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STORIE E RACCONTI EROTICI

VIETATI AI  MINORI DI 18 ANNI

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LA DEGERAZIONE DI UNA MOGLIE FEDELE 

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VIETATO AI MINORI DI 18 ANNI

 

DEGENERAZIONE DI UNA MOGLIE FEDELE

 

NOTE:

“Il pessimista pensa che tutte le donne siano puttane. L'ottimista lo spera.”

 

 

Cap.5 ROCCO

 

 

Dall'altra parte della strada, vedemmo arrivare un’altra auto di grossa cilindrata, che lampeggiò ai due uomini davanti a noi e si fermò al bordo del marciapiede opposto al nostro. Vidi aprirsi la portiera e scenderne una donna grassoccia, con un modo di muoversi goffo, che appena fuori fece segno all’interno della sua auto, dove si aprì anche l’altra portiera scendendone una ragazza molto appariscente, alta e magra. Era vestita in modo osceno, peggio della mia Roberta, con borsetta a tracolla e stivaletti con il tacco a spillo che le arrivavano al ginocchio, bianchi, che lasciavano uscire da essi calze bianche di seta tirate su oltre la mezza coscia, davanti quasi agli inguini, e dietro sotto i glutei, tenute su da un nastro nero legato sotto alla balza ricamata della calza con la gassa dietro. Indossava un gonnellino viola aderente a vita bassa, più corto ancora di quello che aveva Roberta, un giubbino anch’esso in tessuto bianco e sotto un top nero, molto scollato davanti che lasciava intravvedere in parte le mammelle, e corto inferiormente che le arrivava sulla vita, mostrando l’ombelico; lasciando l’addome e la zona dei lombi scoperta. Aveva una cascata di

capelli crespi e biondi color oro, lunghi sulle spalle, era giovane, avrà avuto 25-30 anni,

probabilmente non Italiana.

Scesa con indifferenza si mise a passeggiare sul marciapiede nonostante quei tacchi altissimi, con capacità e fare sicuro, era impossibile non notarla, oltretutto era anche bella d’immagine a vederla dalla nostra distanza.

Io e Roberta la guardammo, lei con sgomento ed io eccitazione passeggiare, era una puttana vera che aspettava i clienti. Una volgare puttana con stivaletti di vernice bianca e gonnellino, che quella donna giunonica scesa prima di lei dall’auto aveva portato a battere lì, di fronte a noi. Capimmo subito che ci trovavamo in una zona poco raccomandabile. E intanto che lei passeggiava quella donna che l’aveva accompagnata, venne verso di noi e avvicinandosi vedemmo che aveva oltre la cinquantina d’anni, era vestita con abiti di classe ed eleganti ma in modo sciatto e trasandato, non sapendoli portare né valorizzarli con il suo corpo giunonico e formoso. Aveva i capelli tinti di nero corvino, con il viso rugoso e truccato volgarmente.

Quando arrivò nell’auto davanti a noi che ci aveva fermato tagliandoci la strada, la sentimmo spegnere il motore e aprire le portiere, accendendosi la luce nell’abitacolo un attimo per spegnersi subito alla loro chiusura. Ne scesero due uomini che vennero verso di noi e guardammo con attenzione e i nostri occhi si sbarrarono dalla sorpresa e dallo stupore. 

Subito non li riconoscemmo, ma avvicinandosi alla luce dei lampioni identificammo uno dei due, quello più basso e capimmo che erano i due che prima erano nel bar, l’uomo con la sigaretta elettronica in bocca e l’altro. Era il tizio del bar che guardava Roberta in modo insidioso e brindava a lei fumando la sigaretta elettronica… quello che aveva chiesto prima a me e dopo a lei, la tariffa di quanto prendesse per lasciarsi chiavare, e a quel riconoscimento fummo pervasi da un brivido.

Fu come un flash... subito nella concitazione e nella sorpresa dell’arrivo non lo avevamo riconosciuto. Ma osservando bene da vicino e vedendolo fumare la sigaretta elettronica, capimmo e ci ricordammo chi era.

Quella donna giunonica, si avvicinò e si mise subito vicino a parlare con loro e per un attimo restarono fermi da fuori a guardarci all’interno dell’abitacolo.

Poi vennero verso di noi: 

“Ma chi sono? Che vogliono da noi!?” Esclamò Roberta allarmata e spaventata.

“Non so! Ora vedremo! “Risposi mentre abbassavo elettricamente il vetro del finestrino per

poter parlare con quegli uomini senza scendere.

Lui si portò insieme a quella donna verso la portiera di mia moglie e l’altro verso la mia prima che io intimorito le bloccassi, e quando furono vicino, l’uomo con la sigaretta elettronica aprì quella di Roberta, lo stesso fece l’altro uomo dalla parte mia parte dicendoci in modo autoritario: “Scendete!”

“Ma perché che succede? …Chi siete?” Mormorai preoccupato.

“Scendete!!” Ripeté la voce rauca e decisa di quell’uomo.

“Ma che volete! Chi siete?” Ribadii accompagnato dalla voce di mia moglie, che cercava di

prendere il soprabito nel sedile posteriore per coprirsi, essendo restata mezza nuda sotto

quell’abitino osceno.

Quella donna giunonica, aprendo di più la portiera di mia moglie e prendendola per i polsi, autoritaria la tirò fuori dall’abitacolo quasi con forza, così com’era, sgambata, mostrando senza volerlo Roberta in quel tirare, le mammelle ballanti sotto il tessuto e la figa pelosa scoperta. A seconda da come muoveva e posizionava le gambe nell’uscire tirata da quella donna, si alzava il gonnellino e non avendo più mutandine e reggiseno, ma solo quel mini abitino aderente addosso, si notavano tutte le sue intimità.

Obbligandola ad alzarsi la fece scendere dall’auto, in quel suo vestitino succinto, che la faceva

sembrava una puttana vera sul marciapiede … come quella che aveva portato poco prima sull’altro lato della strada quella donna e che in quel momento passeggiava tranquillamente, a volte guardandoci, forse pensando che Roberta fosse una sua collega.

“Mi lasci! Cosa fa?... Mi fa male ai polsi!” Gridò Roberta una volta fuori dall’auto e lasciata dalla presa di quella donna formosa, impugnandoseli con le mani e sfregandoseli da sola per il dolore, con le dita ad anello, ruotandoli tra il palmo della mano e le dita, spostando sopra di essi i bracciali larghi che scendevano contro il polso. Intanto l’uomo dall’altra parte dell’auto faceva scendere me.

