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STORIE E RACCONTI EROTICI
VIETATI AI MINORI DI 18 ANNI
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METAMORFOSI DI UNA MOGLIE VIRTUOSA
VIETATO AI MINORI DI 18 ANNI
CAP. 7 PUNTO DI NON RITORNO
NOTE
Il destino, quando apre una porta, ne chiude un’altra. Fatti certi passi avanti, non è possibile tornare indietro e quando non si può tornare indietro, bisogna soltanto preoccuparsi del modo migliore per avanzare.
(Paulo Coelho) (Victor Hugo)
*****************
Giungemmo al caffè verso le 20.00, c’era poca gente ai tavoli a quell’ora, vedemmo Daniele sull’entrata del locale che ci fece cenno di raggiungerlo, Stefy non voleva:” No…io non entro, resto fuori…” Mormorò
“Su amore… non essere ridicola, ci sono io con te …” Risposi.
“Ma non mi va, mi sento a disagio a incontrare quella gente e ho timore di quell’uomo.” Disse ancora ferma davanti all’entrata del dehors.
“Ma stai tranquilla, ti ho detto che non ti lascerò sola...”
Mi guardò, fece un sospiro e mi seguì incamminandosi affianco a me, passammo tra i pochi clienti seduti e i loro sguardi indifferenti e ci dirigemmo da lui.
Giunti nell’entrata del caffè Triangle, ci portò in una saletta laterale vicino al bancone del bar, dove all’interno c’erano pochi altri clienti seduti che chiacchieravano.
Antoine seduto a un tavolino ci vide e sorrise. Daniele premuroso spostò la sedia vicino a lui per far sedere mia moglie al suo fianco, che alla sua presenza inizio a inquietarsi, inibirsi a sentirsi assoggettata e incerta. Io mi sedetti di fronte a lui.
Quell’Antoine guardò Stefy, come se non fosse successo niente il pomeriggio e dichiarò tranquillamente con tono assolutistico: “Proseguiamo!”
E osservando l’abito serio e morigerato di Stefy continuò:
“Non mi piaci con questo vestito borghese, da impiegata o casalinga. Ti devi vestire diversamente, come oggi. Non hai il vestitino che piace a me!... Come mai? …Te lo ha portato Daniele. Sai che in base all’accordo verbale che abbiamo fatto devi ubbidirmi, che sono il tuo padrone e tu la mia schiava... lo sai!?” Esclamò alzando la voce in modo severo.
Stefy non rispose, abbassò lo sguardo, sembrava che al suo cospetto subito si fosse assoggettata a lui e rassegnata a quel gioco, al suo modo di fare e ne fosse soggiogata e asservita, assurdamente incapace di ribellarsi, di rispondergli per le rime. Capi che quell’uomo, la sua presenza esercitava su di lei, su il suo inconscio e la sua psiche una personalità dominante. Probabilmente la sua figura la intimoriva e la suggestionava molto.
“Chi sono io?” Le chiese guardandola in viso mentre lei voltata verso di me abbassava gli occhi sul tavolino per poi sospirando con il suo sguardo intimidito alzarli e cercarmi. Non voleva rispondere, ma auspicava che intervenissi io, che la proteggessi, che facessi smettere tutta quella sceneggiata e ce ne andassimo.
Rispondendo per mia moglie e in suo favore interruppi il suo monologo dicendo:
“Guardi Antoine non abbiamo più intenzione di continuare il suo gioco. Siamo venuti a prendere le fotografie che ha promesso di darci, quelle di mia moglie nuda nella scala e per nient’altro.” Precisai.
Lui mi guardò infastidito rispondendo: “Dopo!... Dopo ne parliamo!”
Posando la mano appoggiata sulla gomma e la coscia di mia moglie che era seduta al suo fianco, come a marcare la proprietà su di lei. Io la guardai negli occhi, ma lei non reagì, probabilmente non ne aveva il coraggio, era come se fosse regredita e diventata arrendevole, e timorosa gliela lasciò appoggiata sopra senza togliergliela.
Alla mia richiesta di interrompere e che non avevamo più intenzione di continuare a giocare, guardandomi mi chiese:
“Ti ricordi della dichiarazione fatta qualche giorno fa? Che il gioco lo può interrompere solo la protagonista?” Dichiarò.
“Si!” Risposi…”
“E quindi lo può interrompere solo lei, ES?” Precisò. Aggiungendo tranquillamente: “E visto che è lei la protagonista, glielo domanderemo.”
Ma io a quella sua prepotenza su di me e mia moglie risposi deciso per far finire tutto e subito.
“L’ha già dichiarato oggi mia moglie che non vuole più giocare!”
Ma lui scosse la testa ripetendo: “Glielo richiederemo.”
Ero sicuro che Stefy avrebbe risposto di no, di non voler più continuare e di interromperlo subito, ma lui scaltro prima di domandarlo, con perfidia cambiò discorso dicendo: “Cosi stasera vi prenderete le fotografie e nessuno a Brescia saprà nulla.”
