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STORIE E RACCONTI EROTICI
VIETATI AI MINORI DI 18 ANNI
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METAMORFOSI DI UNA MOGLIE VIRTUOSA
VIETATO AI MINORI DI 18 ANNI
CAP. 22 L’INIZIO DELLA FINE
“L’inizio della fine...
... accidia e lussuria.”
Dopo averci lasciato sulla strada davanti all’albergo, guardai Stefy negli occhi, finalmente eravamo soli io e lei dopo tanto.
Erano le 5 e 30 del mattino circa. Non c’era nessuno in giro se non qualche auto ogni tanto che correva veloce, probabilmente gente che rientrava da qualche nottata di divertimento oppure mattinieri che andavano a lavorare presto.
Eravamo in piedi vicino, uno di fronte l’altro, d’istinto l’abbracciai e la strinsi forte a me, era smarrita e impaurita, le ripetei:
“È tutto finito… è tutto finito amore!”
E passandole il braccio sulle spalle stringendola a me, andammo abbracciati verso l’albergo.
Era come un automa, mezza nuda, solo quello straccetto di tubino rosso che la copriva volgarmente e poco, a malapena nascondeva i glutei e il seno.
Arrivati all’entrata dell’albergo Stefy si fermò un attimo, esitò, guardò l’edificio e tremava, lo aveva riconosciuto, non era più entrata lì, da quella sera di 12 giorni prima, quando con l’inganno la costrinsero ad andare con loro, cambiandole poi il look, l’aspetto fisico e la personalità; e probabilmente rivedere quel luogo aveva effetto sul suo stato d’animo.
Entrammo.
Giunti alla reception il portiere ci guardò in modo strano, io mi avvicinai, lei restò indietro.
Mi riconobbe, ma non riconobbe Stefy, mi si avvicinò all’orecchio guardandola bisbigliando:
“Désolé monsieur, vous ne pouvez pas apporter des prostituées dans la chambre.”
(“Sono desolato signore, ma non si possono portare prostitute in camera.”)
Lo guardai, capii cosa stesse pensando, non riconosceva Stefy, d’altronde l’aveva vista solo un paio di volte e bionda per giunta con i capelli lunghi e non certo conciata così, truccata volgarmente, mezza nuda con i tacchi a spillo e la borsettina sulla spalla.
Pensai: “Crede che sia una puttana, una battona che ho conosciuto in strada e mi voglio portare in camera per divertirmi. Non sa che è mia moglie!”
Ma non avevo voglia di discutere e spiegare, ero stanco.
Mi girai, Stefy era ferma a pochi metri da me che mi guardava aspettandomi con in mano la busta bianca che conteneva il cd.
Presi il portafogli e posai due biglietti da 50 euro sul bancone.
Il portiere mi guardò negli occhi, mormorando un: “Ma!... Ma monsieur! ... Ne pas possible!”
Ne aggiunsi un altro, capì, mi guardò ancora, prese le banconote e le infilò nella tasca della giacca, al loro posto, lasciò le chiavi della camera e si allontanò dalla reception.
Salimmo abbracciati, lei fece i gradini a fatica, barcollante, appoggiandosi a me con il corpo per via dei tacchi alti e della stanchezza…
Entrati in camera era sconvolta e disorientata, si guardava attorno, osservava le pareti, gli oggetti, gli indumenti, era disambientata, smarrita nel rivede le sue cose, i suoi vestiti castigati, la sua lingerie classica, il pettine con ancora dei fili biondi dei suoi capelli, il suo profumo e tutte le cose che appartenevano a quella che era prima... l’altra Stefy.
In silenzio il suo sguardo girava scrutando la camera e le sue cose, risvegliandole ricordi dimenticati.
Gli occhi le brillavano come se volesse piangere, ma non lo fece.
Mi avvicinai, presi le sue mani tremanti nelle mie, la guardai negli occhi e la baciai sulle labbra e poi sulla fronte stringendola forte a me, e le chiesi perdono di tutto, di tutto quello che aveva patito e subito per causa mia, della mia stupidità.
Con gli occhi lucidi e gonfi dalla stanchezza e dalla voglia di piangere, rispose sussurrando appena: “Oramai!!”
Le dichiarai che l’amavo ancora come prima, più di prima e di perdonarmi. volevo il suo perdono.
Anche se ora era diversa, tatuata, violata, plagiata... l’amavo sempre.
Con gli occhi umidi e le parole che mi si rompevano e morivano in gola, iniziai a parlare dicendo:
“È stata una bruttissima esperienza amore!!… La responsabilità di quello che è accaduto è solo mia, tu sei la vittima che si è sacrificata per me, per il nostro amore.”
Mentre parlavo, l’accarezzavo sulle spalle e la baciavo in fronte e proseguii dicendo:
“È stato un avvenimento terribile, non sai quante volte me ne sono pentito e il rimorso mi rode dentro... ma ti amo sempre, più di prima. Perdonami ti prego!” Lei ascoltava, i suoi occhi erano lucidi, mi sentivo spregevole, indegno, mi inginocchiai commosso davanti a lei che piangente mi accarezzo i capelli.
“Sono sicuro!” Pronunciai:” Che una volta tornati a casa e alla vita di prima, tutto ritornerà nella normalità, ritornerai ad essere quella di prima, la Stefy di sempre. Pur sapendo che sei segnata dentro... io ti aiuterò ad uscire da questa situazione, starò sempre con te, al tuo fianco perché ti amo. Ti rispetterò sempre Stefy... sei sempre mia moglie, la mia signora e io sono orgoglioso di te. Nessuno saprà mai niente di quanto è successo e io ti proteggerò.”
Stefy piangeva in silenzio, due grosse lacrime nere e rosse, colorate come il rimmel e il fard del trucco le scendevano sul viso cadendo sulle cosce nude, che il tubino corto non riusciva a coprire.
