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STORIE E RACCONTI EROTICI

VIETATI AI  MINORI DI 18 ANNI

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LA DEGERAZIONE DI UNA MOGLIE FEDELE 

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VIETATO AI MINORI DI 18 ANNI. 

DEGENERAZIONE DI UNA MOGLIE FEDELE.

 

 

NOTE.

 

“Non è il sesso, in realtà, che si fa vendere alla prostituta: è la sua degradazione. E il compratore, il cliente, non sta comprando la sessualità, ma il potere su di lei.”

(Kate Millett)

 

 

Cap. 19INDIPENDENTI

 

Quella notte volgeva al termine e l’aria si era rinfrescata parecchio.

Il percorso in quel giardino sembrava una passeggiata nella perversione umana, in uno zoo dove gli animali erano persone, uomini e donne degenerate per propria volontà o perché costrette ...e se non lo erano, entrando in quel luogo notturno, peccaminoso come un girone dantesco, lo diventavano.

Camminammo un po', poi Rocco sganciando il guinzaglio dal collare di mia moglie le disse:

“Ora mettiti lì!!”

E la fece mettere tra altre prostitute, anche di colore, con Roberta in pieno imbarazzo…e mi

fece un cenno, mi chiamò: “Vieni!” Disse e si appartò con me dicendomi:” Questa notte oramai è quasi al termine e probabilmente finirà qui, non c’è più quasi nessun cliente in giro se non noi. Ma da domani voglio che andiate a battere da soli, dovrai accompagnarla tua moglie Roberta ed essere il suo magnaccia, se no non ha senso quello che ho fatto a tua moglie e l’insegnamento che vi ho dato.”

“Cioè?” Chiesi io non capendo.

“Io voglio…” Disse Rocco:” … che tua moglie diventi puttana non perché glielo imponga io, ma che ci si senta dentro, deve essere indipendentemente nella professione, che sia con me o per un altro a battere …Voglio che le piaccia farlo, prostituirsi, che si autogestisca e anche tu Carlo, che diventi il suo magnaccia, soltanto allora quando diventerete degli indipendenti, come ce ne molti, solo allora il mio gioco sarà terminato.” Esclamò: “Quindi preparati per i prossimi giorni.”

Fece una pausa e tirò due boccate dalla sua sigaretta elettronica e rivolgendosi a me che ascoltavo proseguì: “Non sei obbligato ad accettare, ma parliamoci chiaro io credo che ormai anche tu non voglia più tornare indietro.” E continuando:” Vedrai, quando ti guadagnerà bene mi darai ragione e sarai tu a stimolarla per farla battere e vendere la figa.”

Quella sua dichiarazione, mi impensierì molto. Io non ero capace a fare il magnaccia e lui lo

sapeva, io ero una persona tranquilla, un impiegato assicurativo, estraneo a quel mondo, però in un certo senso mi eccitava provare a farlo. E Roberta mia moglie o Susy come la chiamava lui, non era ancora una puttana vera e completa, aveva battuto qualche volta con loro e finché c’era lui o Lea era una cosa diversa, ci davano sicurezza ma soli ... farlo da soli … cosa avremmo fatto?

Così con quei dubbi ritornai tra loro e a distanza vidi mia moglie tra le altre che passeggiava.

E mi dicevo:” E pensare che ci tenevo così tanto a vederla trasformata in una vera donna

sexy...ora invece è diventata una puttana, ha toccato il fondo ed è colpa mia.... “Ma cercavo di

fuggire da quei pensieri.

Rocco non perdeva occasione per tormentarla e tormentare me, ci godeva nel farlo: “E’ eccitante aver trasformato e spinto una seria e rispettabile signora come te, mamma e moglie

fedele a fare la battona. “Le diceva spesso con un sorriso perfido. Lei lo osservava con sguardi di odio , ma ne subiva anche il carisma e forse il fascino perverso della sua cattiveria e bruttezza quando le accarezzava il viso o il collo con le dita dicendole che era brava e stava imparando a essere puttana. Negli occhi di mia Roberta si accendeva una luce di compiacimento…

All’improvviso per divertirsi esclamò a mia moglie:

“Dai su! Metti in mostra la tua mercanzia che c’è poca gente e devi attirare l’attenzione!”

Feci un passo avanti per fermarla, ma lui mi fece cenno di restare dov’ero e contemporaneamente le ordinò nuovamente di sollevarsi completamente il gonnellino, e Roberta come un automa eseguì quell’ultimo indecente ordine e sotto lo sguardo di Dracu il suo amico e di Lea. Tremante si sollevò la gonna, facendo comparire il reggicalze rosso con le giarrettelle pinzate alla fascia di seta delle calze e tra esse si mostrava prepotente la figa, la sua lunga fessura dischiusa, matura e depilata... e restò lì con il suo sesso ben in vista alle colleghe battone e a noi, e a qualche viaggiatore che si allontanava in fretta.

Non lo dico perché era mia moglie, ma devo ammettere che aveva una bella figa, una vulva esteticamente perfetta da osservare, con una lunga fessura che brillava ai riflessi della luce essendo stata chiavata da poco dal vigilante, con gli umori ancora attorno e sulle piccole labbra vaginali ad ali di farfalla e quelle grandi depilate e bombate esternamente che brillavano e riflettevano la luce dei lampioni o delle auto di passaggio.

“Mostra anche dietro …!!” Le gridò Rocco.

E la fece girare restando con il suo sedere nudo verso la strada.

Era davvero sconvolgente ed erotico nella sua crudezza quello che compiva, anche le altre battone la guardavano con invidia e alcune ridevano a denti fuori di come ubbidisse come una cagnetta.

Roberta non parlava e assecondava quello che le diceva Rocco. Io interdetto restavo ad attendere gli avvenimenti che avrebbero seguito, era ferma in piedi sul marciapiede con il culo scoperto che lo mostrava in lontananza alle auto e in vicinanza a noi.

Il cuore mi stava scoppiando e il sesso duro ed eretto dentro i pantaloni impazziva, nonostante la situazione e l’umiliazione che provavamo, ero eccitato.

All’improvviso il tempo sembrò aiutarci, tra tuoni e lampi si riversò un terribile acquazzone

notturno e tutti fuggimmo, noi verso il Suv di Rocco, che salutò Dracu, che andò dietro alle sue

puttane che correvano via come galline con la borsetta in testa ancheggiando con i loro culi sui tacchi altissimi.

Giunti in auto e vista ormai l’ora, Rocco accese il motore e tirando boccate alla sua sigaretta elettronica, avviò il tergicristallo partendo e dicendo: “Va bè! Stasera hai fatto abbastanza Susy e ora che proviate da soli.”

“Da soli?” Domandò a voce bassa mia moglie quasi mormorando.

“Si da soli, ho già parlato con tuo marito, andrete a battere in qualche città vicina, io vi

consiglio la provincia di Varese o Brescia, sono le più ricche... nessuno vi conoscerà e guadagnerete bene!”

Roberta restò in silenzio anche lei incredula e stupita di quel che diceva, ma preoccupata:

“Ma da soli come? ...Non l’abbiamo mai fatto!” Esclamò.

“Bene inizierete, vi renderete indipendenti”

Roberta si tolse la parrucca bagnata e si grattò il capo...” Dioo mi dà un prurito!” Esclamò.

“Se vuoi puoi non metterla ...” Rispose Lea sorridendo: “… correrai soltanto il rischio di essere

riconosciuta, hai visto i vigilantes??”

“Be’ quelli mi hanno riconosciuta anche con la parrucca e il trucco!” Ribatté mia moglie.