Stefy sentendo la parola Brescia, sobbalzò allarmata, sbarrò gli occhi e mi guardò sconcertata e impaurita: “Sa tutto! “Mormorò: “Sa chi siamo e dove abitiamo... sa tutto Luca! Capisci?”
Le feci segno con la mano di calmarsi, intuii che era riuscito ad avere nostre informazioni riservate, forse dalla reception. Ma quello che mi preoccupava di più in quel momento era l’atteggiamento passivo e spaventato che aveva assunto mia moglie, da subito assoggettata a lui, ed era ritornata inquieta e timorosa.
Eravamo tutti e due in uno stato emotivo particolare, di inferiorità, lei sembrava ritornata remissiva alla sua presenza, incapace di reagire e sostenere il suo sguardo negli occhi, subiva la situazione e il suo comportamento dominante senza ribellarsi. Ed io impotente e in parte accalorato per quella forma di trasgressione, non riuscivo a trovare una soluzione per venirne fuori, accettando di conseguenza e per forza la sequenza degli eventi e il modo prepotente e arrogante di comportarsi di quell’Antoine, oltre l’atteggiamento arrendevole e inibito di mia moglie alla sua persona.
Capii che avevo fatto male a ritornare da lui con Stefy, avvertivo che Il gioco mi stava sfuggendo di mano, in quel momento pensai che la cosa migliore da fare per uscirne fuori era di assecondarlo e intanto prendere tempo per riflettere e trovare la soluzione che ci avrebbe permesso di uscire fuori da quella situazione, riavere le fotografie e andarcene.
All’improvviso arrivò al tavolino e si sedette una coppia, erano amici di Antoine, Stefy vedendoli li riconobbe subito, sbarrò gli occhi guadando me e loro dicendo:
“Sono loro Luca… Sono loro che mi hanno fotografata nuda nella scala.”
Antoine con voce dura stringendo la mano sulla coscia la esortò, si potrebbe dire le ordinò: “Zitta! Devi stare zitta, che non ti ho dato il permesso di parlare.”
Lei ammutolita guardò me e inspiegabilmente restò in silenzio, dimostrando indirettamente che lo temeva e ubbidiva a lui.
Osservandolo seduto di fronte a me e scrutandogli il volto rozzo e scavato come se fosse la prima volta che lo vedevo, pensai:
“C’è qualcosa di strano in quest’uomo, di inquietante e misterioso… ha ragione Stefy… E anche tutto quello che ci sta accadendo è inspiegabile. Gli abbiamo detto che non vogliamo più saperne di partecipare al suo gioco, ma lui insiste… Sa molte cose di noi e si comporta con Stefy come se fosse davvero una cosa sua, una donna di sua proprietà e lei incomprensibilmente non sa reagire, perché? Ma chi è davvero quest’Antoine? Cosa vuole da noi?” E per la prima volta iniziai a preoccuparmi anch’io di lui e di quella situazione che involontariamente avevo contribuito a creare, continuando a pensare:” E se quei due sono suoi amici, perché poche ore prima ha detto di non conoscerli?”
Ma restai con i miei interrogativi, che avrebbero avuto risposta solo in seguito.
Antoine ci presentò quella coppia come marito e moglie suoi amici.
“Lui è Stephen…” Disse.
Lo osservai era un uomo sulla sessantina, capelli grigi, quasi bianchi e una stretta barba intorno al viso, molto elegante.
“Lei invece è Corinne …” Dichiarò segnandola con la mano.
Guardai bene anche quella Corinne, superava la cinquantina, era una donna formosa e molto appariscente, sul viso una bellezza passata, che gli anni e il trucco greve e volgare non riuscivano a celare. I lineamenti regolari, seppur appesantiti dal tempo, mostravano uno splendore passato, lasciando intendere una giovinezza molto attraente. I capelli rigonfi, mossi, sulle spalle, di un colore rosso fuoco erano come una cornice al suo viso colorato. Il trucco appariscente presentava un volto vissuto, intenso, con labbra grandi e carnose, probabilmente rifatte e gonfiate, ricoperte da un rossetto vistoso. Aveva un leggero sorriso enigmatico che le regalava un’aria di mistero, la sua voce era ferma e modulata su toni piuttosto bassi, quasi rauca, ma piacevole da ascoltare. E in quel momento i suoi occhi luminosi ed espressivi con uno sguardo freddo... scrutavano Stefy.
Indossava un vestito da sera nero, leggerissimo con paillettes dorate, stretto da fare risaltare volgarmente le sue forme accentuate, trattenendo a fatica un seno prosperoso…
Portava grossi orecchini pendenti ed era tatuata, sul polso e vicino all’insenatura del seno e chissà in che altro posto ancora pensai.
Antoine le sorrise.
