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STORIE E RACCONTI EROTICI

VIETATI AI  MINORI DI 18 ANNI

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ANALISI DI UN CUCKOLD IN TERAPIA

il preservativo usato.jpeg

VIETATO AI MINORI DI 18 ANNI

 

3 ANALISI DI UN CUCKOLD TERZA SEDUTA

 

NOTE:

“Trovare per caso in casa un preservativo usato e non l’hai usato tu, forse può averlo usato tua moglie…”

(Twitter).

 

Cap. 4 IL PRESERVATIVO USATO.

 

 

Il giovedì successivo, quando ci incontrammo nel suo studio alla solita ora, mi accolse sorridendo, mi fece accomodare ed esclamò:” Allora cosa ha deciso, ne vuole parlare di quello detto nell’ultima seduta?”

Allorché le chiesi:

“Senta ma quello che le dirò di me e della mia famiglia, sarà riservato?”

“Certo!... Non dovrebbe nemmeno pensarlo che ne vengano a conoscenza altri, io sono una professionista seria, conosciuta e rispettosa dell’analisi… non lo direi mai e poi c’è il segreto professionale.”

E a quella risposta aggiunsi ancora io: “Ma serve a qualcosa al fine dell’analisi? È utile al per capire come mai sono diventato un cuckold?”

“Utilissimo stia tranquillo… se no non gliele farei domande sulla sua giovinezza se non fossero utili.” Rispose:” Non sa quante informazioni preziose e tracce ho già estrapolato da quanto mi ha detto precedentemente nei rapporti sessuali con sua moglie e anche ora. Quello accaduto nell’adolescenza incide sull’età adulta e i suoi comportamenti… anche sessuali.” Affermò.

“Va bene dottoressa, ma abbia pazienza, per me non è facile raccontare di mia madre e comunque devo fare un preambolo sulla nostra condizione di vita per capire bene tutto e il mio e suo comportamento e perderò del tempo…”

“Non si preoccupi per il tempo, gli ho detto che se non basta una seduta ne faremo due, anche tre, lei dica tutto quello che ricorda, le sue sensazioni, emozioni…i pensieri e comportamenti e mi chieda se vuole sapere qualcosa.”

“D’accordo!” Risposi, ci sedemmo e mettemmo comodi io sul lettino a esse da terapia e lei sulla poltroncina affianco a me e mentre la dottoressa riordinava gli appunti sul suo bloc notes, dopo aver chiuso gli occhi iniziai a narrare.

“In questa storia dovrò fare qualche premessa per fargliela comprendere di più, dovrò contestualizzarla a quegli anni e al periodo della mia vita e della mia giovane età, dovrò spiegare alcune cose prima di entrare nel merito.”

“Certo...” Rispose lei tranquilla:” … Faccia pure le premesse e i preamboli che ritiene utili, li ascolterò attentamente…”

 

“Bene, allora incomincio…”

“Si, inizi pure.”

Esitai, riflettei e poi incominciai:” Dunque dottoressa, devo dire che mia madre si era sposata giovane, come avveniva in quegli anni e nelle famiglie meridionali. Aveva 19 anni ed era verso la fine degli anni cinquanta, era vergine e non era mai uscita con nessun ragazzo prima di mio padre, perché come le ho detto, le femmine giovani della famiglia erano controllate dalle parenti anziane. Mamma ci raccontava, che lei si fidanzò con papà perché a richiesta della famiglia di mio padre, quella di mamma aveva accettato e si era impegnata a maritarla con un bravo giovane, e dai genitori era stata promessa a lui per sposarsi. Cosa impensabili oggi eppure era così.

Quando lo vide per la prima volta che glielo presentarono gli piacque, anche se erano molto diversi. Come dicevo mamma era una meridionale bionda, con gli occhi azzurri, discretamente alta e la pelle pallida, probabilmente discendente davvero dai Normanni quando erano i conquistatori e signori della Sicilia. Papà no, lui era il tipico meridionale, appena più basso di mamma, pelle, capelli e occhi scuri discendente probabilmente dai Saraceni, gli arabi quando invasero la Sicilia. Difatti come lei certamente saprà in Sicilia ci sono siciliani biondi e rossi di  capelli con gli occhi chiari e quelli scuri, occhi e capelli neri che prevalgono nella popolazione, sia maschile che femminile.

Papà, ci raccontò mamma, quando l’ha conosciuto, era magro, ma poi con gli anni si appesanti ingrassando, evidenziando di più la statura bassa, con la pancia e pochi capelli.

Anche mamma era ingrassata con le gravidanze, subito aveva avuto mia sorella e dopo poco più di un anno me… e dopo 11 anni in un momento che papà era a casa da uno sbarco, mio fratellino… È arrivato …” Dissero.

E fu con l’ultima gravidanza che ingrassò, ma nonostante i chili in più per le maternità, era sempre molto bella e attraente, anzi direi di più, soprattutto aveva un bel viso e bei lineamenti, ed era guardata dagli uomini e mio padre era gelosissimo. Più di una volta anche per questo motivo litigarono e papà in preda alla gelosia la picchiò anche, minacciandola che se guardava altri uomini guai, le avrebbe rasato tutti i capelli a zero. Sembra impossibile oggi, ma era così.

Come dicevo sopra le femmine di famiglia maritate con marittimi non venivano mai lasciate sole, perché erano giovani e potevano essere insidiate da qualcuno e venivano subito messe incinta dai mariti, ingravidate giovani, un figlio dietro l’altro, proprio per distoglierle da pensieri strani e avere i figli da accudire a cui dedicarsi e anche per dimostrare ai compaesani la loro virilità mascolina.  Un po' come successe a mamma, che a mia sorella e a me ci ha avuti quasi uno dietro l’altro.

