I NOSTRI CONTATTI
IMMORALEX
SEGUI I NOSTRI SOCIAL:
angeverd53@libero.it
123456789
STORIE E RACCONTI EROTICI
VIETATI AI MINORI DI 18 ANNI
All Right Reserved 2022
L'AMICIZIA VELENOSA
VIETATO AI MINORI DI 18 ANNI.
NOTE:
“Le brave ragazze vanno in paradiso, le cattive dappertutto.”
Ute Ehrhardt
CAP. 3 TUTTO RUOTA INTORNO A GIULIA
Il giorno dopo ritornai al bar ma Lucio non si fece vivo, domandai al barista se lo avesse visto, ma rispose in romanesco:” Eh…quello va viene, non ha mai un giorno o un orario fisso… se non l’hanno messo in gabbia per qualcosa prima o poi ritorna.” In gabbia intendeva arrestato…
Così andai via, e comunque presi a passare tutti i pomeriggi in quel bar con la speranza di rincontrarlo.
Stranamente in me avevo desiderio di rivederlo, ritornare a incontrarlo, anche se come mi aveva fatto capire il barista era un intrallazzatore. Mi dava un piacere assurdo vederlo, parlargli, ascoltarlo, era come se sentissi un’attrazione per lui, non fisica e sessuale intendiamoci, ma platonica e mentale, un desiderio di averlo amico, avere un rapporto di profonda amicizia con lui, anche se c’erano differenze, sociale, culturali e di età.
Sotto l’influsso di quel trasporto, che avvertivo come un richiamo, ritornai vari pomeriggi e un giorno all’improvviso lo rividi alle slot machine.
Lo salutai:” Ciao Lucio!”
Lui mi guardò e rispose:” Ciao! “
“Sei sparito?” Gli chiesi.
“Sono stato via qualche giorno… per lavoro.” Rispose.
Per che tipo di lavoro non glielo chiesi, intanto sapevo che era una bufala(falso) che lavorava.
Ci sedemmo, chiacchierammo e ordinammo da bere, lui una birra in bottiglietta e io una bibita… Al che si rigirò al barista dicendo:
“No… niente bibita Giovanni… due birre…” E poi rivolto a me aggiunse: “Ma sempre bibite bevi tu? Aranciate o cocca cola come i ragazzini? … Beviti una bella birra come gli uomini. Devi imparare anche a bere bene se vuoi essere mio amico. “Pronunciò. E da quel giorno con lui iniziai a bere birra anch’io. Senza volerlo lo imitavo e mi stavo assoggettando alla sua volontà, partendo dalle piccole cose, le più semplici, per poi giungere alle più importanti e serie.
Così fu il giorno dopo e nei giorni seguenti, sempre alla stessa ora, uscito dall’università andavo in quel bar per rincontrarlo. Fingevo di passare da quelle parti con lo scooter e se dalle vetrate dal bar vedevo che c’era o c’era fuori parcheggiato il suo scooter, mi fermavo, posteggiavo il mio ed entravo e simulavo di passare per caso, ma invece era tutto voluto. Andavo intenzionalmente in quel locale per incontrarlo e parlare con lui. E così presi a frequentarlo.
Quando ci vedevamo, lui prima faceva le sue cose, giocava agli slot o parlava con i suoi amici o allo smartphone e poi ci sedevamo a un tavolino ordinando da bere due birre e chiacchieravamo e fu una di quelle volte che parlando allo smartphone con una ragazza (una troietta) la chiamava lui, che lo guardai bene, con attenzione e oggi che sono adulto posso farne una descrizione maggiormente precisa.
Come dicevo all’inizio era un tipo di ragazzo particolare, non bello con i capelli neri e cortissimi quasi rasati a zero in una faccia da mascalzona da ragazzo di strada, con uno sguardo misto, simpatico e grintoso, da dove traspariva una dolcezza di fondo negli occhi grandi e scuri e spesso parlando corrucciava la fronte e le ciglia, in atteggiamento diffidente o di sfida. Aveva vari tatuaggi sugli avambracci, ma uno in particolare attirava l’attenzione il disegno di una pantera nera che ruggiva e inoltre notai che portava un piccolo orecchino ad anello al lobo destro dell’orecchio. Era estroverso con a tratti dei sorrisi o risa improvvise, un suo modo di camminare e di gesticolare le braccia particolare, unico.
Si vedeva subito dal vestire e dal parlare quello che era, un ragazzo di strada, un balordo, un tamarro come si dice a Roma, anche se si atteggiava ad adulto e saputello. Ma sapeva essere simpatico e intelligente. Vestiva in quello che per lui era identificazione e moda, indumenti ricercati e di marca, in genere neri, sia magliette, felpe e jeans, a volte pantaloni militari con una giubba in pelle nera e scarponcini, quello era il suo look.
Come si dice a Roma a vederlo nessuno gli avrebbe affidato il motorino in custodia neppure per un secondo, ma l’incontro con quel ragazzo lentamente e senza accorgermene mi sconvolse la vita, mi rese vulnerabile e insicuro.