Corinne salutò Stefy:” Ciao cara…” sorridendole e porgendole la mano, che lei titubante per educazione o per timore la prese e la strinse in una stretta di conoscenza.
Antoine esclamò sicuro di sé:” Tu e Corinne, ES, diventerete molto amiche…” Chiedendo subito a lei:” Hai portato il regalo che ti ho chiesto per la nostra bella ES?”
Corinne sorrise dando una risposta affermativa con il movimento del capo e prese una custodia quadrata molto elegante dalla borsetta e la mise sul tavolo.
“Bene…” Pronunciò Antoine e prendendola tra il nostro stupore l’aprì mostrandone il contenuto, dicendo:” Questo collier è il mio regalo per ES… “
Lo osservai bene e Stefy anche assieme a me e ci accorgemmo subito che pur essendo di metallo luccicante non era un collier, ma un collare da cane in metallo con i bordi dorati, l’occhiello per il guinzaglio, una medaglietta con la triskale come quella sul bracciale a serpente e un altro occhiello minore con un lucchettino chiuso. E pronunciò con un sorriso malvagio, rivolto a Stefy al suo fianco, posandole nuovamente la mano sulla coscia:
“Lo porterai al collo come segno di appartenenza a me. Da questo momento sei la mia cagna... la mia schiava, avrai il collare che ti ricorderà sempre che sono il tuo padrone, perché da ora a quando finirete la vacanza ES mi apparterrà.” E guardò anche me mentre lo pronunciava.
Stefy era sconcertata, mi guardava e osservava quel collare, non poteva credere a quello che ascoltava e che vedeva. Osservai anche i suoi amici e quella Corinne, ma erano tutti sorridenti.
Mi alzai di scatto esclamando: “No!... Questo no! Non lo accetterò mai e non può farlo. Mia moglie non è una cagna e non sarà mai schiava di nessuno.” Gridai battendo la mano sul tavolino.
Antoine riponendo il collare nella custodia, sorrise rispondendo: “Dai!... Su! ...Non fare così… Fa parte del gioco. Cosi vi riprenderete le fotografie e nessuno a Brescia saprà nulla.”
Osservai Stefy negli occhi, ci scrutammo ancora, era sconcertata e non disse nulla e lui vedendoci incerti ed esitanti, continuò: “Proseguiamo ancora un po’ il gioco…”
E il nostro silenzio che era di stupore e incredulità, apparve a lui come se acconsentissimo a proseguire, e con voce decisa, come se desse un ordine anche a me, spingendo la custodia dalla mia parte esclamò:
“Mettigliela!!... Devi essere tu a mettergliela al collo e a consegnarla a me per educarla, sottometterla e renderla schiava e puttana. “Aggiungendo:” Questa volta non me la consegnerai simbolicamente, ma realmente, diverrà mia a tutti gli effetti per i restanti giorni della vostra vacanza, e ES con quel collare accetterà la mia padronanza, la mia autorità su di lei. “Continuando: “In seguito le faremo firmare anche il contratto di sottomissione.”
Anch’io come capitava a Stefy per un momento mi persi e non sapevo se scherzasse o facesse davvero, se stesse recitando un ruolo, una parte per quella sera e quel gioco o era convinto realmente di quello che diceva. Non si capiva più se era un gioco o realtà.
Ma subito ragionai:” No… Non è possibile che faccia davvero, starà scherzando, giocando… anche con il collare e il contratto…” E mi convincevo sempre di più che per uscire fuori da quella situazione dovevamo assecondarlo.
Ero arrabbiato, impotente, ma anche turbato. Non potevo credere a quello che sentivo e mi veniva chiesto di fare. Sotto il ricatto delle fotografie conduceva il gioco come voleva lui, a suo modo. Guardai ancora Stefy in silenzio come a parlarle con gli occhi e poi in piedi osservandola annui con il capo come a tranquillizzarla. L’unica via d’uscita in quel momento era compiacerlo, poi avrei trovato un espediente per uscirne, che al momento non avevo in mente e invece con quel modo di pensare e di fare, peggioravo la situazione facendo il suo gioco.
Corinne si alzò, girò il tavolo e si portò alle spalle di Stefy, raccogliendo nella mano i suoi capelli biondi in una coda, alzandola su oltre la nuca, lasciandole libero il collo lungo e superbo, molto signorile e di fianco a lei restò in attesa che io eseguissi l’ordine di Antoine.
Non sapevo cosa fare. In quel momento non avevo scelta, era una situazione kafkiana, non potevo fare diversamente. Non metterglielo significava che non ci avrebbero più ridato le fotografie e le avrebbero messe su internet. Mettendoglielo, confermavo e accettavo tutto quello che aveva detto poco prima.
Speravo che eseguendo quell’atto che mi chiedeva si sarebbe accontentato e il gioco sarebbe finito in fretta.
“Oramai l’ha vista anche nuda, quindi…” Pensavo:” … questa faccenda del collare è solo per sua soddisfazione personale.”
