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STORIE E RACCONTI EROTICI

VIETATI AI  MINORI DI 18 ANNI

All Right Reserved 2022

L'ETA' DEL DISINCANTO

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VIETATO AI  MINORI DI 18 ANNI.

Note:

 

“Eppure la tecnica del pompino non è affatto più banale della tecnica delle bocce. La tecnica del pompino è estremamente difficile, interessante, complessa, profonda, dotata di infinite possibilità di approfondimento. “

Valentina Nappi, pornoattrice.

 

 

CAP. 17 FELLATIO IN SPIAGGIA.

 

I giorni passavano e oramai eravamo all’inizio del mese di settembre, i genitori di Cristina erano ritornati a Milano a “lavurar” come dicevano loro e lei era di nuovo sola con sua nonna che era più permissiva. Aspettava fine mese per tornare a Milano e riprendere l’università.

Una sera alla spiaggia con lei, Cumpà si fece fare un pompino, con noi nascosti che spiavamo.

Anche quella sera eravamo al minigolf, con Cristina seduta da sola nel dondolo con la sua sigaretta HB che ascoltava le canzoni e al jeu box c’era la canzone messa da lei di Mia Martini, Minuetto e la stava cantando assieme al disco mimando in silenzio e muovendo le labbra:” … il mio cuore si ribella a te, ma il mio corpo no… le mani tue strumenti su di me…” E Cumpà era con noi che facevamo una gara a flipper, mentre gli ex amici milanesi di Cristina erano dietro il chiosco che giocavano a ping pong che era un gioco più da milanesi e a noi non piaceva.

Io guardavo loro e a un certo punto Totò gli disse:

“Non futti (chiavi)stasera Cumpà?!” Vedendolo lei seduta sola che canticchiava e lui a giocare con noi.

“No… gli vinne o marchese… (le sono venute le mestruazioni) ci riferì dimostrando riservatezza zero.” E quindi niente fottere… ma stasera me lo faccio sucare…(succhiare).” E rise.

“Che labbra che tiene la tua chiavainculo Cumpà.” Aggiunse Nofrio guardandola fumare e muovere le labbra sul filtro della sigaretta e dietro il motivo della canzone.

Lui sorrise:” È diventata anche una sucaminchie brava!” Aggiunse.

“Ci fai ancora vedere Cumpà quando te lo suga(succhia)” Dissi io più che altro per farmi vedere parte del gruppo, che per interesse reale.

“Si facci vedere Cumpà.” Ripeté Nofrio.

Lui rispose solo:” La porterò dietro le cabine dei bagni Nettuno, nella spiaggia libera dove ci sono le barche dei pescatori…” Era un segnale come dire:

” Venite ma state attenti.”

Così quella sera alle 22.00 circa lui e lei andarono in spiaggia, passeggiarono parlando a riva prima, oramai c’era meno gente sul lungomare e meno ombrelloni che il mese di luglio o agosto.

Mi sono sempre chiesto di cosa parlassero quando erano assieme che sembravano due innamoratini e a volte lui le dava la mano o l’abbracciava, visto che non erano innamorati e non avevano niente in comune se non fare sesso. Anche quando erano al minigolf, sembravano una coppia separata, ma questi sono misteri femminili… non l’ho mai saputo se le diceva parole dolci.

E poco dopo guardandosi intorno, dalla riva vennero in su e la porto di fianco alla grossa cabina dei pescatori dove tenevano le reti. Era già buio e loro erano fuori con le barche a pescare alla lampara.

Praticamente loro due erano sulla sabbia, tra quella grande cabina dei pescatori e quelle piccolo dello stabilimento vicino dall’altra parte. Il muro rialzato dietro delimitava il lungomare dall’arenile e davanti a dieci metri c’era un barcone grande che li nascondeva dalla vista della spiaggia.

 Noi ci portammo dietro il muro che divideva la spiaggia dal lungomare e accucciati non visti davanti e protetti dietro dalle grandi piante delle aiuole del lungomare stesso, spiavamo.