Era un solitario, senza compagnia se non amicizie saltuarie e forse per questo mi accettava come amico, perché sapeva che mi sentivo inferiore a lui, e lui narcisista com’era, si atteggiava a essere superiore nei miei confronti, e lo vedevo come qualcosa di carismatico, di suggestivo su di me. Seppi in seguito detto da lui stesso, che non lavorava, ma viveva di espedienti commettendo azioni illegali e piccoli reati che in seguito spiegherò meglio.
All’inizio ero solo curioso, mi piaceva conoscere un tipo del genere, ma poi frequentandolo meglio, mi trovai a riflettere sul suo stato d’essere, la sua condizione, su quello che riguardavano gli aspetti sociali, su come in qualche modo quello che era e facesse era anche colpa nostra, della società di gente benestante come me e la mia famiglia. E quindi era anche colpa mia se era in quella condizione, sentendomi assurdamente in parte corresponsabile della sua situazione e volevo nel mio piccolo aiutarlo.
In uno di quei pomeriggi consolidammo la nostra amicizia, credevo che anche lui vedesse in me un amico vero. Ma restai deluso quando all’improvviso mi disse:
“Dai fammi vedere qualche foto della puttanella…”
Lo guardai stupito e lui sorridendo precisò nel caso non avessi capito:” Di tua sorella, di Giulia…!”
Mi dava un fastidio enorme che l’apostrofasse puttanella, troietta o mignottina… ma non dicevo niente.
“Non ne ho foto…” Risposi.
“Non ci credo sullo smartphone ce ne hai senz’altro qualcuna!” Ed era vero… ma ribattei:
“Ma sono foto normali, di famiglia.”
“Non importa, fammele vedere.”
E alle sue insistenze gliele mostrai. E osservandole incominciò a dire:
“Bella figa… chiunque perderebbe la testa per lei… “Sfogliandole con il dito sul display.” Davvero bella tua sorella, tutta da chiavare, altro che seghe, chiunque pagherebbe per averla…Sarebbe un ottimo bancomat…” A quella frase non capendo domandai:
“Che significa sarebbe un ottimo bancomat?”
“E’ un modo di dire!” Rispose ridendo… E mentre stavo per chiedergli più precisazioni su quella frase, lui continuando disse:” Questa chi è?”
“Mia madre!” Risposi.
“Bella figa anche lei, ma preferisco la mia puttanella, Giulia…” Pronunciò ridendo. E per rispondergli lasciai perdere il discorso sul bancomat.
“Non ne hai qualcuna nuda di tua sorella?” Domandò ancora.
“Nuda? Ma che scherzi…!” Ribattei infastidito.
“Peccato…!” Rispose Lucio:” Comunque è una bella figa, peccato che ce l’abbia quel finocchietto del suo fidanzato...”
Poi mi ripassò lo smartphone e parlando seduti e bevendo gli domandai: “Dove abiti?”.
“A Corviale… nel serpentone…” Rispose.
(Corviale è un quartiere degradato di Roma di oltre 5000 abitanti, malfamato e il serpentone chiamato così per la sua lunghezza è un palazzone di nove piani lungo un chilometro… sì un chilometro.)
“Ah! ...” Esclamai io tanto per dire qualcosa:” Bella zona...”
“Si, di ladri, spacciatori e puttane…” Ribatté lui ridendo, aggiungendo: “Il serpentone è pieno di abusivi, anche extracomunitari, dell’est, neri, arabi, ha il suo boss che io conosco, si chiama er Palletta … Tu dove abiti invece?” Mi domandò.
Fui sincero:” Abito a Monteverde, al Gianicolense…”
“Ah la zona dei ricchi!” Rispose ridendo.
“Beh ricchi… i miei lavorano tutti e due e stiamo discretamente bene, non ci lamentiamo.” Replicai.
Poi sorseggiando la birra domandai:
“Sei solo?... Scusa se ti faccio tante domande ma è per conoscerci meglio…”
“No va bene…” Rispose:” Io però poi le faccio a te.”
“D’accordo!” Acconsentii. E iniziò a parlarmi di lui...
“Vivo con mia sorella e mia madre…mia sorella ha 23 anni e lavora, anche mamma lavora…”
“E che lavoro fanno?” Chiesi ignaro e ingenuo.
Restò in silenzio poi sbottò in romanesco:” Fanno la vita…”
Capii il significato della domanda e mi dispiacque:” Mi rincresce!” Mormorai.
Ma lui la prese disinvoltamente:
“No perché… fanno la vita, è la verità, sai quante ce ne a Roma…io mica ti racconto bufale.”
Fui sorpreso dal modo in cui accettava la sua situazione famigliare e pensai che fosse quello il motivo per cui diceva che per lui tutte le donne fossero puttane. E con tatto domandai:
“Ah scusami!... E tuo padre?”
Mi guardò serio:” Mio padre sta in gabbia per furto…” Esclamò mettendosi la mano aperta con le dita distanziate davanti alla faccia.
“Ah!” Ripetei ancora io.
“E tu che fai? Lavori?” Chiesi ancora.
“No… diciamo che sono disoccupato… mi arrangio, faccio lavoretti, dei piaceri…” E rivolgendosi a me domando:
“E tu invece parlami un po' di te, della tua famiglia…” Domandò.