Inoltre come dicevo, con la mentalità meridionale di quegli anni, non venivano mai lasciate sole.” E feci una pausa: “Quindi quella era la mentalità della famiglia, ed era il nostro modo di vivere che incideva anche sulla quotidianità…”

Sentii la dottoressa scrivere qualcosa e abbozzare un sorriso dicendo:

“Eh sì ... una volta la virilità dell’uomo e la fecondità della donna si misuravano con il numero dei figli, non solo al sud, ma anche al nord… E purtroppo, alcune donne vivono ancora quella condizione.” Mormorò:” Ma prosegua…” Mi sollecitò.

“Si!” Risposi:” Però devo fare una premessa.

 Io in quel periodo come dicevo precedentemente, leggevo molti fumetti erotici.”

“Che tipo di fumetti erano?”

“Fumetti erotici, anzi potrei dire quasi pornografici…erano disegnati, ma si vedeva tutto, il nudo che sembrava vero, l’asta dell’uomo eretta che sembrava davvero un pene duro, la vagina della donna e quando veniva penetrata. “

“Di cosa trattavano?” Domandò.

“In genere parlavano di periodi storici, fantasiosi o horror, ma quelli che piacevano a me erano quelli che raccontavano storie attuali che accadevano nella nostra epoca…e in genere raccontavano di tradimenti che finivano in amplessi sessuali con la protagonista moglie che tradiva, e avevano i titoli più vari da “Storie vere a attualità nera e altro." E mi piacevano molto perché potevano essere storie reali e poi mi masturbavo; e le collezionavo di  nascosto.

“Come se li procurava?” Mi domandò

“Qualcuno lo acquistavo, ma la maggior parte me li davano i miei compagni, ce li scambiavamo. Li tenevo o nel mio cassetto o dentro lo sportello del comodino, forse qualcuno restava anche in giro, in bagno ma senza volerlo, e sia mia madre che mia nonna mi rimproveravano per quello.”

“Quindi capitava che li vedessero anche loro i fumetti erotici? E che li leggessero?”

“Vedere le vedevano, non so li leggessero, certamente mia nonna no, mia madre e mia sorella forse, una di nascosta dall’altra uno sguardo, un’occhiata gliel’avranno data certamente, forse per curiosità. So solo che a volte li trovavo spostati da come li avevo lasciati io.”

E parlando di quel fatto, mi ritornò in mente il ricordo di un episodio e gli dissi:” C’è un episodio che mi è venuto in mente ora, che forse può fare capire l’atteggiamento di mia madre verso quei fumetti. Glielo dico dottoressa?” Domandai.

“Si…sì…certamente, ne parli pure.”

“Una mattina d’estate quando mi svegliai, mi alzai e andai in sala. Avevo solo lo slip, perché per il caldo dormivo solo con quello, e tutte le mattine a quell’età lì avevo il pene in erezione e internamente si vedeva gonfio e che spingeva sul tessuto. Quasi tutte le mattine era così. Quella mattina vidi mia madre che mi guardò e venne verso di me, pensavo che passasse andasse in camera e invece con la mano di rovescio mi tirò uno schiaffo sulle labbra, forte, da farmi male e farmelo sanguinare e nell'andare indietro sedere nella sedia dietro me. E iniziò a inveire:

“Copriti! Non uscire più così ci devi rispettare, siamo tre donne qui… tua nonna, tua sorella e io… e non presentarti mai più in questo stato.” Io ero frastornato, stupito, tra il fatto che mi ero appena svegliato e lei che si redarguiva così:” Ti, metti i pantaloni prima di uscire dalla cameraaaa…” Gridò. Mentre io con la mano mi toccavo il labbro dolorante dove mi usciva il sangue. E continuò:” E poi tutti quei giornaletti sporchi, portali via, te li caccio, te li brucio tutti nella stufa, guai a te se ne vedo ancora uno in giro. In casa c’è anche tua sorella e ci sono io… hai capitooo? E ci devi rispettare.” Era davvero furiosa quel mattino.

“Non si aspettava una reazione così?”

“No assolutamente… non so perché se la prendesse tanto, non era la prima volta che c’erano quei fumetti che giravano per casa e che io  mi  alzassi e fossi in quello stato di erezione. Ci restai male.

“Forse vedendone e probabilmente leggendone qualcuno di  quei giornaletti erotici era restata turbata e come dicevamo nell’altra seduta sentiva il desiderio sessuale, forse per questo ha reagito così. Togliendo i fumetti, sparisce l’occasione di leggerli, di conseguenza  l'eccitazione e il desiderio e la tentazione…?”

“Forse, non so…” Risposi.

“E poi che fece?”

“Lei accorgendosi che sanguinava il labbro si avvicinò dicendo:” Fai vedere…” Ma io non volevo, l’allontani con il braccio davanti, ma lei insistette e si avvicino di più dicendo:” Fammi vedere!”  Ed essendo io seduto e lei in piedi mi guardò:” Non è niente…” Disse:” Mettici qualcosa di freddo. Poi come pentendosi della reazione che aveva avuto mi accarezzò la testa dicendo. “Comunque non presentarti più così e fai sparire tutti quei giornalett sporchi!” Cosa che in seguito feci.

Quindi ha smesso di leggerli?”

“No, assolutamente, ero un piccolo satiro allora e continuai. Li leggevo di nascosto e li nascondevo nella scala. Anzi poi incominciai a guardare anche quelli con le fotografie vere e non i disegni. E quindi fu per quel motivo di nasconderli nella scala che successe tutto.”

“La causa di quello che ha causato a sua madre senza volerlo?”

“Si!” Risposi:” “Ora le dico…” E continuai a spiegare.

 

“Ora le dico… ma devo fare un altro preambolo per farle capire bene, le devo spiegare com’era disposta casa nostra, visto che abitavamo nel centro storico e quindi nel vecchio.”

