” Puta! Puta! Sei una Puta!!... Una mierda!” E le sputava addosso.

Mamma presa anche dall’euforia di essere sopra lei gridava arrabbiata capendo il significato di quello che le diceva.

“Puta e mierda ci sei tu e tuo figlio! Hai capitoo!!!” Sei tu una puttana!!!” Gli urlava.

Poi mia madre tenendo Carmencita ferma, tutte e due pallide, sudate, con la schiuma alla bocca e ansimanti dalla lotta aggiunse: “Ora basta! Hai capito! Finiamola qui!! Basta! ...Basta!... Non voglio continuare questo assurdo litigio.”

E mamma tenendola sempre sotto forse convinta di averla vinta o forse perché pensava fosse finito tutto lì, probabilmente allentò la presa e Carmencita di lato tirò su le braccia portandole verso il viso di mamma per bloccarla, aggrappandosi. E non riuscendo a prenderle i capelli, prese e si appese anteriormente al vestito di mamma tirandolo forte a sé con rabbia. Fu un attimo, tutto veloce, fulmineo, prima di rendersene conto, si senti solo il crasshhhh dell'abito di mamma strapparsi, che sotto la tensione del tiro cedeva nelle parti più deboli, nella schiena lacerandosi facendole saltare a uno a uno i bottoni di chiusura. E aprendosi dietro mostrava la schiena nuda di mamma, senza il passaggio nel retro della fascetta di chiusura del reggiseno, facendo capire a tutti i presenti che non lo aveva, non lo portava, restando con la schiena scoperta fino ai lombi. Inconsapevolmente mostrava le scapole e la depressione muscolare della colonna vertebrale nella lunga linea dorsale, meno visibile in alcuni punti e in altri evidente con il segno dei processi spinosi delle vertebre, che si muovevano come una biscia ai movimenti che faceva per proteggersi e agli sguardi depravati di quelle persone che la osservavano libidinosamente. Se nell'uomo la schiena dimostra vigore, forza e carattere, in quella di mamma c’era il simbolo di bellezza, sensualità ed erotismo. Si vedeva tutta l’espressività della pelle pallida e i muscoli laterali della colonna vertebrale e delle spalle coperte dal poco adipe che aveva, rendendola lussuriosa, forte ed evidente dalle contrazioni muscolari del litigio. Estendersi e contrarsi nel combattimento che gli facevano cambiare forma e spessore, e per quegli uomini avevano un qualcosa di provocante, eccitante.   

Mamma, sentendo il suo abito cedere e aprirsi sulla schiena, avvertendo saltare i bottoni e rompersi con il tipico strassscccchhh della stoffa strappata, di rimando prese la maglia di Carmencita e tirò forte dalla rabbia, strappandola da sopra al seno fino al ventre, aprendogliela e facendole uscire il reggiseno nero che racchiudeva le grosse mammelle.

Approfittando di quella manovra e dello stupore di Carmencita che non se l’aspettava, mamma si girò su sé stessa, si inginocchiò di fianco a lei e si tolse le sue braccia da sopra la testa, continuando a colpirla.

Carmencita in quel momento aveva la peggio, prendeva schiaffi da mamma sul viso e in testa...

Mamma non si lasciava mettere i piedi addosso da nessuno, la picchiava non per cattiveria, ma per reazione e per il dolore a quelli che aveva preso lei da Carmencita, facendole male. La sudamericana si tirò su con il busto e sotto gli schiaffi a ripetizione di mamma che oramai le avevano fatto la faccia da abbronzata a rossa e gonfia, allungò ancora le braccia e sapendo che i capelli erano il suo punto debole e a quanto ci tenesse mia madre, li tirò forte. 

Mamma lanciò un urlo: “Lasciali…lascialiii mi fai maleee!!” Le faceva male, ma lei continuò a tirare più forte:” Te li strappo tutti…” Disse:” Te rendo pelada!”

Carmencita era seduta a terra e mamma inginocchiata tesa su di lei e la gonna si era tirata su dalla concitazione, si vedevano tutte le cosce e le mutandine, gli uomini guardavano libidinosi e le donne ridevano commentando. Probabilmente trovando eccitante vedere le mutandine di mamma in quella situazione di litigio.

Quella lotta che pensavo fosse esclusivamente di tirate di capelli e schiaffi, come a volte succede fra donne non fu così e me ne accorsi subito quando vidi Carmencita cercare di prendere ancora e tirare il vestito di mamma, dando ogni volta uno strappo in più alla stoffa rompendola.

Pensavo che glielo volesse rovinare tutto, ma non era così, ma peggio.

Tra urla, sputi si alzarono, pareva che tutto fosse finito, mamma tentò di allontanarsi, di andarsene, riuscì a fare qualche metro in piedi da sola, ma si senti colpita alle spalle e presa subito da dietro per capelli e per il vestito da Carmencita con la faccia tumefatta e sconvolta che diceva:” E no! A ora inizio io!” 

E da dietro con una mano Carmencita continuò a rompere il tessuto dell’abito di mamma strappandoglielo maggiormente, facendolo aprire dietro sempre più verso il basso della gonna. E tirandolo con la mano lo lacerò maggiormente oltre i lombi, stracciando e aprendo fino in fondo con un trasshhhhh quello che era ancora integro della gonna, facendo apparire dalla rottura e apertura posteriore dell’abito, una lunga scollatura che dalla schiena scoperta scendeva e lambiva i glutei, mostrando da dietro l’elastico delle mutandine sul sedere. Praticamente da dietro si vedeva la schiena nuda dalle spalle alle natiche. Quel poco di abito rimasto era sui lati e la gonna, costringendo mamma con movimenti repentini e veloci a tenerselo perché spostandosi non mostrasse le sue intimità. La schiena di mamma solitamente nascosta dagli abiti, era diventata esposta e il sottile confine tra l’intimo e la libidine di quegli uomini che ci vedevano qualcosa di seduzione gli faceva indugiare i loro occhi su di essa.

“Ma che fai?... Sei pazza!” Esclamò mamma cercando di fuggire in avanti portandosi le mani dietro a tenere il vestito che non si aprisse di più.

“Si a sono loca(pazza) “Rispose lei:” Ti desnudo toda… ti denudo tutta…” Ripeteva.

“Si desnudala! Desnudala toda…!” Gridarono alcune sue connazionali che la incitavano. E Carmencita sentendosi supportata e spalleggiata le tirò ancora il vestito e i capelli.

A sentirsi tirare i capelli e strappare ancora il vestito, mamma si girò verso Carmencita, ma essendo scalza, con le ginocchia lesionate e sanguinanti e probabilmente con dolore sotto i piedi per via delle pietruzze, in equilibrio precario cercò di aggrapparsi a qualcosa e d’stinto si tenne a Carmencita con le braccia. E sempre barcollando e indietreggiando prima con una e poi l'altra gamba cercava di allontanarsi. Quella gente le incitava, per loro aveva qualcosa di spettacolare ed eretico quel litigio. Nell’indietreggiare, vedi Carmencita continuare e picchiarla davanti e muovendosi finirono sull'aiuola vicina.