Roberta restò in piedi, imbarazzatissima, non avendo più né il tanga, né il reggiseno, era praticamente nuda sotto l’abitino. Rimase ferma, in piedi, sui suoi tacchi rossi, fuori dalla sua portiera su quel marciapiede di periferia.

Era spaventata... in quei momenti pensavamo ad una rapina... e sarebbe stato meglio se lo fosse stata.

“Prendetevi quello che volete, ma lasciateci in pace...” Esclamai, girando attorno all’auto,

portandomi al fianco di mia moglie sul marciapiede.

Roberta restò ferma con quell’uomo con la sigaretta elettronica che si avvicinò a lei, mentre l’altro si avvicinò a me.

Lo vedemmo bene da vicino alla luce del lampione. Oltre ad essere basso e grassoccio aveva il

viso butterato forse dall’acne giovanile o peggio dal vaiolo, e quelle incavature sul volto erano

diventate cicatrici e insieme alle rughe lo facevano apparire sfregiato, quasi deforme. Una

persona sgraziata e inestetica nel corpo e sul viso, con quei pochi capelli che aveva tinti di nero corvino. Si avvicinò a Roberta sorridendo:

“Si ricorda di me signora ?!!” Esclamò perfido.

Mia moglie tesa restò in silenzio e non rispose.

“Mi chiamo Rocco e ci siamo già visti nel mio bar un’ora fa!!” Disse presentandosi.

In un attimo guardando mia moglie feci mente locale, si chiamava Rocco, come quel bar dove

eravamo stati …. e quello probabilmente era davvero il suo bar.

Continuava ad aspirare la sua sigaretta elettronica sbuffando vapore e fumo in aria.

“Probabilmente è meridionale ...” Pensai visto il nome.

Girò intorno a mia moglie che aveva le braccia incrociate sul torace a coprire il seno, tenendo in quel modo con gli avambracci il tessuto dell’abitino con sotto le mammelle al riparo dai loro sguardi, ed era ferma e spaventata con le gambe unite su quei tacchi altissimi per lei, essendo persino più alta di lui.

Quel Rocco la osservò con attenzione, non solo sul corpo, ma anche sul viso, come aveva già fatto anche al bar, si capiva che le piaceva, non tanto per come era abbigliata, ma per il tipo di donna che era. La squadrò dalla testa ai piedi, fermò lo sguardo davanti alle sue cosce strette e scoperte al limite della decenza e della figa. Solo in quel momento vedendola scrutare da quell’uomo, mi tornò in mente che non aveva le mutandine o meglio quel triangolino del tanga nero con i brillantini, che tutto sommato la coprivano un poco o almeno le nascondeva la fessura e le grandi labbra del sesso.

Mi prese il batticuore:” Speriamo che Roberta non si muova se no se ne accorge!” Pensai. “Se lo fa, si vedrà tutto!”

Quel Rocco si avvicinò di più a lei:

È magnifica!” Esclamò osservandola attentamente. “Quanti anni ha?!” Le chiese dandole

educatamente del lei.

Roberta mi osservò spaventata e prima che dicesse qualcosa, risposi io:

“Quarantatré!” Esclamai.

Sorrise perfidamente:

“Quarantatré!!” Ripeté lui pensoso guardandola:” È una splendida quarantenne. Complimenti ne dimostra meno!” Esclamò.

Poi voltandosi verso quella donna giunonica vicino a lui che era arrivata con la prostituta, c’è la presentò:

“La signora si chiama Lea ...” Disse, indicandocela con la mano. Ma di signora aveva davvero

molto poco, proseguendo:” …è la mia collaboratrice che nell’attività si interessa del settore

femminile!” E sorrise sfrontatamente.

Capimmo a che tipo di lavoro femminile si interessava…quella “signora” sua collaboratrice.

Poi rivolgendosi all’uomo che era vicino a me, ci informò facendo segno con il dito:

“E lui è Ignazio un mio collaboratore ...” Capii subito anche lui di che tipo di lavoro si

interessasse e in che cosa collaborasse.

Stranamente quel Rocco nell’averlo di fronte, sentirlo parlare e fare le presentazioni dei suoi

amici come se fossimo conoscenti, mi accorsi che non mi incuteva timore, anche se senz’altro

non era una persona corretta. Lui vedendoci li fermi sul marciapiede e silenziosi, iniziò a parlare.

“Venga di qua!” Mi disse facendomi segno anche con la mano e avvicinatomi, mi passò il braccio dietro la schiena e mi batté la mano sulla spalla come un vecchio amico, dicendomi:

“Non me la racconta giusta lei? Veramente è sua moglie questa bella signora? “Proseguendo con un sorriso sarcastico: “Non è, che è veramente una puttana? E vi fate passare per marito e moglie? “Domandò tra il serio e lo scherzoso.

Roberta a sentire quelle parole si indignò:” Non si permetta!!” Esclamò intimorita ma sdegnata e livida di rabbia in viso.

Lui sorrise piacevolmente del suo sdegno.

Io scossi la testa e cercai di far rientrare in auto mia moglie. Ma lui mi fermò:

“Se è proprio sua moglie non credo sia la prima volta che la fa esibire così? Mi sbaglio?”

“Si! Si sbaglia!” Risposi seccato ed agitato, mentre Roberta spaventata ascoltava.

In quella situazione particolare, all’una di notte quasi, fermi su un marciapiede con mia moglie vestita come una battona, decisi di dirgli la verità purché ci lasciasse andare.

“No guardi quello che pensate voi è un errore, per noi oggi era un giorno di festa...”

E gli raccontai come stavano realmente le cose, gli dissi dell’anniversario, del regalo dell’abitino sexy, della cena a casa nostra, del giro in auto e l’’arrivo in quel bar:” …. tutto fatto solo per gioco, per festeggiare il nostro ventennale anniversario in modo diverso, trasgressivo.” Terminai.

“Trasgressivo!?” Ripeté lui guardando ancora Roberta in viso.

E dopo avermi ascoltato, cambiando discorso pronunciò ancora mentre la ammirava:

“E’ molto attraente sua moglie!”

Roberta abbasso gli occhi sul marciapiede e si strinse di più tra le sue braccia cercando di

coprirsi il seno e la gonna con gli avambracci e le mani.

Mi chiedevo se quella serata dovesse finire in quel modo e perché? Immaginavo la vergogna che provava mia moglie ad essere lì con quegli uomini a scrutarla e quella donna sorriderle stupidamente in quella condizione come se fosse una puttana vera. Percepivo il brivido di umiliazione che la stava percorrendo sulla pelle e negli occhi, e realizzavo quanto quella

situazione perversa, quel gioco innocente tra noi ci stesse trascinando su una strada che non

avremmo mai immaginato di vivere.