E con uno scatto, con irritazione e disappunto, dinanzi a Stefy, presi dalla custodia quel collare d’acciaio aperto in due, con le sue parti estreme congiunte in un margine chiudibile a pressione e senza volerlo nel tirarlo su lo passai davanti ai suoi occhi, che lo guardò sgomenta, incredula.
Mentre l’avevo tra le dita lo guardai anch’io, provai qualcosa di spiacevole ma eccitante, era luccicante, formato da una piastra d’acciaio liscio e risplendente, con appese in un occhiello due medagliette dorate, una aveva disegnato il simbolo della “Triskele”, l’altra più piccola una scritta in francese “Esclave”.
Lo guardai, con un brivido sulla schiena, con turbamento e indignazione, aveva un luccichio e una bellezza sinistra, fredda. Al centro c’era un grosso anello, un occhiello dorato con un lucchettino chiuso. Girai il tavolo e andai, a fianco di quella Corinne che le teneva sempre il collo libero con i capelli in una coda alta, mi misi alle spalle di mia moglie, che impressionata di quello che mi accingevo a fare cercando di voltare la testa mi guardava esterrefatta, ma non diceva nulla, restava incredibilmente in silenzio. Mi avvicinai maggiormente a Corinne sentendone il suo profumo, buono, intenso e dolce e togliendo la collana di perle a mia moglie, come un collier vero le appoggiai il collare d’acciaio dorato sulla gola e partendo da essa, sistemando la misura alla forma e all’ampiezza del suo splendido collo, lasciandolo comodo perché non le stringesse, unendo le due estremità dietro sotto la nuca, feci scattare la chiusura metallica con un clock di un suono gelido e inquietante. Quel “clock” ci gelò il sangue nelle vene a me e a Stefy, che come rassegnata e vinta, assente abbassò lo sguardo.
Appena chiuso il collare Corinne le lasciò ricadere i capelli sulle spalle, passandole poi le mani sopra come a compiacersi della sua nuova condizione.
Stefy era sconvolta, incredula, impressionata, non parlava, aveva gli occhi umidi, al collo aveva davvero il collare come una cagna come aveva detto giorni prima le avrebbe messo quell’Antoine.
Era davvero diventata realmente la cagna di Antoine.
Non poteva vederselo, ma lo avvertiva, sentendo il freddo metallo sulla pelle. Lo toccò facendo scorrere fuori e dentro di esso le sue dita lunghe e curate, da una parte all’altra come a volerlo togliere o allargare constatando sbalordita e incredula quello che le stava accadendo.
Silenziosa e sgomenta, piena di vergogna e spaventata, si sentiva oltraggiata e insultata da quel collare a scatto, la faceva sentire davvero sottomessa, schiava, ed ero stato io a metterglielo. Mi guardava offesa e umiliata come se ritenesse me colpevole di tutto. Il gioco mi era sfuggito di mano, ora lei era in balia di quell’uomo.
Pensavo di vivere un incubo, ma invece era realtà.
Il collare non era aderente, eppure le dava la sensazione che le stringesse la gola, che la soffocasse, continuando a toccarselo. E come a leggerle nel pensiero Antoine osservandola sorridente le disse:
“Ti abituerai, la prima volta dà sempre questa sensazione, ma poi passa, non ci farai più caso.”
Aggiungendo: “Ecco vedi? Ora tuo marito ti ha consegnato veramente a me. Io ora sono il tuo padrone finché non finirete la vacanza e dovrai ubbidirmi e fare ciò che ti dico.”
Restai in silenzio, pensando che facesse ancora parte del gioco e non ebbi né la forza né la voglia di rispondergli, di discutere, volevo solo che tutto finisse in fretta…
Dentro di me mi dicevo:” Finalmente è finito tutto, ora le toglieranno quel maledetto collare e io e Stefy ce ne torneremo in albergo e le chiederò perdono del gesto che ho fatto di metterglielo.”
Stefy era seduta in silenzio con quel collare che le luccicava sul collo riflettendo la luce delle lampade del locale. Le stava anche bene con i suoi capelli biondi… ma teneva il volto basso angosciata e impressionata da quello che le era accaduto e silenziosa guardava il tavolino.
Mi osservai attorno, Corinne sorseggiando del vino rosso la guardò sorridendo, dicendole:
“Stai bene sai! Ti sta proprio bene. Il tuo collo sembra adatto e fatto apposta per indossarlo. Ti abituerai vedrai! Come è capitato ad altre prima di te, poi lo indosserai volentieri, molte donne lo hanno portato e lo portano, io stessa l’ho indossato.” Affermò aggiungendo; “Il brillio del metallo si intona con i tuoi occhi chiari… L’acciaio ti dona. Ci vorrebbe ancora qualche ritocco, qualche cambiamento e saresti perfetta.” E diede un’altra sorsata al vino, mentre io e mia moglie non rispondevamo.