In piedi continuarono a inversi addosso, tirandosi e strappandosi i capelli a piene mani, con le teste che andavano dondolando da una parte all'altra tenute per la chioma ognuna dalle mani dell’altra, con insulti tremendi, urlati tra gemiti di dolore.   

“Bastarda! Lasciami!... Lasciami… mi fai maleee!!” Gridava mamma. Per poi aggiungere:” Noo i capelli noooo! Non tirarli mi fanno male… smettiamo…!”

Ma Carmencita urlava: “E te arranco todos cabeli a te rendo pelada…” Continuando in spagnolo: “Puta… sei una puta e italiana de mierda! A te ensegño a respetarme.”

Quella sudamericana aveva l'aria di una tiratrice di capelli professionista, e mentre mamma cercava di colpire e graffiare dove capitava e allontanarsi per non prenderle, Carmencita puntava soprattutto al décolleté e alla faccia anche con le unghie per graffiarla e rovinarle la sua bellezza, per fortuna senza riuscirci a scalfire in volto.

In quella concitazione di voci urla e di loro due che se le davano di santa ragione, vidi Carmencita che cercava di continuo di prendere il vestito di mamma e tirarlo, non riuscendoci perché lei si allontanava e perché con il braccio inoltre doveva difendersi dagli schiaffi di mamma.      

Tutto si svolgeva in poco tempo, ma sembrava che quei momenti fossero lunghissimi.

Carmencita aveva la maglia rotta aperta davanti che mostrava quasi tutto il reggiseno nero che le tratteneva le grosse mammelle e mamma il vestito strappato sulla schiena, tenuto su solo dalle spalline larghe lacerate, con la schiena scoperta oltre ai lombi, che lei quando riusciva, portando una mano dietro cercava di coprire per non mostrare a quella gente il sedere. Ed era davvero impressionante vederle stanche con i visi stravolti e segnati dalla reazione degli schiaffi spingersi tenendosi per le braccia un po' verso una e un po' verso l'altra, cercando di restare in equilibrio mentre sganciandosi un braccio dalla presa dell’altro cercavano di colpirsi ancora.

Mentre si spingevano tenendosi per gli avambracci, vidi mamma negli occhi, era tesa, stanca e anche spaventata, capiva che quella litigata non era niente di buono e cercò di farla smettere dicendo:
“ Basta ora! Basta ...ci facciamo male...smettiamola. “Avendo intenzione di finire tutto e forse riappacificarsi pur di smettere, ma fu Carmencita a dire no:

“A no! A hora continua este el final (questo è il finale) e ti deve pentir de todos ...” In quella lingua italianizzata che non era né spagnolo né italiano, ma si capiva un po’. E praticamente le gridò: “Eh no!... Ora continui fino alla fine, ti devo fare pentire di tutto! della tua superbia!”  E all'improvviso Carmencita velocissima le lasciò le braccia e si lanciò ancora su mamma e sui suoi capelli con una mano e mentre si accapigliavano vidi che con l'altra le prese nuovamente il vestito davanti tirandolo forte verso sé, mentre mamma cercava di trattenerlo e indietreggiare, difendersi e proteggersi.

Cercavano di restare ognuna a distanza di sicurezza dell'altra tenendosi per le braccia.

Ero spaventata, piangevo, mi spaventava vedere con quanta cattiveria quella donna colpiva e picchiava mamma e si accaniva su di lei cercando di colpire le parti in cui potevano restare i segni più evidenti a livello estetico sul viso, oltre che i capelli e anche l’abbigliamento. Ma che anche appena poteva la colpiva e percuoteva sul sesso e sul seno.

Capii guardando mamma che Carmencita non si limitava a tirare i capelli, ma a picchiare con una istintività selvaggia e che il suo obbiettivo non era tanto colpirla e picchiarla, bensì rovinare fisicamente mamma e tirava con forza la sua capigliatura da restarle oltre le urla di dolore, fili di capelli abbondanti e vistosi nelle dita quando si staccava da lei. E soprattutto continuava a prendere e strapparle il vestito sul davanti, che aveva già rotto dietro.

Come dicevo, all’inizio pensavo per rovinarglielo, ma non era così e lo capii subito dopo.

Quel pubblico sudamericano, divertito non si limitava ad osservare, ma anzi le incitavano e le aizzavano di più ... soprattutto a Carmencita.

Mamma era stravolta, non era da lei una cosa del genere, quando si staccò da Carmencita, cercò di allontanarsi ancora, andare via e le girò le spalle allontanandosi un poco, ma lei veloce la raggiunse dietro prendendo il vestito per i due lembi restati aperti e come se fosse uno straccio tirò di lato, li allargò strappandolo maggiormente giù in basso con un altro strasssshhhh , aprendolo tutto e scoprendole oltre la schiena, anche il sedere, le sue mutandine bianche e il retro cosce.

Mamma sentendosi afferrata e strapparsi tutto il vestito posteriormente per reazione si voltò, si rigirò ancora: “Ma che fai? Basta!!... Basta!!” Esclamò visibilmente scossa cercando con una mano di coprirsi dietro da non mostrare le mutandine e il sedere. Il vestito era lacerato e aperto completamente, era come se avesse un camice solo anteriormente spalancato posteriormente e che si chiudesse dietro, e mamma il lembo inferiore della gonna con la mano lo portava sui glutei a tenerlo unito con l’altro per coprirli.  

Alcuni osservavano la scena e anziché essere sorpresi o scandalizzati da quello che succedeva a mamma, sembravano compiaciuti dalla violenza che vedono su di lei davanti ai loro occhi e della situazione di mia madre con il vestito strappato e seminuda dietro. Vedere una signora italiana, picchiarsi con una sudamericana era qualcosa di divertente per loro.

Vidi lo sguardo di mamma che era impaurito e voleva far finire tutto subito, mentre Carmencita invece la provocava insultandola e sputandole addosso e in faccia, attaccandola, costringendola per difendersi a reagire e colpire anche lei. Per paradosso mamma che senza volerlo aveva iniziato quel litigio ora era sulla difensiva, Carmencita stava avendo la meglio.

Nella concitazione la sudamericana prese ancora volutamente anteriormente il vestito di mamma e a forza di tirare essendo già aperto sulla schiena, tirò tanto con una mano che lo strappò anche sul davanti, con un altro strahhhhhh… sul decolté verso l’ombelico, e poi ancora più giù aprendolo, facendole anche iniziare a lacerarsi e a scendere le spalline sulle braccia. E poi dando altri strattoni forti, quando le spalline furono sugli avambracci le fece arrivare ai polsi e le ruppe. Il vestito era estivo e leggero e si strappava facilmente. E con altri strattoni voluti, la gonna la spaccò anteriormente fino in fondo, scoprendo a mamma totalmente davanti, facendo uscire fuori le mammelle che senza reggiseno penzolavano e dondolavano ai movimenti del corpo. Era tremendo, capii che la voleva spogliare davvero nuda… e non sapevo che fare se non dire basta e piangere…

Mamma rendendosi conto di quello che voleva compiere Carmencita, tenne il vestito con la mano per recuperarlo e coprirsi, ma lei continuava a strattonare inveendo in spagnolo: “A te desnudoooo toda… A te desnudo…” Urlava. 