Mi voltai e mi diressi verso alla mia auto per andare via. Ero sconvolto dalla piega presa dalla

serata, quando sentii dire:

È perfetta!” Esclamato da quel Rocco, che prendendola per il braccio la strattonò poco più

lontano dall’auto sul marciapiede.

“Fermo! Che fa!” Urlai io assistendo alla scena, pensando terrorizzato che volessero caricarla sulla loro auto. “Se non la smettete e la finite di spaventarci chiamo la polizia per denunciarvi!” Minacciai. Ma lui con un sorriso beffardo, sempre tenendo per il braccio mia moglie si prese gioco di me:

“Chiamate la polizia?... E cosa le dite? Che eravate qui a passeggiare sul marciapiede all’una di

notte? ...Con sua bella moglie vestita in questo modo, come quella là!! “E girandosi fece segno con l’indice alla ragazza bionda che passeggiava nell’altro lato della strada.

Roberta la guardò e arrossi:

“Si sbaglia, io non sono una di quelle!! “Esclamò irritata.

“E chi me lo dice, il suo abbigliamento, il luogo, l’ora, dimostrano tutto il contrario.” Esclamò quel Rocco, mentre quella donna, Lea, vicino a lui sorrideva stupidamente come contenta che la trattasse in quel modo.

“Non rispondere alle sue provocazioni per favore amore!” Dissi a Roberta, mentre lui ripeteva:

“Ma i fatti e la situazione dimostrano il contrario … Lo sa la prima cosa che fa la polizia se la chiamate e viene qua?... La schedano come una prostituta e la portano in questura, e a lei come il suo magnaccia…” Era un rischio che non potevamo correre.

Roberta fece per abbozzare una risposta, ma guardandomi si fermo e restò in silenzio.

Quel tipo, Rocco, con una falsa gentilezza dai modi volgare, cercando di essere affabile disse a mia moglie:” Permette?”

E non trovando la sua opposizione, perché non a conoscenza di cosa volesse fare, e stupita e

intimorita dalla situazione, le prese tra le dita il margine inferiore della gonna e lo portò verso l’alto scoprendola davanti, mostrando prima l’orlo ricamato delle balze delle calze nere e la pelle nuda e pallida tra le giarretelle che le sostenevano. Successivamente tirando ancora più su, gli inguini e continuando ad alzarla ancora fece comparire la sua figa pelosa. Osservando e mostrando al suo amico e a quella Lea il bel triangolo di peli soffici di Roberta, ancora arruffati dal piacere per la nostra chiavata, di cui per fortuna loro non ne erano a conoscenza, che coprivano in modo disordinato e scompigliato la lunga fessura vulvare di mia moglie, ancora dischiusa, umida ed eccitata perché avevamo chiavato da poco…

“Ma che fa! Come si permette!!” Gridò mia moglie distogliendo un braccio dal torace e dandole un colpo sulla mano a staccarla e allontanarla, tirandosi più giù che poteva il gonnellino.

“Non si permetta di toccarmi e tantomeno guardarmi sotto il vestito… Queste cose le faccia alle donne che vanno bene per lei e non a me che sono una signora.” Affermò.

Ma lui per risposta pronunciò: “Vedo che non porta niente sotto! “Sorridendo maliziosamente, riprendendo e divertendosi a trastullare il bordo inferiore del gonnellino tra le dita:” E quanto bel pelo bruno e soffice che ha lì sotto… una bella pelliccia pregiata…” Aggiunse ridendo, mostrando i suoi grossi denti anteriori da protesi.

Mia moglie prima che io intervenissi e dicessi qualcosa, diede nuovamente con la mano un colpo sulla stoffa del gonnellino risollevato, dall’alto verso il basso, facendogliela sfuggire di mano e tirandolo giù quel poco che la coprisse di nuovo, ed esclamò: 

“Glielo già detto…lasci stare! Come si permette!? Chi gli da questa libertà nei miei confronti?”

Ma lui con aria di sfida, e una espressione cattiva, guardandola fissa negli occhi le prese il polso stringendolo forte e facendola piegare di lato con il braccio e con il tronco.

“Hai… hai… mi fa male! Me lo lasci!” Pronunciò con un lamento mia moglie e lui glielo lasciò con sdegno, cacciandoglielo indietro con forza e disprezzo, prendendoselo lei subito nell’altra mano a massaggiarselo circolarmente per lenire il dolore. 

Io cercai di intervenire dicendo:” Ma che fa?  La lasci…!”

Ma mi zittì subito in modo autoritario con un:” Silenzio…!!!”

E con arroganza e padronanza come se fosse realmente una sua puttana riprese nuovamente il bordo inferiore del vestitino e con autorità lo tirò su, senza che ne mia moglie ne io per timore e allarmati dicessimo qualcosa o lo impedissimo. E lo sollevò nuovamente osservandole ancora la figa con un sorriso freddo, beffardo, alzando e tirando lateralmente un margine del labbro superiore più in alto dell’altro, in una sorta di sorriso cattivo e derisorio. 

Roberta era preoccupata, in presa allo spavento, allo sconforto e timore di lui e mormorò a bassa voce:

“No mio Diooo!!! La pregooo!! Non faccia così! Non mi metta in questa condizione di disagio e vergogna. “Cercando di calmare quel Rocco, facendo scorrere le mani sull’addome dall’alto verso il basso, sfilandole di nuovo il margine del tessuto del gonnellino dalle dita e tirandolo giù a coprirsi, quella volta dolcemente, non guardandolo in viso, ma con gli occhi pieni di vergogna e bassi sulla strada.

Lui le lasciò il tessuto a ricoprirle la figa, e girandole attorno affermò:

” Certo che conciata così senza mutandine e reggiseno, vestita in questo modo, sembrate una

perfetta puttana, una signora sì, ma della notte, di quelle che si vendono. Del resto non avevate nascosto di meno prima nel bar.” Disse.

Io osservavo mia moglie piena di umiliazione con le mani davanti a tenersi quei pochi centimetri di stoffa rossa sul pube che non glieli alzasse ancora e scoprisse la figa. Avrei voluto prenderla per mano e fuggire. Il cuore lo sentivo battere forte in gola e sulle tempie, mi vergognavo per lei, ma nello stesso tempo ero involontariamente eccitato a quella scena,

scoprivo e avvertivo una sensazione di calore e una forma di stordimento piacevole a osservarla in quella condizione davanti a quell’uomo.

Lei, intimorita restava immobile, spaventata, probabilmente inconsciamente eccitata da

quell’accadimento e dalla sua situazione, visto che avevamo finito da poco di fare sesso.