Stephen guardando Antoine disse:
“Io però in cambio delle sue fotografie fatte nella scala, voglio rivedere le meraviglie di quel pomeriggio… “Non specificando quali fossero.
Senza proferire parola, si alzò, andò alle spalle di Stefy le tolse delicatamente lo scialle, lo piegò e ripose sullo schienale della sedia. Appoggiò le mani sulle spalle e le tirò giù la cerniera centrale dietro il vestito di Stefy e tra il nostro stupore e incredulità, improvvisamente tirò giù contemporaneamente le spalline del vestito e del reggiseno sulle braccia e poi velocemente giù fino agli avambracci, facendo scendere la parte superiore del vestito assieme al reggiseno sull’addome, provocando l’uscita del suo seno, nudo e pieno, mostrandolo ai nostri sguardi.
Stefy restò sorpresa e sbalordita da quell’atto e dalla velocità con cui era stato compiuto, era smarrita e spaventata, allibita da quel gesto, visibilmente imbarazzata. Tremolante osservò i clienti agli altri tavoli e al bancone del bar guardarla con il seno fuori, timorosa che quella sua condizione indecente fosse vista. Ma non si ribellò rossa in viso, restò silenziosa e ferma guardandomi. Il seno bianco e sporgente era nudo, con i capezzoli in mostra agli sguardi di tutti i presenti.
Cercò pudicamente di coprirsi con il braccio, alzandolo, ma Antoine glielo impedì, afferrandolo e tirandolo giù, lasciando il suo seno alla vista di tutti noi e dei pochi clienti seduti ai tavoli vicini.
Anch’io fui sbalordito e sconcertato dalla iniziativa e dalla velocità di quello che aveva fatto quell’uomo a mia moglie, non me l’aspettavo e la cosa mi diede parecchio fastidio, mentre Daniele e Corinne osservavano divertiti.
Stephen dalle sue spalle passando il braccio in avanti le accarezzò una mammella, per poi prenderla in mano e lentamente stringerla, facendo reagire Stefy, che sobbalzò, lasciandomi nel dubbio se quella smorfia sul suo viso fosse di sofferenza o piacere, visto che i suoi capezzoli erano diventati turgidi e lo manifestavano.
Con tutto ciò, quella situazione mi eccitava, ma prevalse la razionalità. Era mia moglie e c’era un limite a tutto. Mi girai con rabbia verso Antoine dicendo:
“Non dovevano esserci atti sessuali e di libidine? E questi cosa sono?... Cosa sta facendo quest’uomo?”
Rispose che aspettava ad E.S. fermarlo, solo a lei e se non lo faceva, significava che era consenziente: “Se non vuole essere toccata gli tolga la mano. Se non lo fa significa che questi atteggiamenti le piacciono! Come d’accordo, atti sessuali ci saranno solo se lei sarà consenziente, è una regola del gioco che abbiamo accettato tutti e la rispetteremo.” Affermò.
Quella mancanza di rispetto verso mia moglie e quella sua incapacità a reagire non la sopportavo, era intimorita e se ne approfittavano e anch’io ero in imbarazzo e timoroso di loro oramai e volevo che finisse tutto e rigirandomi verso quel Stephen, esclamai irato:
“Ma cosa fa! Come si permette! Non la tocchi! Non tocchi mia moglie. Tolga le mani dal suo seno.”
Era finito il desiderio di eccitazione che la disinibissero e rivolgendomi a Stefy le urlai: “E tu!... Tu che fai? …Ti lasci toccare? Reagisci!!... Non stare lì ferma inerte.”
Ma allarmata anche da me, da quella mia reazione accusatoria al suo restare passiva restò in silenzio, non reagì, abbasso lo sguardo, era spaventata in uno stato di assoggettamento.
Daniele sorrideva divertito, mentre Corinne la osservava attenta, come a voler apprendere tutte le sue reazioni, i gesti, le emozioni i silenzi. Interpretare lo sguardo, la timidezza, il rossore del viso.
Rifletteva sulla sua passività a quella condizione provocata da Stephen, alle sue palpazioni e all’eccitamento del suo seno gonfio e dei suoi capezzoli turgidi alla situazione. Capii solo in seguito che in quel momento la stava studiando.
I clienti che si erano girati, attirati dal mio tono di voce, incuriositi guardavano la scena, pensando che Stefy con il seno di fuori fosse una puttana.
Lei in silenzio subiva le mani di quell’uomo che continuava incurante delle mie rimostranze a stringere il suo seno a palparlo, a mungerlo.
Mi chiedevo:” Ma è incapace di reagire o no!? … O forse le piace? “Per un attimo quel dubbio mi sfiorò.
Assurdamente mi stavo eccitando a vedere mia moglie passiva lasciarsi palpare il seno da un altro uomo, uno sconosciuto, un vecchio per giunta, mostrando sempre più maggiormente i suoi capezzoli diventare turgidi e sporgenti, sintomo e segno di un piacere inconscio e involontario che subiva. E io sentivo il mio pene gonfio pulsare nonostante non volessi, proprio come lei con i suoi capezzoli.