Mia madre spaventata iniziò a dire: “Ma che fai?  Sei pazza? Basta ora dai!!...Basta!!”

Ma lei non le dava retta e ripeteva:” A sì a yo so loca!! (Si sono pazza!) Te desnudo!!”

Da parte del pubblico ci fu un applauso morboso nell’intravvedere le mammelle di mamma pallide e gonfie anche per gli schiaffi che avevano ricevuto penzolare sul torace… E si rendeva conto che il vestito non era più trattenuto dalle spalline e dalla schiena le scendeva e cadeva in avanti staccandosi dal torace e mostrando il seno, e mamma piena di vergogna non poteva fare niente per impedirlo avendo le mani impegnate con Carmencita a difendersi da lei.

Era restata soltanto con quel residuo di gonna che pareva un grembiule e il busto scoperto con i brandelli superiori penzolanti davanti e sui fianchi e dietro completamente aperto.  Mamma sconcertata, spaventata, imprecando cercò di coprirsi le mammelle con una mano dagli sguardi di quegli uomini e quelle donne che ridevano, mentre Carmencita continuava a colpirla con schiaffi in viso.

Tutto avveniva con una rapidità impensabile.

In piedi la colpiva con schiaffi e pugni tenendosi in equilibrio per non cadere. Le dava schiaffi forti cercando di percuoterla sul viso e di prendere ancora per il vestito, e non riuscendoci la prese nuovamente per i capelli, tirandoli e trascinandola per un metro con la testa curva e bassa dietro lei. Finché tirando tanto mamma per i capelli, nonostante che lei la seguisse tenendo le sue braccia per diminuire la tensione di tiro e avvertire meno il dolore, la sudamericana camminando all'indietro senza guardare dove metteva i piedi perse l'equilibrio e cadde a terra con il suo grosso sedere. Nel cascare trascinò ancora con se, tra le sue grida di dolore mamma, a cui cadendo aveva strappato realmente i capelli dal cuoio capelluto e quelle divertite dei presenti; non mollando nessuna delle due la presa ai capelli dell’altra decise com’erano a fare scempio ognuna della capigliatura dell'altra, continuarono la lotta.

A terra lottavano cercando ognuna di assumere il controllo sull'altra, ed erano molto veloci.

La sudamericana pur robusta era giovane e agile e si rivoltò e rigirò subito, e con il peso del corpo riuscì a mettere mamma di sotto e schiaffeggiarla nuovamente in testa e in viso.

Mamma si aggrappò alla sua maglietta, la tirò e gliela strappò del tutto aprendogliela davanti e su una manica facendola restare praticamente in reggiseno e poi senza volerlo, nel cercare una presa per tirarsi su, appoggiò la mano al centro su di esso e tirò anche quello mettendolo in tensione e allungandolo verso sé. Senza volerlo con la trazione forte fece saltare la chiusura del gancetto del reggiseno dietro la schiena, tirandolo e restandogli in mano, staccando le coppe dalle grosse mammelle lasciandole libere e penzolanti con le spalline sulle braccia che le limitavano i movimenti. Con rabbia e velocissima come una guerriera ferita che si toglie da sola una freccia che la colpita, Carmencita lo prese e lo tolse del tutto lei, gettandolo via, restando completamente a torace nudo con le grosse mammelle penzolanti davanti.

Indossando i jeans aderenti era difficile da prendere e strapparle altro.

Mamma seppur in difficoltà con il vestito stracciato e le mammelle fuori che Carmencita da sopra lei schiaffeggiava con rabbia facendogliele ballare e diventare rosse, continuava a difendersi. Era sgomenta, forse pentita di essersi fatta guidare dalla rabbia e dall’istinto in quel litigio, purtroppo aveva perso la calma non pensando alle conseguenze che ora volgevano al peggio per lei.

 

Sdraiata a terra, d'istinto per allontanarla mamma, scalciando riuscì a tirare su e a mettere un ginocchio sul suo perineo per spingerla via e toglierla da sopra, mentre con le braccia teneva quelle di Carmencita che andavano sempre a tirarle i capelli. Spinse forte per allontanarla.

Con il ginocchio riuscì a fare una forza maggiore premendolo sul sesso a farle male, e spingendolo più in su, verso il basso del suo ventre flaccido riuscì con energia tenendola per i capelli, a spingere talmente forte che Carmencita nell’essere cacciata indietro, tenendosi ai capelli di mamma le staccò ancora facendola gridare e piangere:” No.… i capelli no…. Bastarda…” Continuando:” Basta! ...Basta…per favore smettiamo!”

Ma Carmencita subito dopo essere stata allontanata, aprì i pugni sorridendo lasciando cadere a terra dalle dita filamenti di capelli chiari di mamma, e le si avventò ancora contro, e pronta riuscì ad aggrapparsi a quel che rimaneva del vestito di mamma, la gonna anteriore e ne approfittò per riprenderla in mano e tirare forte più che poteva. E nel portarsi indietro tenendo la stoffa per la vita, la estese al massimo che si ruppe a tratti anche sul sedere dove era già aperto, lacerandosi sempre più, fino con uno strassshhhh finale a staccarsi uscendo da sotto il sedere e venendo via dal bacino di mamma restando nelle mani di Carmencita. Facendo restare mamma praticamente in mutandine con il seno fuori dondolante davanti a quella gente. Carmencita trionfale, sorridendo con cattiveria, soddisfatta teneva i brandelli del suo vestito in mano.

Allungando le braccia velocemente mamma prese per un lembo quel che restava della gonna del suo vestito e seduta sull'asfalto lo teneva, piangendo voleva recuperarlo per coprirsi in modo che non glielo portasse via completamente, ma oramai il suo bell’abito era diventato un brandello di stoffa, uno straccio teso tra le mani di mamma a quelle di Carmencita e ognuna tirava dalla parte opposta.

Nel vederla così quegli uomini la incitarono di più gridando:” Desnudala…desnudala!!”

Dalla rabbia mamma piangente si alzò in mutandine, tenendo sempre il suo vestito lacerato, dando lo spettacolo della sua seminudità matura ripetendo:” Basta! Basta!” 

E una volta ritornati in piedi tenevano entrambi il vestito strappato ognuna per un capo e lo tiravano una da una parte e una dall'altra e mamma visibilmente spaventata e imbarazzata dalla situazione di avere tutti gli sguardi su di sé disse: “No… Basta! Smettiamola! Smettiamola!...  Basta… ora, parliamo!”