All’improvviso le appoggiò la mano sulla spalla, osservandola di profilo, mentre lei guardava me sperando che intervenissi, e infilandole le dita sotto i capelli accarezzandole il collo, glielo fece piegare leggermente indietro in una emozione di brivido e piacere, che le fece avere una smorfia indefinibile e indecifrabile sulle labbra. Muovendola fece scivolare la mano in basso, sfiorando la pelle vellutata facendola rabbrividire e increspare sulla sua schiena nuda in una sensazione di pelle d’oca, accarezzandola fino ai lombi e le fossette di Venere. Roberta tesa si lasciava sfiorare dalle dita grosse e piene di nicotina di quell’uomo, quel magnaccia

nell’incavatura della colonna vertebrale. Lentamente giù, fino in fondo, quasi ai glutei, avendone per effetto, una contrazione piacevole del viso, dischiudendo le labbra e irrigidendo il tronco, spingendolo leggermente in avanti in una reazione che sembrava un fremito di piacere, mentre lei passiva mi osservava con vergogna e non reagiva.

A quel gesto e alla sua reazione, provai una sorta di piacere sottile ed eccitazione nell’osservarla accarezzata sulla pelle da quell’uomo con la sigaretta elettronica e vederla silenziosamente incapace di ribellarsi, pur muovendosi per reazione sotto le carezze delle sue grosse dita.

Avvertii uno stimolo in basso sul pene, sotto forma di calore intenso, come se volesse ritornare eretto, venendo impedito dall’imprigionamento degli slip, e il cuore iniziarmi a battere fortissimo.

“Ma che mi sta succedendo?” Mi domandai spaventato.

” Mi eccita vedere mia moglie accarezzata da quell’individuo? Da quel vecchio balordo

, quell’essere orrendo??”

Eppure era così…mi eccitava.

Quel suo scrutarla in quella maniera libidinosa, turbava me, ma anche lei e peggio ... oltre il suo sguardo, il mio guardarla e sapere che sentiva le sue dita sul suo corpo, era tutto inconsciamente eccitante.

Ma dovevo fare qualcosa, reagire, almeno davanti agli occhi di mia moglie. Proteggerla.

E intervenni:

“Ma, che fa? È pazzo! Come si permette, la lasci stare!” Gridai tra il pensiero e l’immagine che avevo ancora nella mente per averle sollevato la gonna, guardato la figa e fatto quella carezza lasciva sulla schiena.

“Stia tranquillo che non gliela consuma! “Esclamo ridendo il suo amico.

“Ma che consumare e consumare... questo è un abuso, un sopruso nei nostri confronti, ci lasci

andare via se no andiamo davvero alla polizia!” Esclamai.

Ma lui non dandomi nemmeno retta, continuò a parlare con mia moglie e anche se lo faceva in

modo rispettoso, era volgare e indecente.

“Se vuole fare davvero la puttana signora !!…E non per gioco…” Le disse in modo serio:” Deve andare fino in fondo, non solo giocare ad esserlo! Ci sono molti modi di essere puttana e ha

anche il suo fascino esserlo o diventarla ! E non esiste età!” Esclamò. E mentre Roberta silenziosa e scandalizzata ascoltava, lui proseguiva:

“Se vuole provare davvero, a saggiare il brivido di essere pagata ...io la posso aiutare! Conosco

l’ambiente!” La informò.

Vidi quella donna Lea, guardare mia moglie con una specie di sorriso perfido, come il gatto guarda il topo prima di agguantarlo tra i denti, che mi spaventò.

“Non penserete davvero che mia moglie sia una puttana!” Intervenni io agitato:” Vi ho già spiegato che è nato tutto per gioco. Un gioco che ci è piaciuto fino ad ora, ma adesso basta ci fermiamo. C’è l’avete rovinato.” Pronunciai irato.

“Era solo un gioco o qualcosa di diverso?” Si intromise quella donna, Lea.

“Cosa intende dire?” Domandai.

“Oppure era un vostro desiderio inconscio, o meglio di sua moglie di provare davvero a fare la battona …?” Disse avvicinandosi a Roberta e accarezzandole il braccio con una viscidità che solo una serpe può avere. 

“Come si permette! Io non ho di questi desideri malati come li avete voi…. No! Nessun desiderio inconscio di diventare come lei!!...Una puttana!!” Esclamò alterata Roberta, facendomi restare pietrificato dalla sua risposta e preoccupato da una possibile loro reazione negativa.

“Ne è proprio sicura che non vuole diventarlo?” Ribatté maligna Lea come un serpente sputando veleno.

A quel punto per evitare uno scontro tra loro, intervenni io, ripetendo stanco e deciso:

“No! Nessun desiderio inconscio, solo un gioco, una trasgressione ...nulla di più.” In quel momento Lea fece segno al loro amico che iniziò a fotografarci con lo smartphone, tutti sul

marciapiede e soprattutto a mia moglie conciata come una vera prostituta.

“Ma che fa!” Gridai mentre Roberta cercava di coprirsi il volto e lui scattava.

“Niente, faccio solo foto ricordo. Sua moglie mi piace molto e voglio avere una sua immagine per ricordo. “Disse quel tale Rocco. E mentre Roberta si copriva il viso alzando le braccia e di conseguenza il gonnellino si sollevava scoprendole involontariamente la figa e il suo amico Ignazio continuava a fotografarla sul marciapiede, lui quel Rocco all’improvviso appoggiò la mano sul gluteo scoperto di mia moglie accarezzandolo e palpandoglielo:

“Però ha un gran bel sedere la sua signora!” Esclamò rivolto a me stringendoglielo con la mano e tastandoglielo.

“Ehi!!! Gridai io:” Non la tocchi!!! Come si permette !!”

E Roberta forse incoraggiata dalla mia voce, incurante delle fotografie che abbassando le braccia la riprendevano anche in viso, ruotandosi di scatto con il tronco e con il capo, facendo con quel movimento dondolare forte i suoi orecchini pendenti e rialzare il gonnellino, d’istinto gli diede una sberla forte sulla mano, facendogliela ritirare subito:

“Come si permette?! Non mi tocchi con le sue manacce !!” Esclamò con il viso arrossato e alterato, indietreggiando di qualche passo preoccupata di una sua possibile reazione:

” Non mi tocchi e non ci riprovi mai più!!” Ripeté ancora, agitata allontanandosi di più da lui timorosa di qualche schiaffo.