Risposi sorridendo:” Come ti ho detto io e Giulia studiamo, siamo io al secondo anno e lei al primo di Università…”
“I tuoi lavorano?” Domandò.
“Si… mamma è impiegata in un distretto dell’asl Roma 1.” Lo informai.” Quando non lavora a volte va a correre con Giulia per tenersi in forma…”
“Ah sì!” Esclamò ridendo:” Alla mammina piace essere bella e in forma… “Ripeté.
“Si! ...Quando Giulia non studia o non è con le amiche… o non esce con il suo ragazzo va a correre con mamma.”
Mosse la testa sorridendo. “E’ molto bella Giulia!” Mormorò ancora.
“Si lo so! … Piace a tutti i ragazzi. Ma non farti idee su di lei Lucio, non è tipo per te.” Lo informai subito:” Te l’ho detto, ha 18 anni compiuti ed esce con un suo coetaneo di cui è fidanzata e innamorata. Anche lui ha diciannove anni e quel pomeriggio che tu la spiavi da sotto le tribune, giocava la partita al campo e noi eravamo lì per tifare per lui.”
“Si l’ho visto quando è finita la partita che tua sorella l’abbracciava…”
“Si vogliono molto bene, si amano…” Affermai io.
E Lucio di risposta in romanesco disse:” Sarà… ma per me lui sembra un frocetto e lei te l’ho detto una puttanella con quel gonnellino svolazzante indossato apposta per farsi guardare le cosce.”
“No… Giulia non indossa il gonnellino per questo, ma perché si usa, è alla moda…” La giustificai senza dar peso a come li aveva apostrofati.
“Ma sono fidanzati davvero?” Domandò dubbioso.
“Be fidanzati …proprio fidanzati no…sono giovani, si frequentano in compagnia e i genitori lo sanno e lui a volte viene anche a casa nostra…”
“E che fanno assieme?”
“E probabilmente si scambiano qualche bacio. “Dichiarai.
“Qualche limonata …” Replicò lui.
“Anche…! “Risposi ridendo.
“Tu li hai mai visti limonare?”
“Qualche volta…” Risposi sinceramente.
“E chiavare?”
“No… chiavare no, Giulia non fa queste cose per di più in casa.”
“Ehhh… non fa queste cose…! Sono tutte uguali le ragazze a quella età lì, sono puttanelle, piace a tutte chiavare, anche a tua sorella stai tranquillo…” Affermò.
Cercai di cambiare discorso, non mi piaceva parlare di mia sorella in quel contesto volgare e gli domandai:
“Tu non hai amici.”
“Pochi!” Rispose.” Qualcuno qua e là! Io voglio amici degni di me …” Affermò superbo.
Poi mentre sorseggiavamo le birre lo osservai e non potei fare a meno di pensare:” Le piace Giulia…” E stupidamente sorrisi dentro me, era come se fossi contento che Giulia le piacesse. Quel pensiero mi stimolò e accalorò al punto che gli chiesi provocatoriamente staccando le labbra dal bicchiere.
“Ti piace Giulia?”
” Be si!” … Rispose guardandomi con un sorriso:” È una di quelle ragazze che ho sempre sognato. Educate, serie, vergini, che mi è sempre piaciuto trasformare, fare diventare puttanelle, insegnarle a chiavare, a godere e a darla agli altri…” Terminò ridendo.
Continuò a guardarmi sorseggiando e chiedendomi:
“Ma tu non sei geloso che io mi sia masturbato per tua sorella? Che mi piacerebbe chiavarla, imputtanirla? In genere i fratelli e i padri sono gelosissimi.”
Quel discorso assurdamente mi eccitava fino ad avvertire stimoli di erezione incontrollati e non voluti e gli diedi una risposta strana, che non era da me, dove invece di chiudere il discorso lo aprii giocando con lui o almeno pensavo di farlo. Ero convinto che intanto mai sarebbe accaduto realmente, quello che diceva, Giulia aveva il ragazzo, poi lui non era il suo tipo, era un tamarro e lei li odiava, poi era più grande di età e non la conosceva. E tutti questi fattori mi tranquillizzavano. E Risposi:
“Se le faresti del male sì certo sarei preoccupato, ma così, che la pensi e la desideri come tanti altri e ti sei segato soltanto spiandola e guardandole le mutandine no … non sono geloso, forse lo sarebbe Marco il suo ragazzo se lo sapesse. “E continuai:
“A me dispiace solo che la pensi e l’apostrofi in quel modo osceno come fai ogni tanto e non cambia nulla se ti masturbi pensando a lei… tutto resta come prima, lei non lo sa che lo fai… Non sei il primo e non sarai l’ultimo a pensare a Giulia mentre si fa una sega… Lei è sempre com’era in precedenza, pura e innocente e tu sei soddisfatto fisicamente e mentalmente. Anche riguardo me non cambia niente…non ce l’ho più con te come quel giorno sotto le gradinate, perché come dici tu probabilmente se non fosse mia sorella forse la spierei anch’io.” A quelle parole sorrise.
“Bravo! Così mi piaci, che pensi come me… “Aggiungendo:” Non ti arrabbi se parlo di lei liberamente anche sessualmente… un po' come se fosse la mia ragazza?”