“Si ma non erano sicuri che eri tu, è stato un caso… ma se vuoi riprovare e ti senti sicura non metterla!” La esortò.

E mentre seduta in auto aveva la parrucca appoggiata sopra le cosce piegate, con i polpastrelli delle dita si massaggiava il cuoio capelluto frizionandolo e lamentandosi di perdere i capelli quando ci passava sopra, mormorando:

“Diooo che prurito.”

“Rasati!! “La esortò ancora Lea ridendo:” Non saresti la prima!” Roberta scosse il capo infastidita da quel sentirsi ripetere da lei ogni volta che si lamentava della parrucca di doversi rasare il capo.

Giunti davanti alla nostra auto prima di scendere Rocco mi ricordò: “Allora hai capito? Ascolta anche tu Susy!!... Io sarò sempre nel mio locale notturno, il Macumba, il mio cellulare c’è l’avete, se avete bisogno chiamatemi e non fate i furbi che dite che andate e poi non lo fate, io lo saprò ho tanti amici che mi informano.” Aggiungendo a mia moglie: “Ricorda puoi fare tutto, dai 50 euro in su per un pompino, dai 70 euro per farti chiavare e dai 100-150 euro in su per fartelo infilare in culo ...” Disse con la sua volgarità da magnaccia, continuando:” ... non

scendere sotto questi prezzi, ricordati che anche se sei matura e quarantenne, sei italiana e vali di più delle altre straniere che sono venti-trentenni. Siete restate in poche italiane che battono oramai. “Affermò. Diede ancora una boccata alla sigaretta elettronica e proseguì: “E fagli mettere sempre il preservativo se no prendigli il doppio della tariffa. E ricorda sempre le

creme e l’igiene come ti ho insegnato io...” Aggiunse Lea.

Giunto nel bar di Rocco, dove lo vedemmo per la prima volta, scendemmo e Roberta si

struccò e ricambiò e rimise i suoi abiti da signora per bene in quella specie di ripostiglio che

faceva da camerino alle prostitute.”

Prima di andare via Lea disse ancora: “Domani o dopo uno dei due passi nel locale da me che vi do qualche parrucca e abitino da lavoro...”

Ci salutammo, uscimmo e prendemmo la nostra auto e ci avviammo verso casa.

“Ma davvero vogliono che andiamo da soli?” Mi domandò preoccupata Roberta mentre guidavo.

“Si!!” Risposi

“Oh segnur Carlo!! “Esclamò in dialetto milanese preoccupata.

“Guarda il lato positivo amore ... forse iniziando da soli è il momento buono per staccarsi da loro e diventare indipendenti e in secondo tempo smettere con questa attività e tornare alla vita di prima. A quello che eravamo prima.” Le dissi.

“Mah… speriamo!!” Esclamò lei:” Che sia davvero così e possiamo tornare ad essere quelli di prima!”

Due giorni dopo andò al lavoro nell’ufficio postale, preoccupata di incontrare i due metronotte… ma non avvenne. Alla sera in casa dopo cena, quando Federico uscì con Valentina la sua fidanzatina parlammo di quello che dovevamo fare, organizzarci e non lasciare niente al caso e le feci scegliere il luogo dove andare: “Allora scegli, Brescia o Varese?” Domandai.

Pensò un attimo e poi esclamò:” Varese!”

“Bene, vada per Varese, inizieremo dalla provincia, cercheremo una cittadina che faccia a caso

nostro!” Guardai su internet e poi le chiesi:” Che ne dici qui tra Gallarate e Busto Arsizio?? “

“Per me va bene!” Replicò quasi indifferente.” L’importante è che siamo fuori dalle nostre zone e non ci riconoscono.”

“Lo siamo lì!” Risposi.

Quel suo partecipare all’organizzarci, dal luogo agli abiti mi stupiva, era come se avesse accettato davvero di essere puttana anche con me, suo marito, la mia puttana e tutto sommato non mi dispiaceva.

Il giorno dopo passai nel locale notturno da Lea a prendere un borsone che mi aveva preparato con dentro un paio di parrucche, trucchi, abitini, lingerie sexy, scarpe e stivaletti con tacco, oltre una scatola di preservativi e creme.

“Susy oramai sa come fare, oramai è svezzata, l’inserimento lo ha avuto, ricordati che sei tu ora il suo magnaccia e che la devi comandare e lei ubbidirti e se hai bisogno di qualcosa o problemi vari chiamaci. Guarda che ho messo anche un thermos nella borsa, fa freddo alla sera battere sul marciapiede, mettici dentro quello che le piace di più a lei, in genere the o caffè che sono stimolanti, così si scalderà un po'!”

Si soffermò un attimo a pensare e poi domandò: “Dove andrete?”

“In provincia di Varese!” Dissi io.” Tra Gallarate e Busto…!”

“Bene... il Varesotto è un’ottima zona, li hanno i soldi! ...Bè allora a sentirci.” E ci salutammo.

Giunto a casa ero eccitato di quella situazione e di quella preparazione, dove io come magnaccia avrei portato mia moglie a battere. Quella sera andammo in pizzeria a cenare e prima di rientrare in auto l’abbracciai e le chiesi se si lasciava chiavare da me. Quasi le chiedessi il permesso di chiavarla, nonostante fossi suo marito.

Mi guardò, rise e scrollò la testa: “Sei eccitato? “Chiese allungando la mano e toccandomelo con la mano da sopra i pantaloni.

“Si !!” Pronunciai:” È da parecchio che non ti lasci chiavare da me.”

“Trova un posto tranquillo che lo facciamo dai! “Esclamò eccitata anche lei:” Come la prima

volta che iniziammo questo gioco, ricordi che lo facemmo in auto!” Disse.

“Si!” Risposi: “Me lo ricordo bene ...poi arrivò Rocco...” Aggiunsi.

“Già!” Mormorò lei.” E tutto è iniziato da lì...”

Cercai un posto isolato ma non lo trovavo. Passammo davanti a delle prostitute che battevano, mentre una saliva in un’auto con il cliente.

“Segui quell’auto!” Mi disse indicandomela con il dito: “Andremo dove vanno loro!”

“Ma è il posto dove vanno le puttane che battono! Esclamai stupito.

“Beh perché io cosa sono adesso!” Disse con una smorfia che sembrava una sfida e un sorriso.

Li seguimmo in una radura, ci fermammo e dopo un breve sguardo attorno ci mettemmo

vicino a un cavalcavia della ferrovia, dove c’erano altre auto probabilmente con i clienti.

Iniziai a baciarla in bocca e accarezzarla come un innamorato, avrei voluto anche leccarle la figa, ma dopo essermi ricordato che era stata con tutti quegli uomini mi faceva un po' schifo.

La nostra auto non aveva i ribaltabili, o meglio scendeva di poco lo schienale lasciandola in una posizione semiseduta, e così mi disse:  “Per essere maggiormente comodi io mi inginocchio nel sedile con il sedere verso la portiera e tu vieni dietro me e mi chiavi in piedi da fuori e si mise in posizione.