Lui invece rise con quella sua faccia segnata dalle rughe e dall’acne che sembravano sfregi, fece una risata diretta e sfrontata:” Oltre a un bel culo da vera signora, ha anche un bel caratterino sua moglie!” Esclamò guardandomi.

In quel momento Roberta era ridiventata lei, bella e selvatica, anche se volgare vicino a quella gente, come non era lei. Seppur spaventata aveva avuto l’ardire di reagire a quell’uomo, quel magnaccia, compiere quello che per mancanza di coraggio non feci io.

Quel tipo Ignazio che aveva scattato le fotografie con lo smartphone riguardandole sullo schermo rise: “Sembra proprio una puttana che litiga con il suo magnaccia!!” Esclamò.

Roberta ebbe un attimo d’ira:” Non si permetta anche lei!!... Mi dia…!!” Gridò, avventandosi

su di lui per strapparle lo smartphone dalle mani, ma fu bloccata da quella Lea che la respinse

indietro.

Per quanto fosse tardi nella strada avrebbe potuto passare ancora qualcuno e certamente anche se non ci conosceva, non era bello farci vedere su un marciapiede di periferia frequentato da puttane a litigare con degli sconosciuti. Inoltre Roberta offriva uno spettacolo indecoroso, ma in fondo non era colpa sua, lei aveva fatto di tutto per evitarlo.

“Su cammini un po' avanti e indietro con la borsetta a tracolla, come la ragazza sull’altro marciapiedi!” Le disse Rocco all’improvviso:” Mi faccia vedere come si muove, come dondola il suo bel culo!” La esortò sorridendole con i suoi grossi denti regolari da protesi dentale mal fatta, dove lateralmente nei suoi sorrisi, luccicava un molare d’oro.

“Lei è pazzo!! Figuriamoci se passeggio qui e per lei!! Ma chi si crede di essere?!” Esclamò

con un ritrovato coraggio inusuale, mentre quella Lea la guardava come se volesse

intervenire e prenderla per il braccio.

La osservai, mi avvicinai e sussurrai:” Non lo provocarlo amore se no, non so come va a finire!  Assecondalo che finiamo questa sceneggiata e c’è ne andiamo!”

Lei mi guardò negli occhi, era piena di rabbia da scoppiare a piangere e per far finire tutto in fretta e tornare a casa, lo assecondò, facendo qualche passo, camminando umiliandosi davanti a quell’uomo, con quell'abitino che le toglieva il ritegno e la svergognava ad ogni passo, mostrando le sue intimità.

“Maledetto il momento in cui lo acquistato e ho deciso di uscire e venire da queste parti!” Pensai pentito. Ma a osservarla passeggiare, era magnifica, tra il bordo della gonna e le calze c’erano almeno cinque centimetri di coscia nuda con la linea fisiologica dell’unione del retro coscia al suo sedere carnoso e morbido, e il culo si intravedeva ai suoi passi sui tacchi alti quel

tanto che bastava per essere indecente e provocante. E pur non volendo, in quella situazione, a vederla in quella condizione sconcio e atteggiamento da prostituta, mi eccitavo.

Roberta camminava con gli occhi abbassati.

Quel Rocco si avvicinò e con superbia con due dita le alzò il mento e la osservò attentamente in viso. Le piaceva mia moglie.

Roberta taceva in quello stato, in quella condizione d’inferiorità, mezza nuda di fronte a degli

sconosciuti. Las scrutò negli occhi di traverso, con uno sguardo di sfida dall’alto verso il

basso, pieno d’odio e di ribrezzo per quell’uomo, che lui capì esclamando:

” Lo so che le faccio schifo!” scrutandola anche lui negli occhi, tanto da intimorirla.

Mi avvicinai a lei che mi guardò sussurrandomi: “Ma dove siamo finiti Carlo? Che gente è questa e cosa vuole da noi?! Portami via ti prego!!”

“Si ti porto via amore, stai tranquilla! Sono solo balordi che si vogliono divertire. È quel Rocco

che li capeggia, è quel tizio del bar.”

Mi vergognavo della situazione di mia moglie e allo stesso tempo ero intimorito ed eccitato.

Mi domandavo cosa avrebbero detto i nostri conoscenti se avessero visto Roberta in quel modo, sconcia, su un marciapiede di periferia e vicino a quegli uomini, sarebbe stato uno scandalo per noi, per questo lo assecondammo, per far finire tutto e subito senza problemi e scalpore.

Con un gesto di protezione, abbracciai mia moglie. Avvertivo al suo contatto che era impaurita e tremante tra le mie braccia. Io fremevo eccitato a sentire le sue forme morbide contro di me. Il contatto del suo corpo caldo contro il mio e il suo profumo che le avevo fatto mettere in abbondanza mi inebriava le narici, e l’eccitazione dentro in me aumentava sempre più anche se involontariamente. Lei inconsapevolmente offriva uno spettacolo altrettanto eccitante

con la schiena nuda fino ai lombi e le gambe velate eroticamente dalle calze di seta nera che si

stagliavano con il rosso del vestitino e quello di vernice delle scarpe con i tacchi alti;

obbligandola non essendo abituata a un portamento diverso dal suo. L’atteggiamento sui tacchi, le teneva contratti e in tensione i muscoli lombari, della schiena, e dei glutei, evidenziando di più in quella postura la forma protrusa del suo culo, che veniva spinto indietro e in fuori... ondeggiando ai passi.

“Ancora un po' bella signora!” Esclamò Rocco.

Lei mi guardò, con l’espressione del viso seria e le feci cenno di accontentarlo ancora e presa per un braccio da quella donna che si chiamava Lea, si incamminò. La guardai esterrefatto muoversi barcollando con i tacchi su quelle mattonelle di cemento del marciapiede, come la loro ragazza con gli stivali bianchi passeggiava in attesa di clienti sull’altro lato della strada.

Riflettevo, mi sembra tutto assurdo, mia moglie era lì su un marciapiede, con la borsetta tra le

mani in un abbigliamento non certo da signora per bene, né madre e né moglie, con degli sconosciuti a passeggiare per loro.

Camminava ormai senza ritegno con quell'abitino che la svergognava ad ogni passo e mostrava la parte inferiore del solco gluteo e davanti i peli della figa e nonostante tutto la pensavo eccitata, mentre quella donna, Lea, la teneva per un braccio. 

Lui le fece strada e la guardava in quel suo incedere impudico, ondeggiante con il sedere sul

marciapiede dalla pavimentazione irregolare.

Avevo la tensione alle stelle ed un groppo alla gola, e il cazzo mi era venuto duro senza volerlo

e con un ultimo residuo di pudore la osservai.