“Come tua?” Domandai.
“Ma si virtualmente… non nella realtà, la mia ragazza dei sogni.” Pronunciò.
Non sapevo che dire, alzai le spalle come se non mi importasse se lo facesse e la considerasse tale e per sentirmi più adulto e al suo pari dissi:
“Certo, se vuoi considerarla virtualmente la tua ragazza non ho niente incontrario, intanto nella realtà è fidanzata con Marco. Perché non dovresti dirmi che ti piace, piace a tanti ragazzi… e non credo che sei l’unico che la vorrebbe come fidanzata.” Dichiarai.
“Quindi posso parlare liberamente di lei senza offenderti?” Domandò con un sorriso ambiguo.
Feci un gesto con il mento sul torace e alzai le spalle che non significava un sì, ma il mio disinteresse a che lo facesse e lui subito esclamò:
“Bene, mi fa piacere che accetti il mio linguaggio di poterla chiamare, la mia troietta, la mia puttanella...” E sorrise portandosi il collo della bottiglietta in bocca tirando su la testa e tracannando la birra in lunghe deglutizioni.
Io non accettavo quella terminologia, quel lessico osceno e volgare su Giulia, lo sopportavo. Nessun fratello avrebbe permesso quell’oltraggio verbale verso la propria sorella, ma pareva solamente una sua mania, un suo linguaggio da asociale, che sarebbe rimasto tale unicamente tra noi due. “E poi le chiama tutte così lui alle ragazze…” Mi giustificavo.
All’improvviso mi chiese:
“Tu l’hai mai spiata tua sorella?”
“Spiata come?” Domandai.
“In mutandine, in bagno o camera, l’hai mai vista nuda?”
“No mai!... Non faccio queste cose.” Risposi. E lui rise.
“Una bella fighetta come tua sorella non le hai mai visto la figa, il seno…non l’hai mai vista nuda?” Ripeté.
Restai in silenzio imbarazzato.
“Qualche volta di sfuggita, per caso.” Affermai sinceramente:” Ma senza intenzione sessuali.” Precisai subito.
“Scommetto che quando ti è capitato tu ti sei girato dall’altra parte per non guardarla nuda?” E sorrise ancora maggiormente.
“Be… sì!... Certo! È mia sorella mi hanno insegnato a rispettarla anche moralmente, a non osservare e spiare le sue intimità sessuali.” Risposi.
“Non l’hai mai vista o spiata a farsi i ditalini?” Chiese ancora.
“No mai…” Ribattei risoluto:” Non faccio queste cose e non so nemmeno se li fa lei. “A quelle parole rise più forte.
“Oh… certo che se li fa i ditalini, se non se li fa lei se li farà praticare da quel Marco, il frocetto del suo fidanzato, almeno questi spero che gliele faccia, se no povera ragazza…” Aggiunse con aria sarcastica e superba ridendo.
Quel discorso incominciava a infastidirmi, troppo intimo e psicologico per me, mi disturbava e irritava che mi facesse quelle domande, ma nello stesso tempo mi turbava anche.
“E tua madre non l’hai mai spiata? ...Vista nuda?” Domandò ancora cambiando soggetto.
“No… mai!” Ribattei.
“Non l’hai nemmeno vista o sentita chiavare con tuo padre o con un altro?”
“No mai… e poi come sarebbe con un altro?” Dissi risentito:” Mia madre fa sesso solo con mio padre e non con altri uomini, siamo una famiglia seria, onesta e rispettosa e loro si amano.” Affermai, anche se non era sempre così.
Lucio sorrise dicendo:” Io sì le ho viste entrambe, sia mia madre che mia sorella nude e anche mentre chiavavano…”
Restai in silenzio e imbarazzato, ero incredulo, shoccato che parlasse liberamente in quel modo della sua famiglia, di sua madre e sua sorella da farmi quelle rivelazioni personali e famigliari.
Lui vedendomi in viso sorpreso precisò subito.
“Mamma l’ho vista anni fa con un conoscente, un amico di famiglia, …sai, papà era in galera e lei era ancora giovane…” La giustificò.
“Mia sorella invece l’ho vista chiavare in casa con un ragazzo…” Arrivai prima del solito e la trovai a letto con lui che se la ingroppava, senza che loro se ne accorgessero e li ho spiati.
Ci fu silenzio quelle confidenze mi avevano turbato e sconcertato.
E al mio stupore continuò il suo discorso dicendo:
“Sai l’ambiente famigliare in cui vivevo era incasinato. Mio padre era ladro e un po' magnaccia di mamma e in quel periodo che ti dico era in carcere per furto.”
“Quanti anni ha tua madre?” Domandai. Sorrise.
“Mamma ora ha quarantotto anni, in quel periodo faceva la vita per mantenerci a me e mia sorella, ufficialmente era parrucchiera anche maschile e andava a domicilio, su appuntamento. E con la scusa che andava a tagliare i capelli ai clienti, probabilmente si prostituiva…si faceva ingroppare anche lei a pagamento.”
Ero attonito da quello che mi diceva e a un certo punto d’impulso domandai: “E tua sorella?”