Scesi e feci il giro posteriormente dell’auto, restando lei a carponi inginocchiata sul suo sedile del passeggero con le braccia tese sul mio. Mi guardai attorno tra l’oscurità della vegetazione, le tirai su la gonna sopra il sedere e giù le mutandine fino alle ginocchia. Lei allargò più che poteva le cosce al limite di quello che consentiva l’elastico delle mutandine teso che le tratteneva, mi avvicinai, mi misi tra le gambe e gli accarezzai un po' la figa, mi piaceva toccarla e mi eccitava sentirla tutta liscia, senza un pelo, sentire nei polpastrelli la fessura vulvare e la bombatura delle grandi labbra. Poi dopo averla palpata un po’, presi in mano il cazzo duro, lo puntai e spinsi sulla fessura allargandole la vulva, era tanto che non chiavavo mia moglie, parecchie settimane, forse più di un mese. La chiavavano gli altri e io e lei non lo avevamo più fatto da quando l’aveva violentata Rocco e lo sentii scivolare in avanti dentro la sua figa senza difficoltà, nella sua vagina ormai abbastanza dilatata, calda ed accogliente. E allungando le braccia da dietro le attanagliai le mammelle servendomene quasi come ancoraggio per poter affondare di più vigorosamente il cazzo dentro di lei.

Iniziai un movimento energico accarezzandole i fianchi e sentivo il mio ventre battere contro le sue natiche morbide e pallide sempre più forte, mentre lei ricurva con il capo verso il sedile del guidatore, dandomi il sedere si lasciava chiavare da me alla pecorina in uno stato di eccitazione e forse amore perverso ritrovato nella nostra disperazione. Ed anch’io godevo, di un godimento di cui mi vergognavo profondamente ma che non mi era possibile trattenere, quello di saperla e desiderarla puttana, di eccitarmi a sapere cosa aveva fatto con altri uomini. La presi per i fianchi, servendomene quasi come maniglie per poter affondare dentro di lei più vigorosamente il mio cazzo e iniziai a chiavarla con rabbia, pensando a Rocco quando l’aveva chiavata e inculata. Fu a quel punto che mi eccitai di più e preso da una smania strana mi fermai chiedendole: “Te lo posso mettere dietro Roberta?”

“Dove in culo?!” Domandò.

“Si!” Risposi.

“Va bene!” Disse.

Lo tirai fuori dalla vagina e lo appoggia sull’ano allargandole i glutei con i pollici e premetti il glande forte, fece un po' di resistenza:” Spingi!! Spingi !!” Mi incitò, mentre probabilmente spingeva anche lei indietro con l’ano allargandolo per facilitare la penetrazione come le avevano insegnato Rocco e Lea.

Ed entrò e lo sentii infilarsi nel retto caldo di mia moglie.

Non si era mai voluta fare inculare da me in vent’anni di matrimonio, ma dopo che il culo glielo aveva fatto Rocco con il suo cazzone e allargato bene, e probabilmente lo avrebbero fatto anche altri clienti, si concesse anche a me, suo marito e per la prima volta lo misi nel culo di mia moglie e la inculai.

Iniziai a muovermi e a incularla ed ero eccitato e incredulo, non mi sembrava vero, la stavo inculando anch’io.... La stavo sodomizzando come una cagna e lei si lasciava possedere.

Era diventata una puttana vera, la mia puttana, la puttana di Rocco.

Non so per quanto, continuai a muovermi in lei fino a restare incollato con gli inguini alle sue

natiche in un orgasmo mai provato.

“Aaaaaaaahhhhhhhhhhhhhhhhh!!!!!!!!!!!!!!!!!!!” Esclamai stringendole fianchi e sborrandole in

culo felicemente. E lo stesso fece lei dondolandolo e muovendolo verso me per sentirlo di più:

“Oooooooooooohhhhhhhhhh!!!!!!!!!!!!”

Mi retrassi e lo sfilai che era ancora gonfio, mentre Roberta si lasciava andare sfinita sul sedile. Mi guardai intorno quasi vergognandomi per quello che avevo fatto e a osservare se qualcuno ci avesse visto, ma era tutto tranquillo, solo auto che andavano e venivano. Lei supina sul sedile respirava profondamente esausta. Mi ricomposi velocemente per paura che

qualcuno da qualche auto in arrivo ci vedesse. Lei si tirò su, scese, passò le dita dietro sull’ano

chiedendomi: “Mi sei venuto dentro Carlo?”

“Si !!” Risposi.

Si tirò su le mutandine e giù la gonna stirandola con la mano davanti e dietro e mettendosi a posto i capelli salimmo in auto, ero felice anche se mi vergognavo per come l’avevo trattata e pensata, ma nello stesso tempo quella sua docile sottomissione mi eccitava. Mi eccitava sapere che non ero il primo ad averla sodomizzata e che l’aveva già inculata Rocco.

Roberta o Susy, anche con me si era comportata realmente come una puttana, mancava soltanto che mi facesse pagare.

Tornando a casa ero stupidamente felice, l’avevo inculata, l’avevo inculata anch’io anche se per secondo. In casa andò in bagno a lavarsi e poi andammo a letto. Il sabato sera avremmo iniziato da soli e saremmo andati a Gallarate.

Quel sabato sera eravamo pronti, dopo una cena frugale, scendemmo in garage che fungeva da camerino, accesi le luci e Roberta si spogliò, si tolse i suoi abiti da signora per bene restando in reggiseno e mutandine classiche, togliendo anche quelle. Poco prima sul bidet di casa al getto diretto dell’acqua tiepida sulla vulva, se l’era ripassata tutta con il rasoio a lametta senza schiuma, più volte, rendendosela liscia come il vetro e morbida come il velluto; mettendoci sopra poi, della crema dermoprotettiva e spermicida.

La prima cosa che si rimise rivestendosi fu uno di quei mini reggiseni del borsone che ci aveva dato Lea e che faceva fatica a contenere dentro quelle minuscole coppe colorate di raso rosso le sue prosperose mammelle da mamma. Indossò un top nero aderente di lana rasata misto a seta a manica lunga, molto scollato e slargato sul torace, che le arrivava all’ombelico lasciando la pancia scoperta e di seguito mise delle calze autoreggente nuove che le aveva dato Lea. Erano di seta nera disegnata con una trama coprente, molto spesse che rendevano le gambe sempre eleganti e da esibire, ma erano calde e confortevoli, ed essendo elasticizzate, l’aiutavano nel reflusso di sangue dovendo stare molto in piedi molte ore. Erano ideali per le donne più freddolose, perché essendo super coprenti la proteggevano dai rigori dell’inverno, avendo un effetto termoregolatore che manteneva costante la temperatura delle gambe esposte all’aria. Erano di spessore 40 Den. Sopra di esse, come sempre consigliata da Lea, calzò dei gambaletti di lana, per tenere più caldi i piedi e sopra mise degli stivaletti di vernice bianca che le arrivavano al ginocchio con un tacco da dieci centimetri. Una mini di flanella rossa che le arrivava poco sotto gli inguini, lasciando intravedere l’erotismo della fascia di pizzo lavorato che teneva su le calze. Niente mutandine, così le aveva insegnato e abituata Lea.

Tirando su lentamente la gonna, lo spettacolo era mozzafiato, davanti, dalla fascia delle calze in su, fino alla vita, si vedeva la pelvi di Roberta nuda, con la pelle eroticamente pallida che contrastava con il nero delle calze autoreggenti e il rosso della mini. La sua fessura vulvare lunga, bella, oramai dischiusa perennemente dai cazzi che prendeva era uno spettacolo molto libidinoso da osservare e posteriormente si alzava la gonna mostrando il suo magnifico culo, rotondo e morbido, pallido come la luna e il solco intergluteo lungo e profondo che divideva due meravigliose natiche. E che al collegamento con le cosce, mostrava una linea orizzontale, la congiunzione dove il sedere maturo e fiorente segnava il confine tra il culo e la coscia.