Io continuai a parlare: “Dimenticheremo tutto!” Dissi... “Io ti aiuterò!!... Ti amo!”
Ripetevo all’ossessione quel “ti amo”, per farle capire che era vero. C’era solo il silenzio rotto ancora dalla mia voce: “L’incubo è finito amore... partiamo!!”
Sentii la sua voce rauca da quel pianto silenzioso dire: “Io non vengo!!”
Tirai su la testa di scatto sorpreso e sbalordito. “Come non vieni??”
“Sì!!... Non vengo resto qui …ho paura!”
“Non puoi Stefy! Sai che ti amo e tu mi ami. Non puoi voler restare qui! E paura di cosa??”
Chiesi aggiungendo “È tutto finito oramai!... Nessuno può più farci paura!... Siamo liberi come prima, torniamo a casa!!”
Lei era confusa, smarrita ed estraniata da quel nuovo mondo che era stato il suo, era come se non lo riconoscesse, assente, seduta e piangente si guardava in giro:
“Sono cambiata Luca, non sono più quella di prima. Non ti amo più e ho paura a ritornare con te, a casa, tra la gente che mi conosce. Non so … ho paura di non sapere ritornare alla normalità.” Mormorò.
Sempre inginocchiato davanti a lei, le presi le mani e le strinsi con forza, con le lacrime agli occhi e il viso segnato dalla tensione a quella sua esclamazione: “Non ti amo più!” E dissi:
“Ascolta Stefy!... È vero, ho sbagliato, ti chiedo perdono. È comprensibile la tua reazione, tu ora sei scioccata da quello che è successo, hai paura di tutto, anche di me che ti amo ed è anche giusto se mi odi.”
“Ma io non ti odio!” Mi interruppe accarezzandomi il viso. “Ti voglio sempre bene. Ma non ti amo più, non me la sento di ritornare con te.”
Quelle parole erano come una coltellata nel cuore.
“Ascolta Stefy!” Risposi: “Quando torniamo a casa ti prendi un bel periodo di riposo. Quanto vuoi tu!... Andiamo anche da qualche parte a riposare, se vuoi sul lago di Garda che ti piace tanto.”
Lei scuoteva la testa mentre io proseguivo a parlare: “Andiamo anche da uno psicologo che ci aiuterà. Non credere che io non sia scioccato da questa storia, da quello che ti è successo. Sono tormentato, pentito e ho il rimorso ora.” Mormorai, aggiungendo: “L’eccitazione che avevo in quei momenti è passata, come la tua... ti amo!... Mi ami!!... Ci amiamo!! Lo sento!! Dobbiamo dimenticare tutto e ce la faremo!... Tu adesso sei solo confusa, ferita, impaurita. Ma ci riusciremo, vedrai, a tornare alla vita di prima.” Aggiungendo: “E i tuoi genitori? Tua madre?... Tuo padre?... Che ci aspettano!... Non vuoi più rivederli e vivere con loro come prima?... E tua sorella, i nipoti?... Il lavoro e le amiche?... Vuoi rinunciare a tutto?”
Cercai in tutti i modi di dissuaderla da quella sua idea, la pregai.
Lei si alzò, aveva ancora le scarpe con il tacco altissimo e il vestito da puttana... tutto sommato nella sua oscena indecenza era bellissima, volgarmente e indecentemente bella e da accucciato la guardavo dal basso scorgendole gli inguini e il sesso depilato con gli anelli che luccicavano, e voltandosi e passandomi davanti da dietro scorgevo la linea di giunzione dei suoi glutei carnosi alla coscia.
Esclamò solo con voce tremante: “Io ti voglio bene!... Credi che sia davvero possibile tornare come prima?”
“Sì, se lo vogliamo, se torniamo ad amarci!” Risposi: “Proviamoci, sono certo che ci riusciremo!”
“Ma tu mi starai vicino?... Starai sempre con me?” Domandò.
Mi alzai e avvicinandomi facendo due passi la baciai sulle labbra... e tra il sudore della sua tensione sulla pelle, sentii ancora forte il suo profumo da schiava, da puttana, che aveva addosso, quello regalatole da Corinne.
L’accarezzai nuovamente sul viso e mi portai alle sue spalle stringendola sulla vita tirandola a me come facevo sempre prima, quando ci coccolavamo e ci amavamo.
“Non devi nemmeno dirle quelle frasi, perché io e te siamo una cosa sola, unica, nel bene e nel male. Io sarò sempre con te!”
Si girò abbracciandomi, mi baciò sul viso e scoppiò a piangere singhiozzando. Un pianto forte, violento, che le usciva da dentro scuotendole il petto.
“Io ti voglio bene!... Ma ho paura di tutto Luca.” Esclamò singhiozzando.
Si risedette sul letto, portando le mani a coprire il viso con un senso di pudore per non farsi vedere piangere e singhiozzò liberandosi dell’angoscia e inquietudine che aveva dentro.
Allungai la mano sul capo, su quei lunghi capelli neri e l’accarezzai. La lasciai sfogare nel pianto.
Quella camera aveva riportato alla sua mente tutti i ricordi e gli incubi.
La tirai su e in piedi restammo abbracciati. Restava con me!!! Eravamo di nuovo noi!
Restammo abbracciati un po’, ci baciammo con la lingua in bocca come non avevamo più fatto, poi ci staccammo, si asciugò il viso segnato dal trucco sfatto e mi guardò sorridendo.
Quel suo momento di crisi, di sconforto e disperazione le era passato.
Le dissi di farsi la doccia che a seguire l’avrei fatta anch’io. Prese i suoi bagnoschiuma e si insaponò tutta, portò via quello sporco che sentiva anche dentro di lei, quel passato recente, quel profumo da schiava intenso e intriso di volgarità e perversione che aveva sulla pelle. Si tolse dal viso tutto quel trucco disfatto dal pianto.
Oramai non vedevo l’ora di ripartire con lei.