Dovevamo fare attenzione perché quelle piante sì che ci nascondevano agli esterni dietro noi ai turisti che passavano sulla passeggiata, ma non erano arbusti come quelle della madonetta, quelle erano piante grasse e avevano le spine. Erano piante di Agave a portamento largo e cespuglioso con foglie lanceolate, terminanti con un grosso aculeo e spinose sui margini e superavano i due metri di altezza. Quindi se posteriormente eravamo sicuri di non essere visti o raggiunti, dovevamo fare attenzione, non solo a Cristina che ci vedesse ma anche a muoverci e non pungersi al buio.

Arrivati in quella specie di incavo di spiaggia riparato, lui la baciò sulla bocca facendo scendere le mani sulla mini azzurra accarezzandole la figa da sopra il tessuto. Lei la prese e gliela tolse e baciandolo sulla guancia disse.

“Sai che ho le mie cose, che questi giorni non possiamo farlo, è come l’altra volta.” Aggiunse visto che era la seconda volta che aveva le mestruazioni con lui.   

Dichiarando lui: “Lo so!... Puoi fare altro…”

Lei sorrise e lui continuò: “Fammi vedere cosa sai fare.” 

Mentre lei guardandolo negli occhi e facendole moine, assurdamente era felice che le chiedesse il rapporto orale, lui si slacciò la cintura intanto che lei gli sbottonava il pantalone con le sue mani, e subito li aprì e tirò giù assieme allo slip facendoli scendere alle ginocchia e uscire fuori il suo cazzo eretto, potente e oscillante, accarezzandoglielo.

“Ti piace se te lo faccio?” Chiese lei con un sorriso di stupidità.

“Si!” Rispose lui baciandola.

 “Sono diventata brava?” Domandò assurdamente. 

“Ora vediamo se hai imparato bene… visto che ne hai già fatti parecchi e se sei diventata una brava sucaminchie. Poi ti do il voto.” Esclamò ridendo facendo sorridere anche lei. 

A bassa voce la sollecitò ancora: “Su... inginocchiati.” E la invitò ad abbassarsi. 

Lei sapeva già come fare, come piaceva a lui e si inginocchiò sulla sabbia in posizione da preghiera, sottomessa, davanti a lui che gli mostrava tutta la sua virilità sul volto. Davanti al viso di Cristina mostrava tutto il suo vigore, la fierezza di un cazzo potente e giovane come il suo, di dimensioni normali che lei conosceva bene avendolo preso in tutti i suoi anfratti e fori anatomici del suo corpo. 

Inginocchio lo mise vicino alla bocca e lui le appoggiò la mano sulla spalla.

Era una visione tremenda, la vedevo inginocchiata davanti a lui che osservava la sua minchia dura davanti a lei. La fissava in un modo indefinibile che non si capiva se quel cazzo vero ed in erezione davanti a lei lo desiderava o odiava per averle rovinato tutti i suoi sogni romantici e giovanili. 

“Su… liccalo! Sugalo!” Le diceva lui in dialetto tenendole i capelli in mano sul lato della testa. 

Ebbi una strana sensazione a quella vista, di gelosia e angoscia, come più volte ho detto lei era il mio ideale di ragazza che romanticamente amavo, e mi chiedevo ancora perché doveva fare così se fino a meno di due mesi prima era la fidanzata di Giulio?

Era come se tentennasse a succhiarlo e quei secondi erano interminabili …. 

Mostrandocela a fargli un pompino era ancora umiliarla e farci vedere che l’aveva assoggettata completamente a lui. Era come se la volesse punire per qualcosa, forse di essere una ragazza bella, benestante, intelligente e di cultura, oltre che essere milanese ed essere stata la ragazza di Giulio.

“Sucaaaa!” Esclamò forte. “Che io non sono quel cornuto di Giulio!... Ma che minchia di ragazzo ti eri scelto…?  Sucaaaaa!! Ti insegno io a sucare a fare bene i pompini…” Le disse lui sorridendo perfidamente. Aggiungendo: “Se non sei capace a succhiare il cazzo che femmina sei allora?" Affermò ridendo. E la sistemò bene con la testa davanti a lui, inginocchiata con il volto verso le sue cosce e il suo bacino.

Quando aveva rapporti sessuali completi o in parte con lei, la trattava proprio male. Avrei voluto alzarmi, intervenire, urlare:” Noooo … nooo Cristina, questo non farlo! Lascia perdere quello stronzo che ti sta rovinando…” E nel pensarlo mi alzai d’istinto come un automa, ma Nofrio mi prese tirandomi giù per la maglia dicendo:

“Uueeehhh…Ma che sei scimunito?  Che ti prende? Viri (guarda) che se ti vede Cumpà si incazza… e le bruschi (le buschi).”