Subito si sedette su una sedia davanti a uno specchio a muro approntato per l’esigenza e alla luce di una lampada iniziò a truccarsi, pesantemente e volgarmente, gli occhi con il rimmel e l’ombretto, il fard e il rossetto vistoso sulle labbra.

“Passami la parrucca!” Mi disse quando si sentì pronta.

“Quale, quella nera o bionda?” Gli domandai.

“Stasera quella bionda, nel varesotto sarò Susy la bionda!” Esclamò e sorrise da sola, come se giocasse, forse per esorcizzare quello che stava andando a fare.

Se la mise davanti allo specchio, piegò il capo in avanti e la calzo sul cranio, e poi con un gesto sicuro alzò la testa e gettò tutti i capelli indietro facendoseli cadere sulle spalle, era lunga e mossa, e le stava molto bene davvero, sembrava un’altra donna.

Finì di truccarsi, mise gli orecchini pendenti ai lobi che brillavano e poi si alzò, con quel

tacco da dieci centimetri era diventato più alto di me. Sistemò sotto braccio il pellicciotto di peluche bianco a manica lunga, con il colletto che poteva alzarsi e chiudere per coprire il collo, ed era pronta, era una perfetta battona. Prese la sua borsetta e controllò se c’era tutto, preservativi, creme vaginali, fazzolettini e uno spray al peperoncino che le aveva dato Lea da usare in caso di aggressione. Controllò lo smartphone e poi mi disse: “Io sono pronta!”

Ma vedendo che si guardava ancora allo specchio come una vanitosa la sollecitai agitato: “Andiamo… sbrigati!! Hai già messo il trucco il gonnellino e la parrucca… e là nessuno ti

riconoscerà. Di cosa hai paura?”

“E tu di cosa hai paura che hai tutta questa fretta?” Controbatté.

Già… di cosa avevo paura? Non lo sapevo nemmeno io, ma ero agitato. Cercai di mantenere un minimo di freddezza, ma mi riusciva, era molto difficile, ero in un misto di euforia e timore quello che provavo, probabilmente come lei.

Da una parte sapevo che la situazione poteva diventare davvero poco piacevole, ma dall’altra ero eccitato dalla trasformazione di mia moglie e di provare solo con lei, e intimamente ero attratto da quello che poteva succedere.

Prima di partire ci presero i dubbi: “Roberta… cosa facciamo? Andiamo?!” Le chiesi sperando che almeno lei avesse le idee più chiare delle mie.

“Non so Carlo… decidi tu…” Mi rispose, invece lei guardandomi con quegli occhi truccati e

dubbiosi. Mi sarei aspettato da lei una frase del tipo “Non andiamo!” … E invece no. Lasciava

decidere a me.

La guardai con stupore e apprensione poi mi ricordai le parole di Rocco:” Non fate i furbi se no

ve la farò pagare…”  E decisi di andare.

Salimmo in auto e uscimmo fuori dal garage richiudendolo, prendendo la rampa che portava fuori del palazzo e ci trovammo nel buio della sera, andando velocemente verso la tangenziale per Varese. 

Pigliammo l’autostrada dei laghi e dopo un’oretta uscimmo allo svincolo di Busto Arsizio, per

poi prendere la statale e cercare un luogo che facesse a caso nostro, senza altre battone vicino.

Passammo tra battone nigeriane e dell’est lungo la strada e arrivammo tra le periferie delle due città e lo trovammo a duecento metri circa, prima del Decatlon di Gallarate, un marciapiede sotto ad alcuni lampioni, dove proseguendo a meno di cinquanta metri si svoltava a destra in una stradina buia e isolata dove c’erano degli spazi tranquilli per appartarsi e consumare con gli habitué. Decidemmo di fermarci lì e Roberta avrebbe portato i clienti in quella stradina. Per sicurezza avrebbe tenuto il cellulare acceso e collegato con me in modo che sentissi e potessi intervenire in caso di pericolo. Io mi ero attrezzato con un bastone, non avevo armi da fuoco né da taglio per scelta e per paura non sapendo usarle.

Posteggiai poco distante dal lampione, lei scese, si mise il pellicciotto di peluche bianco non

chiudendolo, ma stringendolo sul davanti, in modo da poter aprire all’improvviso e mostrassi agli automobilisti di passaggio. Prese la borsetta e la mise a tracolla e iniziò a passeggiare avanti e indietro, mentre io attendevo in auto. Tirai fuori il thermos e lo posai sul sedile a fianco a me. La guardavo, era sul ciglio della strada da sola nell'aria gelida della notte del varesotto che pareva tagliasse le sue belle gambe all'altezza della minigonna, fasciate dalle calze autoreggenti termoregolatrici. Ma il freddo lo sentiva ugualmente e batteva i piedi, ma il compierlo non la scaldava e comportava soltanto il rischio che si spaccassero i tacchi a spillo, cadendo dai suoi stivaletti di vernice bianca.

All’inizio gli sguardi degli automobilisti parevano che la trapassassero, era la prima volta sola e aveva vergogna e paura, se avrebbe potuto sarebbe corsa a nascondersi nel buio del prato dietro lei, ma doveva stare li. Una ragazza assieme ad altri ragazzi, passando con l’auto le gridò in dialetto dal finestrino: "Va a casa logia che fa frecc! (Vai a casa puttana che fa freddo!) “Roberta si voltò di scatto, avrebbe voluto rispondere ma non ne ebbe coraggio, dal suo sguardo capii che forse avrebbe voluto piangere e gli occhi le brillavano forse non solo per il freddo.

Mi guardava continuamente, era una zona isolata quella, ed ebbe paura quando due ragazzi in motorino che passavano continuamente avanti e indietro la guardavano, era già la terza volta che lo facevano.

“Cosa vogliono quegli stupidi?” Mi chiedevo.

Avevamo tutte e due gli smartphone carichi e collegati e ogni tanto ci sentivamo, anche se ero a una decina di metri più in giù di lei, per avere un contatto ed essere tranquilli.

Era passato un quarto d'ora e ancora nessuno si era fermato, pensavo che forse con la scelta di essere soli, senza altre prostitute vicino avevamo sbagliato posto e non avrebbe fatto niente ...nessuna marchetta. Ma lei continuò a passeggiare, con la cinghia della sua borsetta appesa alla spalla. Nella sua volgarità era anche bella.

Un’auto si fermò all’improvviso e un uomo tirando giù il finestrino la squadrò con quella

parrucca e il trucco pesante sul viso e lei timidamente fece due passi avanti verso di lui, che con una brusca accelerata partì.

Non disse nulla, ma si sentiva da schifo, era come merce esposta che non piaceva e non riusciva a vendersi ed era umiliante. D’altronde a poche centinaia di metri da noi gruppi di ragazze più giovani, nigeriane e dell’est si vendevano per molto meno.

Passò un altro quarto d'ora, il freddo, la vergogna, la paura continuarono ad aumentare. Si fermò un’altra macchina, abbassò il finestrino: <Quanto?> Le chiese.

Mia moglie esitò, poi: < Cinquanta in bocca, 70 figa! > Disse tutto di un fiato proprio come una battona vera, meravigliandosi lei stessa di come parlava.

< Sei italiana!??> Le chiese il cliente.

<Certo!! Italianissima di Milano!> Rispose.

L’uomo dall’interno dell’abitacolo le fece un cenno con la mano che lei non capì e rimase

immobile. <Fammi vedere sotto!> Le chiese.

Roberta titubante alzò il gonnellino rosso mostrandole la figa liscia e pallida e la sua lunga fessura dischiusa. La guardò con libidine.