Ma Carmencita dando degli strattoni fortissimi con rabbia e a denti stretti tirando con cattiveria e allungandole le braccia che mamma cercava di portare indietro a sé con quel che restava del suo vestito, non riuscendo a trattenerlo al terzo tentativo Carmencita glielo fece sfilare fuori dalle mani sentendoselo scorrere tra le dita. La lasciò in piedi piangendo soltanto in mutandine, con il seno fuori che cercava di coprire con un braccio per la vergogna.

Io ero spaventata e piangendo cercavo di intervenire, ma quelle donne m bloccavano:” Sta a chi ferma!” Mi dicevano con sguardo e voce cattiva, E mentre mamma oramai schoccata gridava: “Adesso basta …. Basta smettiamola! Intervenite! Intervenite per favore? Qualcuno intervenga ...la fermi!”  

Ne aveva paura, ma la gente si guardava bene dal farlo e Carmencita sorridendo alzò quel che rimaneva del vestito di mamma in aria mostrandolo e dicendo: “Ammirate la puta!! Mira! Mira!” Ripeteva in spagnolo.

Poi gettò l'abito a terra e aggressiva come una furia le si getto addosso riprendendola per i capelli colpendola, mentre mamma a testa bassa cercava di proteggersi, e gli uomini, le donne e i ragazzi presenti divertiti ed eccitati la incitavano in spagnolo: “Desnuda! Desnuda! Nuda! Spogliala nuda!!”  Anche mamma terrorizzata senti quelle parole.

“No! Nooo! Noooo!” Pronunciò. E anch’io chiedevo che intervenisse qualcuno per far cessare quel litigio che era diventato un’aggressione, un pestaggio, un oltraggio e una violenza nei confronti di mia madre.

Carmencita colpiva come una forsennata i punti deboli di mamma attaccandola in faccia, sul collo, ai reni, e la schiena. Graffiava, mordeva, le sputava in faccia e le tirava i capelli, non aveva regole né pietà, mentre mamma oramai sconfitta non attaccava più, pensava soltanto a difendersi e a dire basta!

Vedendola così passiva e oramai battuta Carmencita invece di fermarsi continuava a inveire e picchiarla, le dava calci bassi verso le caviglie e ginocchiate alle cosce, e mamma con le sue gambe o allontanando il sedere cercava di ripararsi, oppure metteva le mani davanti per proteggersi. Erano stanche, ansimanti tutte e due, ma mamma oramai era sopraffatta.     
Tra quel vociare assurdo della gente che osservava nessuno interveniva e io piangevo, pregavo chi era vicino a me di intervenire, capivo che mamma era in difficoltà, aveva paura e vedevo che stava per soccombere, ma nessuno lo faceva, forse avevano timore o forse gli piaceva lo spettacolo. Si limitavano a guardare senza intromettersi, anzi a far desistere chi voleva farlo, come se attendessero il soccombere di mamma.

Carmencita le aveva strappato il vestito, l'aveva spogliata in strada di fronte a tutti, lasciandola soltanto con le mutandine mentre alcuni riprendevano con lo smartphone per mettere quanto accaduto in rete e rendere l'umiliazione di mamma pubblica tra la loro comunità.

Si vedeva che entrambe erano stanche e doloranti. Carmencita la colpiva sempre muovendosi e facendola stancare, mamma non era abituata a litigare ed essere aggredita e picchiata da un’altra donna. Erano tutte due pallide e ansimanti, con il segno delle graffiate sulle braccia e mamma sul collo, con eritema e gonfiore sul viso e il labbro rotto e sanguinante dagli schiaffi presi da Carmencita e probabilmente il quel momento vista la tensione nervosa entrambe non sentivano nemmeno il dolore, ma lo avrebbero provato dopo, eccome.

Mamma oramai sovrastata fisicamente e battuta da lei ne aveva paura, si sentiva inferiore non voleva più scontrarsi ma scappare alla prima occasione verso un punto dove non poteva raggiungerla, dove avevamo posteggiato l’auto. Era stanca, aveva il volto con l'espressione allarmata e timorosa, gli occhi aperti e tesi, la bocca aperta con il labbro inferiore gonfio che si apriva e chiudeva ai respiri, non volendo fare notare a Carmencita la sua paura. Ma lei oramai vedendola timorosa e sentendosi più forte era diventa più aggressiva.

Mamma metteva tra sé e lei le braccia tese in avanti per non farla avvicinare e Carmencita schivandole e spostandogliele di lato le dava schiaffi colpendola sul viso, facendole sollevare le braccia sul capo e davanti alla faccia a gomito piegato nel tentativo di proteggere il volto.

Leggevo negli occhi di mia madre che aveva paura di Carmencita, non era più spavalda come prima, si capiva dallo sguardo sperduto e sgomento, era mezza nuda e tutti la guardavano, e anzi arrivava nuova gente attirata dalle grida e dal campanello di persone, ma non per intervenire e dividerle, ma per guardare e ridere.

Carmencita approfittò dell'insicurezza di mamma avventandosi di nuovo su di lei, tenendola con una mano sui capelli, mentre l'altro braccio lo allungò cercando di arrivare alle mutandine, per prendergliele e strappargliele. Riusciva a toccarle con le dita, ma vista la difesa passiva di mamma che la allontanava non ad afferrarle.

Mamma accorgendosi dei suoi gesti a toglierle anche le mutandine esclamò: “ Ohhh!!!!... Questo no! Ma sei pazza?? È pieno di gente, di uomini… Noooohhh!!!!  Ma che vuoi fare?” Ripeteva spaventata continuando:” Basta ora su! Hai ragione tu, ti do ragione, ti chiedo scusa davanti a tutti, ma ora per favore basta, non picchiarmi più, non spogliarli, finiamo questo litigio… discutiamo ... Ti chiedo scusa!” Ripeté spaventata umiliandosi davanti a tutti.

Intanto che con il braccio teso Carmencita la teneva a distanza spingendola indietro, anche mamma si spostava posteriormente con il sedere più che poteva per non farla arrivare allo slip con la mano. Causando in quel modo nel piegarsi leggermente in avanti, il dondolare delle mammelle pendenti, arrossate dagli schiaffi ricevuti da Carmencita e sporgendo il sedere indietro mostrava il suo bel culo rotondo ancora dentro le mutandine. Aveva capito che la sudamericana voleva toglierle anche quelle e fu presa dal panico di restare nuda in mezzo alla strada e davanti a quella gente. Aveva la faccia tesa, spaventata con gli occhi sbarrati.

Mentre Carmencita spingeva e teneva per le braccia mamma e lei faceva altrettanto nel lato opposto, all'improvviso forse per stanchezza, non so, smise di farlo, lasciando la presa sulle braccia di Carmencita e venne spinta indietro. Al contrario Carmencita continuava a tenere sempre mamma per le braccia e non avendo più la sua resistenza davanti da respingere, al suo spingere forte mamma trovandosi il vuoto dietro cadde a terra aggrappandosi ai suoi pantaloni. Carmencita ormai più forte per risposta le prese i capelli e le tirò ancora, mamma sentì molto male perché urlò forte piangendo:

“No basta…! Basta per favore!”