Il sorriso di quella Lea e dell’altro uomo accolsero le sue splendenti nudità esaltate dal colore delle calze e dai tacchi alti che la slanciavano di più. Rocco la fece passeggiare un po' come se sfilasse in una passerella fatta dal marciapiede, come una puttana vera, lasciando che ai suoi passi barcollanti si potessero vedere le nudità intime che offriva, mentre l’altra , la bionda , la puttana vera passeggiava sul marciapiede di fronte.

Nell’ondeggiare su quelle scarpe di vernice rossa, nel gonnellino aderente al ventre evidenziava la sua pancetta da quarantenne e le sue meravigliose curve mature, da mamma, moglie e signora per bene. Il mio pensiero fu distolto da lei, nuovamente dal flash dello smartphone che all’improvviso illuminò l’aria scura della notte e la scena che stava rappresentando. La stavano fotografando ancora.

A quei flash, lei si fermò e cercò di coprirsi ancora il viso con le mani:

” Smettetela vi prego!!...Per favore!!!” Esclamò.

Ma oramai era stata immortalata, in un ambiente e con un abitino da sembrare una puttana reale.

Mentre lei ritornava verso l’auto e vicino a me, l’amico di Rocco prese improvvisamente e le strappò la borsetta di mia moglie dalle sue mani, che grido:” Noooo!” Pensando che volesse scippargliela. E invece con la portiera aperta della nostra auto, riversò tutto il contenuto sul suo sedile anteriore frugando tra esso, il cellulare, i fazzolettini, le chiavi, i documenti, un piccolo beauty da passeggio. Si tirò fuori dall’abitacolo esclamando:

“No! ...Non ci sono preservativi! Solo oggetti personali!” E prendendo i suoi documenti le passò a Rocco che era il capo di quel gruppo.

A quella parola: “Preservativi:” Roberta anche se spaventata esclamò:” Ma come vi permettete !!”

Rocco curiosò nel porta documenti di Roberta, lo aprì, c’era la sua Postepay, la tessera sanitaria, la patente e la carta d’identità elettronica, la prese in mano e lesse ad alta voce.

“Roberta Siffriri ..., residente a Milano in via…. e di professione impiegata postale. “Rise e ripeté: “Impiegata postale !?” E al conoscere la sua professione, quasi come se volesse scusarsi e farsi perdonare da noi ripeté:

“Io signora Siffriri, mi chiamo Rocco Angeli e il bar dove siete stati questa sera è il mio …”

Aggiungendo provocatoriamente:” …come mia è quella ragazza che passeggia lavorando sull’altro lato della strada.” E rise ancora proseguendo: “Gestisco anche un locale notturno poco lontano da qui, un night club, se volete venire siete miei ospiti e vi offro da bere, finirete la serata bene, dopo questa spiacevole incidente.”

Subito dopo volle la mia che a malavoglia gli diedi e lesse ad alta voce:” Carlo Lopreti e si corresse: “Scusi, non signora Siffriri, ma signora Lopreti “Disse ad alta voce ridendo.

In quel momento in fondo alla strada dal buio tra i lampioni, vedemmo la luce di un lampeggiante blu che girava, tagliando l’aria della notte con il suo colore freddo, riflettendolo sui muri, sui lampioni e auto posteggiate.

Distinto lo guardammo e vedemmo un’auto della polizia lontano all’inizio del stradone, che

ferma affiancata al marciapiede, dal finestrino un agente parlava con una prostituta.

Rocco guardando mia moglie sorrise:

” E meglio che non vi trovino qui!” Disse aggiungendo sarcastico:” A meno che non vogliate

chiamarli per denunciarci!” E rise.

“No! No! “Risposi io:” C’è ne andiamo. “

Era tutto così irreale. La tenevo abbracciata tanto stretta a me da farle sentire la mia eccitazione e sentire il suo fremito di paura e turbamento.

Pensai alle foto, all’uso che ne avrebbero fatto e chiesi a quel Rocco: “Le fotografie che ha fatto il suo amico a mia moglie?!”

“Ah quelle ...non si preoccupi, Ignazio fa la raccolta, ne ha tante foto di battone nel cellulare che non si ricorda nemmeno più di averle! Ci sarà anche sua moglie tra le altre!!” Esclamò.

“Vedendo la mia faccia seria a quella esclamazione, sorrise …

” È solo una battuta signor Carlo! Disse:” Senza offesa.! Saranno solo un ricordo! Le distruggeremo.” Affermò.

Guardai Roberta e capii che quello che importava in quel momento era andare via. Vista l’ora, l’abbigliamento e la permanenza fuori, era infreddolita, aprii la portiera posteriore e le presi il soprabito gettandoglielo sulle spalle.

Lei se lo strinse subito sul petto e l’addome.

Quel tizio Rocco ci ridette i documenti e la donna Lea rimise tutte le sue cose nella borsetta, ridandoci tutto, esclamando lui:

“Non volete venire a bere qualcosa nel mio locale, a festeggiare la nostra conoscenza?” Risposi di no, che avevamo fretta e volevamo andare via.

“Peccato!! È molto bello e accogliente, sono sicuro che vi sarebbe piaciuto! Comunque rispetto le vostre scelte, ma fate attenzione a girare da queste parti di notte, queste sono zone poco

raccomandabile per gente come voi, dove ci bazzicano puttane, magnaccia, ladri, spacciatori e

malavitosi di ogni genere ...”

“Come lei?!!” Esclamò istintivamente mia moglie in un sussulto di dignità e di rabbia.

“Ma che dici Roberta!!” Esclamai preoccupato che lo offendesse e non ci lasciasse andare via.

Lui invece sorrise e la guardò in silenzioso, le piaceva moglie, quella donna che lo sfidava, selvatica… da domare. 

La osservò sorridendo, e io prendendo tutte le nostre cose la feci sedere, chiusi la portiera e feci il giro dell’auto e mentre entravo dalla mia parte lui mi disse:

“Buonanotte Carlo!” …

Buonanotte!” Borbottai. Accesi il motore, feci un po’ di retromarcia e immettendomi nella corsia partii veloce e più lontano possibile, mentre mia moglie indignata mormorava intanto che ci allontanavamo: “E lo saluti anche… quell’essere schifoso!” 

Alzai le spalle.

Nell’accelerare, vedemmo quella ragazza bionda passeggiare tutta scosciata e con il culo fuori

sull’altro marciapiede, mentre quella Lea attraversava la strada andando verso di lei. Dopo qualche secondo arrivammo e passammo anche vicino all’auto della polizia, ormai con il lampeggiante blu spento, che ferma, gli agenti parlottavano con le puttane di quel posto. Ci guardarono un attimo con Roberta e li lasciammo dietro di noi...