Avevo pensato tutta la notte a com’era Stefy ora, a come era cambiata in questi 12 giorni, alle cose nemmeno immaginabili che aveva dovuto fare, ma non mi interessava, l’amavo ed ero certo che anche lei mi amasse ancora nonostante i dubbi e i ripensamenti comprensibili che aveva, e comunque ero convinto che il tempo poi avrebbe messo tutto a posto, e sarebbe restato solo un brutto ricordo, un incubo lontano. Nessuno a Brescia sapeva quello che era successo qui e non avrebbe potuto saperlo, avendo noi il cd e la parola di Antoine.
Avevo già preparato tutte le cose di Stefy, i suoi abiti sul letto.
Quando uscì dalla doccia era bellissima, con i suoi lunghi capelli neri bagnati e colanti sul suo corpo adulto.
Riconobbi i nuovi profumi sulla sua pelle, i suoi odori classici da Stefy, quello del bagno schiuma e dello shampoo. Ero felice, erano gli odori e i profumi della mia Stefy originale, quelli famigliari.
Sulla sua pelle risaltavano i tatuaggi sulla spalla e sul gluteo.
“L’ha marchiata bene quel maledetto bastardo!” Pensai.
Anche lei girandosi nuda davanti allo specchio se li guardava.
“Vedremo quando saremo a casa come toglierli!” Esclamai:” Forse con il laser riescono…”
La guardai nuda, era cambiata anche anatomicamente, il piercing alle piccole labbra in trazione con i pesi e con il lucchetto, gliele avevano allungate in modo sproporzionato facendole esporre esternamente. Oramai era permanente quella protrusione, le restavano così anche senza nulla appeso, tanto erano larghe che si vedeva brillare anche quello al clitoride.
Il seno era aumentato di volume, una misura senz’altro, se non più, si erano allargati anche i capezzoli a forza di aspirare... restando più grandi e larghi.
Non era più sempre e solo la mia Stefy, era anche ES in alcuni momenti e a guardarla il suo corpo lo mostrava e ce lo avrebbe ricordato. Ma soprattutto era cambiata dentro.
Si asciugò e venne a sedersi vicino a me, mi guardò, d’istinto mi baciò.
Con le lacrime agli occhi mi disse: “Io ti voglio sempre bene, ma le cose sono cambiate, non mi conosco più, per questo ho timore degli altri e di me stessa, mi devi accettare così come sono Luca. Mi devi aiutare!”
“Sì!” Le risposi felice stringendola sorridendo: “Io sono sicuro che assieme supereremo questo momento, ma dobbiamo affrontare i problemi man mano che si presentano. Vedrai che ce la faremo. Ora pensiamo a goderci questi momenti di felicità, di ritrovato amore e libertà”
Mi sorrise e mi baciò ancora, iniziava a crederci anche lei che era possibile rinascere e ritornare come prima.
La lasciai e andai anch’io a farmi la doccia per togliermi oltre al sudore, anche quella sensazione di angoscia che avevo addosso se pensavo al passato.
Ritornato la vidi che riordinava alcune sue cose, la guardai con attenzione alla luce, il suo viso ora era pulito, senza la volgarità di quel trucco pesante e osceno, solo le labbra più voluminose e protruse in fuori. I suoi occhi azzurri erano ritornati a splendere, non aveva più le sopracciglia allungate e colorate, piano piano gliele avevano strappate tutte con le pinzette, fino a farla rimanere senza, ora se le disegnava.
Si rivestì, provò una certa emozione nel rimettere il reggiseno, le era diventato stretto e non era più abituata a portarlo addosso, lo sentiva stretto comprimere sulle mammelle e sui capezzoli; subito provò a tenerlo sganciato, finché dal fastidio se lo tolse restando solo con la camicetta.
Le davano fastidio anche le culotte che sfregavano sulle labbra e sui loro anelli.
Avrebbe dovuto riabituarsi a sentire e a portare reggiseno e mutandine.
Sembrava che venisse da un altro mondo, un altro pianeta.
“Partiremo alle 10.00, appena apre il garage prenderemo l’auto.” Dissi.
Lei fece cenno ai capelli. “Ritorno così a casa?” Esclamò.
“No!!” … Risposi. “Naturalmente prima dovrai cambiare look, tornare come prima, ritingerti i capelli del tuo colore naturale, tagliare un po' le extension che ti hanno messo e quello smalto volgare dalle unghie. Per i tatuaggi non ti preoccupare!” Le dissi:” Quando saremo a casa, se non si potranno togliere con il laser, li faremo modificare in qualche altro soggetto, in qualcosa di bello, ma sono sicuro che la chirurgia estetica fa miracoli, così come provvederemo per i piercing ai capezzoli e alle labbra del sesso.”
Annui sorridendo.
Rifacemmo in fretta le valigie, mise tutti i suoi abiti dentro, indossò la sua collana di perle e gli orecchini, era bellissima, stava ritornando ad essere la signora che era sempre stata.
Non volevo restare ancora un minuto di più in quell’albergo, in quel posto, teatro di tutto quello che ci era accaduto, sapendo poi che una parte di esso era proprietà di Antoine.
Ma dovevamo aspettare le 10.00 che avrebbero aperto il garage per prendere l’auto, ed erano solo le sette e mezza.
Non avevamo intenzione di andare giù nella Hall o nei giardini con il rischio di incontrare gente che avevamo conosciuto e che ci avrebbe fatto mille domande e poi eravamo stanchi.
Decidemmo di sdraiarci un po’nel letto e riposarci un’oretta, poi saremmo partiti e a sera saremo stati a casa…
Ci sdraiammo vestiti, guardando il soffitto, mano nella mano come due innamorati.
La stanchezza, lo stress ebbero il sopravvento su noi e ci addormentammo felici.
Mi svegliai di soprassalto sentendo bussare forte “Monsieur! Monsieur!” ... Diceva la voce dietro la porta.