<Sali !!> Esclamò allungandosi con il braccio e aprendole di poco la portiera. Roberta l’aprì completamente e salì, si sedette tutta scosciata e piena di freddo a fianco a lui e

partirono. Il nostro contatto era il cellulare, ma non ci furono problemi e al ritorno mi

raccontò quanto le era accaduto e aveva fatto con quel tizio.

<Come è andata?> Le domandai appena scesa porgendole un bicchierino di plastica con il the

caldo.

<Bene!> Rispose sorseggiandolo, e informandomi. < Appena salita in auto l’ho salutato con un ciao…> Mentre mi accomodavo sul sedile, ma lui non rispose. Allora continuai dicendogli:< Vai avanti cinquanta metri, poi svolta a destra, c’è una stradina con degli slarghi, ci fermeremo lì!>

Indicandogli la strada con il dito e quell’uomo eseguì senza parlare. Era un tipo taciturno di poche parole. Proseguendo, quando la stradina si fece più buia, senza fanali ne luci se non quelle della luna e dei riverberi dei lampioni della statale gli dissi:< Qui va bene!>

Subito ebbi timore, mi accorsi di essere un po' troppo isolata con quel tipo e fui presa dall’ansia, ero da sola al buio con uno sconosciuto e volevo fare in fretta e tornare subito indietro da te e misi il cellulare dentro la borsa in modo che tu sentissi. <A proposito, sentivi??> Mi chiese.

<Si ti sentivo, ma essendo nella borsetta non capivo le parole, ma soltanto i suoni, ma se gridavi ti avrei sentito di certo.> Dichiarai.

“<Bene!> Esclamò lei rassicurata e continuò: <Cosa vuoi fare?> Gli chiesi.

<Chiavarti!> Rispose brutalmente quell’uomo sorridendo.

< Sono settanta euro,> Lo informai con voce tremante e piena di emozione.

<Sei un po' cara però!> Mi rispose: <Ma sei italiana e li vali, non si trovano più italiane che battono, tutte slave, nere e orientali.>

Prese dal portafogli una banconota da 50 e una da venti e me le diede e io li misi subito nella borsetta, prendendo contemporaneamente una confezione contenete il preservativo estraendolo.

Il cliente si slacciò la cintura, sbottonò la chiusura e si calò i pantaloni estraendo un cazzo

mezzo molle, che per farglielo diventare duro ho dovuto prenderglielo in mano e muoverlo

masturbandolo, avvertendo essendoci quasi sopra, un acre odore di sudore inguinale, e d’urina, che mi indussero a spostare il capo delle vedendo delle desquamazioni depositate intorno al glande.

<Fammi anche un pompino!> Mi chiese.

<Si ma sono altri cinquanta euro...> Dissi.

<Va bene!> Tirò fuori dal portafogli anche una banconota da cinquanta euro e me la diede e la

misi subito via. In quel momento mi vennero in mente le parole di Lea, che mi aveva detto che se non ero sicura, anche il servizio con la bocca dovevo praticarlo col preservativo e non a carne nuda.

<Il pompino lo faccio con il preservativo, non senza!> Gli dissi.

< Perché?> Domandò.

Aveva anche il coraggio di chiedere perché...

<Perché senza non li faccio, se vuoi ti ridò indietro i soldi.> Dissi.

A quelle parole scrollò le spalle come se non gli importasse e non senza difficoltà riuscii a calzargli il profilattico, schiusi le labbra e mi infilai in bocca la cappella coperta di lattice iniziando a bocchinarlo.

Piegata su di lui, mi teneva la mano sulla parrucca accompagnando il ritmo e in un attimo lo

sentii diventare duro e grosso in bocca, quasi da soffocare. Gli era venuto bello duro e dritto.

A quel punto gli dissi:< Vieni!> E mi raddrizzai con il busto sul mio sedile del passeggero, presi dalla borsetta il tubetto di crema lubrificante che mi aveva dato Lea, ne misi un po' sulle dita la passai sul preservativo e anche nell’entrata della vagina.

Lui si spostò e toccando di lato abbassò lo schienale. Mi alzai la gonna sui fianchi e allargai

le gambe ed ero pronta…

Il cliente mi venne sopra, con una mano mi accarezzò la fascia merlata delle autoreggenti.

<Sei bella!> Pronunciò mentre con la mano si aiutò a trovare la fessura toccandola. Sentii le sue dita ruvide passare sulla vulva e vedendolo in difficoltà. Glielo presi in mano e lo aiutai guidandolo a infilarmelo dentro la vagina. Chiusi gli occhi e lui spinse e mi penetrò e iniziò a chiavarmi, facendomi cullare dal dondolio dell’auto sotto le sue spinte. Subito dopo i colpi si fecero più forti e veloci, incominciando a farmi un po' male e mi vennero

in mente le parole di Lea: < I primi quattro o cinque colpi può darsi ti facciano un po' male, ma poi la vagina si scalda e si dilata e non li sentirai più.>

Quei colpi si facevano sempre più profondi in quel dondolio dell’auto che li accompagnava,

iniziando a farmi sentire qualcosa e avevo paura di godere e non volevo e mi sentivo persa.

Non sapevo cosa pensare nell’attesa che finissi e mi dicevo a ogni spinta della sua asta di carne

dentro me che mi faceva sussultare: <Sono una puttana e non devo godere! … Sono una puttana e non devo godere! >Ma senza riuscire a cancellare la consapevolezza che non mi sentivo tale e che iniziava a piacermi.

<Adesso finisce! ...Adesso finisce e viene! Adesso finisce e viene!> Mi dicevo anche, finché

finì davvero. A un certo punto si mosse velocemente e io iniziai contro la mia volontà ad

avvertire la vagina contrarsi, in preda a spasmi del piacere e a una forma di calore arrivarmi

nella pelvi. Ero preoccupata: <Oh Dioo miooo! Sta vedere che vengo! ...Godo e non voglio! ...Se ne accorge…> Mi sono detta, per fortuna in quel momento venne lui sborrando dentro il preservativo, finendo tutto e comunque avevo avvertito una bella sensazione di piacere in vagina, lui nella foga non se ne era accorto.” Fece una pausa e riprese:” Lo sfilò dalla vagina e si sollevò, il preservativo era pieno di sperma:< Dio mio!” Pensai in quel momento:< Se mi fosse venuto dentro e mi avesse cacciato dentro tutta quella roba guai!!>

Aspettai che se lo sfilasse e gettasse dal finestrino e prendendo un fazzolettino gli pulii il glande. Si mise a posto e mentre tornavamo indietro mi chiese: <Come ti chiami?>

<Susy!> Risposi.

<Mi hai soddisfatto sai Susy! Tornerò a chiavarti di nuovo, sei sempre qui al sabato? >

<Si dovrei!> Risposi.

<Allora mi vedrai ancora, diventerò un tuo cliente.> E sorrise.

Gli sorrisi anch’io e mi riportò qui.”  

“Si!” Ti ho vista scendere e salutarlo con la mano! Quindi è andato tutto bene?” Domandai.

“Si!” Rispose.

Susy finito di bere il the per scaldarsi si rimise a passeggiare mentre io tornai in auto, ma restò al freddo solo pochi minuti perché si fermò un ragazzo in utilitaria, un tipo timido e impacciato, avrà avuto vent’anni ed era poco più grande di nostro figlio Federico.

Lui quasi balbettante le chiese il prezzo: <Quanto vuole signora?>

<Cento euro!> Rispose Roberta per mandarlo via visto che gli ricordava nostro figlio, ma lui dall’interno avvicinando la testa al finestrino rispose: <Va bene!” >E le fece segno di salire.