“Si dica…”

“Tutto è successo che dove abitavamo noi, come le ho spiegato era nei caruggi del centro storico, praticamente nel vecchio, all’ultimo piano. Il caseggiato su tre piani era composto da quattro appartamenti uno per piano, sfasati in altezza e quelli sottostanti al nostro erano abitati dai proprietari solo nel periodo estivo e durante le festività natalizie e pasquali, che venivano giù da Milano e Torino. Non c’era ascensore e la scala era lunga e ripida all’inizio, per diventare verso il piano dove abitavamo noi a giro, con dei pianerottoli nelle svolte. I gradini erano in ardesia nera consumata al centro del passaggio, con un grande lucernaio in cima al soffitto che illuminava la parte superiore della scala.

Gli appartamenti del primo piano erano con grandi stanze e soffitti a volta disegnati, salendo al piano superiore diventavano due più piccoli, e nel terzo c’era solo il nostro alloggio e la scala terminava davanti alla nostra porta. Anche il nostro alloggio era con soffitti a volta, dove erano ubicati piccoli lucernai per far prendere più luce ai locali, meno che nel soggiorno, che poi era l’entrata di casa, che il soffitto essendo costruito come gli altri nell’ottocento di canne e intonaco, negli anni aveva ceduto al peso di qualcosa, forse umidità ed era stato rifatto.

Le finestre nel nostro appartamento davano da una parte in uno stretto carruggio dove sotto c’era un vicolo e dall’altra su un'altra via un po' più larga, e praticamente erano sotto il cornicione del tetto, ma erano finestre piccole, la metà di quelle del primo piano, con a pochi metri di distanza di fronte l’altro caseggiato più alto del nostro che toglieva luce solare alla casa. “Mi fermai.

“Non so se spiego bene e rendo l’idea dottoressa…” Dissi.

“Si certo! Spiega bene, vada pure avanti tranquillo, non si preoccupi che capisco. Mi sto facendo anche un piccolo schizzo sul notes di com'era l'alloggio.” Rispose sorridendo. E proseguii:

“Per farle capire meglio dottoressa, le stanze compensavano la poca entrata della luce diurna dalle finestre che davano sulla strada, tramite piccoli lucernai a piccole finestrelle circolari site in alto sul  soffitto a volta, con i chiari e scuri di legno a battente a piccole persiane, che prendevano la luce esternamente dove c’era un terrazzino; trasmettendola alla stanza illuminandola di  più di luce naturale. Pensi com’eravamo combinati in quella casa, perfino il gabinetto aveva il lucernaio sopra.” Dissi soffermandomi nel ricordo sorridendo. E seguitai nella mia spiegazione. 

“Il caseggiato era stato costruito nell’ottocento e ristrutturato più volte, così come pure casa nostra. La fortuna era che a questi lucernai o svasisti potevamo accedere solo noi visto che l’accesso per andare su nel solaio o nel terrazzino del tetto ce l’avevamo solo noi, dove una vecchia porticina in legno con una scaletta interna di muratura portava sulla soffitta che noi usavamo come deposito di reti, materassi e roba vecchia.

Non era come i palazzi di oggi dove i contatori della luce e dell’acqua sono raggruppati a piano terra nel sottoscala, da noi nel vecchio, ognuno aveva il suo contatore, quello elettrico era in casa, a vista dietro la porta d’entrata, ed era grosso e nero e per leggere i numeri l’addetto doveva suonare ed entrare. Mentre quello dell’acqua era fuori nella parete della scala su un pianerottolo di svolta, vicino all’entrata. Il nostro era in una nicchia nel muro dell’’inizio dell’ultima rampa della scala prima di giungere alla nostra porta, coperto con uno sportello di compensato, tenuto su negli angoli superiori da due chiodi in una intelaiatura di legno e bastava toglierne uno per farlo scivolare come una lama rasente al muro e mostrare l’interno. Era il tutto tinteggiato di bianco come il muro a mimetizzarlo per non vederlo, dove accedevamo solo se dovevamo aprire o chiudere l’acqua in casa o quando l’addetto dell’acquedotto veniva a leggere e prendere i numeri del contatore. Scusi se parlo di queste cose tecniche dottoressa, ma lo dico, perché la causa di tutto fu proprio quel contatore dell’acqua…”  Precisai.

 “Non si preoccupi di spiegare troppo se è utile, prosegua…”  Rispose. E andai avanti:

“Io dopo l’avvertimento di mia madre a non portare in casa quel tipo di giornaletti e quell’episodio che le ho raccontato prima, lo adoperavo come nascondiglio, dove mettevo riviste e cose che non potevo portare a casa per motivi etici e morali, tipo i primi giornali porno con fotografie vere che mi imprestavano i compagni e altro.

Dovevo stare attento a come li mettevo, perché dall’intercapedine da dove saliva il tubo dell’acqua, c’era il vuoto attorno, abbastanza ampio, ci circa quindici centimetri, soprattutto dietro e se ci cadeva all’interno la rivista, non si recuperava più perché scivolava in fondo. Sapevamo tutti di quella situazione perché un giorno l’addetto alla lettura dei numeri dell’acqua del contatore, appoggiando il suo libro con i nominativi degli utenti sul margine, nell’alzare il coperchio del contagiri, lo aveva urtato ed era caduto dentro e dietro… e non l’hanno più recuperato, perché sceso di parecchi metri si è incastrato nel muro tra il tubo e la parete. E avrebbero dovuto  spaccare il muro della scala.

Io quando ne usufruivo rimettevo tutto a posto che dall’esterno appariva chiuso e quando non c’erano i miei o se volevo leggere di nascosto li pigliavo e andavo in camera mia se non c’era mia nonna oppure tramite la scaletta laterale nel solaio.”

“Era il suo nascondiglio segreto?” Mi domandò la psicologa.

“Si!” Risposi:” Ma non ce li mettevo sempre… solo le riviste con fotografie in cui c’erano rapporti sessuali espliciti e non capitava spesso, solo quando gli amici più grandi me li prestavano, se no leggevo i fumetti porno e quelli li nascondevo in casa o sotto il cassetto del comò o il materasso o bene nel mio comodino, ma erano disegni, mentre quelli che mettevo la nella nicchia del contatore erano fotografie vere e guai se mia madre me li avesse trovati in casa.”