“Oui!!” Risposi.
“Monsieur, deve lasciare la stanza prima di mezzogiorno.”
Guardai l’orologio, erano le 11 e 30, al vociare si era svegliata anche Stefy. La guardai, mi sembrava diverso il suo viso ora senza trucco senza sopracciglia, era assonnato e mi pareva gonfio.
Dissi a Stefy che dovevamo andare, ci eravamo addormentati, era tardi, la stanchezza ci aveva preso e dovevamo lasciare la stanza da riordinare per i nuovi arrivi.
Andammo in bagno a lavare la faccia e a riordinarci, la baciai in fronte, le dissi di non uscire così, di mettere i grandi occhiali da sole scuri che aveva nella borsa da spiaggia e un foulard che le coprisse tutti quei capelli neri.
Così fece, mise un foulard bianco che le fasciò la testa e ritornò a sembrare la Stefy, la signora di prima.
Chiamai il ragazzo che ci portò le valige e uscimmo, mentre io andai al bureau a regolare il conto lei restò ferma in piedi ad aspettarmi sulla porta d’ingresso dell’albergo all’inizio della hall. Vedevo che guardava in giro, era agitata, inquieta, ricordava, ma aveva anche paura di essere riconosciuta da qualche turista che aveva conosciuto in precedenza.
Era così bella... con la camicetta bianca e i pantaloni rosa tipo Capri, che le arrivavano sotto il polpaccio, un paio di mocassini bianchi in pelle e quei grandi occhiali da sole che le nascondevano il viso assieme al foulard, rendendola affascinate e misteriosa, mi piaceva, era molto attraente, era ritornata ad essere la mia Stefania.
Pagai con la carta di credito, non controllai nemmeno il conto. Il ragazzo dell’autorimessa mi portò fuori dal garage l’auto che avevo fatto controllare il giorno prima, gli diedi la mancia, salimmo e partimmo...
“Via!!... da quel posto maledetto… Via!!... Veloci!!” Gridai mentre partimmo.
Attraversammo la città e dopo qualche chilometro di statale passammo il casello autostradale, entrammo e ci dirigemmo verso l’Italia... verso casa finalmente.
Mentre guidavo osservavo Stefy tranquilla, rilassata che ascoltava la musica, ero felice e preoccupato, felice perché Stefy era sola con me, di nuovo mia e si stava nuovamente inserendo nel nostro mondo, preoccupato perché non sapevo come affrontare il dopo, né come sarebbe stato. Sapevo che con quello che era successo, prima o poi avremmo dovuto fare i conti. Mi chiesi cosa avrei detto alla famiglia se l’avessero vista così.
D’istinto la strinsi con il braccio tirandola a me e la baciai ricambiato, anche lei era felice di tornare con me e di essere di nuovo noi, quelli di prima, di sempre. I problemi li avremmo affrontati poi, ora dovevamo gustarci quella felicità.
Mentre sfrecciavamo sopra Nizza chiacchieravamo. Parlò del look che aveva:
“Non posso presentarmi a casa così!” Disse lei sorridendo. “Se mi vedessero i miei si spaventerebbero, sai come sono fatti.”
“Certo!!” Risposi io.
“Non so!!!” Continuò lei: “Dovrei ritingermi bionda!!”
“Certo!” Esclamai:” Ti farai ritingere del colore biondo che avevi prima e te li farai tagliare un po' alla lunghezza di prima.”
“Speriamo che ci riescano, non è facile tingere il biondo sul nero.” Rispose.
Le appoggiai sorridendo la mano sulla coscia guardandola negli occhi:
“Ci riusciranno vedrai!”
Intanto avevamo passato Montecarlo e ci stavamo dirigendo veloci al confine.
“Ci fermiamo a Mentone?” Le dissi.
“No!... Non voglio farlo qui in Francia!... Voglio farlo in Italia!!” Rispose con quel suo modo di dire capriccioso che conoscevo bene e che mi riempi di felicità.
“Sì!... Andremo in un salone de coiffeur! Esclamai ridendo. “Da una parrucchiera Italiana.” Le risposi felice di accontentarla.
Passammo il confine emozionati e con un tuffo al cuore, eravamo di nuovo a casa, uscimmo al casello di Sanremo che erano quasi le 14.00.
Scendemmo con l’auto la strada tortuosa e giunti giù in città posteggiammo vicino alla ex stazione, nei pressi del casinò e passeggiammo un po’ per il centro a goderci il tempo, il mare e quella felicità ritrovata.
Ci sedemmo tranquilli su una panchina, eravamo sereni, era finito un incubo, ci eravamo preposti di non parlare più di quella storia, di ES, di questa vacanza e di quello che era successo. Solo così l’avremmo dimenticata o così almeno pensavamo, ma ci illudevamo, era solo l’inizio di un’altra storia, non la fine di tutto.
Ci informammo con delle signore locali e ci segnalarono un salone da parrucchiera vicino, nella strada principale.
“Sono molto brave!” Ci disse la signora che ce lo indicò.
Entrati nel salone, la titolare ci venne incontro sorridendo, a quell’ora le 16.00 del 1° agosto era ancora vuoto, eravamo gli unici clienti, le signore sanremesi e le turiste erano tutte al mare.
Stefy spiegò con un sorriso e con calma che voleva fare ritornare i suoi capelli come li aveva prima, tagliarli un poco e tingerli biondo oro.
L’acconciatrice la guardò stupita: “Vuole farli diventare biondi??” Li guardò da vicino e glieli toccò... “Ma è quasi... impossibile signora!” Esclamò: “Si rovineranno, ne soffrirebbero.”
Stefy spiegò che il suo colore naturale era il biondo e che aveva i capelli lisci per nascita e per una scommessa in Francia aveva dovuto farli tingere di nero, ma si era pentita e ora che tornava in Italia voleva ritornare all’origine, li rivoleva come prima”.
