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STORIE E RACCONTI EROTICI
VIETATI AI MINORI DI 18 ANNI
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L'AMICIZIA VELENOSA
VIETATO AI MINORI DI 18 ANNI.
CAP. 2 LUCIO
RIFLESSIONI e CONSIDERAZIONI su me e famiglia.
Note:
“Il destino è quando incontri una persona casualmente per poi renderti conto che era meglio se non la incontravi perché determinerà l’esito del tuo viaggio nella vita.”
Anonimo.
Quella sera a casa, stranamente mi sentivo agitato e turbato per quello che era accaduto, il pensiero di Giulia spiata da quel balordo era ricorrente e assurdamente invece di mettermi a disagio, prima mi turbava e poi gradualmente mi eccitava. Ma non perché la desiderassi io personalmente, tutt’altro, non avrei mai fatto una cosa simile, un incesto con mia sorella, assolutamente, ma mi eccitavo perché la desiderava proprio lui, quel ragazzo, quel balordo, così diverso da noi, da Marco il suo fidanzato, da me e soprattutto da Giulia.
Il fatto che lui la desiderasse e l’avesse spiata, le avesse visto le mutandine e le avesse detto quelle parole volgari paragonandola a una sciacquetta, come diciamo a Roma, invece di offendermi e farmi arrabbiare assurdamente mi eccitava.
Scoprii, anche nei giorni seguenti, che associare il pensiero di Giulia con quel tamarro mi stimolava la sessualità, arrivando al punto di immaginare che quel balordo la possedesse carnalmente, e mi tornavano alla mente le frasi iniziali che aveva detto ridacchiando:
“A quella troietta le darei qualche colpettino sull’utero con la cappella…” Oppure sempre spiandola: “Le manderei tanti bacetti sulla figa…” Corrucciando e protrudendo le labbra in fuori mimando l’atto e inviandogli davvero un bacio.
Irrazionalmente quella sera non riuscivo a pensare ad altro, tornavo con la mente e ragionavo su quello che era successo nel pomeriggio, a quel tanghero sotto le gradinate che con il braccio teso e la mano larga saltellando mimava il gesto di cercare di sfiorare le cosce di Giulia, ambendo a toccarle le mutandine e a sfiorarle la figa. E a quel turbamento e quei ricordi mi eccitai tanto da sentire lo stimolo al pene e di conseguenza toccarmi sopra i pantaloni come faceva lui spiandola, fino a provocarmi l’erezione.
Quella sera, solo in bagno, scelleratamente fantasticai che quel balordo si masturbasse su quello che aveva visto da sotto le tribune e volesse chiavare realmente mia sorella Giulia. Immaginando la sua mano che da sotto le tribune che con un salto le arrivasse davvero a toccarle le cosce e gliele accarezzasse, e con uno slancio maggiore e un guizzo delle dita riuscisse a prenderle le mutandine e gliele strappasse lasciandola senza. E tenendole in mano, dal basso in alto le guardasse la figa ridendo scioccamente.
Mi eccitai moltissimo a quel pensiero, al punto che mi masturbai in bagno accarezzando istintivamente la biancheria intima dismessa di Giulia, non lo avevo mai fatto prima, ma fu un gesto spontaneo e inconscio e provai un piacere intenso a farlo, diverso e più profondo delle solite masturbazioni che praticavo. Era come se con le dita invece d’accarezzare il tessuto delle mutandine dove appoggiava il sesso mia sorella, accarezzassi direttamente la sua figa pelosa, tanto che al termine della masturbazione provai rimorso ad aver praticato quell’atto incestuoso con il suo indumento intimo in mano, e aver goduto così tanto in quella maniera insensata, pensandola con quel balordo.
Quello che era accaduto quel pomeriggio e quello che avevo vissuto alla sera in bagno erano atti conseguenti e sembravano atti isolati, ma il ricordo di lui che la spiava mi ritornava sovente alla memoria.