“Continui…”

“ Quel periodo erano mesi che non mettevo niente e aprivo quel mio nascondiglio, quel giorno un amico mi imprestò un giornale porno, mi pare che si chiamasse…< Le ore…>, lo misi dentro i pantaloni e sotto la maglia sul davanti e arrivato sulla rampa di casa mia, mi accertai che non arrivasse nessuno, sganciai il chiodo che teneva il compensato per aprirlo e metterlo dentro, che  come non fu più tenuto dal chiodo in un angolo, scese come una lama rasente il muro e si aprì. Feci  per infilarlo all’interno, ma… sorpresa…. appeso al tubo orizzontale che portava l’acqua al contatore, sospeso nella parte opposta verso il muro interno, c’era un preservativo usato che pendeva…”

“Un profilattico sessuale?” Precisò la dottoressa.

“Si… ancora con il liquido seminale dentro, sarà stato di una settimana o due. Era in una posizione come se era stato cacciato per essere nascosto nell’intercapedine da dove saliva il tubo dell’acqua, per farlo sparire, ma invece di cadere dietro era restato per errore agganciato al tubo orizzontale del contatore, senza che chi lo avesse gettato se ne fosse accorto richiudendo l’apertura. Oppure era stato lasciato lì di proposito da qualcuno.”

“E che cosa ha fatto lei?”

“Lo guardai prima stupito, poi curioso e poi sconvolto…”

“Perché sconvolto?” Domandò.

“Ma perché era qualcosa di sessuale ed era lì, nel mio nascondiglio.”

“E cosa ha fatto?”

Andai nella scaletta che portava al solaio e presi un pezzetto di legno, una specie di bacchetta, un bastoncino e lo presi a penzoloni con la punta, staccandolo dal tubo e lasciandolo sul bastoncino, guardandolo come si guarda una biscia appesa a una canna.”

“E cosa guardava?” Domandò mentre scriveva qualcosa sul bloc notes.

“Lo guardavo tutto, sapevo cos’era, ma non ne avevo mai visti così da vicino. Come dicevo era stato usato… Lo osservavo smarrito e turbato.”

“Perché dice che lo guardò smarrito e turbato?  Che reazione ebbe, cosa provò a vederlo?” Mi domandò la psicologa.

“Come dicevo ebbi una reazione di stupore e incredulità che fosse lì nel nostro contatore…” Le risposi:” … mi faceva senso era trasparente sul bianco- giallo, abbastanza grande di dimensione, e come dicevo con il seme latteo all’interno che stava asciugando tenendo appiccicate le due parti di lattice. Lo guardai ma mi faceva schifo dottoressa."

Perché gli faceva schifo?

“Non so! …” Risposi:” Era il primo che vedevo dal vero e con lo sperma dentro e mi turbò.”

“Cosa dedusse? Si chiese del perché fosse lì!”

“Be passato lo stupore pensai e ripensai come mai fosse lì e pensai le cose più disparate, non so… mi dissi che forse qualcuno si era masturbato e lo aveva cacciato li.  Ma chi?  Mi chiedevo anche. O forse una coppia che salita la scala avesse fatto sesso lì e lui aveva aperto lo sportello e gettato il preservativo dentro per nasconderlo. Ma anche quello mi sembrava impossibile, benché alcuni anni prima c’era stato un episodio di una signora che era salita e aveva urinato nell’angolo di un pianerottolo. Pensai all’operaio del comune che leggeva i numeri del contatore, ma passava ogni due tre mesi ed era passato da poco, e poi era un vecchio e perché masturbarsi nella scala? E con il preservativo? Mi era impossibile anche quella supposizione.

Ricordo che per un attimo mi sfiorò l’idea che potesse essere stata mamma o qualcuno che era stato in casa con lei, ma la scartai subito l’idea, mamma era seria e poi perché avrebbe dovuto usarlo e gettarlo lì? “Feci una pausa ricordando e ripresi a narrare:

“Comunque dopo averlo guardato schifato, lo portai e lo spinsi io giù nell’intercapedine del tubo del contatore e lo feci cadere dietro, dove avrebbe voluto cacciarlo il possessore, misi la rivista, chiusi quella specie di sportello ed entrai a casa che nonna mi aspettava.”

“Quindi quella scoperta l’aveva turbata?”

“Si mi aveva colpito molto quello che avevo visto, mi sentivo turbato e ci pensai e ripensai spesso e in seguito riprendendo il giornale per leggerlo feci anche una specie di sopraluogo e mi convinsi che il preservativo era restato li appeso non volutamente ma casualmente, perché era stato un lancio mancato, da qualcuno che conosceva il posto e voleva liberarsene.

 Ma da chi?”  Mi chiedevo:” Appunto da chi?”

“Lei ha detto che per un momento pensò anche a sua madre, ma poi scartò l’idea per la sua serietà.”

“Si avevo pensato anche a lei, e mentalmente rivalutavo sempre le stesse ipotesi:

< Potrebbe essere l’addetto alla lettura al contatore, ma è un vecchio. E poi che senso avrebbe avuto per lui masturbarsi lì con il preservativo?...  Ma forse poteva averlo fatto pensando a mamma, o a nonna vista la sua età, ma perché con il preservativo? Ce n’è tanti maniaci in giro…> Mi dicevo:<… forse lo è anche lui. Ma perché masturbarsi qui davanti alla porta d’entrata?... E con il rischio di venire sorpreso e denunciato da mamma e licenziato dal comune. C’era qualcosa che non mi convinceva, non mi andava quell’ipotesi.>

“Pensava che fosse l’uomo che leggeva il contatore dell’acqua?” Mi domandò la psicologa.