Poi Stephen si sedette, girò la sedia di Stefy di lato con lei seduta sopra verso di lui, fino ad averla di fronte, lei teneva le cosce unite e strette in segno di protezione. Il vestito le arrivava sopra il ginocchio e lui prendendo il bordo inferiore e accarezzandole la coscia lentamente lo tirò su all’inguine. lasciando intravedere il suo slip bianco.
Quando fu su, lei cercò inutilmente come sua unica difesa, di serrarle più forte, ma non ci riuscì; spingendogli con forza le dita tra le gambe, sotto la pressione della sua mano si dischiusero non opponendo resistenza e la introdusse e iniziò lascivamente e con fatica ad accarezzarle l’interno delle cosce, dicendole:
“È un peccato nascondere due gambe belle come le tue.” E arrendevole con uno sguardo acceso, rossa in viso lasciò fare, finché con le dita arrivò a toccarle il sesso sotto le mutandine, allora ebbe un sussulto e mi guardò!
Corinne sorrideva compiaciuta, assieme ad Antoine e Daniele.
Antoine esclamò: “Sarà di nuovo bagnata in mezzo alle gambe.” E rise.
Mi avventai su quel Stephan di scatto, alterato dicendo nuovamente con più veemenza: “La smetta!! È mia moglie, basta!!... La lasci stare! Non è una sgualdrina!”
Non lo tolleravo, la stavano trattando come una vera puttana e quello che mi faceva rabbia era che lei non reagiva, era come annullata, confusa e intimorita, restava passiva e zitta.
Ero agitato, ripetei più volte a Stephen di non toccarla più, di togliere le sue luride manacce da addosso a mia moglie.
Antoine vide il mio stato alterato il mio viso paonazzo, si alzò e mentre Stephen a un suo cenno si allontanava, vidi Corinne che la ricopriva tirandole su il reggiseno con le spalline e l’abito, e lui mettendomi un braccio sulle spalle mi portò fuori nel dehors, facendomi sedere e calmandomi:” Stai tranquillo, che nessuno le farà nulla che lei non vuole. Ora smettiamo, ci siamo divertiti un po’, abbiamo solo giocato, scherzato…” Disse con un sorriso perfido e facendo un gesto al cameriere mi fece portare un bicchiere di acqua da bere.
Faceva caldo ed ero visibilmente agitato, sudato, rosso in viso.
“Aspettami qui qualche minuto, tranquillo al fresco…” Mi esortò:” …vado a parlare con Stephen e gli altri, li mando via e ritorno qui con tua moglie e le fotografie.” E sorridendomi si allontanò rientrando nel bar…
Seduto fuori al fresco bevvi alcune sorsate di acqua e iniziai a pensare a tutto quello che era successo e mi dicevo:” Avrei dovuto dar retta a Stefy, non dovevamo venire qui …” E ancora:” … non avremmo dovuto nemmeno iniziare questo gioco assurdo con quella gentaglia, quei balordi. Sono stato uno stupido, mi sono lasciato prendere dalla libidine, dall’eccitazione, dalla voglia di trasgredire e questo è il risultato. Hanno spogliato superiormente mia moglie mettendole in mostra il seno in un locale pubblico, davanti a dei clienti…. E se non fossi intervenuto quel tipo, quel bastardo di Stephan l’avrebbe senz’altro spogliata nuda… E quel collare? Quella buffonata di metterle il collare come i cani…”
E riflettevo arrabbiato con me stesso e con lei:” Ma perché lei… non reagisce? Solo con me è capace di opporsi, redarguirmi e fare la voce grossa su tutto, sta stupida...”
Diedi un'altra sorsata al bicchiere e meditai:” Intanto se non reagivo così le foto non ce le avrebbero ridate.” E ancora riflettei sulle parole che mi aveva detto in camera Stefy e pensai:” Non voleva venire, avrei dovuto darle retta. Ma le ho promesso che non l’avrei mai lasciata sola con loro, che le sarei restato sempre vicino…” E all’improvviso come se realizzassi in quel momento che lo era, mi dissi:” Ma ora è di là nella saletta sola con quegli uomini…” E mi resi conto che era la prima volta che la lasciavo sola con degli sconosciuti e che nella concitazione e agitazione non avevo mantenuto la promessa fattele e l’avevo lasciata involontariamente da sola.
” Chissà cosa penserà ora di me?... “Mi dissi:” Visto che mi ha tanto pregato di stargli sempre vicino e non lasciarla mai sola e invece ora io sono seduto qua fuori a calmarmi, mentre lei è dentro, timorosa e debole in questa situazione, con quelle persone che continuano a chiamarla E.S… “
E intanto Antoine non arrivava con lei. Allora mi alzai per andarle incontro.