“Mia sorella ora ha 25 anni, da ragazzina è stata una baby squillo, ma ha anche battuto in strada,ora è una escort va su appuntamento agli incontri, un po' come faceva mamma.” Disse:” Ora convive con Nando, un uomo di 35 che oltre essere il suo compagno gli fa anche da protettore. Lei ora professava da sola, è indipendente, mette annunci su internet, ufficialmente dice di essere estetista e massaggiatrice e anche lei ora lavora soltanto a domicilio. È il bancomat di mio cognato...” Affermò sorridendo sarcasticamente come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Ero sconcertato, lui sorrideva ma era serio.
“Come il bancomat di tuo cognato?” Domandai.
“Si, è il suo sportello bancario, in modo che quando ha bisogno di soldi vai da lei e fa i prelevi…” E rise. Ero sconcertato, allibito e capii cosa intendeva quando diceva che Giulia sarebbe stata un ottimo bancomat… E domandai:
“E tu! Tu sei cresciuto così… tra loro?”
“Si!... Certo!” Mi rispose proseguendo:” Per motivi famigliare ho smesso di studiare a 18 anni. Ero bravo sai a scuola nonostante che praticassi già intrallazzi e a volte aiutassi mio padre nel suo lavoro. Ho preso la maturità al liceo scientifico, avrei dovuto scegliere la meccanica come studio, la preferivo, ma siccome in quel periodo i genitori erano tutte e due in carcere e io e mia sorella eravamo minorenni, l’assistente sociale che mi ha iscritto alle scuole superiori, lo ha fatto al liceo. “Ci fu una pausa.” Ma tutto sommato è servito a istruirmi anche se come titolo di studio non mi serve a niente.”
“E tua sorella?” Domandai.
“Mia sorella si chiama Claudia, lei frequentava già le commerciali e come mamma si prostituiva anche, ed è andata avanti finché a smesso per fare solo la vita, verso i 16- 17 anni. “Successivamente vanitoso aggiunse:
“Mi ero scritto anche all’università a meccanica, ma era troppo difficile per me, così ho provato anch’io psicologia, mi piaceva. ma in quel periodo mi hanno ingabbiato per colpa di un altro, per furto, hanno dato la colpa a me e ho lasciato perdere tutto. “
“E ora che intenzioni hai?” Gli chiesi.
“Mi piacerebbe diventare come mio padre… o come Nando mio cognato, essere il magnaccia della mia donna…”
“Vorresti dire di far prostituire la ragazza che si metterebbe con te?”
“Si, che c’è di male…? Staremo bene tutti, mi manterrebbe.”
Ero allibito da quello che mi aveva confidato, ma soprattutto dal suo modo di pensare e vedere il futuro, che cambiai argomento.
“Ru giri sempre a piedi?”
“No… Io ho lo scooter un T max usato, con cui scorrazzo per le vie di Roma.”
“Il Tmax?!” Esclamai meravigliato.
“Si e ho anche l’auto oltre la moto...”
“Che auto?” Domandai curioso.
“Un Alfa Romeo Mito, di terza mano del 2008, ma è una bomba, la tengo come una reliquia, sempre in ordine e pulita. Ti porterò con me a girare per Roma…” Disse.
Quel tipo di auto, seppur usata era anche il mio sogno, tanto che glielo dissi:
“E’ il sogno di tutti noi ragazzi la Mito… bella spaziosa…”
“Si, si ci può anche chiavare comodi dentro … “Rispose subito.” Sorridendo.
Capii che l’auto la moto, la figa, le ragazze e il chiavare erano il suo mondo il suo chiodo fisso.
Essendo cresciuto in quell’ambiente famigliare fatto di puttane e protettori, ragionava come un magnaccia, da mantenuto, ma era sveglio e pure intelligente, e non sapevo se era vero quello che diceva. Comunque chiunque a sentire la sua storia, quella della sua famiglia e le sue intenzioni sarebbe scappato via, io invece no… scelleratamente mi sentivo attratto da lui, dal suo mondo, dai suoi modi di fare e forse a quell’età di diciannovenne, anche da quello che era e voleva diventare. Il suo era di un mondo completamente diverso dal mio e come si dice in chimica ed elettronica, due poli di segno contrario, il negativo e il positivo si attraggono. Ora si trovava a far parte della microdelinquenza della periferia romana, in un contesto in cui l’adesione a quel mondo è dettata non solo dalla condizione sociale e famigliare, ma dalla rivalsa di essere qualcuno, di essere superiore agli altri, di mostrarsi e di fare qualcosa.
Proseguendo in quella chiacchierata che fu imbarazzante per le confidenze che mi fece, domandai nuovamente per cambiare discorso:
“Come si chiama tua madre?”
“Mamma Valeria e mia sorella come ti ho già detto Claudia. E i tuoi?” Domandò guardandomi.
“Mio padre si chiama Carlo, ha 45 anni, lui è di origini milanesi, mamma Laura ha 43 anni, lei è romana de Roma, verace.” E sorrisi.
“Ehh voi siete una bella famiglia, perfetta, te Giulia i tuoi genitori, non siete come la mia.” Affermò. Pesavo che ne fosse contento della mia situazione, che gli facesse piacere venire a conoscenza che ero un ragazzo benestante e di buona famiglia piccolo borghese, invece pronunciava quelle parole con un velo d’invidia e mi chiese:
“Siete una bella famiglia. I tuoi vanno d’accordo?”