Ma lei non le diede retta e mentre con una mano la tirava forte per la testa e non li mollava con l'altra allungava il braccio sotto, cercando di prenderle le mutandine per strapparle e toglierle.

Mamma non voleva, capì che quello era il suo scopo di umiliarla davanti a tutti facendola restare nuda in strada e allora ridisse ancora: “Ma che vuoi fare? No! Questo no!!Questo no dai!! Ti do ragione… ti chiedo scusa…”

Ma lei non le dava nemmeno retta, continuava a inveire contro mamma dandole della:

” Puta, della puttana.”  Ripetendolo parecchie volte. Oramai incitata e vincitrice Carmencita si era esaltata.

Mamma da terra cercava di proteggersi dai suoi schiaffi cercando di tenerla lontano scalciando in continuazione, ma lei riuscì a prenderle un piede, tirarla sull’erba e gettarsi sopra mamma bloccandola. Riuscì a infilare una mano dentro l'elastico e le prese le mutandine e dallo sguardo spaventato di mamma, capii che se ne accorse.

“No! Noo! Nooo! Dai questo no...nooo! “Si mise a gridare mamma e riprese a piangere, tenendo con le sue mani quella di lei che aveva afferrato le mutandine, sperando di bloccarla, incurante che in quel modo non poteva ripararsi degli schiaffi che lei continuava a darle in faccia con la mano sinistra libera:

“No per favore ...questo no! Noo!”  Gridò gesticolando la testa di lato cercando di sfuggire agli schiaffi, senza mai mollare il braccio di Carmencita la cui mano teneva e tirava le mutandine. Preferiva prendere schiaffi in viso senza proteggersi piuttosto che farsi strappare le mutandine da addosso e farsi vedere nuda da quella gente che rideva.

Ma Carmencita si mise a tirarle forte, nonostante che mamma tenesse la sua mano e le tirava anche i capelli, e le tirava con furia e fu tanta la forza che ci metteva, che alzò di pochi centimetri su mamma con il sedere da terra. Era sconvolgente quello che faceva quella strega a mia madre.

Mamma era terrorizzata che volesse lasciarla nuda e grido: “No! No! Adesso basta! Per favore! Aiuto!!! Aiutoooo!!!!”

Ma nessuno dei presenti intervenne e Carmencita per risposta le tirò e tese maggiormente in alto e verso sé le mutandine, da tenderle tanto che si allungarono, finché staccandosi dai suoi inguini con un altro strassshhhh si strapparono mostrarono la peluria pubica sotto di essi. E mentre con una mano Carmencita continuava a colpirla in volto o a tirarle i capelli, con l'altra tirava sempre più il tessuto finché la mutandina cedette ancora nel punto più debole, si ruppe con un altro strassshhh sulla seta. Si lacerò lentamente sulla cucitura di un lato dell’anca, fino a lacerarsi e staccare completamente i due lembi di seta cuciti e aprirsi lasciando un fianco libero. E il tessuto squarciandosi e sfilandosi da esso, si portò tutto dalla parte opposta nella zona inguinale, scoprendo e mostrando mezzo bacino nudo, il fianco e il sesso di mamma con i suoi peli e ci fu un grido di approvazione dai presenti...seguito da risate. Era come se avesse le mutandine infilate solo da una gamba sola.

A mamma si notava il contrasto pallido dell’abbronzatura del costume con al centro il suo sesso con i peli tutti neri.

Si rendeva conto di quello che stava accadendo, che la stava spogliando nuda e umiliando e lei non poteva fare nulla perché non ci riusciva e si sentiva impotente e non poteva nemmeno ricambiare perché lei aveva i jeans aderenti.  

Gli occhi di mamma erano lucidi, la voce tremolante e il viso incredulo di quello che le stava accadendo, non era più provocatoria e combattiva come pochi minuti prima, ma piena di vergogna e paura. Teneva le gambe strette per non farsi portare via quel lembo di seta residuo delle mutandine che ancora indossava da una parte su una gamba. E intanto Carmencita teneva i suoi capelli tra le dita e la colpiva sul capo con degli schiaffi come si fa ai bambini.

“Lasciami! Lasciami ...ti prego!” Ripeteva mamma impaurita che le strappasse davvero quel residuo di mutandina davanti a tutta quella gente e la mostrasse nuda con il suo sesso fuori e per questo restava seduta a terra sull’erba a gambe chiuse per non farsi guardare.

Ma Carmencita inviperita non lasciò la presa, tenne e tirò forte con rabbia all'inverosimile e lacerò anche il tessuto di seta bianca traforata delle mutandine dall'altro fianco, strasssshhhh…rompendole e aprendole. E tendendole forte gliele staccò dal bacino, le strappò letteralmente la mutandina da addosso sfilandogliela completamente dalla pelvi, tra gli inguini da sotto il sesso e il sedere. E avendole in mano alzò il braccio e la brandì, come trofeo ai presenti che l’applaudirono, facendogliele osservare anche a mamma mentre Carmencita gridava qualcosa in spagnolo. Per poi alzare il braccio mostrandole in alto, tenendole in un pugno assaporando la sua vittoria su mamma, che sopraffatta e piena di vergogna, senza mutandine seduta a terra completamente nuda con le mammelle penzolando sul torace singhiozzava:” No! No! Questo no!”

Ma la gente la guardava nuda e rideva divertita. Qualcuno, sudamericano esclamò; “E sta desnuda! È nuda!” Ridendo.

Vi fu un fragore di voci e risa insieme a un battimano generale:” Desnuda!!... Desnuda!” Urlavano.

Io spaventata come mamma piangevo, volevo avvicinarmi a lei, ma quelle donne ancora mi impedivano di farlo. E vedendola atterrita riuscii solo ad esclamare tra le lacrime:” Mio Dio mamma…no...questo noo!!”

Mamma aveva lo sguardo sconvolto, vuoto, era incredula e nuda, Carmencita l'aveva spogliata completamente, denudata del suo vestito e delle mutandine e io piangevo e avevo vergogna per lei, perché tutti la guardavano e vedevano nuda, soprattutto gli uomini. Piangevo, vedevo che mamma seduta sull'asfalto, sconvolta con le mani cercava di coprirsi come poteva, il braccio trasversale sul seno e una mano sul pube mentre Carmencita invece vincitrice e trionfante, pallida in viso nonostante la pelle scura, ansimante offendendola le passava vicino e le girava attorno dicendo parole volgari. Lo compiva con meno brutalità ma con cattiveria tirandole sempre schiaffi in viso e in testa, non più a ripetizione ma distanziati, con pause anche lunghe tra uno e l’altro, che mamma intimorita come una ragazzina cercava di riparare alzando le braccia a coprirsi il viso e intercettarli.

Ero attonita.

“Dio mio...!!” Pensai:” Come l’ha ridotta!”