 Non era la prima volta che la vedevo fare un pompino a Cumpà…e avrei voluto andare via, ma non nego che ero attratto e anche eccitato da quello che oscenamente stava facendo.  Avevo sentimenti contrastanti. 

“Alluraaa!! Esclamò Cumpà come stanco dell’attesa.

Lei continuò con la mano sulla minchia stringendola e guardandola, mentre lui con la sua le gettò indietro i capelli per liberale il volto e mostrarcela meglio, e vedendo la sua esitazione ripetè:

“Allura lo licchi o no!! Non farmi incazzare che bruschi! (Allora lo lecchi o no? Non farmi incazzare che le prendi!)” Tirandole i capelli che aveva in mano…

Lei si chinò, avvicinò la bocca sporgendo le labbra e toccò la cappella con la lingua iniziando a baciargli e leccargli la cappella… 

“Noo !!” Urlai dentro me… mentre lui la esortava a fare di più.

“Brava accussì (così), licca, suga puri… (lecca, succhia pure).” 

E battendo l’altra mano sotto il suo mento la sollecitò:

“Apri a voccuzza su…” Intanto che le dava colpettini con le dita sotto il mento:” Su tirala fuori bene la lingua … e liccalo bene!” 

Lei senza dire nulla la tirò fuori e come se fosse uno babà (cono gelato) inginocchiata, prese a leccarlo e poi mettendo la cappella in bocca si mise a succhiare la cappella, mentre con una mano stretta a pugno sull'asta la teneva decisa che non oscillasse nell’erezione e sfuggisse alle labbra.

Tutti guardavamo soddisfatti e qualcuno sottovoce mormorava: “Minchia Cumpà se lo sta facendo sugare ancora da Cristina…” 

Erano soddisfatti anche loro a osservare, specie dopo la promessa che gli aveva fatto, che l’anno seguente glielo avrebbe fatto sugare anche a loro.

“Fino a un mese fa non sapeva nemmeno cos’era una minchia. E ora sta diventando davvero una sucaminchie buttanedda. Povero u beccu (cornuto) che se la sposa.” Mormorò Turi.

Lo leccò, mentre lui la guardava trionfante dall’alto in basso con i suoi capelli neri che piegando il capo a osservarla gli scendevano sulle spalle e sul volto.

Mi sentivo avvilito e impotente, ma eccitato per quello che faceva fare all’ipotetica mia ragazza, quella dei miei sogni. Per quello che Cristina faceva, che le era successo e diventata, mi ritenevo in parte responsabile per non avere portato la risposta della lettera a Giulio e non essere intervenuto quando litigavano. 

A osservarla spompinare non potevo credere che quella carusa (ragazza) fosse Cristina ... che inginocchiata gli facesse un pompino. 

Gli cingeva la cappella con le labbra e faceva roteare la lingua all’interno come le aveva insegnato, mentre lui prendendola sulla nuca la spingeva a sé a introdurne in bocca più che poteva. 

Lei in ginocchio con in bocca il cazzo di Cumpà succhiava. Lo succhiò fino a farlo diventare da duro come il marmo a solido come il ferro.

Lui sempre con la mano sulla testa le impediva di spostarla all'indietro e premendola iniziò letteralmente a chiavarla bocca.

Spingeva sempre più a fondo, tanto che Cristina ebbe una serie di rigurgiti e conati che le fecero lacrimare gli occhi e salivare abbondantemente.

Quando lo spinse a farlo sparire quasi per più della metà nella sua bocca, fino a toccarle l’ugola, si fermò. La cappella gli arriva fin giù nella gola impedendole di respirare.

Lui la guardava e rideva a vederla inginocchiata con le guance gonfie dalla pienezza in bocca della sua carne e dagli occhi che lacrimavano per lo stimolo riflesso; si accorse che le mancava l'aria dal disperato movimento dei polmoni che le facevano sussultare il seno nelle brevi escursioni respiratorie. Solo allora lo sfilò un momento e lei con una lunga aspirazione finalmente poté saziare la fame d'aria.