“A dire il vero le pensai tutte, mi domandavo chi poteva essere stato a metterlo o a cacciarlo lì e ritornai a dirmi:< Forse è stata una coppia che visto il portone aperto è salita fino qui per fare l’amore o sesso in piedi attaccati al muro o con lei a novanta gradi … e finito l’avrebbero cacciato li, forse trovandolo aperto, o curiosando< Ma anche lì mi chiedevo:<. Ma perché avrebbero dovuto trovarlo aperto se era sempre chiuso? E perché rischiare di farlo in una scala con il rischio anche loro di essere scoperti e denunciati? Mentre andavano via avrebbero potuto gettarlo al buio, negli scalini…> Ma non reggevano quelle ipotesi.” Affermai.

“E perché e come mai ha pensato a sua madre?” Domandò la dottoressa interessata.

“Si, alla fine pensai di nuovo a mamma, se non erano stati loro, non ero stato io, forse era lei o qualcuno che era stato con lei.”

“E cosa ha provato quando ha messo anche sua madre nell’elenco dei sospettati?” Mi chiese.

“Incredulità, rabbia, delusione e tristezza.” Risposi.

“Perché?” Mi domandò.

“Perché mi dicevo: < Se è stata lei significa che ha tradito mio padre e quindi ha fatto sesso con qualcuno.> E mi chiedevo quale motivazione la poteva spingere a nascondere e gettare un preservativo usato proprio lì e poi perché? Ce lo aveva messo lei o qualcuno con lei?”

Feci una pausa:

“Continui è interessante…” Disse la dottoressa e  vedendomi agitato chiese:” …  vuole bere un po’ d’acqua?

“No… no… grazie!” Risposi.

E continuando mi domandò nuovamente: “E cosa ha pensato quando ha fatto quel ragionamento?”

“Alla fine scartate le altre ipotesi, ne ho dedotto che potevano essere state solo le donne della mia famiglia, nonna mamma o mia sorella, ma scartata nonna perché troppo anziana e mia sorella perché troppo giovane, timorosa del sesso e gelosa della sua verginità, poteva essere stata solo mamma o qualcuno per lei a mettercelo per nasconderlo e ne dedussi che probabilmente aveva fatto sesso con qualcuno e magari in casa nostra. Ma con chi? “Mi chiedevo.”

“Quindi prese a sospettare sua madre?”

“Si, ma ero confuso, incerto, mi facevo mille domande.

“Ma perché sua madre avrebbe gettato il preservativo usato e sporco lì. Non era meglio gettarlo nel water e tirare l’acqua?” Disse la psicologa.

“No, mamma non lo avrebbe gettato nel vaso, perché qualche anno prima dopo un rapporto sessuale, mio padre lo gettò nel water per cacciarlo e tirò l’acqua, nel gorgoglio della caduta d’acqua sembrava che fosse sparito, ma invece si riempì di acqua, allungandosi e rimanendo bloccato nella curva o nel gomito del water poi ritornò indietro e poco dopo su a galla, e andandoci al gabinetto lo vedemmo sia io che mia sorella, chiedendo a loro cosa fosse quella specie di palloncino…

Papà dovette cacciarci una conca d’acqua per farlo sparire e mandarlo giù e da quella volta quando era a casa che sbarcava e faceva sesso con mamma, non li cacciarono più nel water, ma lo fasciava nella carta e nascondeva bene nella spazzatura. Per questo pensai che mia madre o chi per lei lo cacciò lì nel contatore, se l’avesse gettato nel water c’era il rischio che ritornava su e se l’avessimo visto noi o mia nonna guai, che giustificazione poteva dare di quel preservativo?”

“Cosa ha fatto allora?” Mi domandò.

“Ci riflettei molto feci quelle poche indagini e analisi che può fare un ragazzino quindicenne che leggeva fumetti erotici di tradimenti e adulteri e alla fine con tristezza e la morte nel cuore tutto mi riportava lì a pensare a mia madre. Anche se non volevo e ragionavo su altro, nella mente mi compariva sempre mia madre non so perché. E nei giorni e settimane incominciai a meditare anche con chi l’avesse potuto usare quel preservativo, con chi avesse avuto un rapporto sessuale e a forza di riflettere capii che poteva essere stato solo una persona, Vincenzo l’idraulico quasi sessantenne, che non visto corteggiava sempre mia madre e considerando quella possibilità ricordai che un paio di settimane prima circa era venuto a casa nostra a cambiare il rubinetto dell’acqua della cucina…”

“Questo Vincenzo, idraulico, che lei pensava fosse lui ad aver adoperato in preservativo su  sua madre, chi era? Perché dice che corteggiava sua madre? L’ha visto?” Mi interruppe la dottoressa.

“Anche qui devo fare una piccola premessa dottoressa, per spiegare chi fosse…”

“Prego, la faccia… tranquillamente.” Mi esortò.

“Dunque, questo Vincenzo di lavoro faceva l’idraulico, aveva anche il magazzino, una specie di negozietto dove vendeva sanitari, stufe e cucine a gas…” Risposi e continuai:” …era un compaesano di famiglia conosceva tutti ed era conoscente di mamma e del papà, sapeva che mio padre navigava e mamma per lunghi periodi era sola con noi, anche se viveva ed era sempre controllata da nonna e mia zia, sua sorella. E ogni volta che papà sbarcava, quando vedeva mamma e papà passare a braccetto davanti al suo magazzino-negozio, usciva e si fermava a salutarli, a chiacchierare e chiedergli quando si sarebbe fermato o sarebbe ripartito, dove era stato nei viaggi, cosa aveva visto ed altro… Era un compaesano dalla parte della famiglia di mamma e si davano anche del tu.

Aveva sessant’anni circa, ora non so bene, era vedovo e non si era più sposato e aveva dei figli grandi e come con tutti i paesani c’era un rapporto di amicizia.”

“Perché dice che corteggiava sua mamma?