Mentre mamma nuda per terra oramai terrorizzata cercava soltanto di coprirsi e proteggersi dai suoi schiaffi, non reagiva più, si proteggeva soltanto. Aveva il viso spiritato e mentre era seduta sull'aiuola affianco alla strada stravolta, Carmencita la prese ancora per i suoi capelli lunghi ormai spettinati e disordinati e se li attorcigliò bene alla mano come se fossero una fune, tirandoli facendola piangere e portare le mani sul suo braccio a fermare quella tensione.

“A te levo todos e cabelli.... te laio pelada!” (Ti strappo tutti i capelli… ti lascio pelata!) Gridava.

Mentre mamma scoppiò a piangere gridando: “No Basta! Basta per favore… mi fai male Carmencita!”

“A non me appello Carmencita, il mio nome è Ana, senora Ana…”

“Si…si signora Ana …basta per favore, non mi picchi più…” Diceva.

Ma lei tirò forte facendola mettere seduta a terra, prima in ginocchio davanti a lei, colpendola ancora con schiaffi sul viso e sulle mammelle nude, pronunciando frasi incomprensibili nella sua lingua di origine che ormai parlava solo con quella. Tirando ancora i capelli fece alzare in piedi mamma esclamando:

” Leva...Leva!!” (alzati, alzati!)

Mamma tenendo con le mani il suo avambraccio in modo che non tendesse forte i capelli si tirò su per sentire meno dolore, non coprendosi più e incurante se quegli uomini la vedessero nuda. Ripetendo:” Basta adesso! Basta! Ti prego signora Ana!”

Ma nulla...  Carmencita voleva dominarla, umiliarla, assaporare fino in fondo la sua vendetta e la sua sconfitta e quando fu in piedi nuda davanti a tutti, con le mammelle grosse dondolanti sul torace, il sesso peloso a vista, prese a darle degli schiaffi forte sopra la vulva esclamando: “Te gusta folar el cono eh…?! (Ti piace chiavare con la figa eh…?” Ridendo.

Mamma si proteggeva cercando di coprire il sesso dove colpiva lei e di opporsi, ma non ci riusciva, era come intontita, stordita, cercava solo di difendersi e veniva umiliata davanti a quella gente che la guardava nuda in piedi tenuta per i capelli da quella sudamericana che rideva e le schiaffeggiava il sesso peloso, forte.

“Mira la puta! ...Mira la puta!” Ripeteva facendo segno con la mano libera al corpo di mamma.

Non erano tutti uomini quelli che osservavano, c'erano anche donne sue amiche e connazionali, ma si guardavano bene dall'intervenire nel vedere quella donna occidentale nuda, umiliata, percossa e tenuta su per i capelli dal braccio teso in alto dalla sudamericana.

A un certo punto fu come se mamma si arrendesse, si chiuse a riccio con le braccia sulle mammelle, piegando un poco il tronco in avanti per proteggersi, dandole modo di colpirla dove voleva lei sulla pelle nuda e lo faceva senza che mamma reagisse più. Aveva il viso terrorizzato e gonfio e Carmencita le sputava e le urlava in faccia tenendo la sua contro quella di mamma.

“A ora dove la tua presunzione?” Le diceva Carmencita.” A lasci in pace e my hombre e i miei figli?”

In quella posizione tenendole i capelli ed essendosi portata dietro per mostrarla meglio nuda a quel pubblico sudamericano non riusciva a colpirla davanti e allora iniziò a colpirla sul sedere dandole schiaffi sempre più forti sulle natiche, sculacciate, roteandola su sé stessa nel contempo e mostrandola come una bambina punita nuda ai presenti:

“A mirade che culos tiene e sta puta!” Diceva a chi la guardava e rivolgendosi a un uomo lo invitò dicendo: “Ven y toca el culo de esta hermosa dama! (Vieni a toccare il culo a questa bella signora!)”

E l’uomo si avvicinò ridendo e glielo tastò mettendole la mano larga sulla natica e stringendola. Mamma non reagiva più, era come regredita, aveva paura di quella Carmencita e nella vergogna e umiliazione si lasciava toccare per non irritarla maggiormente.

“Te gusta!?” Gli chiese Carmencita. L’uomo annuì ridendo e allora lei lo invitò:” Toca el cono… (toccale la figa)” E quello non se lo fece ripetere e passo la mano sul suo sesso accarezzandole i peli con le dita.

“A ora basta… si no le gusta mucho a questa puta! (Ora basta, se non le piace molto a questa puttana!)”

Mamma piangeva in silenzio e lei la fece toccare sul seno da un altro uomo…

” Tocar sus pechos (Toccale il seno)” E quello ben contento si avvicinò e glielo accarezzo e poi strinse tra le dita dicendo sorridendo: ” Puedo chuparlo (posso succhiarlo?)”

Carmenita rise forte dicendo alle sue connazionali:” El quiere de chuparlo! Lo dejamos chupar?

(Lo vuole succhiare! Glielo lasciamo succhiare?)”

E Tutte in coro risposero:” Siiiiiii!!!”

“E allora chupalo!”  Disse ridendo porgendole la mammella. E rise.

E quell’uomo chinando il capo le prese tra le labbra il capezzolo e incominciò a succhiarli alternandoli o meglio a ciucciarli come dicevano in spagnolo, a tirare come se si allattasse, tenendo le mammelle di mia madre tra le mani. Quando si staccò il capezzolo era grosso e congesto da essere stata succhiato. Si vendicava così Carmencita, oltre che mostrarla nuda la umiliava e svergognava facendola toccare, praticare atti di libidine nel corpo e si divertivano tutti. Era una propria e vera violenza quella che praticava su mamma. Tra il pianto la paura, non so quanti uomini toccarono e accarezzarono mamma nelle sue intimità in quel contesto, o chiusi gli occhi per non guardare, ma ebbi modo di vederne soltanto tre.

Poi riprese a sculacciarla e lo faceva tanto forte da farle schioccare e diventare rosse le natiche, mentre quella gente rideva, non solo più divertita ma anche eccitata di vedere il corpo di mamma toccato, punito e umiliato. Osservava il suo sedere pieno, morbido, con il solco intergluteo lungo e profondo, schiaffeggiato sulle natiche talmente forte da quella sudamericana, da farla tirare su eretta mamma dall'essere piegata in avanti su sé stessa.

E sempre tirando i capelli, davanti a quelle persone riprese a colpirla sulle mammelle, con schiaffi forti, facendole ondulare e indurire i capezzoli già turgidi dalle succhiate di quell’uomo. Gridando sempre ai presenti:” Mirade! Mirade! E ste (queste) mammelle son da latte, de puta. Suga! Suga!”

La pelle pallida di mamma era arrossata dagli schiaffi, striata da rigature sull'asfalto e sull’erba, come i gomiti le ginocchia e il sedere, oltre a graffiate sul collo, sulla schiena, il torace e le mammelle. E mamma era con il volto congesto e assente.