I suoi respiri erano profondi e ansimanti, il mento sbavato e il rossetto sparso fuori della regolarità del margine esterno delle labbra, mentre le mammelle sode e gonfie si sollevano e si ritirano seguendone la cadenza respiratoria.

Il suo cazzo era sempre più duro e grondava saliva, come il mento di Cristina.

“Minchia è proprio troia, Cumpà la sta facendo diventare pure una sugaminchie…”  Asserì Nofrio sottovoce.

"Si!... Ma si vedeva già dalla faccia che era proprio una puttana milanese…” Aggiunse Tano.

“Ti piace la minchia ehh…” Continuava a dirle Cumpà tirandolo fuori dalla bocca e sbattendole con brutalità e vigore sul volto la cappella rigida, sulle guance, il naso, la fronte e le labbra come se la schiaffeggiasse con il cazzo, con la cappella… 

“Ti piace ehhh … la minchia del sud…” Ripeteva giocando, mentre lei cercava di prendere la cappella in bocca o leccarla e lui gliela spostava ridendo…

 

L'inesperienza di Cristina che aveva scoperto il rapporto orale come altre cose fatte solo a lui si notava, non era pratica a fare pompini. Ma lui come le volte precedenti che noi non avevamo visto, le andava in aiuto posizionandole bene la mano sulla nuca, sotto i capelli e prendendoglieli tra le dita e spingendola con il capo l’accompagnò ancora a mostrarle come doveva fare il pompino, il ritmo, la velocità e la sospinse avanti e indietro. 

“Così, succhia… lecca e succhia…” Diceva in dialetto:” … non devi toccare con i denti la cappella! Devi fare come se non li avessi i denti… Te l’ho già detto altre volte! Non la devi toccare con i denti…” Intanto che con l’altra mano le accarezzava il viso e la sua lunga chioma bionda e si faceva spompinare. 

Lei teneva la minchia in mano e sucava la cappella, con lui ormai invasato che ad alta voce ripeteva come un mantra:

“Succhialo! Succhialo!” 

E Cristina senza opporre la minima resistenza si lasciava introdurre e scorrere la sua minchia in bocca.

La vedemmo tutti entrare tra le sue labbra e succhiare vincendo con l'eccitazione gli odori genitali, di sudore e sesso che emanava il suo cazzo pregno.

 “Succhia con calma … prendilo tutto in bocca…”

La istruiva spostandole sempre con la mano i capelli dal volto in modo che noi la vedessimo bene introdurlo in bocca a succhiarlo e il viso che spompinava. Suggerendole istruendola: 

” Quando fai i pompini, prima inizia leggermente e lentamente, poi in modo intenso e con passione…” 

Era assurdo, le insegnava a fare pompini, a succhiare e leccare il suo cazzo, lasciando che le sue labbra e la sua saliva avvolgessero completamente il glande gonfio, continuando a sussurrarle suggerimenti sul come fare …come se fosse la sua allieva bocchinara.

La minchia di Cumpà sotto le sue linguate dura e rigida come il ferro era tra le sue labbra circolari che entrava e usciva.

Lo succhiò, seguendo i suoi consigli, mettendosi tutta la cappella in bocca e vedendo io quando lo succhiava, le guance afflosciarsi e rigonfiarsi come quelle di un mantice, nel momento della suzione e del rilasciamento, deformandole il suo bel viso; era eccitante.

“Leccalo!... Lecca bene la cappella… veloce, anche con la punta della lingua!” La esortava a cambiare maniera, e lei come una brava allieva lo faceva, un po' leccava, un po' baciava o succhiava. Per poi dirle:

“Ora prendilo tutto in bocca…non toccarlo con i denti però, come ti ho detto solo con le labbra e la lingua, insalivalo bene, sempre, fagli arrivare la saliva, sputaci sopra…”

E la osservava soddisfatto che procedesse come le insegnava lui, spostandole sempre e più spesso in modo ripetitivo con la mano libera, i capelli dalla parte destra del volto scoprendoglielo bene, per renderle il viso libero a noi e far vedere come glielo ciucciava bene. Per mostrarci che la bella Cristina chiavainculo gli stava facendo un bel pompino guardandosi negli occhi tra loro, con lei inginocchiata sulla sabbia davanti a lui che ogni tanto voltandosi non visto ammiccava con noi … 

Era terribile …quello non doveva succedere.  