La parrucchiera fece capire che non era semplice, l’unica soluzione sarebbe stata una parrucca, ma poi aggiunse:
“Però prima della parrucca possiamo provare a rifare la permanente per farli restare lisci e poi tingerli biondi; se poi ci si riesce, senza rovinarli, possiamo tagliare un po’ le extension che le hanno messo e vediamo il risultato. Se va male la tinta, dovrà tagliarli corti oppure optare per una parrucca.” Ci informò.
“Va bene!” Disse Stefy sorridendo: “Ma sono certa che lei ci riuscirà! Si vede che è brava e con esperienza.” Rispose aggiungendo: “Ho già capito che è molto brava, professionale e preparata.”
La parrucchiera sorrise compiaciuta da quelle parole e disse alla ragazza di preparare tutto, facendola accomodare.
Per un attimo fui soddisfatto, quel modo di fare, di parlare con sicurezza, quella espressione di certezza erano tipiche di lei, di Stefy prima che succedesse tutto, di quando era sicura di sé ed era felice o scherzosa. Quando era Stefy, la mia Stefy e mi riempì il cuore di gioia.
La parrucchiera la informò che comunque ci volevano almeno un paio d’ore.
“Va bene!” Rispose mia moglie e si sedette sulla poltroncina e intanto che la parrucchiera iniziava a dedicarsi ai suoi capelli, Stefy assieme all’aiutante sceglievano la tonalità di biondo da tingere e le extension simili da applicare.
Le informai che nell’attesa io uscivo, andavo a fare un giro e a cercare un albergo per una notte, la parrucchiera me ne indicò uno, dicendo di provare lì.
Baciai in fronte Stefy dicendole: “Ci vediamo dopo amore!” Mentre lei sorridendo mi strinse forte la mano.
Uscii, girai un po’ per Sanremo, le acquistai un paio di reggiseno di misura maggiore, visto che nei suoi non ci stava più, una quarta e una quinta da provare, che poi mise, e cercai l’albergo indicatomi, che poi era una pensione.
La proprietaria fece resistenza, adducendo a motivo l’alta stagione, il cambio mese e il fatto che la prendevamo solo per una notte, ma alla fine pagando di più riuscii a convincerla, promettendole che la mattina dopo già alle otto non ci saremmo stati più. Avremmo solo dormito e saremo partiti al mattino prestissimo.
La pagai bene, quasi come una settimana intera, ma ero felice.
Tornato dalla parrucchiera, vidi Stefy sotto il casco: “Ci vuole ancora un po’.” Mi informò.
“Non importa aspetto!” Risposi.
Dopo una buona mezz’ora e aver cambiato poltrona, aveva quasi finito la prima parte, oramai i suoi capelli erano tornati biondi, e mi faceva un certo effetto rivederla come prima.
Era già cambiata di fisionomia, è incredibile come lo stile e il colore dei capelli possano cambiare la fisionomia di una persona.
Con pazienza la titolare e l’altra ragazza si misero a tagliare le extension.
Dopo un’altra ora finirono, Stefy aveva i capelli quasi come prima, erano un po’ rovinati sopra, ma non si notava molto, erano solo un po’ più lisci e schiacciati.
Sembrava tornata più giovane bionda, le tolsero anche lo smalto dalle unghie dei piedi e delle manicon l’acetone.
La ragazza le rifece le sopracciglia a matita, bruno chiaro come le aveva prima al naturale e i suoi occhi ritornarono dolci dandole uno sguardo languido, le sopracciglia non erano più disegnate nere, taglienti e feline ad ali di gabbiano come prima che la rendevano fredda, volgare e inquietante. Ora arrotondate le riportarono sul viso un’espressione e una decenza, da signora per bene, con i suoi orecchini di perla come la collana.
Uscimmo che era tardi, già sera, sembrava la Stefy di prima, la bresciana, passeggiammo ancora un po’, cenammo al ristorante e poi andammo in camera a dormire, eravamo sfiniti, era la prima notte che dormivamo assieme.
Dormimmo mano nella mano, anche se lei durante la notte aveva il sonno agitato con dei soprassalti dovuti ai sogni.
La mattina presto partimmo per Brescia.
Guidai con calma fermandoci anche all’autogrill. Arrivammo verso le 14.00, subito a casa, la nostra casa, a pranzare con qualcosa acquistato in rosticceria e riposarci ancora, sul divano o nel letto abbracciati, ma senza sesso, non era il momento.
Non tornammo al lavoro subito, con delle scuse restammo a casa ancora una settimana, il tempo di metabolizzare il rientro e per Stefy, di riadattarsi, uscire e reinserirsi in città un po’ per volta.
Andammo a trovare genitori e parenti, si sentì con le colleghe e con le amiche; giocoforza dovemmo dire che era stata una vacanza bellissima...
Imparò a vestirsi nascondendo il tatuaggio sulla spalla con l’abbigliamento.
Ero intenzionato a togliere il piercing ma non sapevo come fare e lei nemmeno, non avrei certo potuto portarla da un ginecologo o da qualcuno che inseriva piercing per rimuoverli.
Sarebbe stata l’estrema ratio, quella.
Rimandammo quel problema, l’avrebbe tenuti ancora un po’ di giorni nell’attesa di trovare una soluzione più riservata, intanto non le davano fastidio, oramai si era abituata e poi erano in un punto particolare, talmente intimo che li vedevamo solo noi a meno che non li mostrasse.
Riprese a indossare le mutandine, si stava abituando a portare gli slip o le culotte anche la notte.
“Tornerai ad abituarti. Tornerai come prima amore.” Le dicevo.
Lentamente passavano i giorni e rientrando nella nostra vita normale, le colleghe, le conoscenti e le amiche, dicevano che era cambiata, che era più pensierosa, silenziosa e assorta, che aveva uno sguardo diverso... ma che stava bene così con questo nuovo stile di capelli lisci, sembrava più giovane. Alcune amiche e conoscenti spettegolarono che era stata in Francia a rifarsi le labbra e il seno, visto che era più voluminoso e con l’abbigliamento aderente si notava.