Dissi la verità: “Si, qualche litigio come tutte le coppie c’è…”
“Per che cosa? ...” Domandò.
“Ma per le solite cose coniugali, mamma dice che papà quando è fuori a lavorare ha l’amante, papà invece dice che è lei che ce l’ha in ufficio, con un suo collega e a volte litigano, urlano anche. Ma poi dopo fanno pace e tutto ritorna come prima.”
“Ma è vero? Hanno l’amante i tuoi genitori?” Mi domandò.
“Ma non so… non credo, mamma è una donna seria…” Risposi.
“Questo non vuol dire…” Mi interruppe Lucio:” … le donne serie sono le più pericolose.” E rise.
“Comunque io non credo che ce l’abbiano, secondo me lo dicono per farsi i dispetti tra di loro…”
“Da quanti anni sono sposati?” Chiese.
“Venti, poco più.” Risposi.
“E allora si, ce l’hanno l’amante...” Ribatté lui sicuro di sé:” Dopo vent’anni hanno voglia di cambiare, di chiavare con altri. Tua madre di avere un cazzo nuovo e duro e tuo padre una figa diversa da quella di tua madre, magari più stretta …” E Rise da solo della sua battuta.
“Ma vah... che dici?!” Replicai io:” Vanno d’accordo, soltanto che a volte litigano per gelosia come tutte le coppie.”
“Mah…! Mi sa che sono in odore di corna tutte e due. Nelle famiglie borghesi è così, si fanno le corna ma non lo dicono e la colpa è sempre dell’altro. E Giulia lo sa che a volte litigano?” Domandò.
“Si certo, in casa anche lei come me quando litigano e si accusano a vicenda li vede e ci patisce… ne soffriamo.” E lui sorrise.
Nonostante il giudizio negativo e azzardato sulla coniugalità dei miei genitori e la loro infedeltà reciproca, in parte vera, non riuscivo a detestarlo, ma anzi venivo attratto di più da quel suo parlare spudorato ma sincero.
In quell’occasione di chiacchierata e confidenze, ci scambiammo anche i numeri di cellulare e qualche volta ci mandavamo un messaggio o ci sentivamo.
Ogni tanto spariva per qualche giorno ed ero io a cercarlo mandandogli messaggi e chiamandolo con lo smartphone anche se non rispondeva e quando ritornava che si faceva rivedere, diceva sempre che aveva avuto da fare per lavoro e la nostra frequentazione tornava come prima. Ci si vedeva al bar, si prendeva il caffè o la birra e si condivideva il pomeriggio seduti a chiacchierare o a girare per Roma con la sua auto o il suo grosso scooter. Oppure qualche sabato sera andavamo al cinema o in discoteca a ballare. Nei nostri incontri e chiacchierate a volte mi mostrava per strada o in discoteca, alcune ragazze che diceva essere state sue conquiste e che aveva chiavato nella sua auto, ma che naturalmente non potevo appurare se era vero, alcune anche belle e forse chissà qualcuna lo sarà stata davvero sua.
“Ma in che modo? ...” Mi chiedevo:” … Una bella ragazza così carina, possa farsi possedere da un tamarro come lui?” E se era vero quel che diceva, perché poi non le frequentava più? Avevo forti dubbi sulla sua veridicità e mi chiedevo come ragazze così graziose e per bene come quelle che mi ostentava, potessero fare sesso con lui.
A dire il vero, pensavo che si, effettivamente facesse sesso con le ragazze, ma non certo quelle che mi indicava lui, ma giovani del suo ambiente sociale, tatuate emarginate o prostitute, e che per vantarsi con me le spacciasse per quelle ragazze bellissime… Ma purtroppo in seguito dovetti ricredermi, era tutto vero quello che mi diceva, le possedeva sessualmente realmente e quando lo scoprii, ne restai scioccato.
Spesso mi chiedeva di Giulia, sorella e se era allegro diceva:” La ma troietta come sta’ oggi?!”
“Bene!” Rispondevo ormai assuefatto e non più scandalizzato dal suo linguaggio che ritenevo tra virgolette “normale” per un tipo come lui, visto la condizione di sua madre e sua sorella a cui accomunava tutte le altre ragazze, dal momento che diceva che per lui le donne erano tutte troie.” Oppure di Marco che lui continuava a chiamare:” Il finocchietto o il frocetto di Giulia. “Mentre se era di cattivo umore parlava poco e rischiavo che se la prendesse con me per qualsiasi cosa che non gli andasse.
Un giorno mi domandò:
“Invece tu, come vivi nella tua famiglia? Ma devi essere sincero come io lo sono stato con te!” Disse.
“Si certo…” Risposi: “… Il mio legame con la famiglia è continuo, fatto di educazione e rispetto delle regole famigliari, ma anch’io come tutti i ragazzi sento la necessità di autonomia da loro. “Affermai.
“È normale… sei in una gabbia…”
E continuai: “Io vorrei emanciparmi ed essere indipendente dai genitori, per questo con te mi sento a mio agio e a volte mi identifico con te.” Lo informai.