Oramai Carmencita picchiava mamma più che con rabbia, con dominazione per mortificarla nel corpo, nella sua bellezza e superbia, gridando in spagnolo. Non la perdonava, voleva umiliarla fino in fondo, l'aveva denudata, fatta toccare e praticare atti di libidine da quegli uomini e la percuoteva dando schiaffi sul viso, sulla testa, sulle mammelle, il sedere e sul sesso, che mamma cercava di proteggere con la mano, liberando qualche altra parte del corpo che subito Carmencita colpiva.

Se mamma si copriva il sesso, Carmencita le schiaffeggiava le mammelle, se copriva quelle, Carmencita la colpiva sul sedere o il volto e così via. Unica colpa di mamma era, quella di piacere, di essere bella e desiderata e odiata da quella donna.

“A sé te vedo ancora fare gli occhi dolci a me Hombre o dire qualcosa ai miei figli...te tirò i capelli... Te faccio diventare una puta… una puta vera come my, che a vende el cono (la figa) … vuoi vedere?” Le urlava senza che lei rispondesse.

Mamma restava in silenzio e non diceva nulla era terrorizzata da quella donna.

Non aveva più la forza di attaccare e nemmeno di difendersi, ma cercava di proteggersi con una mano dagli schiaffi che le dava sul viso, non più con la frequenza di prima ma mentre parlava ogni tanto la colpiva, la schiaffeggiava sul sesso. E come detto sopra quando copriva il sesso, colpiva sulle mammelle e facendola girare la schiaffeggiava anche sul sedere come se la sculacciasse, mentre tutti guardavano e ridevano.

Mamma era umiliata, aveva perso la dignità, non reagiva più, piangeva in silenzio e lei ne approfittava per percuoterla e mostrarla:

“Mira! Mira! Nella sua carne pallida!” Gridava facendola ruotare nuda verso i suoi connazionali sudamericani che le guardavano il sesso e sorridevano allungando il braccio a toccarla.

Io mi avvicinai a Carmencita piangendo, dicendole:

“La lasci stare signora… basta! Mamma ha capito che è lei la più forte e non la importunerà più glielo giuro. Non vede come l’ha conciata?”

Ma ancora fui allontanata in male modo da una sua connazionale ripetendomi: “Vai via se non vuoi fare la stessa fine di tua madre…”

Oramai quello era uno spettacolo che tutti volevano vedere finire.

Tenendola per la sua chioma fluente arrotolata sulla sua mano, si abbassò e prese di nuovo le mutandine lacerate da terra e tenendole in mano le mostrò ancora con l'altro braccio teso in alto in segno di vittoria, le espose a tutti esibendo anche mia madre nuda. Oramai Carmencita era esaltata in uno stato di euforia per la sua capitolazione e parlava e rideva con le sue amiche tra il bordo dell’aiuola e il marciapiede ad osservare mentre lo faceva.

A un certo punto tirandole i capelli verso il basso esclamò metà spagnolo e metà italiano:

” Arrodillar…. Inginocchiate… inginocchiate…”  Piegandola a forza tirando giù il braccio con i capelli, abbassandola, mentre Carmencita con una mano si slacciò la cintura dei pantaloni e a fatica abbassò i jeans assieme allo slip, incurante di mostrare il suo sesso peloso e nero a tutti i presenti, senza vergognarsi, dicendo con cattiveria:” A ora lame…lame... lecca… lecca…” Avvicinandosi con il suo sesso a mamma fino a metterglielo davanti alla faccia.

“Lame…lame... (lecca … lecca).” Ripeteva spingendole la faccia con il naso e la bocca contro i suoi peli neri:” Lame…lame... (lecca… lecca…).” Ripeté picchiandola in testa e tirando i capelli sempre più forte verso il suo pube, finché mamma disperata del dolore sul cuoio cappelluto tirò fuori la lingua e gliela leccò, una, poi su sua sollecitazione e tirata di capelli due volte…” Mentre Carmencita davanti a tutti ripeteva: “De nuevo…Ancora, repete…” Facendoglielo fare nuovamente, facendosela leccare davanti a quelle persone, con mamma con gli occhi gonfi e pieni di lacrime che per dolore e paura lo faceva, gliela leccava.

E mentre era in quella posizione, con il sesso di quella sudamericana davanti al volto che la obbligava a leccarle la foresta nera dei suoi peli sudati. uscì uno schizzo che colpì mamma sulla lingua, in bocca, e poi un altro schizzo sul viso e in volto… Mamma capì che le stava urinando in faccia e grido:” No.…no…no! Questo no…!” Ma lei continuava e fece diventare lo schizzo un getto di urina e subito dopo uno zampillo forte e continuo.

Le stava pisciando addosso, in faccia. Mamma chiuse la bocca per non farne più entrare e cercò di allontanare il capo a sentire la sua urina calda sul viso, ma lei glielo impedì, lo tenne fermo davanti alla vulva per i capelli. Non potevo crederci.

E intanto che lo compiva e si comportava in quel modo Carmencita e i presenti ridevano mentre le pisciava in faccia e addosso a mia madre inginocchiata e sottomessa davanti a lei. Stava urinando addosso a mamma… che tenuta per i capelli non riusciva ad allontanare il capo e veniva colpita da quel getto caldo…

“Te gusta?” Le chiedeva ridendo Carmencita…:” Te gusta!?” Mamma non rispondeva

Lei si staccò un poco portando il bacino indietro per colpirla meglio e divaricando, e tirandosi in su con due dita le grandi labbra sotto i peli neri, fece uscire l’urina alzando lo zampillo, continuando a colpirla in faccia, sui capelli e sul seno, anche se mamma allontanava il capo.

In quel modo agendo con le due dita sulle grandi labbra, dirigeva il getto dell’uretra.

Mamma veniva oltraggiata e colpita con violenza e pressione sul viso e sui capelli e sempre più giù nel corpo, man mano che lo zampillo diminuiva di intensità di getto e l’urina terminava scendendo a colpirle le mammelle.

Tutti ridevano divertiti. Io ero incredula e shoccata come mia madre e piangevo.

Al termine Carmencita finito di urinare su mia madre si avvicinò e lei gliela rimise in faccia ripetendo:” Lamer… lecca… asciugala…” E tirandola per i capelli se la fece leccare ancora con il viso di mamma tutto bagnato della sua urina.  Mamma pur di non sentire dolore e ormai non più lei, gliela lecco… E mentre lo faceva Carmencita le lasciò i capelli togliendosi da vicina a lei e la lasciò lì inginocchiata, bagnata e gocciolante d’urina, piangente mentre lei si tirava su le mutandine e rimetteva a posto i jeans…

 

Dopo averle urinato addosso e fattasi leccare la vulva, Carmencita tirandola su in piedi di nuovo e mostrandola ai presenti e alle connazionali, continuò a offenderla e colpirla:

“Culo de puta!” E nel mentre le girava intorno e glielo batteva forte con la mano aperta, facendo schioccare la pelle, mostrando mamma pur in quella condizione di sottomissione nella sua bellezza, con il retro cosce e i fianchi erotici. Mentre l'unica cosa che faceva mia madre portando le mani dietro era quella di cercare di fermarle i colpi che le bruciavano sulla pelle del sedere e del retro cosce, aveva le natiche arrossate. Il viso stava gonfiando, segnato con le lacrime agli occhi che avevano sciolto quel poco trucco che aveva.