Lei dava la colpa alla stanchezza post vacanza e voleva riposarsi ancora un pò.
Mettemmo quel cd senza nemmeno guardarlo in cassaforte, il nostro proposito era di distruggerlo appena possibile, ma non lo facemmo subito, nemmeno noi sapemmo mai il perché, fu un dimenticare quasi volontario, una rimozione mentale.
Durante il mese di settembre andammo anche a Milano da un famoso dermatologo, per sapere se c’era la possibilità di far sparire i tatuaggi; li studiò attentamente, ci disse che erano recenti, l’inchiostro vivo e forte era molto pigmentoso e ci sarebbero voluti molti passaggi di laser, molte sedute solo per iniziare a schiarirli, purtroppo chi li aveva fatti era stato bravo, era andato in profondità nel sottocute e quindi ci sarebbe voluto molto tempo... parecchi cicli, anni forse addirittura e non garantiva la perfezione del risultato, della scomparsa totale e della pelle trattata.
Oppure ci spiegò che un’altra opzione era la chirurgia plastica, un buon chirurgo che prelevava del tessuto dal retro interno cosce o dal gluteo contro laterale al tatuaggio sulla natica e l’innestava dove poco prima avevano rimosso il derma dei tatuaggi.
“Se volete vi do l’indirizzo di un ottimo chirurgo plastico!” Disse, ma era scettico lui stesso. I tatuaggi erano estesi e in profondità nel derma e, dove avesse attecchito l’innesto, sarebbero restate senz’altro differenze di colore di cute, anche se erano parti nascoste e non si vedevano alla vista.
Ci disse di pensarci bene con calma e poi di decidere, che comunque: “Se la signora li porta nascosti…” Fece capire che era meglio tenerli... Poi sorrise: “Ce n’è tanti ridicoli… alcuni vanno di moda, altri non so cosa significano, questi almeno sono originali e ben fatti, senz’altro da qualche artista.”
Ci lasciammo dicendo che ci avremmo pensato.
Ma né io né Stefy avevamo intenzione di fare gli innesti cutanei.
Al limite li avremmo fatti correggere, ritoccandoli, cambiandogli forma e soggetto rendendoli meno volgari e diversi.
Dentro me pensavo, se proprio dovrà farsi toccare da un chirurgo plastico, sarà solo per ricorreggere le la labbra vaginali e fare la vaginoplastica, ma queste erano cose che avremmo affrontato in un futuro.
Pian piano rientrammo alla vita normale, al lavoro e riprendemmo la nostra vita di coniugi per bene e borghesi della media società bresciana.
Erano passati quasi due mesi oramai e solo di carezze e baci, non avevamo più fatto sesso dal nostro ritorno e vivevamo quasi come prima.
Solo l’ultima settimana avevamo provato ad avvicinarci anche intimamente e non solo sentimentalmente. Ma ci rendemmo conto che non era più come prima.
Tutti i nostri propositi e intenzioni di ricominciare come precedentemente, le nostre iniziative, si infrangevano contro la realtà. Non avevamo più una vita sessuale.
La sera quando mi avvicinavo era rigida, tesa, un paio di volte provammo a fare sesso... ad amarci con dolcezza, ma non era come prima, non provava più piacere e fremiti alle carezze riguardose e aggraziate che le facevo, ma solo senso di fastidio alla delicatezza delle mie mani e delle mie labbra e in più io non riuscivo in quella situazione nuova, ad avere erezioni complete e soddisfacenti.
Con il tempo giungemmo al punto che per farla godere, doveva mettersi sdraiata a pancia in su, con le gambe larghe e gli occhi chiusi e io stimolarla con il dito accarezzandole il piercing del clitoride, fino a sentirla accendere, reagire. E a quel punto lei mi pigliava la mano per batterle la vulva sempre più forte come a schiaffeggiarla, tirare gli anelli delle labbra vaginali, darle pizzicotti, titillare il piercing del clitoride; e allora godeva, la sentivo fremere e muovere, ma sempre con gli occhi chiusi, come se la mente fosse distante da noi. Ed eccitava anche me vederla eccitarsi in quel modo volgare e osceno.
Oppure sussurrando e accarezzandola, dovevo ricordarle quando eravamo in Francia, sculacciarla forte, batterla con le mani sul sedere e sul seno, dirle parole volgari, da puttana, allora reagiva le piaceva e piaceva anche a me farlo e dirle quelle parole.
Ma dopo, alla fine del godimento si vergognava, arrossiva per aver provato piacere e metteva in imbarazzo anche me farlo in quel modo volgare, ricordando quei momenti francesi che invece volevamo dimenticare.
Non era quello il modo di amarci che ci eravamo prefissi. Ma quello era il prezzo che dovevo pagare a quel maledetto gioco, alla voglia di trasgressione, che aveva cambiato la nostra sessualità.
In 15 giorni quel bastardo mi aveva trasformato la moglie da signora per bene, borghese e moralista, in una puttana perversa e volgare.
Dentro di lei, pur con tutta la buona volontà, il proposito e l’intenzione di ritornare anche sessualmente a essere la Stefy di prima, in alcuni momenti riaffiorava ES…
Non sapevo più cosa fare, da buoni coniugi, avevamo parlato dei nostri problemi sessuali, anche lei convenne con me che oramai era diverso. Mentre nella vita di relazione e di coppia di tutti i giorni eravamo riusciti a raggiungere una ritrovata armonia di vita, sessualmente niente era come prima, peggio di prima, tutto si era fermato in Francia.
Mi confidò che per provare piacere, quando facevamo “l’amore”, chiudeva gli occhi e pensava di essere ES. Pensava di fare quello che faceva lei... e che le avevano fatto fare loro e solo così riusciva a godere.