“Che vergogna! Che vergogna!” Mormorò mia moglie abbassando la testa.

Tornando a casa e tenendo sempre gli occhi fissi fuori dal finestrino o dal parabrezza, rivedemmo apparire qualche vetrina illuminata, Roberta silenziosa come riflettendo, mi disse stringendosi nello spolverino:

“Che essere ripugnante quel Rocco! Fa ribrezzo solo a guardarlo. Sentire la sua mano viscida sulla schiena mi ha disgustato e fatto venire i brividi come se mi avesse toccata un serpente, uno scorpione.” Anche se a me non era parsa tale la sua smorfia sul viso a quel contatto. Ma lei come sfogandosi continuò: “E quella povera ragazza bionda…E quella Lea, che donnaccia…che essere infima, deve essere lei a fare anche da magnaccia …a quell’essere ignobile.” Fece una pausa e un lungo respiro e restò in silenzio disgustata.

“Ci mancavano solo quei balordi!” Esclamai io mentre guidavo guardando la strada davanti a me:” Era stata una bella serata all’insegna della trasgressione e invece ce l’hanno rovinata!” E mi voltai a guardarla osservando il suo profilo bellissimo, con lo sguardo fisso in avanti sulla strada, stringendosi sempre più all’interno del suo soprabito a spolverino, come a proteggersi.

” Sei arrabbiata con me? Per quello che è accaduto e per il mio comportamento su quel marciapiede suppongo?” Sussurrai a bassa voce.

“No! È colpa mia quello che è accaduto, non avrei dovuto lasciarmi trascinare da te in questa

situazione. Ma è andata così, ora l'unica cosa che importa è tornare a casa.” Rispose, continuando a parlare mentre osservava dal finestrino, sfrecciare sul marciapiede di lato a lei i lampioni e le poche vetrine illuminate che c’erano fuori e con preoccupazione mormorò:

“Mi hanno fotografata con quest’abbigliamento, su un marciapiede di periferia...mio Diooo Carlo speriamo che non succeda niente.”

“Credo di no amore! Cosa vuoi che possa succedere?” Risposi.

“Di tutto...non ti rendi conto o fai finta?” Replicò inquieta e alterata, proseguendo:” Quei tipi sono capaci di tutto, dal ricatto per soldi a qualsiasi altra cosa, quella gente li è senza

morale. “Aggiunse, dicendo:” Non hai visto che ho dovuto umiliarmi a passeggiare sul

marciapiede davanti a loro purché ci lasciassero andare via? Dioo miooo... Dioooo mio…che

umiliazione…che vergogna a quarant’anni. E se non vedevano quell’auto della polizia, forse non ci avrebbero lasciati andare.” Pronunciò, proseguendo:

“…E quel tizio con quella faccia orrenda tutta butterata, quel Rocco...che mi guardava tutta viscidamente ...oh mio Diooo. Non voglio pensarci!” Esclamò.

Tornammo a casa in silenzio.

Appena arrivati aprimmo piano la porta e prima di accedere nell’entrata lei si tolse le scarpe per non fare rumore e stretta nel soprabito e con quelle scarpe rosse di vernice in mano, silenziosamente andò in camera a vedere se c’era Federico, nostro figlio. Socchiuse la porta e lo vide. Era lì che dormiva come un ghiro. Senza dirmi nulla la richiuse e si avviò nel bagno, si spogliò e si fece la doccia. Uscì in pantofole e nell’accappatoio bianco con i capelli ancora bagnati, era pulita, senza trucco, con il soprabito in mano che appese in modo ordinato sull’appendiabiti dell’entrata. Cercò nello sportello in cucina un sacchetto di nailon per la spesa e tornò in bagno, ci mise dentro tutto, l’abitino sexy, le scarpe e la lingerie, e con rabbia fece un nodo due volte con le impugnature della borsa, ritornò in cucina e getto tutto nel sacco nero della pattumiera. Poi passandomi davanti guardandomi in faccia senza dirmi nulla, ma con aria soddisfatta, andò a letto.

Era tornata lei… la moglie e l’impiegata postale altezzosa e superba.

La segui in camera, la vidi togliersi l’accappatoio e restare per un momento completamente nuda, era bellissima e desiderabile nel suo corpo adulto e maturo con la sua pelle pallida. Di profilo mostrava la sua pancetta da signora e il suo bel seno grosso e leggermente pendente. Pensai a quando qualche ora prima l’avevo chiavata in auto e per un attimo pur non volendo rammentare, anche alla sua schiena nuda sfiorata dalle dita di quel Rocco e al suo bel sedere rigoglioso e tenero che aveva palpato e premuto con le sue viscide dita. Un magnaccia vero, e non ero dispiaciuto, ma ero stordito piacevolmente da quel pensiero.

Si mise le mutandine pulite e la camicetta da notte ed andò a letto. Lo stesso feci io, mi spogliai

ed entrai anch’io sotto le lenzuola e l’abbraccia, lasciandomi lei compiere quel gesto amorevole.

“Che facciamo ora?” Mi mormorò abbracciandomi a sua volta mentre la baciavo in fronte. “Ho paura Carlo! …Andiamo alla polizia? “Bisbigliò preoccupata anche se non lo mostrava apertamente.

“E cosa gli diciamo amore? “Risposi io: “Purtroppo ha ragione quel Rocco! … Se ci andassimo e

ci domanderebbero cosa facevamo lì e tu vestita in quel modo e a quell’ora della sera cosa gli diciamo? “Ripetei accarezzandole i capelli.

“E allora?... Che facciamo?” Mi chiese lei.

“Non facciamo niente amore! …Stai tranquilla, vedrai che non succederà nulla, si sono divertiti a spaventarci, se avevano intenzioni cattive non ci avrebbero lasciato andare via, ci avrebbero rapinatiti, ti avrebbero toccata e forse violentata dentro la macchina. “Dissi.

“Però quel Rocco lo ha fatto ... mi ha toccata…” Precisò lei.

“Si, ma solo qualche carezza… che so è stata fastidiosa per te sopportare.” Sussurrai mentendo, non ricordandole che l’avevo vista fremere allo sfioramento delle sue dita sulla pelle.

“Ha fatto anche la mano morta e mi ha stretto il sedere...” Aggiunse, non capendo io, se lo diceva perché preoccupata davvero o la eccitasse dirmelo e ricordare….

“Si va bè ...” Ripetei:” ...ma se volevano qualcosa di più, di serio con noi, come volevo dirti non ci avrebbero lasciati andare via. Con una manata ti avrebbero strappato il vestitino e ti avrebbero violentata sul cofano dell’auto o dentro… quindi!” Non terminai la frase che lei mi chiese: “E tu che avresti fatto?”