“Stai tranquillo che ti insegnerò molte cose io, più di tua madre e tuo padre messi assieme in vent’anni…” Disse lui. E a quelle parole precisai e continuai:
“Non è che i miei genitori siano opprimenti, ma sono presenti costantemente nella nostra vita, anche in quella di Giulia dove abbiamo spazi di autonomia, ma controllata… “
“In che senso?” Mi interruppe.
“Nel senso che quando uno di noi esce, mamma ci chiede sempre:” Dove vai? Con chi vai? Cosa fate…? ecc.” E a volte mi sento smarrito di questo interessamento costante e entro in contraddizione con i miei genitori per l’eccessivo controllo che esercitano su di me. Siamo molto dipendenti da loro, soprattutto Giulia.” Dichiarai.
“Quindi sia tu che tua sorella sentite desiderio di libertà, autonomia…” Domandò Lucio.
“Io sì!” Risposi:” In alcuni periodi avverto un desiderio irrefrenabile di uscire dalle mura domestiche per espandermi nel mondo che prima conoscevo solo tramite l’educazione dei genitori e la scuola, ed ero alla ricerca di spazi di vita miei, nuovi, di luoghi in cui trascorrere del tempo affermando la mia la mia emancipazione e autonomia oltre che mostrare le mie capacità.”
“Certo, hai ragione, ne hai tutto il diritto e io sono qui per aiutarti, per farti trasgredire, crescere e emancipare… e se vuoi anche a Giulia…” Mi rispose.
Vedendo che mi dava ragione e sembrava che mi capisse o almeno fingeva di farlo, mi sfogai.
“Io chiedo solo uno spazio esterno casa, dove poter incontrare chi voglio, miei coetanei e no, anche persone diverse da me e condividere con loro idee e modi di essere moderni.
Vorrei frequentare luoghi differenti dai soliti e non quelli che visito spesso con i miei genitori, come la solita sala cinematografica, i negozi e le vetrine, la via frequentata, il giardino un po’ isolato dove sederci tranquilli a chiacchierare e che piacciono tanto a mamma.
Io invece voglio cercare nuovi spazi in cui vivere, incontrando e relazionandomi con gente nuova e non solo con gli amici della mia compagnia, del mio ambiente sociale. Costruire nuove conoscenze in discoteca o per strada, anche in posti chiassosi e che mi aiutino a formarmi e a crescere realmente il mondo d’oggi e non quello ovattato in cui cresco ad aspettare che passi il tempo per trovarmi adulto senza esperienza di vita.” Esclamai con enfasi senza interruzioni.
Lucio mi guardava annuendo con il capo mentre si accendeva una sigaretta. E assurdamente esaltato continuai:
“Io in questo periodo sto crescendo e maturando e cerco amicizie diverse, esperienze nuove, come tutti i ragazzi, dove potermi anche sballare se voglio.” Dissi.
“Hai ragione, appoggio appieno le due idee…” Mormorò sbuffando fumo mentre io proseguivo:
“Vorrei confrontarmi con tutti quei comportamenti che in una famiglia per bene come la nostra non sono ammessi, capiti e accettati.”
Inconsciamente e inconsapevolmente con quelle frasi mi allontanai involontariamente dall’educazione familiare e per bene dei miei genitori per finire in quella trasgressiva tra le grinfie di Lucio che subito pronto disse.
“Ci penserò io a portarti in ambienti diversi, girare per i quartieri anche di periferia lontani da sguardi indiscreti. Ti porterò alla conquista di strade, piazze e giardini mettendo in atto in te comportamenti diversi dal solito. Ti farò trasgredire e affermare la tua indipendenza. Salveremo anche Giulia da questa situazione… “Mormorò.
Trasgredire, criticare i miei genitori come avviene in quasi tutti i ragazzi della mia età, lo consideravo qualcosa di normale, di crescita e in parte mi eccitava vederlo dalla mia parte in opposizione a loro. E quella sua disponibilità ad aiutarmi a trasgredire e a sganciarmi da essi l’accolsi favorevolmente. Inoltre a sentire la sua ultima frase di soccorso a favore anche di mia sorella, invece di preoccuparmi e avvertire avversione per la sua attenzione nei suoi confronti e quindi rifiutarla, mi fece uno strano effetto. Fui preso da una forma inconscia di turbamento e stordimento fisico e mentale, come se fossi pervaso da una sensazione di soddisfazione particolare al suo interesse verso Giulia e in quell’inspiegabile stato d’animo che mi trovai, ritornai eccitato a parlare di lei, domandandogli volutamente imbarazzato.
“Senti… dimmi una cosa Lucio? Quel pomeriggio, sotto le gradinate, prima di sapere che ero suo fratello hai detto tutte quelle frasi oscene e volgari su mia sorella e tra l’altro anche che le avresti dato volentieri dei colpetti di cappella contro l’utero…”
Non finii la frase che sorrise presuntuoso interrompendomi:” Si certo… è un modo nostro per dire che a una ragazza la chiaveremmo volentieri fino in fondo … dare dei colpetti sull’utero significa penetrarla e chiavarla battendo appunto la cappella sull’utero. È un po' come dire: Me la ingropperei…”
A sentirlo ero geloso e infastidito, ma anche turbato che parlasse in quel modo di mia sorella, ma vista la confidenza e la permissività che oramai si era instaurata tra noi, e sentendomi pervadere da una innaturale eccitazione domandai ancora: “Quindi tu in quel momento l’avresti posseduta…davvero?”