Era tutto diverso oramai, ma eccitava anche me pensarla in quel modo come ES, mi eccitava perversamente immaginarla in quelle situazioni che avevamo vissuto.
Anche se esteriormente eravamo tornati ad essere una seria coppia borghese, stimata e rispettata da tutti, dentro di noi non lo eravamo più, eravamo perversi.
Dovevo trovare una soluzione, lei mi guardava sempre in silenzio, come se si aspettasse qualcosa da me.
Una sera, qualche mese dopo le feste natalizie, al ritorno da Verona, dove ero stato per lavoro, le feci una sorpresa, arrivai a casa con un pacco.
La chiamai, le dissi: “Vieni!... C’è un regalo per te.”
“Per me?” Esclamò sorridente abbracciandomi.
“Sì!... Per te, sono sicuro che ti piacerà.”
Mi guardò stupita e sorrise, non se l’aspettava, ma sapevo che le piacevano le sorprese.
Come una bambina guardò quel pacco.
La invitai: “Aprilo!”
Lo fece trepidante, lo scartò tutto, tolse il coperchio e lo aprì guardando all’interno.
Restò silenziosa poi lentamente introdusse la mano e tirò fuori una parrucca di lunghi capelli neri mossi, che guardò attentamente e posò sul tavolo, rintrodusse la mano e un pezzo per volta tirò fuori un miniabito tubino rosso, simile a quello che aveva indossato l’ultima volta in Francia, un paio di calze e reggicalze e un paio di scarpe rosse con tacco da 12 cm, un collare da cani di grossa taglia e un guinzaglio. Seguì un porta-trucchi con tutto il necessaire per make up, forte e volgare.
Li guardava sorpresa, incredula che fossi io a regalarglieli e una alla volta dopo averli osservati, li appoggiava sulla tavola intorno alla scatola. Continuò a infilare la mano e tirò fuori un vibratore, un frustino e un paio di manette, anche uno sviluppatore per il seno e poi altra oggettistica minore.
C’era tutto l’abbigliamento per ritornare ad essere ES, che dopo otto mesi dal nostro rientro avevo acquistato in un sexy shop di Verona.
Si girò e mi guardò negli occhi, ma non disse nulla, aveva capito. Fui io a mormorare:
“È per gioco tra me e te da fare in casa! Non certo per farlo davvero fuori!”
Ero preoccupato, non sapevo che reazione avrebbe avuto, non sapevo se avevo fatto bene a fare quella scelta, quella sorpresa, portandole quegli oggetti e indumenti. Se li avesse accettati oppure non le sarebbero piaciuti e nel momento del ricordo me le avrebbe tirate addosso imprecando e forse maledicendomi. Ma eccitato anch’io decisi di acquistarli.
D’altronde eravamo giunti sessualmente a un punto di tensione e di esasperazione al limite della rottura. Anche se sentimentalmente ci sentivamo uniti con affettuosità e calore e atteggiamenti amorosi, sia nella famigliarità che nella società, con bacini, bacetti e baciotti come diceva lei; intimamente eravamo a zero, quasi due estranei, cercando di rifiutare per morale e proposito quell’affiorare perverso che ci usciva da dentro quando dovevamo fare sesso e non ci riuscivamo.
Questa incomprensione incideva anche nella quotidianità e oltre.
Oramai il nostro matrimonio si stava logorando, ci stavamo allontanando sempre più anche affettivamente l’uno dall’altra.
Stefy guardava quegli indumenti, quegli oggetti, sorpresa e silenziosa, con la mano accarezzo la scarpa, guardò il tacco, come una esperta ne seguì il profilo con il dito, subito dopo prese in mano le calze tastò lo spessore e osservò la trasparenza e la consistenza tirandole.
Ci furono degli attimi di silenzio, che mi sembrarono durare un’eternità, poi si girò verso di me e mi guardò sorridendo, mentre con in mano la parrucca la portava al capo.
Aveva lo sguardo soddisfatto ed eccitato.
Mi si avvicino gettandomi le braccia al collo e baciandomi sulla bocca, introducendo la lingua.
Era elettrizzata e io felice, aveva accettato quel dono con tutto quello che significava.
Vedendola così infervorata, le dissi:
“Di giorno sarai la signora Stefania, seria, stimata e irreprensibile, la moglie dell’ingegnere Luca... Ma alcune notti invece diventerai la volgare ES, la mia schiava e puttana e dovrai ubbidirmi in tutto quello che ti dirò di fare...
“Si!” Rispose stringendomi di più nell’abbraccio, sorridendo e sussurrando:
“Ma tu vuoi così?... Sei contento tu?”
Le brillavano gli occhi dall’eccitazione e sperava che la mia risposta fosse affermativa, e lo fu.
“Certo!” Risposi: “Sarà un gioco solo tra di noi, sarai ancora ES. la mia schiava, la mia puttana, la mia cagna e farai tutto quello che ti dirò e se non ubbidirai, sarai punita... anche con il frustino.”
E stringendola più forte a me, ripetei contento:
“Adesso sei la mia schiava, la mia puttana, e…” Feci una pausa proseguendo: … “guarda che se non mi ubbidirai ti porterò anche a battere in strada!!”
“Dove? “Chiese sorridendo curiosa ed eccitata spalancando di più gli occhi stando al nostro nuovo gioco.
“Da per tutto!... Dove vorrò, a Brescia, a Verona, a Bergamo, dove vorrò… ti farò battere dove mi andrà, nelle periferie, nei locali o nei marciapiedi, dietro le stazioni, ti umilierò. Andremo dove non siamo conosciuti.” Aggiunsi.
Mi abbracciò nuovamente e ci baciammo a lungo, succhiandomi le labbra e la lingua come faceva ES e io lo stesso a lei, eravamo tutte e due eccitatissimi, e mi venne l’erezione in quella situazione a dirle quelle parole, a trattarla come mia schiava e puttana. La sua reazione positiva me l’aveva fatto diventare duro e lei stringendomi l’aveva sentito spingere sul suo basso ventre.