Lo avevo notato, che quando per caso era solo con mamma a parlare o si sentiva non notato, le faceva i complimenti e forse delle avances, e mentre le parlava appoggiava fingendo casualmente la mano sul braccio o sulla spalla o sulla schiena, la toccava, aveva quel brutto vizio che quando parlava, di toccare l’interlocutore come hanno alcune persone, specie meridionali.

Anche mamma non lo poteva vedere, oltre a essere vecchio, le faceva ribrezzo perchè era brutto, ed evitava sempre, conoscendo il suo comportamento nei suoi confronti di restare sola con lui, anche solo per parlarci, chiamava sempre qualcuno di noi…  me mia sorella, il fratellino. Nei discorsi in famiglia tra mia nonna e mia zia e i parenti gli avevano dato un soprannome e lo chiamavano <u bruttu> per il suo comportamento e il suo fisico sfatto, con la pancia e tozzo.” A quella frase la dottoressa mi interruppe.

“Quindi nella sua mente lei lo considerava interessato a sua madre e quindi in quel contesto del ritrovamento del preservativo usato lo aveva individuato come possibile amante... Giusto?”

“Si!” Risposi.

” Prima pensai a mia madre e subito dopo a lui che come ogni buon amico di famiglia e del marito che non c’era, di nascosto gli corteggiava e gli insidiava la moglie. E mi venne in mente una volta probabilmente casuale, il parlare a bassa voce tra loro.

Nella mia mente combaciava tutto e mi dicevo: < Forse mamma al di là delle parole, della repulsione e fastidio che diceva provava, aveva avuto un rapporto sessuale con lui…    Probabilmente loro soli in casa, noi a scuola, mio fratellino all’asilo, la nonna forse al mercato o al cimitero dai parenti e mia madre sola a casa con lui avevano consumato con la scusa di cambiare il rubinetto, ed erano d’accordo?>

Fatto sta pensai:< Che con quella motivazione di cambiare il rubinetto in cucina, doveva essere andato per forza dal contatore dell’acqua per aprirlo e chiuderlo, e c’era stato anche lui e quindi forse avevano fatto sesso…e ce l’aveva gettato lui lanciandolo pensando che cadesse dietro il tubo?>”

“Quello era il ragionamento che si faceva?” Domandò La dottoressa:” Quell'ipotesi e supposizioni?”

“Si!” Replicai:” Anche se non ne avevo certezza, e senza rendermene conto entrai in quel ragionamento perverso, come una ossessione mi sentivo tradito e turbato che mia madre potesse aver fatto sesso con lui. Al punto che più di una volta nel tempo andai a rivedere il contatore con il dubbio e l’interesse che magari si erano rincontrati nuovamente mentre noi eravamo a scuola e lui ne avesse gettato un altro di preservativo. Addirittura nei miei ragionamenti di ragazzino stupido e fumettaro mi chiedevo dove l’avessero fatto. In casa sì, ma in che punto?”

“Perché si definisce stupido e fumettaro?” Chiese la dottoressa.

“Perché quei ragionamenti li poteva fare solo un ragazzino stupido e fumettaro come me, perché come dicevo,i fumetti erotici che leggevo erano della realtà attuale e parlavo in modo particolare di corna femminili, di mogli che tradivano… di metodi come facevano a farlo, gli escamotage che mettevano in atto per fare cornuto il marito… e tutte queste cose sessualmente.”

“E si è sentito influenzato da loro?

“In parte sì… perché nelle storie che leggevo cerano anche donne insospettabili e fedeli che poi alla fine tradivano il marito all'insaputa di tutti.”

“E cosa ha fatto?”

“Stupidamente come giocando, come se vivessi una storia del  fumetto erotico feci una mia ricostruzione mentale e del fatto. “

“Che ricostruzione?” Domandò.

“Di come potesse essere avvenuto e dove, in che punto della casa. Era un pò come un gioco per me.”

“Faceva il detective?” Pronunciò con un mezzo sorriso la dottoressa.

“Si…! Mimavo come se vosse una storia di un fumetto e giravo i locali di casa guardando e supponendo dove poteva essere avvenuto, dove avessero consumato il tradimento, e mi dicevo:

< In cucina dove c’è il rubinetto nuovo no, non possono averlo fatto qui, è troppo ingombrante. La cucina è piccola, c’è il tavolo e le sedie…. Nell’entrata soggiorno nemmeno, c’è solo il tavolo alto e grande e il tinello con le sedie. In bagno nemmeno, nella camera di nonna dove dormiamo noi… no, sarebbe troppo rischioso. Nella camera di Susi( mia sorella) men che mai… > Quella era sacra, mamma non avrebbe mai fatto una cosa del genere nella camera <della ragazza> come chiamava lei la stanza di mia sorella. Era sacra, verginale. L’unico luogo che restava, era camera sua, dove dormiva con mio fratellino che allora aveva cinque anni, dove avrebbe potuto poi rimettere in ordine senza destare nessun sospetto. “

“Un’analisi completa, degna di un poliziotto.” Disse la dottoressa sorridendo: “Quanti anni aveva?”

“Quindici o sedici…” Risposi proseguendo:” Oramai mi ero fissato, ero certo che la causa di quel preservativo sul contatore dell’acqua fosse la loro, che erano diventati segretamente amanti anche se lui era brutto. Secondo i miei ragionamenti ne avevo la certezza al 95% che era andata così, che quel vecchio bastardo avesse fatto sesso con mamma. Ma continuavo a chiedermi:< Ma lei come ha potuto andare con lui? Con un uomo simile? Ha tradito papà, me e tutta la famiglia… diceva che le faceva disgusto … ribrezzo…“

“Quando arrivò a quella supposizione, cosa provò e sentì in lei verso sua madre?”  Chiese la psicologa interrompendomi.

“Ho provato rabbia e turbamento verso mia madre pensando che probabilmente aveva fatto sesso con lui. Mi sentivo tradito, dispiaciuto da mamma e verso quell’uomo, quel Vincenzo con cui secondo me aveva fatto sesso, provavo odio.”