Tenendola per i capelli, mentre aveva la minchia in bocca si fece accarezzare i coglioni.

“Accarezza i cuddiuna...” Le diceva: “liccali…” E lei lo faceva.

Era una scena scioccante per me vedere la ragazza dei miei sogni, che avevo idealizzato e che consideravo come una madonna fare quelle cose… Pensate ero tanto innamorato che avrei preferito vedere mia sorella al suo posto fare il pompino a Cumpà piuttosto che lei…questo per dirvi come tanto l’avevo idealizzata. E nonostante la sua trasformazione l’amavo sempre. 

Quello di  quella sera, non era come i soliti pompini che si faceva fare alla madonetta nei cicli sessuali che aveva inventato lui per praticare tutti gli atti sessuali in un rapporto solo e poi chiavarla, quel pompino era più intenso, parlato, unico passionale ed era volgare e istruttivo per lei e soprattutto con partecipato da parte sua. 

E come una cantilena quel porco che odiavo sempre più, in dialetto ripeteva:” Apri la bocca e suca…” E lei sorrideva, assurdamente sembrava felice di farlo.

 

A un certo punto Cumpà stava per avere l’orgasmo ed eiaculare.

“Ora ti annaffio! “Mormorò nel nostro linguaggio, ma lei presa a succhiare non capiva il sottointeso di quelle parole. 

"Ci sono!... Arriva il latte principessa!" Esclamò arrapatissimo: “Sta arrivando il latte principessa… “Ripeté all’improvviso ridendo.

Lei non capiva e lui fu chiaro:” Voglio sborrarti in faccia.” Pronunciò. E si pose per finire quello splendido pompino nel modo migliore togliendoglielo dalle labbra. 

Cristina eccitata, con la bocca sbavata di saliva, come invasata ed eccitata dal farsi sborrare in bocca e sul volto, l’aprì tirò fuori la lingua e restò ferma in attesa, inginocchiata, guardandolo dal basso verso l’alto e offrì il suo bellissimo volto con la bocca aperta a Cumpà, che in pochi secondi aiutato con due colpi di mano urlò:

” Iettu …iettu! (Vengo… vengo!)”

E schizzi di sperma violento e bianco la colpirono sulla lingua e sul viso sfregiandole quei bei lineamenti dolci con lo sperma e i suoi filamenti; sull’occhio, di traverso sul naso e il mento…. 

Lei era incredula ed eccitata di quello che avveniva, si trovò improvvisamente il viso invaso dal suo sperma abbondante e caldo che la colpì con veemenza come sputi in faccia fuoriuscendo dal meato urinario di Cumpà in quantità veramente impressionante, deturpandole quel viso candido, insultandolo e oltraggiandolo con il suo sperma bianco e cremoso.   

Le ondò la faccia e l’ultimo getto appoggiandolo lo eiaculò riversandolo anche sulla lingua in attesa, sporta in fuori come quella di una cagna assetata, imbrattata e macchiata dal suo liquido seminale gelatinoso, chiaro e denso che provava per la prima volta sulla lingua e in bocca assaporandone il gusto. 

Si vedeva dall’espressione che era smarrita e piacevolmente sconvolta di quello che le succedeva Sorrideva instupidita.

“Manda giù! Manda giù come le altre volte… ingoia!” La esortò Cumpà.

Lei chiuse la bocca e come un automa deglutì, ingerendo il suo seme, per poi riaprirla iniziando ad aspirare aria e a riprendersi.

Non contento glielo lo strusciò sulle guance e lo portò ancora alle labbra dicendole:

” Leccalo…puliscilo…” E lei infervorata come un automa, con la lingua leccando e succhiando il glande lo ripulì, ma non contento lui la sollecitò ancora:” Sugalo bene ora…” E glielo spinse in bocca dimodoché gli lavasse con la lingua e la saliva il glande completamente.

Restò con la sua sborra di traverso sul naso, su una palpebra che le faceva aprire male l’occhio truccato, sulle guance e le labbra che le colava sul mento come una vampira assetata di sperma. Probabilmente se si fosse vista allo specchio si sarebbe vergognata di sé stessa, per quello fatto e per come era. 