Rientrai nella saletta ma non c’erano più, non c’era più nessuno di loro. Chiesi ai clienti in francese:
“Sapete mica dove sono andati quei signori che erano qui assieme a me poco fa?” Ma loro mi guardarono stupiti, rispondendo allargando le mani.
“Sont tous partis!” ... (Sono usciti tutti).
“E per dove? Dove sono andati?” Mi domandai stupito.
E chiesi sempre in francese al barista:” Ha mica visto, quella signora bionda che era qui poco fa con me e altre persone?”
“Oh oui messieur” Mi disse sorridendo. “Sont sortis avec une prostituèe blonde de l’arrière. “(Sono usciti tutti con quella prostituta bionda dal retro.)
Capii che quella che considerava una prostituta bionda e a cui si riferiva era Stefy, mia moglie. Passai veloce dalla porta che dava sul retro, andai a vedere nella saletta riunioni dove eravamo stati nel pomeriggio e dietro il palazzo, non c’erano, ritornai nella saletta e nel dehors, ma non erano nemmeno lì.
Tornai al bar e informai il barista: “Non ci sono!”
Lui allargò le braccia rispondendo:” Je ne sais pas où ils sont allés” (Non so dove siano andati…). E si voltò e rimise a fare i caffè.
Agitato mi attaccai allo smartphone e iniziai a chiamarla, ma l’unica risposta era: “Utente non raggiungibile.”
“Ma dove sono andati? Dove l’hanno portata?” Pensai preoccupato. “Forse sono usciti dal retro, loro sono andati via e Stefy è ritornata in albergo?!”
È preso dall’apprensione, con il batticuore alla gola, tornai di corsa all’hotel a vedere se era lì. Entrai inquieto e cercando di calmarmi chiesi alla reception:” Scusate…avete mica visto mia moglie, quella signora bionda?”
“No…” Rispose il personale.
“Forse loro non l’hanno vista ma è entrata ed è andata in camera…” Considerai e salii di corsa e andai nella nostra stanza, ma non c’era. Restai a riflettere e poi come in un lampo mentale mi dissi:” Non è che quel bastardo la portata in camera sua?”
Uscii dalla mia e mi diressi in quella di Antoine e bussai forte, fino a fare uscire il vicino di stanza, ma da lui non c’era nessuno.
Tornai nella nostra stanza, ma niente, era vuota, solo le nostre cose, il costume di Stefy sul letto, il miniabito da puttana nel sacchetto nero dentro il cestino come l’aveva cacciato lei, le sue ciabattine e le sue cose sparse sul comò e il comodino.
Ero disperato, mi sedetti sul letto e mi passai le mani sul volto.
“Forse è in qualche parte dell’albergo, al ristorante o nel dehors...?” Pensai.
Mi alzai e ritornai giù nella reception, girai per l’albergo al ristorante, al dehors, ma non c’era, avevo una sensazione di angoscia tormentato mi chiedevo:” Ma dov’è?... Dove l’hanno portata?” E imprecavo contro me stesso per averla lasciata sola con loro.
Pensavo a quell’uomo che le aveva esposto il seno fuori e toccata tra le cosce, senza che io lo fermassi. Mi davo dello stupido. Avevo il rimorso:
” Perché non mi sono fermato in camera con lei? Perché non le ho dato retta? Perché ho insistito a farla venire da loro all’appuntamento?” Ero pentito di aver cominciato quel maledetto gioco...di averle messo il collare. Pentito!!
Disperato e confuso mi incamminai e tornai al caffè le triangle. Richiamai allo smartphone, ma la risposta era sempre la stessa: “Utente non raggiungibile.”
Riguardai nel dehors, nella saletta, nel retro, ma niente.
“Adesso chiamo la gendarmerie, (la polizia francese) …” Ma poi mi dicevo di andare a vedere in un altro luogo prima di farlo, che avrebbero potuto essere lì.
Intanto il tempo passava, mezzora, un’ora, due ore, due ore e mezza... il cielo si era imbrunito, era ormai sera inoltrata… dalle venti erano venute le ventidue e oltre. Avevo ripetuto il girò precedente più volte, ma niente. Continuavo a chiamarla al cellulare ma dava sempre non raggiungibile. Mi ero deciso di andare alla polizia, quando all’improvviso mi arrivò un bip, un messaggio dallo smartphone, guardai sul display era di Stefy, lo aprii felice ed esitante e lo lessi, diceva solo di attendere: “Tra non molto arriviamo, ciao!” E nient’altro.
Probabilmente non lo aveva mandato lei, ma Corinne o Antoine o chi altro avesse il suo smartphone.
Rifeci subito il numero, provai a richiamare, ma la voce registrata rispondeva sempre: “Utente non raggiungibile.” Inviai anch’io dei messaggi, avvisandoli:” Se non tornate subito con mia moglie vado alla polizia e vi denuncio…” M a niente, nessuna risposta, probabilmente lo avevano spento.