Passai dei giorni a pensare e ripensare e anche se mentalmente ero certo che aveva tradito papà, a lei non la condannai mai pienamente, anzi, la giustificai, dicendomi:” Lei in fondo è sola come donna, è una bella donna e stare sei, sette mesi senza fare sesso deve essere dura per una donna giovane, bella e corteggiata. E comunque anche se avesse ceduto a quel porco, era motivata. Invece lui lo odiavo, lo odiavo con tutto me stesso, perché si era approfittato della debolezza e solitudine di mamma… mia madre. “

“Cosa fece poi?”

“Quello che feci è riprovevole, è di quello che mi vergogno e non sa quante volte me ne sono pentito. Dopo che ebbi creato il danno, mi sentii un verme, un traditore, un vile…”

“Ora lasci perdere le sue considerazioni personali su sé stesso per quello che ha fatto e mi spieghi…” Mi esortò.

“Come dicevo quella supposizione che mia madre avesse fatto sesso con quel Vincenzo, l’idraulico era diventata una fissazione, ci pensavo sempre, non avevo prove, ma ormai mi ero convinto che fossero amanti e che avessero rapporti sessuali e ne soffrivo. Cercavo di dimenticare, di non pensarci, ma tutte le volte che salivo la scala l’occhio mi cadeva sempre sul coperchio della nicchia del contatore dell’acqua e mi ritornava in mente il preservativo per me usato da loro…”

“Quindi quella convinzione, anche se non aveva prove era diventata una ossessione?” Disse scrivendo la dottoressa.

“Si!” Risposi, feci una pausa e proseguii:

“Era passato oltre un mese da quella scoperta e un giorno salendo la scala e riguardando la nicchia in preda a una sorta di tormento interiore, mi dissi che dovevo sapere la verità, non potevo andare avanti così, restare con l’incertezza.  Non so cosa accadde quel giorno ma nella mia mente e modo di pensare adolescenziale decisi che dovevo fare qualcosa, avere la prova che era come pensavo io. Da qualche parte, non so se in qualche film oppure leggendo qualche fumetto erotico, avevo letto che per conoscere la verità nei casi di tradimento sessuale, bisognava far rivivere all'adultera la situazione per farla cadere in trappola. Quindi riflettendo, pensai che per fare rivivere la condizione e scoprire la verità, avrei dovuto ricreare i presupposti perché mamma e quel Vincenzo si incontrassero da soli in casa.

E così pensai che lui avrebbe dovuto ritornare a casa nostra a fare qualcosa, qualche lavoro, io mi sarei nascosto sul solaio e da lì sarei passato al terrazzino e dall’esterno non visto, dal lucernaio avrei osservato cosa sarebbe accaduto in casa tra di loro. Se fossero stati amanti come pensavo, essendo soli in casa, si sarebbero abbracciati e baciati e forse fatto l’amore, se non lo erano, mamma lo avrebbe mandato via.”

“Il suo pensare Mimmo era un po' come <l’omicida ritorna sempre sul luogo del delitto>…!” Affermò la dottoressa scarabocchiando qualcosa sul Block notes.

“Si, e assurdamente pensavo anche in che modo avrei potuto attirarlo a casa nostra? ...”

“In trappola?” Disse con un sorriso serio.

“Si, dovevo ricreare la situazione. Scelleratamente per me la era diventato un po' come un gioco e dovevo ricostituire la circostanza e ci pensavo, senza malizia e cattiveria, ma con spirito di rivalsa, per sapere la verità, ma soprattutto per dimostrare a me stesso che avevo ragione a pensare in quel modo e che non mi sbagliavo. Lui era idraulico e non potevo aspettare che si rompesse qualcosa o che mamma decidesse di fare qualche lavoro. Così ragionando, decisi di crearla io la condizione.”

“E cosa fece?”

“Un pomeriggio dopo averla studiata bene presi la scaletta e un coltello a punta, andai in bagno e non visto aperta la scaletta salii sul contenitore, della cassetta dell’acqua del water che era in alto, erano ancora i gabinetti con la catenella da tirare per far scendere l’acqua e manovrando con la punta del coltello bucai il galleggiante di chiusura dell’acqua quando il contenitore era pieno, di modo che non chiudesse più bene. Difatti il galleggiante si riempì di acqua e non emergendo più in assenza di aria, non chiudeva la valvola di cessazione e faceva scorrere giù un rivolo di acqua continuo con il suo rumore fastidioso di ricarica incessante.”

“Quindi lei ha architettato tutto questo per fare incontrare sua madre con quell’uomo, quel Vincenzo?” Mi domandò.

“Si!” Risposi:” So che ho fatto una cosa ignobile verso mia madre, che sono stato un vigliacco e me ne sono pentito tante volte, ma non mi giudichi…” Mormorai.

“Io non sono qui per giudicare se è giusto o sbagliato quello che ha fatto, io sono qui ad analizzare per risolvere il suo problema. Non giudico mai, continui.” Disse, aggiungendo:” Certo che ha avuto una bella fantasia, direi quasi diabolica. Dove l’ha presa l’idea, dai fumetti?”

“Si forse, mi pare, ora non ricordo di preciso, forse l’ho letto in qualche giornaletto o forse me lo ha detto un amico che faceva anche lui l’aiuto idraulico.” Risposi. E ripresi a narrare.

“La prima ad accorgersene che il gabinetto non funzionava bene e l’acqua continuava a scendere fu mia nonna, poi mamma e mia sorella.

<Si ruppe la cascetta dell'acqua!> Disse mia nonna in dialetto.

<Sarà il galleggiante dentro …> Dissi io:< …bisogna chiamare l’idraulico che lo cambi...>

<E come ha fatto ha rompersi?> Chiese mia sorella.

<Sarà vecchio, usurato ...> Replicai io.