Ridacchiando Cumpà asserì:” Te lo avevo detto che arrivava il latte…”

Lei guardandolo dal basso verso l’alto rispose solo:

“Ma io non capisco il tuo linguaggio non sapevo cosa volessi dire con < arriva il latte…>”

“A sborraaaa!! Gridò lui ridendo. 

“Ma imparerai vedrai, stai diventando brava...Sei brava a fare i pompini, stai conoscendo bene come farli… li pratichi con passione segno che ti piace il cazzo e la cappella. Vedrai che diventerai una sucaminchie con i fiocchi!” E rise da solo, osservandoci. 

Io la guardavo, era stata determinata nel succhiarlo e leccarlo senza più remore, addirittura facendosi venire oscenamente in faccia e sulla lingua. Gli aveva fatto un pompino come una vera puttana, senza ritegno. 

Io ero stravolto… incredulo… l’aveva traviata, corrotta sessualmente, non era più la Cristina di prima… lentamente la stava rovinando per sempre, aveva ragione Tano a dire:” Povero beccu(cornuto) chi si sposerà sta sucaminchie…” Dovevo fare qualcosa, sentivo che era mio dovere prima che le facesse davvero fare qualcosa da pentirsene e rovinarla per sempre, come a fare sesso con qualcun altro, ma mi sentivo impotente.

E osservandola inginocchiata toccarsi e passarsi il dorso della mano per pulirsi le labbra dallo sperma, e dalla saliva mi domandavo: 

“Ma le piacerà veramente farli i pompini?... Non avrà mica davvero ragione Cumpà che è una chiavainculo sucaminchie?? “

Nella delusione non sapevo più cosa pensare. In certi momenti la odiavo, odiavo tutti e due ... in tutti i sensi, in altri l’amavo sempre.

Si alzò aiutata da Cumpà per un braccio, si pulì le ginocchia dalla sabbia e fece qualche passo verso lui che se lo rimetteva a posto dentro le mutandine e i pantaloni. 

C'era silenzio rotto solo da qualche auto, voce lontane sul lungomare e dalla risacca del mare. Sembrava la quiete dopo la tempesta. 

Lui se lo rimise dentro lo slip tirando sui pantaloni, abbottonandoli accendendosi la sigaretta. Lei prese la borsa e i fazzolettini di carta, e come le puttane vere che ce l’hanno sempre dietro prima si pulì il volto, dove se lo sentiva colpito e bagnato dallo sperma, poi cercò di guardarsi nello specchietto del trucco che aveva in borsetta, ma non ci riuscì tra il buio e il fatto che fosse troppo piccolo, allora si rivolse a lui:

“Cumpà… guarda se sono ancora sporca? “Pronunciò.

Lui guardò:” Un po' qui e basta!” Disse facendole segno con il dito, la guancia e lei si passò sopra più volte, era dove stava asciugandosi, seccando, lasciando un velo aderente che le tirava la pelle.

“Dai guarda bene che sia pulita!”   Lo sollecitò.

“Sei pulita! E poi con il buio chi ti vede…!”

“Si …mia nonna e mica scema, se ne accorge guai!”

“Ma perché se ne intende di sborra in faccia tua nonna?... Anche lei faceva i pompini da giovane…? “Pronunciò spiritoso aggiungendo:” … e forse vorrebbe farne qualcuno anche ora che è senza denti così le vengono meglio…” E rise.

“Stupid… pirla!” Esclamò in dialetto:” E poi mia nonna non è senza denti, ce li ha tutti…”

“Si ha la dentiera…” Continuò lui ridacchiando.

“Embè! Sono sempre denti, lei in tempo di guerra ha avuto la piorrea poverina… e le sono caduti.”

“Cosa ha avuto?” Domandò non conoscendo come noi il significato di quella parola.

“Si ciao… vai a smontare le macchine in demolizione, va che è meglio...” Le mormorò sorridendo anche lei.

Si mise in ordine e fumò anche lei una sigaretta, raccolse i fazzolettini di carta e educatamente li gettò nel cestino dei rifiuti svuotato la sera stessa e poi andarono alla moto, Cumpà l’accese e partirono. 

 

Appena via uscimmo anche noi a parlare:

“Minchia se lo è fatto succhiare ancora! A sborra le fece ingoiare!” Disse Nofrio in dialetto, contento ed esaltato:” Anch’io me lo farò sugare così un altr’anno!” Aggiunse Tano. 