Lei mi guardò come dire: <Che faccio? E un ragazzo? ...>

E io muovendo le spalle con il capo le feci capire :<Vai !!>

Quando tornarono e scese dalla sua auto, curioso più di prima mi feci raccontare cosa era

successo con quel ragazzo poco più grande di nostro figlio. E mi spiegò: “Siamo andati in fondo alla stradina, stesso rituale del primo, era timido e impacciatissimo e gli ho chiesto. < Come mai vai a prostitute? Non hai la ragazza?> Mi rispose di si, che c’è l’aveva, ma che

con lei non le piaceva fare sesso, non era capace e preferiva le donne mature.

<Sai che potrei essere tua madre!> Gli dissi.

E lui annui con il capo.

E vedendolo impacciato gli chiesi:<Cosa vuoi fare? Chiavare?>

<Un po' tutto!> Rispose agitato.

<Un po' di tutto sono cento cinquanta euro!> Lo informai per allontanarlo. < Ce l’hai i soldi?> Domandai.

<Si!! Si...> E tremante li tirò fuori.

Gli feci sbottonare i pantaloni e lo tirò fuori, era pulito e profumato e mi abbassai su di lui senza mettergli il preservativo prendendoglielo in bocca e lo sbocchinai un po' mentre lui mi palpeggiava con delicatezza e timore, con quasi paura di toccarmi il seno e la figa.

Gli feci un pompino e all’improvviso lo sentii pulsare tra le dita e in bocca e lui dire: <Vengo, vengo!>

Mi tolsi da sopra e lo presi a masturbarlo mentre lo accarezzavo e con pochi movimenti della mia mano iniziò a godere e venire con getti copiosi, e riversò il suo sperma fuori lanciandolo in aria come lo zampillo di una fontana, facendolo ricadere sulle sue gambe. Glielo strinsi forte e glielo spremetti a fargli uscire l’ultima goccia di sperma, poi lo pulii con il fazzolettino… Era felice ...dovevi vedere.”

Roberta mi fece un sorriso continuando:” < Si rimise a posto chiedendomi quando ci sono ancora che vuole anche chiavarmi e gli ho detto le sere in cui siamo qui, giovedì, sabato e domenica.

“Visto che non aveva resistito alle mie labbra e non era riuscito a trattenersi anche per chiavarmi, gli ho preso solo cento euro...ridandogliene cinquanta passandoli a me che li misi via.” Disse Roberta parlando della sua marchetta.” E poi siamo tornati qui! E hai visto anche tu, mi ha salutato gentilmente con un sorriso e se ne è andato. “>

Mia moglie o meglio Susy ritornò a passeggiare sicura, sembrava aver preso padronanza in ed essersi abituata quel mestiere, o forse era solo una mia illusione... o un allontanare la paura da noi.

Un’auto piena di persone passando la salutò, suonando il clacson e gesticolando con le braccia

e le mani e tra loro c’era anche una donna a salutarla.

La vidi sorridere e rinfrancata, con meno paura di quando eravamo arrivati e anch’io mi sentivo più tranquillo nel mio ruolo di suo protettore. Poi i minuti ricominciarono a passare, tornò a sentire il freddo e a passeggiare battendo i tacchi degli stivaletti sul marciapiede per scaldarsi la pianta dei piedi. Più volte io scesi dall’auto nelle pause a stare un po' con lei, versandole con il thermos il the caldo da bere, che la tirasse su e l’aiutasse a continuare. Faceva freddo di notte nel varesotto anche se eravamo a marzo.

Si fermò un’altra auto. Un tipo che a vederlo alla luce del lampione sembrava un cordialone

pacioccone tutto ridente, probabilmente stava rincasando da qualche festa con gli amici e a casa c’erano senz’altro la moglie e i figli che l’aspettavano guardando la tv.

<Ciao bella figa! Quanto?> Domandò.

<Cento!!> Rispose decisa e sicura mia moglie.

Lui tirò un mezzo fischio:< Fiuuuuuuuu!!! Sei cara, dall’altra parte le tue colleghe dell’est più giovani la danno per 50 euro!>

<E allora vai dall’altra parte, qui con me sono cento!> Rispose decisa, tanto che mi stupì.

Lui non fece nemmeno in tempo a rispondere di sì che le aprì la portiera.

<Dai sali!> Le disse:< Mi piaci e sei italiana…> E partirono.

E ancora quando tornarono nell’attesa di un nuovo cliente mi feci raccontare, era una sottile

piacere perverso quello che provavo a sentirla spiegarmi come era stata chiavata dal cliente o cosa aveva fatto con lui e bevendo ancora the caldo iniziò: “Quando fui dentro l’auto domandai subito:< C’è l’hai i soldi?>

<Certo! Ecco! > Rispose, li tirò fuori prima di partire e me li diede, due biglietti da cinquanta

che misi in borsetta.

<Cinquanta metri, poi gira a destra! > Esclamai mentre guidava. <Ecco qui! Svolta!> Gli dissi appena ci trovammo nei presi della stradina e quando fummo sul posto appena fermata l’auto, iniziò subito a palpeggiarmi e a farmi i complimenti, che ero una bella figa.

<Quanti anni hai? E come ti chiami?> Mi chiese subito.

Non gli dissi l’età, ma solo il nome:< mi chiamo Susy! >

Cercò di tirarmi fuori una mammella:< Dai!!... Lasciamela un po' leccare e palpare … che mi piace, sono belle! >

Mi vennero ancora in mente le parole di Lea:< Ricorda ogni extra sono 50 euro.>

E gli dissi: <Se vuoi leccare il seno sono altri cinquanta euro.>

Pensavo che desistesse invece eccitato balbettò: <Si...sì…sì!!> E agitato aprì il portafogli e mi diede altri cinquanta euro e gli lasciai tirare fuori una mammella dal top e poi l’altra, incominciando a baciarle e leccarle rendendomi conto che sentire la sua lingua e le sue labbra sulla pelle e su il capezzolo succhiare piaceva anche a me. “

Ascoltavo, oramai mia moglie non aveva più nessuna remora a dirmi se uno gli piacesse e se volesse chiavare con lui o le facesse provare godimento. E continuò:” E ricominciò subito a palpeggiare, andando avanti per qualche minuto. Non smetteva più di baciare e leccare il seno e il capezzolo mentre il tempo passava e dovevo finire la prestazione se no passava troppo

tempo e andavo fuori dei venti minuti canonici calcolati per una marchetta. Cercai di dirglielo più volte prendendolo per la testa: < Ora chiaviamo su…. dai!>

Ma lui continuava e quel suo leccarmi le mammelle e i capezzoli stava facendo eccitare anche a me e così allungai la mano, presi dalla borsetta un preservativo e con le dita lo sconfezionai.

Abbassai la cerniera dei suoi pantaloni e vi frugai dentro, lo sentii già duro, lo presi tra le dita e lo estrassi e mentre lui era perso a leccarmi i capezzoli turgidi, glielo calzai, le misi un po' di

crema lubrificante e lo stesso feci all’interno delle piccole labbra vaginali iniziando a masturbarlo.

<Dai vieni su! Che chiaviamo!> Le ripetei. 

A quelle parole si staccò, prese la rotella dello schienale e lo ribaltò più giù che poteva.

Allargai le gambe e alzai la mini a scoprire il sesso, mi venne sopra e lo puntò, spinse e mi

penetrò iniziando a chiavarmi, era grosso e mi sentivo impalata.