“Eh certo… sì… non solo in quel momento, ma anche ora la chiaverei…” Esclamò ridendo:” Chi è che non si chiaverebbe tua sorella… solo quel coglione del suo fidanzatino…il frocetto.” E rise ancora.
“Se invece che tu, fosse venuta giù lei, prima l’avrei aiutata a cercare le chiave e poi me la sarei ingroppata (chiavata).”
“Ma anche se lei non voleva?” Chiesi ancora curioso:” Come avresti fatto?”
“Segreto…!” Rispose lui:” Ma ti assicuro che l’avrei chiavata:”
“Anche se non voleva?” Ripetei ancora. Ma la sua risposta fu evasiva:
“Avrebbe voluto stai tranquillo che avrebbe volto e le sarebbe piaciuto. Alle troiette piace chiavare.”
Restai in silenzio e impressionato dal suo proposito di possederla sessualmente e anche se mi dava fastidio la sua intenzione, provavo piacere che ne parlasse in quel modo sessuale. Alche lui mi domandò:
“Tu Adriano saresti contrario se accadesse? Se Giulia invece di quel finocchietto diventasse la mia ragazza?” Mi domandò all’improvviso.
Rimasi sorpreso e sconcertato da quella domanda… Non me l’aspettavo al punto che riflettei:
“Ma che si messo in testa? Davvero pensa di piacere a mia sorella o di provarci con lei?”
E pensai:” Giulia non andrebbe mai con uno come lui…”
Ma invece di rispondere:” Si! ...Sono contrario!” Replicai in modo evasivo cercando di fare un discorso da persona adulta dicendo:
“Guarda Lucio… per me Giulia (la chiamavo così per estraniarla da me come sorella in quel contesto e quei momenti di eccitazione e non avvertire la fratellanza) può chiavare e può andare con chi vuole, deve essere lei a scegliere, ma senza offenderti, tu non sei il tipo di ragazzo per mia sorella, lei è diversa dall’ambiente che frequenti tu. E poi non gli piaci fisicamente non sei il suo tipo e non credo ci riusciresti mai.”
“Perché credi che sia tanto diversa dalle ragazze che frequento io?”
Sorrisi:” Dai!... Lo sai!”
“No dai dimmelo tu!” Ribatté serioso.
“Si lo è, lei è una ragazza seria, educata e aggraziata. Tu vai con ragazze facili, poco di buono, che la danno a tutti…” Dissi.
“Con puttane insomma…” Replicò lui.
“Ecco si, non volevo dirtelo per non offenderti…”
“Ma non mi sono offeso… è la verità quello che hai detto…” Fece una pausa e riprese:” ... può sempre diventare anche lei una puttana…” Rispose serio:” … inizia a fare la puttanella e poi passa a fare la puttana vera, la prostituta, proprio come mia sorella, a farsi pagare per chiavare, così potrò uscire con lei… no!?” Chiese sarcastico.
Quella risposta mi colpì molto e lasciò perplesso e …. “Stavo per rispondere, quando lui subito aggiunse:” … Ehi scherzavo… non crederai davvero che voglia fare diventare tua sorella una mignotta? Che la mandi a fare l’estetista con mia sorella Claudia? Certo Giulia mi piace e la chiaverei volentieri come tanti e comunque ricordati che tutte le donne sono puttane, non dimenticarlo mai…”
Sorrisi e lui proseguì:
“Non tutti sono come il suo ragazzo che non la chiava nemmeno?”
“Te l’ho detto Lucio, non so se non la chiava… ma non credo, almeno che sappia io, penso che sia ancora vergine o almeno spero. Lui la rispetta, da noi la verginità è un valore.”
“Mi piacerebbe sverginarla io se lo è… “Ribatté con un sorriso acceso e perfido.
“Senza offesa Lucio, credo che dovrai cambiare propositi su di le se ne hai …” Risposi invece di troncare quella discussione:” …puoi pensarlo se vuoi, questo te lo concedo e puoi parlarmene con me, chiamarla troietta o puttanella, ma oltre no. E poi come ti ho detto non farti idee strane su di lei, non è la ragazza per un tipo come te…” Affermai. E pur di non continuare quel discorso che mi turbava, mi alzai e lui fece lo stesso dietro me.
“Ehi… scherzavo… ma mi piacerebbe provarci con lei…” Disse.
Scossi il capo e uscimmo.
Per commenti, suggerimenti, idee, notizie o critiche, scrivere a:
dressage1@hotmail.it
Grazie.
I contenuti presenti sul blog "Immoralex" dei quali è autore il proprietario del blog, non possono essere copiati, riprodotti, pubblicati o ridistribuiti in forma parziale o totale senza previo accordo con l’autore stesso e citando sempre la fonte d’origine.
È vietata la copia e la riproduzione dei contenuti in qualsiasi modo o forma. Copyright © 2022 Immoralex. All rights reserved.