L’accarezzai e baciai in fronte nuovamente.

“Ti avrei difesa con tutto me stesso amore, l’avrei impedito con tutte le mie forze, a costo della mia vita o almeno ci avrei provato.” Ed in quel momento ero sincero.

Mi strinse di più a sé contenta delle mie parole e la baciai in bocca ricambiato.

“E comunque sono di un’altra zona non ci conoscono …” Aggiunsi, e stringendoci ci

addormentammo così, abbracciati.

I giorni seguenti tornammo alla vita di tutti i giorni, al nostro lavoro e alle nostre quotidianità e lei anche ad accudire me e nostro figlio oltre che alle faccende domestiche, restandole poco tempo per fare o pensare ad altro. Quell’episodio ci aveva uniti di più, e ne parlammo ancora qualche volta e alle sue preoccupazioni, minimizzavo sempre, rassicurandola e dicendole quello che voleva sentirsi dire:

“Vedrai che non succederà niente amore! Anche se hanno le fotografie e sanno chi siamo, non

avrebbero interesse a ricattarci. Sanno che siamo una famiglia normale che viviamo del nostro

lavoro e stipendio, che non siamo ricchi. Ha visto sulla carta d’identità che tu sei impiegata alle poste e io un agente assicurativo, riuscirebbero a toglierci ben poco…E lui con le sue puttane guadagna in un giorno quello che io e te assieme guadagniamo in tre mesi …” Le dissi tranquillizzandola.

Restò in silenzio come a riflettere e poi sbottò:

“Si, ma quella gente li è capace di tutto, potrebbero volere qualcos’altro e non i soldi.”

“E cosa?” Chiesi io.

“Non so!” Rispose:” Dell’altro…!”

“Dai non volare con la fantasia amore, che questo non è un film, è realtà, ci sono solo delle fotografie con te in abiti succinti su un marciapiede di notte, d’accordo ...Ma non le useranno e noi se succedesse potremmo sempre dire che era una carnevalata…una festa in costume, a tema e che loro ci hanno aggredito e poi hai sentito anche tu quel Rocco quando ha detto che le distruggeranno, le cancelleranno dallo smartphone del suo amico.”

“Sarà!!...Ma io non mi fido di quel terrun…” Disse in dialetto.

Sorrisi:” Anch’io sono un terrun amore!” Risposi 

“No tu oramai non sei più un terrone, sei di Milano adesso!” Esclamò sorridendo.

“Vedrai che non succederà niente Roberta e presto dimenticheremo, avremo solo il ricordo positivo della nostra trasgressione e null’altro.” Dichiarai abbracciandola e baciandola in fronte.   

Dopo quel chiarimento su quello che era successo su quel marciapiede di periferia, affermai:

“Però ora non pensiamoci più! Non possiamo parlare tutti i giorni di questo avvenimento, torniamo alla nostra vita!” Le pronunciai esasperato.

Lei sorrise e mi abbracciò ancora.” Va bene!” Rispose.

Nei giorni seguenti riprendemmo la solita routine coniugale.

Il mio rapporto con lei era sempre amorevole pure dopo quello spiacevole episodio, anche se a volte era ombroso e taciturno.

Roberta oltre che bella, era davvero una buona moglie premurosa, e una brava mamma attenta e disponibile, si preoccupava di tutto quello che era inerente alla famiglia e cercava di soddisfarci in ogni necessità quotidiana.

Era molto coccolona e attaccata a me e approfittando di quella sintonia intima ritrovata, mi dissi che ero stato un pazzo a trascinarla in quella situazione visto il rischio che avevamo corso. In quei momenti mi ero ripromesso di non farlo più, di dimenticare tutto e per lo spavento dell’avvenimento capitatoci ci ero quasi riuscito. Non le chiesi più di trasgredire, anche se nei nostri rapporti sessuali, fantasticando ci pensavo sempre.

Solo una volta, dopo settimane, una sera dopo cena, in salotto eccitato più del solito, le proposi

di giocare con la fantasia a quello che avevamo fatto. Ma rispose pronta e decisa:

“No! … No Carlo! Non voglio fare più questi giochi nemmeno con la fantasia. Hai visto dove ci hanno portato e cosa c’è capitato quando l’abbiamo fatto? ... Assolutamente no! Lo sai che sono contraria anche a pensarle certe cose, non propormelo nemmeno più, ti ho fatto

contento, ho indossato quelle <robe > (come le chiamava lei in milanese) e sono uscita in quello stato solo per te, e sai il rischio che abbiamo corso ...” Dichiarò agitata.

“Che rischio!” Chiesi sorridendo, fingendo di non ricordare.

“Dai lo sai benissimo!! Non farmi arrabbiare Carlo facendo finta di non ricordare, mi riferisco a quei due balordi e quella donnaccia! Mi riferisco a quel Rocco, il suo amico e quella Lea.

“Ah si! ... “Esclamai, dicendo: “Ma che c’entrano loro con il giocare con la fantasia a letto? E poi

quelli lo hanno fatto più per spaventarci che altro...”

“Comunque no! Basta! Né con la fantasia, né con altro…Mai più! Non mi va e lo sai! “Ripeté

decisa, aggiungendo:

“Potevano violentarmi… E tu hai avuto la tua soddisfazione e avverato il tuo desiderio, ora basta, mettiti l’animo in pace che lo facciamo solo a letto...e il nostro, quello di là!! …” Preciso facendomi segno con il dito verso la camera. Aggiungendo: “Come lo fanno tutte le coppie per bene senza divagare con la mente essendo noi, io e te, che ci amiamo e facciamo sesso e non altri nei nostri corpi.”

Era stata chiara, anche se immaginavo già la sua risposta quando glielo chiesi, ma volli provare lo stesso. Ma oramai mi ero convinto a rassegnarmi, a fare vita da frate…come si suol dire, lavoro, casa e qualche chiavatina in posizione del missionario ogni settimana dieci giorni.

Dopo l’episodio di quella sera, ero pieno di buoni propositi e mi ero rassegnato e ripromesso di lasciare perdere tutte le mie fantasie su di lei, anche se spesso mi allettavano mentalmente, e di ritornare alla vita normale e comune di tutti i giorni ripetendomi:

“Quello che volevo l’ho ottenuto ora basta!”

Ma non fu così semplice, purtroppo la vita beffarda mi avrebbe rimesso alla prova 

nonostante i miei propositi e tutta la mia buona volontà….

 

 

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