E mia madre aggiunse:< Non conosci tu qualcuno che può fare questo lavoro? C’era quel tuo amico… che lavora come garzone d’idraulico e magari questi lavoretti li sa fare e può venire a ripararlo, pagando?>

<Eh lo so, ma lui è un garzone non so se è capace a fare queste cose...> Risposi spiazzato da quella richiesta improvvisa.

<Chiediglielo se viene, lo paghiamo, compra tutto lui e lo paghiamo …> Ripeté mia madre.

<Va bene…> Risposi per non destare sospetti con la mia resistenza: < …stasera lo vedo al bar e glielo chiederò.>

Capii che non voleva chiamare Vincenzo, forse perché gli dava fastidio, non so… so solo che preferiva venisse un altro, e questo subito mi disorientò… perché mi dissi:< Dovrebbe essere contenta di chiamarlo… e invece…?> “

“Nonostante quel comportamento e richiesta di sua madre di chiamare il suo amico lei è andato avanti?”

“Si, oramai ero dentro quell’ ottica, ero deciso, non so nemmeno io perché, ma andai avanti.”

“E che fece?” Domandò la dottoressa.

Mentii, il giorno dopo le dissi che avevo parlato con il mio amico e mi aveva detto che lui non era ancora capace a fare quei lavori lì, non si sentiva all’altezza e ci voleva un idraulico competente. Ma non era vero. E a quel punto le dissi io: <Chiamiamo Vincenzo…?>

Vidi che nonostante tutto mia madre  era titubante. <Non ce n’è altri?> Domandò ancora. Probabilmente sapeva che Vincenzo, scherzando l’avrebbe importunata e non voleva averlo in casa. Ma io nonostante tutto risposi:

<Io non ne conosco cercalo tu ...> Quasi ormai intenzionato a lasciare perdere tutto visto il suo scarso interesse per Vincenzo, anzi oggi ripensandoci potrei dire contrarietà che Vincenzo venisse a fare la riparazione, ma allora ero incosciente, stupido, per me era un modo di giocare e non mi rendevo conto cosa stavo combinando…”

“E ne cercò un altro sua madre?”

“No… subito non disse nulla, sembrava che lasciasse perdere tutto e ne cercasse un altro lei o lo dicesse a uno dei miei zii. Invece quel pomeriggio prima che uscissi, rassegnata mi chiamò dicendo:< Passa da Vincenzo e chiama pure lui, ma digli di venire domani mattina verso le 11.00, prima no che mi devo lavare e mettere a posto, e la nonna non c’è che deve accompagnare Corradino all’asilo e poi andrà dalla zia e ritornerà qui verso le dieci e mezza. Quindi digli a Vincenzo di venire sul tardi. Alle undici. > Si raccomandò.

E visto che il suo negozio- magazzino era situato lungo la strada che facevo io per andare dai miei amici, risposi uscendo: <Va bene!... Glielo vado a dire adesso che ci passo davanti.>”

“E c’è andato?” Domandò la dottoressa.

“Si, andai al suo magazzino, con l’incoscienza di quella età da non rendermi conto di cosa stavo facendo, di cosa stavo commettendo. Quando entrai nel negozio che lo vidi mi salutò: <Ciao!>

<Buongiorno!> Dissi educatamente, io e mia sorella gli davamo del lei. E come invaso dalla cattiveria e l’odio a vedermelo davanti, brutto, grasso, sporco e vecchio dissi subito:

<Si è rotto il galleggiante della cassetta del gabinetto che scarica l’acqua, continua a scendere acqua, ha detto mia madre se può venirlo a riparare domani mattina...?>

<A che ora?> Chiese lui. E lì, esplicai tutta la mia imbecillità, perfidia e incoscienza, dicendo:

<Io e mia sorella non ci siamo che andiamo a scuola, nonna va via presto e mamma è sola in casa, dovrebbe andare o prima delle nove oppure verso le 11.00 quando c’è mia nonna.>

<Non ci sei tu ad aiutarmi?> Disse falsamente.

<No io e mia sorella alle sette e mezza andiamo a scuola e non ci sarà nemmeno nonna che domani alle otto porterà mio fratellino all’asilo e poi andrà a casa di mia zia…> Ripetei.

<Quindi sarà sola la mamma?> Domandò fingendo di trafficare.

<Si!> Risposi:< Nonna arriverà dopo le 11.00.>

<Eh va bene vorrà dire che farò tutto da solo. La scala c’è almeno o me la devo portare?>mi domandò.

<No la scala c’è, una scaletta, ma ci arriva.>

<Va bene digli che ci passò domattina presto alle 8.30, che dopo ho da fare in altre cose.> “

“Quindi lei ha creato la condizione perché si incontrassero da soli?”

“Si, fui uno scellerato, un vile, non mi rendevo conto di quello che stavo combinando, era come se fosse uno svago. Quel pomeriggio poi andai con i miei amici al bar e quella sera tornato a casa prima di cena le dissi:

<Ah ma….. glielo detto a Vincenzo, ha detto che viene domani mattina.>

<Glielo hai detto verso le 11.00. >Domandò.

<Si glielo detto…> Mentendo a mia madre, ma il desiderio di sapere la verità era più forte di tutto.

A tavola a cena, parlando mia madre lo dissi a mia nonna: <Viene Vincenzo domani mattina?> Mia nonna annuì con la testa e continuò a cenare, era tranquilla conoscendolo anche lei, si fidavano, era un compaesano. 

Passò più di un’ora e la seduta finì lì, ma visto l’interesse che la storia aveva suscitato alla dottoressa esclamò: “Bene per oggi basta, ci sentiamo giovedì prossimo così continuiamo il discorso su questo episodio, da aggiungere alla valutazione che abbiamo iniziato.”

 

Quella settimana la passai tranquilla, liberarmi mi faceva stare bene anche se ero inquieto e impreparato a gestire la parte seguente, quella più importante, che mi rodeva dentro per le condizioni che scelleratamente avevo creato accadessero a  mia  madre.

 

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