Lui appena lo mise dentro a fondo, inarcò con la schiena, poggiò le mani sulle spalle ed inizio a

muoversi su e giù dandomi colpi profondi e facendomi provare silenziosamente piacere.

E meno male che eravamo al buio e non poteva vedere il mio viso, se no se ne sarebbe accorto

che mi piaceva. Mi faceva dondolare su e giù assieme all’auto, mi sentivo strana … sentivo

caldo in vagina.

All’improvviso avvertii ancora degli spasmi vaginali incontrollabili e il passaggio da quel freddo esterno a quel caldo dell’abitacolo improvviso e alle sensazioni che iniziavo a provare mi sentivo mancare. Finché lui stanco di quella posizione inarcata venne giù appoggiando la camicia e il suo torace sulle mie mammelle, ricominciando a dare colpi profondi e veloci, mentre mi

metteva le mani sotto le natiche tirandomi su con il sedere e iniziando a palpeggiarlo.

Eccitato riprese un ritmo forte, quasi da farmi male: “Ahi!... Oh ahi!! " Mi venne istintivo esclamare, alternando il lamento con un gemito di piacere, e stupita lo sentii dire:<Ti piace eh! Brutta troia bastarda!>

Non so cosa accadde in quel momento, forse le parole, forse il ritmo, la dimensione e la

lunghezza, fatto sta che mi sentii avvampare e iniziai a muovere il bacino verso lui:

<Si! …Si! Mi piace! >Risposi con un sospiro.

Finché non urlò :< Vengooo!!>

E anch’io muovendomi più forte ripetei:” Si!!” Sentendo il suo grosso cazzo contrarsi e pulsare all’interno, facendo fare lo stesso alla vagina. Stava venendo, quelle pulsazioni non erano altro che i getti di sperma che correvano nell’uretra per arrivare nell’involucro di lattice.

Terminato lo tirò fuori, era duro e dritto, tolse il preservativo e lo gettò tra gli arbusti, le passai i fazzolettini e si pulì. Anch’io mi asciugai la figa con i fazzolettini di carta, tirai giù la gonna e tornammo indietro.

In quei pochi metri del ritorno mi chiese:<Dimmi la verità! ...Godevi davvero o facevi finta per farmi venire prima?>

Lo guardai e gli feci un sorriso: < Interpretalo come vuoi!> Risposi.

<Facevi finta di godere lo so! Però è stato bello! Sembrava vero, sei brava!> Affermò. Anche lui mi chiese il nome e altre cose dicendomi che sarebbe ripassato a trovarmi e mi poi ha

riportata qui! Come vedi Carlo mi sto facendo una clientela mia ...” Disse sorridendo.

“Bene! Così saremo più tranquilli. “Dichiarai.

Tornata a passeggiare, quasi non era ancora ripartito il cliente in auto che se ne fermò un altro, avrebbe desiderato un po' di riposo, invece quando si fa quel lavoro oltre il freddo anche il tempo è sacrificato.

E di nuovo prese la stradina, i palpeggiamenti, la bocca e/o la figa. Poi di nuovo il ritorno sotto il lampione sul marciapiede e quando scendeva, il freddo era più pungente dopo essere rimasta così a lungo nel caldo dell’abitacolo dell’auto.

Così seguirono gli altri clienti e la raccomandai di tenere sempre lo smartphone acceso e di controllarlo che ci fosse il segnale e di gridare se ci fosse stato pericolo, che sarei intervenuto subito. Dopo dieci minuti si fermò un anziano, altra chiavata e andata e ritorno e di nuovo nel marciapiede, la vidi prendere il profumo dalla borsetta e spruzzarselo addosso e in quella pausa insieme le chiesi: “Perché ti profumi? “

“Diooo!!!! ...” Rispose:” Quando si è aperto i pantaloni mi è arrivata una vampata alle narici che si è diffusa su e intorno a me dello sgradevole odore dello scarso amore per la pulizia di

quell’uomo. Certo che alcuni uomini sono proprio sozzi…! “Esclamò indignata.

Avrei voluto protestare farlo tornare indietro, ma non ne ebbi il coraggio e compii il dovere del mio nuovo mestiere. “E abbozzo una smorfia con le labbra.

Il sesto fu un giovane energico, che con un breve lavoro di bocca fu subito pronto in erezione                       , si sentì ancora dondolare dall’oscillare dell’auto ai suoi colpi profondi in vagina mentre lui la chiavava sdraiato su il suo corpo. Poi di nuovo la strada e il marciapiede. Con il passare delle ore e l’arrivare la notte il freddo aumentò.

"Puttana!! Troia!!" Gli gridarono quattro giovani passando in auto. Roberta per reazione tirò su la gonna e le mostrò la figa battendola con la mano come aveva visto fare alle ragazze rumene di Rocco quando si prostituivano assieme, come risposta alle loro provocazioni. Questi ripassarono poco dopo ad andatura lenta: “Zoccola, lurida pompinaia!!" Aggiunsero sempre urlando. Temevamo che si fermassero:” Possibile che non abbiano niente di meglio da fare che importunare ed umiliare una povera battona che sta gelando, piena di paura?” Pensai.

Allora scesi e mi misi vicino a lei bene in vista e questi vedendomi e capendo che ero il suo

protettore, con una accelerata, sgommando se ne andarono via ad alta velocità verso Gallarate. Tutto sommato ero contento di me, gli avevo fatto paura.

Ci fu anche un automobilista che le chiese se lo faceva senza preservativo, ma lei rispose di no.

Poco dopo si fermò un altro, sulla trentina che mezz’ora prima avevamo visto passare nel senso opposto con una bella ragazza, probabilmente la sua fidanzata come mi confermò poi mia moglie, che durante il primo passaggio pur essendo con lei, guardava fisso e con attenzione Roberta.

Al ritorno era solo, aveva probabilmente portato la fidanzata a casa. Si fermò tirando giù il finestrino chiedendo: “Quanto vuoi per un pompino senza preservativo?”

“Senza??”

“Si senza preservativo!” Ripeté lui.

Vidi mia moglie fare un rapidissimo calcolo mentale e dire: “Settanta euro!!”

" Va bene sali!" La esortò.

Via nella stradina e poi ritornare soddisfatto. Quando scese sorrise e ripartì e avvicinandomi a mia moglie porgendole un bicchiere di the caldo gli domandai il perché aveva accettato senza preservativo.

“Sai, avrei voluto dirgli che avevo cambiato idea, ma era tardi ormai e salii. Era ben vestito

e profumato e gli dissi: <Ti ho visto passare prima con una ragazza.>

<Si, ti ho vista anch’io e mi sei piaciuta. Quella ragazza è la mia fidanzata che accompagnavo a

casa, siamo stati al cinema insieme, ci sposeremo tra qualche mese... > E come per giustificare quella trasgressione quasi coniugale aggiunse:<…Ma lei non fa e non sa fare i pompini, le fa schifo prenderlo in bocca, invece a me piacciono tantissimo più che chiavare...>

<Bè neppure io li facevo da giovane...> Lo informai:< ... ora invece...E comunque puoi sempre

venire qui che te li faccio io...>

Prima mi feci pagare, poi gli aprì la cerniera dei pantaloni e glielo tirai fuori ancora mollo,

era pulito, allargai le labbra e presi in bocca la carne di quel cazzo. Iniziai un ritmico rituale nel succhiarlo.

<Dimmi che sei Anna la mia fidanzata!> Mi chiese mentre lo spompinavo.