Cademmo seduti sul divano, continuando a baciarci.
Misi la mano tra le sue cosce accarezzandole e la portai su, fino a infilarla dentro lo slip, frugando con il dito, tra i peli che le erano ricresciuti, il suo sesso era ritornato ad essere un bosco. Era tutta bagnata.
“Togliti le mutandine!” Le dissi: “Da stasera quando sarai con me non le porterai più, dovrai essere pronta per farti chiavare, da me o da chi vorrò io in qualsiasi momento... e rasati di nuovo la figa, la voglio liscia e pulita come l’avevi in Francia, come quella di ES.” Le sussurrai.
“Sì!!” Esclamò ansimando concitata.
“E gli anelli a piercing sulle labbra vaginali, il clitoride ei capezzoli li terrai!... Non li toglieremo più e anche i tatuaggi terrai e alla sera quando usciremo che ti porterò a battere le metterai in mostra!” Affermai.
“Sì!... Sì!” Rispose accalorata:” Farò tutto quello che vorrai tu, sei il mio padrone e io sarò la tua schiava…”
Poi d’improvviso disse: “Aspetta!!”
Si alzò di slancio e correndo andò in camera, aprì la cassaforte, prese il cd che gli aveva dato Antoine, ritornò e lo inserì nel lettore accendendo la tv.
Si risedette abbracciandomi e spogliandoci iniziammo a toccarci, io a pizzicarla e batterla fino a chiavare, mentre sullo schermo scorrevano le sue immagini registrate di quando veniva sodomizzata nel locale o era nuda, mentre batteva o faceva la cagna oppure giocava da sola con oggetti sessuali.
Vedevamo le immagini scorrere, tirandoci su ogni tanto con la testa o con la coda dell’occhio, mentre animalescamente ci accoppiavamo in quell’amplesso brutale. Selvaggiamente le stringevo il seno e con il frustino la battevo sui fianchi e sulle gambe fino a farla godere, venire e fremere, finalmente dopo otto mesi godeva davvero ancora come ES e io anche.
In quel momento era veramente finita la vacanza e la nostra moralità, tutti i nostri propositi e le buone intenzioni di tornare ad essere una coppia abituale.
Doveva essere e restare solo un gioco di coppia, privato e casalingo tra di noi, invece nei mesi successivi giocando ci lasciammo trascinare dagli impulsi, facendo ogni volta qualcosa di più. Fino a provare una sera a tarda ora, a uscire con lei trasformata in ES, con la parrucca di lunghi capelli neri mossi e truccata volgarmente, con il collare, i tacchi a spillo e il tubino rosso. Solo per fare un giro con lauto ed eccitarci in quel modo. Invece finì che la prima volta ci fermammo in una strada isolata a praticare sesso. Altre volte maggiormente eccitati ci spingemmo di più, fino lei a provare a scendere e camminare travestita da ES, ma risalire subito in auto impaurita. E poi lo facemmo altre volte ancora sempre osando maggiormente.
Una sera ci fermammo in periferia, fino lei a scendere e passeggiare da sola abbigliata da ES, da puttana… E un’altra ancora per eccitarci maggiormente e ancora di più andammo vicino a dove battevano le prostitute rumene.
Intraprendemmo un nuovo cammino... iniziando così una doppia vita, di notte fatta di immoralità, di sesso e depravazione e quando uscivamo lei era ES e io il suo padrone magnaccia. E una vita di perbenismo borghese e moralità durante il giorno, quando era la signora Stefania, la mia Stefy moglie dell’ingegnere Luca.
Una doppia vita!... Nascosta, segreta che non sapevamo dove ci avrebbe portato.
Oramai il germe della perversione e della depravazione si era annidato in noi, Antoine in Francia ci aveva infettato contagiandoci e trasformandoci... Arrivando una sera in preda alla smania e all’eccitazione a prostituirsi davvero, con il guidatore di un’auto che all’improvviso si fermò davanti a lei e le chiese quanto? … E lei guardandomi eccitata salì, prostituendosi ancora con il mio benestare.
Iniziammo a frequentare il sabato sera i vari night e club privè lombardi, divertendoci e osando di più, lei sempre truccata e trasformata in ES.
La nostra nuova vita proseguì con soddisfazione e perversa piacevolezza per mesi solo tra me e lei, finché una sera per caso, in un locale milanese incontrammo Vlade, un albanese, vero magnaccia naturalizzato italiano, con cui facemmo conoscenza ci presentammo e ci rivedemmo ancora, lui chiavò Stefy, o meglio ES una sera all’uscita da un locale notturno del milanese. Scoprì che portava la parrucca, che era bionda e ci fece un mucchio di domande. Capimmo che era pericoloso e cercammo di sganciarlo non facendoci più vedere, ma fu troppo tardi. Lui una mattina si presentò in negozio davanti alla bionda borghese e signora per bene Stefania, moglie dell’ingegnere Luca, la riconobbe e dal quel giorno cambiò il gioco, tutto divenne realtà, iniziò davvero a portarla a battere lui insieme alle sue puttane.
Ma questa è un’altra storia... che forse racconterò in un altro momento.
Voglio ringraziare tutte le persone che mi hanno seguito in questo racconto, a chi mi ha letto soltanto, chi mi ha scritto complimentandosi, chi dandomi suggerimenti e stimolo e anche a chi mi ha soltanto biasimato. A quelli che mi hanno criticato in modo costruttivo e chi in modo negativo...
A tutti che siete veramente tanti, tanti, molti... un grazie!
Un grazie particolare soprattutto alle signore e signorine, sempre curiose, attente e argute. Un bacio!
Un grazie a tutti.
Arrivederci presto.
Ciao Immoralex.
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