“Oramai è’ la sua femmina davvero.” Esclamò Turi aggiungendo:” Nulla ci può contro Cumpà!”

E tutti lo ammiravano e volevano essere come lui, anch’io per un momento, ma solo per poterla chiavare…e sborrare in faccia anch’io a Cristina.

Aveva un corpo che faceva venire delle erezioni di marmo ai maschi che lo osservavano e a ognuno che la guardava, due gambe tornite affusolate, lunghe e sensuali, degli occhi da cerbiatta chiari, una bocca come diceva Cumpà da pompinara e un seno sodo, con le mammelle e i capezzoli rosei e belli. Se qualcuno aveva il dubbio che provasse piacere a farsi fottere da Cumpà, bastava guardarle i capezzoli ritti come chiodi e l’espressione del viso, mentre lui la chiavava.

 

Il tempo e i giorni scorrevano e l’estate finiva. L’ultima volta che la vidi ancora fare sesso con Cumpà, fu la penultima settimana di settembre, poi sarei andato via, iniziavo le superiori e mia madre mi aveva messo in collegio dai Salesiani.

Su nostra richiesta Cumpà ci disse di vederci ancora un pomeriggio nella radura vicino alla chiesetta della madonetta e di nasconderci bene. Conoscevamo il rituale oramai, anche quella volta ci informò che l’avrebbe chiavata e inculata.

Quel pomeriggio con il solito sistema come le volte precedenti, all’ora che ci aveva detto eravamo tutti al nostro posto di osservazione, come soldati nascosti tra la vegetazione.

Arrivarono in moto lei oramai ci andava volentieri e con piacere con lui avendo scoperto il sesso e che le piaceva chiavare e farsi inculare, tutti sapevano che si frequentavano.

Quel pomeriggio Cumpà era nervoso e scazzato per qualcosa. 

Scesero dalla moto, lei in preda a una emozionalità che ogni tanto la prendeva lo abbracciò e strinse, ma lui scocciato forse pensando a qualcosa che aveva combinato o doveva fare, come aveva già fatto altre volte le prese le braccia staccandole e cacciandole giù:

“E leva sti mani!!” Esclamò:” Chi sono tutte queste smancerie!? Ti ho detto che non mi piacciono e non le voglio…” 

Lei lo guardò immusita, voleva stringerlo a sé, coccolarlo ma soprattutto essere coccolata anche se non c’era romanticismo tra di loro.

Poi guardando verso di noi le disse brutalmente:

“Mettiti a pecora…”

Lei lo guardò stupita:” Come a pecora?” Ripeté.

Lui scazzato per altro le prese i lunghi capelli sulla nuca attorcigliandoseli nella mano e tirandoli le fece seguire con la testa e con il tronco il suo braccio, abbassandoli e piegandoli davanti a lui … e così a lei.

“Hai…hai… mi fai male così Cumpà!” Esclamò Cristina:” Ma che hai oggi… perché fai così?!”

“Ha pecora ti devi mettere quando te lo dico…” Esclamò insofferente.

Cristina, sempre con i capelli attorcigliati nella sua mano, la testa piegata verso lui e le mani in alto tese a tenere il suo avambraccio che tirasse meno… mormorò:

“Ma non so cos’è a pecora Cumpà! Lasciami mi fai male!”

“Quando ti dico di metterti a pecora ti devi mettere come le pecore perché voglio incularti… o prenderti così! Hai capito ora!” Dichiarò in mezzo dialetto.

“Si sì! ...Va bene… mi ci metto.”  Ripeté Cristina mentre lui le lasciava i capelli e lei scuoteva la testa rimettendoseli a posto con le mani.

“Carponi vuoi dire?” Domandò lei.

“A scarponi? “Ripeté lui: “Che minchia dici!”

In effetti quella parola non la conoscevamo allora, nemmeno io, quella che conoscevamo era gattoni, che poi aveva lo stesso significato.

“Ma no Cumpà…” Asserì abbozzando un sorriso Cristina:” …a carponi, si dice a carponi, a quattro zampe… o a gattoni…”

Lui la guardò e non rispose, ma ripeté scazzato.” Dai mettiti a pecora.”

“Si! …Si!” affermò lei sconvolgendomi per la su a sottomissione.