Rientrai e uscii di nuovo dal dehors, alla fine mi sedetti e aspettai, passò quasi un’altra ora. Erano arrivate le ventitré e quasi e trenta, mi ero posto come termine ultimo la mezzanotte, se non arrivavano sarei andato alla polizia.
Ero ancora seduto nel dehors, quando all’improvviso all’interno del caffè vidi Antoine vicino al bancone del bar, mi alzai di scatto e di corsa gli andai incontro furioso.
Lo presi per la maglia chiedendogli subito: “Dov’è Stefy?? Dov’è mia moglie?”
Lui mi prese per i polsi e togliendo le mani dalla sua maglia mi cacciò indietro informandomi:
“Sta bene! Adesso la vedrai”. Rispose.
“Dove l’avete portata?” Domandai agitato, ma lui continuava a rispondere:
“Adesso la vedrai. Sta bene è andata con Corinne! Stai tranquillo.”
Risposi furioso:” No…non sono tranquillo finché non la vedo e non sono più interessato al suo gioco ...a niente, voglio solo mia moglie. E se non la vedo vado subito alla polizia a denunciarvi.”
Lui sorrise dicendo: “Calmati! Non è stato fatto niente contro la vostra volontà e soprattutto contro la volontà di E.S., siete stati consenzienti su tutto quello fatto finora, ho le prove. Ci sono le fotografie, le registrazioni, di quello che avete detto tu ed ES, la sua voce che chiede che io diventi il suo padrone e lei la mia schiava e dichiara di voler essere sottomessa e schiavizzata da me. Ho la registrazione con la tua voce, di quello che chiedi le venga fatto.” Aggiungendo ridendo: “Gli smartphone non servono solo per telefonare e fotografare, ma anche per registrare.” Fece una pausa e proseguì:
“Se vuoi denunciarci…. denunciaci! Fai pure!” Rispose sicuro e calmo: “Quello che è stato fatto, è avvenuto in accordo con voi. E poi ci sono le foto di E.S., nuda nella scala e sul pianerottolo... sarebbe lei a rischiare un’imputazione per atti osceni in luogo pubblico. Qui in Francia sono molto severi e se poi lo sapessero anche a Brescia!... Cosa penserebbero?” Affermò.
Rimasi in silenzio, purtroppo era vero quello che diceva e se queste cose arrivavano a Brescia il discredito ci avrebbe assalito, sarebbe stata la rovina, la vergogna. Ero impotente, oramai dovevamo stare al gioco, ma ero preoccupato dello stato di Stefy, di soggezione e di subalternità a quegli uomini, a quell’Antoine e probabilmente ora anche a quella donna, Corinne ed ero inquieto della mia impotenza a reagire nei loro confronti a trovare una soluzione, una via di uscita a quella situazione.
Domandai ancora deciso:” Voglio mia moglie… voglio vederla…”
Ma lui mi interruppe dicendo: “Ma tu pensi davvero che a tua moglie, ad ES…” Precisò:” ... tutto questo non piaccia? E anche a te? Ti sei dimenticato oggi pomeriggio come eravate eccitati? Lei com’era bagnata nella figa e tra le cosce? Tu stesso hai toccato e constatato il suo piacere con le dita. Se così non fosse... se dentro di voi non vi piaceva non solo avreste smesso, ma non avreste neppure cominciato. E anche stasera quando siete venuti qua, sei certo che era per le fotografie?... O piuttosto perché desideravi rivedere tua moglie tra noi?” Non risposi, ma c’era del vero in quello che diceva. E proseguì dicendomi:
“E anche prima con Stephen, credi che non le piacesse essere mostrata e toccata in pubblico?”
Scosse la testa seguitando:
“Dovete accettarvi come siete, sessualmente state cambiando e non ve ne rendete conto e vedrete che al termine di questo gioco mi ringrazierete. Oramai siete diversi, non siete più la coppia di prima che è arrivata qui qualche giorno fa, siete differenti, niente potrà essere come precedentemente. Ora tua moglie ha iniziato un cammino, una «metamorfosi inarrestabile» e irreversibile, che terminando la porterà a diventare completamente ES la schiava.”
Poi mi prese sotto braccio dicendo:” Vieni!” E passando dal retro, mi porto dietro il palazzo, verso il posteggio, dove in lontananza nella penombra si scorgeva un gruppo di persone ferme in piedi che chiacchieravano, ci avvicinammo, e quando fui a poca distanza, alla luce del lampione riconobbi Daniele.
Mi portai verso il gruppetto di persone assieme ad Antoine. domandandomi:” Dov’è Stefy. Cosa sarà successo? Dove saranno stati in tutto quel tempo che sono spariti, quasi quatto ore? E mia moglie dov’era?”
E avvicinandomi sempre di più a quel gruppetto di persone, la cercavo tra loro con lo sguardo.
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