“Esta e na chaconda ca se misa contro de my! (Questa è una troia che si è messa contro di me!)” Urlava Carmencita picchiandola sul seno, oramai vincitrice tra le risa e il compiacimento dei presenti: “estos pechos cachonda ammantado la cuidó a la pequeña puta! (Queste sono mammelle di troia che hanno allattato la piccola puttana de sua figlia!)” E fece segno verso me. E gliele battè da sotto, facendole scrollare e sussultare gonfie nella sua bellezza estetica e dagli schiaffi, per poi colpirle dall’alto verso il basso.

Mia madre terrorizzata in piedi, con la testa piegata di lato a seconda di dove tirava i capelli non diceva nulla, veniva mossa avanti e indietro come un pupazzo ed esibita a quei depravati che saranno state una quindicina di persone.

Poi tirandola verso lei la guardò in faccia dicendole con la bava alla bocca: “A yo sono gelosa de my hombre e dei miei figli! Comprendido?”

E mia madre impaurita rispose di sì muovendo il capo su e giù senza parlare.

“Tu non deve plu hablar con mi hombre e i miei figli, né mirarli! Comprendido?!!” Aggiunse strattonandola per i capelli e colpendola dietro le cosce e il sedere con delle sculacciate come una bambina cattiva, tanto forte da sentire il ciack degli schiaffi sulla pelle.

In seguito Carmencita si chinò avvicinandosi con fare minaccioso a pochi centimetri dal volto di mamma e aggressiva le urlò in faccia: “Puta!!...Sei una putaa!!” Mentre mamma spaventata alzava le braccia a proteggersi dagli schiaffi come fanno i bambini.  Poi non ce la fece più e piangendo ripetè:” Basta! Basta Ana! Per favore:” E lei tenendola per i capelli ripeté:

“Basta?”

“Si! ...Si…!” Ribatte mia madre:” Basta ti prego!”

“Alor domandame scusa!” Disse lei tirandola per i capelli facendole piegare il capo e poi spingendole il pugno sulla testa, costringendola ad abbassarsi.

“Si! Si! “Rispose mia madre.

E Carmencita continuò: “Mettete a rodilla a rodilla!!” Mamma non capiva allora lei lo disse nel suo italiano mezzo storpiato: “Mettete en ginocchio davanti a my! En ginocchio! “

Mamma in preda allo shok e alla paura per far finire tutto in fretta, si chinò e inginocchiò nuda davanti a lei, mente gli spettatori divertiti facendo commenti e osservavano. Una volta che la ebbe inginocchio davanti le si avvicinò con fare minaccioso a pochi centimetri dal volto e aggressiva le urlò in faccia: “Puta!!...Sei una putaa blanca, occidental!!” Mentre mamma spaventata alzava le braccia a proteggersi da eventuali schiaffi che potevano arrivarle.

Di che sei puta! Dillo!! A sé no le buschi…”

Si...sì... sono una puta!” Mormorò mamma spaventata. Lei sorrise.

“E a ora chiedeme excusa! Domanda perdon!”

Mamma lo ripetè:” Excusa...perdon Carmencita!” Le venne da dire.

“Plu forte a no siento!” Urlò agitata con la commensura i lati della bocca con la goccia bianca di saliva percuotendola sul viso e in testa:” Devi dire senora Ana il mio none e no Carmencita…”

“Excusa ...perdon senora Ana!!” Riformulò e lei sorrise soddisfatta.

 

Non voleva solo picchiarla, ma umiliarla davanti a tutti, portarle via la bellezza, la dignità, la sicurezza e in quel modo c'era riuscita, aveva cambiato per sempre mia madre, l’aveva sottomessa e assoggettata. Quella donna sudamericana era una serpe che odiava mia madre solo per via di un bell’aspetto fisico. La invidiava perché era bella … certo più di lei... e il marito e i figli erano stati solo il pretesto per attaccarla e punirla.

In seguito tirò su forte i capelli facendola alzare, sempre con mia madre che per attutire la tensione della trazione le teneva l’avambraccio. Mamma era dolorante e instabile sulle gambe, mentre Carmencita era dominante della sua inferiorità fisica, e divertita della sua passività e con meno cattiveria continuò a colpirla nel corpo, sul seno dicendole sempre parole volgari: “Puta! A sé una puta! E ora te hanno mirato tutti...les hombres desnuda come una vera puta!”

Poi lasciò i capelli facendo portare a mamma le mani in testa dal sollievo che provava a sentire il dolore della tensione scemare.

“Se dices ancor qualcosa a mi fijo te mato. Se lo minacci ti mato!” “Se lo minacci t'ammazzo!” Ripeteva.

Fu la sua minaccia inveendo ancora sopra lei e colpendola sulla schiena e sul viso con degli schiaffi, mettendola contro un’auto. Poi lei si avvicinò alle sue connazionali a parlare e chiacchierare e mamma vedendo che era sola e Carmencita distante parecchi metri si allontanò da lei che la insultava e riuscì a fuggire. Scappò, si mise correre nuda nella strada 

con Carmencita che le corse dietro gridando: “Ir a casa puta!” (Torna a casa puttana!).

Anch’io vedendola fuggire mi misi a correre dietro lei, e vidi Carmencita chinarsi a raccogliere sull’asfalto quello che era restato del suo vestito e delle sue mutandine e alzando il braccio in alto le sventolò trionfale con la mano gridando: “Y las putas que dejaste aquí, tus bragas y tu vestido.” “Ehi puttana, hai dimenticato qui le tue mutandine e il tuo vestito.” Ridendo insieme a quel pubblico che non aveva mosso un dito per aiutare mamma.

Mia madre umiliata e impaurita da quella donna, come impazzita si allontanò velocemente correndo nuda per la strada tra le auto in sosta e alcuni passanti che la guardavano correre completamente nuda, con me che la seguivo correndo.

Corse nuda tra la poca gente che incrociava e la osservava stupita, sempre voltandosi indietro a vedere se era inseguita, ma vedeva soltanto me che correvo dietro lei. Arrivati alla nostra auto si fermò girandosi a guardare ancora dietro per vedere se era inseguita, tremava, aprii io la portiera dell’auto con il telecomando che era nella sua borsetta, salimmo e le passai le chiavi mentre si vedeva Carmencita che ridendo imprecava da lontano. Agitata e angosciata non riusciva a metterla in moto, quando ci riuscì, partì saltellando con l’auto, urtando nell'uscire dal posteggio anche un paletto e rompendo un fanalino, guardandosi sempre attorno. Si avviò a tutta velocità guidando scalza, per fermarsi dopo un bel po' di strada sotto un cavalcavia e scoppiare a piangere disperata con le mani sul viso e io a piangere assieme a lei e abbracciarci.

Eravamo shockate.

 

 

FINE PRIMA PARTE (Continua)

 

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