Dopo aver guardato se c’erano animaletti senza farsi notare da lui che era già nervoso, prese dalla borsa di raffia la grande asciugamano di spugna da mare e la stese sull’erba.

Tirò giù i jeans e le mutandine e si mise a carponi, lui tirò giù i pantaloni, ce l’aveva già duro e si abbassò e si mise inginocchio dietro lei sputando saliva in mano e sulla figa e sull’ano di Cristina da dietro, tra e sotto il suo solco gluteo, per chiavarla e incularla.

Avevano già praticato quel tipo di rapporto, la sodomia e a Cristina piaceva. Cumpà l’aveva iniziata e continuato a farlo anche negli incontri seguenti e a casa sua, e non era la prima volta che la compivano tutte e due, iniziavano il rapporto sessuale in un modo e finivano in un altro e a lei piaceva.  

Dapprima la possedette chiavandola alla pecorina per un po' e dopo il primo orgasmo di lei lo tirò fuori dalla vagina, le allargò le natiche e lubrificò ancora bene con la saliva l’ano oramai non più vergine da oltre un mese, appoggiandoci la cappella e spinse tenendola per i fianchi. Non ci furono più le urla, gli occhi lucidi e il pianto con movimenti di fuggire come la prima volta, ma solo una espressione fastidiosa all’inizio, che una volta che lo ebbe dentro il retto svanì subito.

“Minchia trasio (è entrato) subito senza resistenza…” Disse Nofrio.

“Per forza ora deve averlo bello largo il buco del culo con tutte le inculate che gli avrà fatto Cumpà.” Rispose Turi sottovoce, aggiungendo:” Glielo ha spanato…” E si mise a ridere da solo. E tutte quelle parole a me davano un enorme fastidio.

Appena penetrata analmente iniziò a incularla a muoversi avanti e indietro con lei davanti a lui che assurdamente dondolava e godeva, le piaceva sentirselo dentro in culo. Sentiva Cumpà come un maschio dominante e insensatamente va sapere per quale motivo psicologico, provava attrazione morbosa per lui. 

Cumpà, come le altre volte tenendola un po' per i fianchi, un po' con le mani sulle spalle e un po' tirandole i lunghi capelli come redini la inculò lì sull’asciugamano a carponi sull’erba, non più nuda ma con i jeans e lo slip solo abbassati sulle cosce, senza nemmeno toglierli, offendendola e umiliandola come e se non peggio delle altre volte.

“Ti chiavo in culo…” Le diceva eccitato, mentre lei in preda al piacere, alle sue spinte profonde oscillava avanti e indietro sull’erba.

“Ti piace prenderlo in culo ehh!!?” Pronunciava ad alta voce di modo che noi sentissimo.

“Si…sì…” Rispondeva lei posseduta animalmente dal piacere che le dava la sodomizzazione di Cumpà.

“Ti piace la minchia in culo ehh…?”

“Si…!” Rispondeva.

“Allora dillo…dillo che sei una chiavainculo, Cristina chiavainculo, dillo…”

“Si lo sono… lo sono…” Rispose lei infervorata dal rapporto anale e dal godimento che ne provava.

“No… devi dire tutto…!” Ripeté lui mentre dava colpi profondi al suo sedere facendo battere i suoi inguini e i peli neri del pube contro i glutei pallidi di lei.

“Si… sì…. sono Cristina chiavainculo…” Ripeté godendo.

La maltrattava e lei assurdamente ne godeva, le piaceva essere umiliata ed era legata a lui.

Quel pomeriggio lo tirò fuori sborrando sulle natiche, dandole uno schiaffo sopra mentre lei si lasciava andare con le braccia davanti ancora godente, appoggiandosi con i gomiti e con il seno sull’asciugamano, alzando per riflesso il suo bel culo in alto con il foro anale dilatato che perdeva aria e lentamente si sarebbe richiuso. Lui venne verso la nostra parte a pisciare e a farsi vedere sorridente da noi. 

Quel giorno non era in forma, era scazzato, aveva fatto tutto in fretta più per farsi vedere da noi e appagare il suo super ego che per attrazione e voglia di Cristina vera e propria. Comunque il rituale fu lo stesso e appena andati via loro, noi uscimmo e iniziarono i commenti volgari e osceni su Cristina, per poi tornare al minigolf.

 

 

 

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