< Si, sono Anna, la tua futura moglie che faccio i pompini come le battone... >”

Imparammo in seguito che quel ragazzo, come altri uomini in altre perversioni, erano dei veri esperti e lui era un esperto del pompino, ed esigeva che glielo facesse bene, ma Roberta era ancora inesperta e continuò a raccontarmi: “< E passavo i minuti, con il suo glande in bocca a succhiare o leccare la sua asta dura, provai a muoverlo con la mano ma me la fermò, non voleva che lo masturbassi e mi doleva la mascella, avrei voluto smettere ma non lo feci e continuai passando altri minuti, fino a quando sentì un impulso e poi un altro e diventare più duro. Mi, staccai con la bocca accarezzandolo ed ebbe un altro impulso forte e cominciò a tremare e un primo fiotto uscì violento in alto dalla cappella, poi un secondo, il terzo, e lo titillai ancora un po'.

Era venuto sul fazzolettino di carta, lo pulì, si mise a posto e tornammo indietro con lui che si confidava: < Sai io vorrei che la mia fidanzata mi facesse i pompini, mi piacciono tanto, ma lei non vuole, le fa schifo...tu sei brava…> Arrivati scesi ed eccomi qui.

Quando se ne andò mia moglie riprese a passeggiare con me che ogni tanto scendevo dall’auto e andavo a chiacchierare con lei. Il freddo le fece venire voglia di urinare: “Devo urinare Carlo!!” Esclamò stringendo le gambe.

“Falla da qualche parte!” Le pronunciai:” Intanto non c’è nessuno!”

“E dove?”

“Vai laggiù...” E feci segno un angolo del marciapiede vicino a una siepe. Lei corse sculettando per via dei tacchi davanti a quella barriera di arbusti e foglie verdi, dietro non poteva andare, si accovaccio senza nemmeno tirare su la minigonna, allargò le gambe e tenendo in mano la borsetta urinò con uno zampillo prima intermittente e poi continuo, cambiando espressione del viso, come se provasse piacere nel farla, a liberarsi. Da sotto i suoi tacchi si formò una chiazza di schiuma e urina che calda evaporava fumando per il freddo, allargandosi sempre più sul marciapiede sotto i suoi stivaletti. In quel momento passò un’auto che illuminandola

con i fari le suonò il clacson in modo prolungato. L’aveva vista accovacciata urinare.

Improvvisamente si alzò un vento gelido, le automobili che passavano divennero più rade. Si

fermò un tizio visibilmente ubriaco: “Quanto?” Chiese.

“Duecento!!” Sparò Roberta per non andarci.

" Sono troppi logia…! " E ripartì imprecando qualcosa contro lei che gli rispose:

“Va’ dalle nigeriane per venti euro barbun…!!”

Era mezzanotte passata e pensai che un ladro o un rapinatore avrebbe agito a quell'ora, poche automobili, e un probabile buon guadagno.  

Vedemmo arrivare a piedi un tizio giovane, magro che passò davanti a noi guardandoci, ma

proseguì, aveva l’aria di un drogato e come diceva Rocco sono i più pericolosi, per il bisogno della dose sono disposti a tutto. Passò e andò oltre.

La serata era fredda, aveva avuto nove prestazioni in poco più di due ore. Passò ancora gelidi

minuto sul marciapiede mentre io contavo i soldi che mi passava ogni volta che ritornava. Erano mille e sessanta euro… e mettevo via.

Si mise a fare un freddo intenso e Roberta non si era mai abituata al freddo, non lo sopportava,

come non si era mai abituata agli insulti, né alla vergogna di stare esposta in vendita di fronte a tutti. Ma era soltanto passata da poco la mezzanotte ed eravamo a marzo e non avrebbe dovuto far freddo come se fosse dicembre o gennaio.

A un certo punta vederla chiusa in quella specie di giaccone di peluche bianco, chiuso fino al collo che lo stringeva sul torace e battere i piedi con la borsetta a tracollo, mi fece pena e la chiamai: “Roberta, vieni andiamo ... “In fondo era mia moglie...

“Finito?” Pronunciò lei con un mezzo sorriso.

“Si! “Risposi:” Hai superato i mille euro in due ore!”

Sorrise ancora, salì in macchina al caldo mi diede un bacio...e si rannicchio sul sedile sbuffando dal freddo e bevendo ancora the caldo. Accesi il motore e il riscaldamento e partimmo verso casa.

Durante il tragitto di ritorno, dopo essersi scaldata si tolse la parrucca e accarezzo la testa:

“Uff.…tiene caldo... ma è fastidiosa mi dà prurito. “Disse, posandola nel sedile dietro.

Arrivati entrammo sotto il nostro palazzo andando davanti al nostro garage, tirai su la

basculante, accesi la luce interna ed entrammo con l’auto, richiudendo.

Lei scese, si svestì di quegli abitini succinti da puttana, si tolse il trucco e si lavò la faccia con l’acqua del lavandino del garage, rimise i suoi abiti normali e seri e risalimmo a casa.

Federico era già a letto, lei andò di corsa in bagno a fare i suoi bisogni e a lavarsi e io accesi il

televisore in camera.

Dopo essersi fatta la doccia calda, la lavanda vaginale con il tantum rosa e passata la crema

spermicida e anti irritante sulla vulva, venne in camera.

“Dove li mettiamo questi soldi?” Gli chiesi tenendoli in mano.

“Non so, dovremmo trovare un posto sicuro!” Poi aprendo l’armadio tirò su il ripiano della

base che aveva uno spazio sotto. “Mettiamoli qua!” Disse:” Non lo saprà nessuno, solo io e te!”

E così feci.

“Quanto sono? “Mi richiese curiosa.

“Mille e sessanta euro in poco più di due ore...” Le ripetei.

“Si ma è sabato ...” Rispose lei, come dire un giorno particolare e prefestivo.

“Si è vero, ma ci sei stata poco più di due ore, se ci stavi di più, tre o quattro facevi il doppio...”

“Mille euro a sera, per tre sere, sono tremila euro alla settimana.” Dichiarò.

“Già!” Ribattei io:” Dodicimila euro al mese e cento quarantaquattromila euro all’anno...”

“Eh…così tanto!??” Esclamò sorpresa.

“Eh sì! Metti anche centoventimila euro l’anno...pensa che io e te assieme ora ne guadagniamo

cinquantamila… e potremmo continuare a lavorare e fare la doppia vita che facciamo ora.”

Aggiunsi.

“Eh...ma fa freddo nella strada alla sera!” Rispose.

“Lo so! Devi organizzarti, mettere dei leggings erotici e qualcosa che ti scaldi …domani vedremo.”

” Vedremo, ora dormo che ho sonno!” Ribatté.

Spense l’abatjour rannicchiandosi vicino a me e si assopì subito era stanca dal freddo e dalle

chiavate.

Io invece restai sveglio a pensare e a rifare i conti mentalmente. Tutto sommato la nostra prima volta era andata bene aveva guadagnato in una serata di due ore oltre mille euro. Per la prima volta capii che la sua figa era diventata un pozzo di soldi per noi e non volevo che smettesse.… aveva ragione Rocco quando mi disse: < Vedrai, quando saprai che ti farà guadagnare parecchi soldi, sarai tu a volerla farla battere.>

E fu vero.... e pensai ancora:” Però a fare la puttana si guadagna...”

Ma tutte le sere non furono come quella, capitarono anche balordi, altre prostitute e magnaccia a importunarci e minacciarci di cambiare zona, ma di questo vi racconterò la prossima volta.

 

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