La domenica seguente, Giulia uscì con il suo ragazzo Marco e le amiche, i nostri genitori andarono per conto loro in centro, ed io con la mia compagnia composta da ragazzi per bene e di buona famiglia come noi, alcuni con la propria ragazza, altri senza come me, andammo in giro.
Le domeniche a volte andavamo a Trastevere, altre a San Lorenzo, Campo dei fiori o Testaccio, altre ancora passavamo il pomeriggio o la giornata a divertirci, distrarci dallo studio oppure andare allo stadio a tifare la Roma, viceversa in discoteca a ballare, altrimenti a passeggiare sedendoci poi sulle panchine o il muretto del Gianicolo e qualcuno con la ragazza ad amoreggiare.
Fu mentre ero seduto con loro che mi estraniai dagli altri e mi misi involontariamente a ripensare all’accaduto del giorno prima, a quel ragazzo guardone e a quello compiuto da me di conseguenza alla sera in bagno, dove preso da una eccitazione morbosa mi masturbai a quel ricordo.
E riflettendo come poteva fare un ragazzo della mia età, a un certo punto mi misi sa pensare alle sue parole, oscene e irrispettose, dove manifestava la sua libidine rivolta volgarmente a mia sorella, al suo dire:” Me la chiaverei volentieri…” E inconsciamente e irragionevolmente mi domandai pensandola per la prima volta sessualmente, come se fosse una ragazza qualsiasi e non mia sorella:
“Sarà ancora vergine Giulia?” Mi domandai.
Non so perché mi venne quel pensiero strano, forse perché associavo lei a lui che voleva chiavarla. Non mi ero mai osato a chiederglielo perché l’avevo sempre rispettata, erano discorsi riservati e suoi, e poi di sesso tra di noi per rispetto ed educazione non ne parlavamo, ma conoscendola mi risposi:” Certamente sì… sarà vergine, lei è una ragazza seria!”
E mentre facevo quelle considerazioni, d’istinto mi voltai a guardare dove fossero i miei compagni, come se avessi paura che riuscissero a sentire i miei pensieri o a leggermeli in faccia, ma li vidi impegnati e distanti e ritornai a me, a ripensare a mia sorella.
“Credo di sì! Che sia ancora vergine…” Mi ripetei:” … come me d’altronde. Giulia è una ragazza seria e Marco la rispetta, altro che la puttanella e troietta come diceva quel balordo sotto le tribune.” Mi risposi.
Di quei pensieri non potevo parlarne con nessuno e quindi lo facevo da solo tra me e me, come tutti i ragazzi di quella mia età che si pongono le domande più strane e assurde e spesso si danno le risposte da soli, confuse se non errate.
Era la prima volta che riflettevo su Giulia sessualmente e cercavo di immaginarmela come potesse essere come ragazza sensuale e sexy e non nel modo che la conoscevo io, come sorella.
E Ragionavo:
“Con Marco ha confidenza e affinità, si amano e si baciano in bocca con la lingua (li avevo visti anch’io), probabilmente si fanno qualche carezza intima, ma nient’altro.” E per motivare il suo modo di essere, ribadivo a me stesso:
“Lei è educata, corretta, aggraziata in confronto alle sue amiche e coetanee, è una ragazza a modo, ha il suo carattere dolce e timido e su certe cose specialmente riguardo al sesso è seria, sicuramente come me non ne parla con nessuno di queste cose, forse nemmeno con mamma, probabilmente si vergogna o chissà si confida soltanto con qualche sua amica.”
Feci una pausa dal pensare guardando lontano alcune persone che passeggiavano tranquille e osservando i miei amici poco lontano che ridevano e scherzavano e due di loro che cercavano di attaccare discorso con due ragazze che passeggiavano anch’esse da quelle parti sul Gianicolo e sembrava che ci riuscissero.
Poi come a garantire la sua moralità e a proteggerla nella sua virtù, per rendermela come me la immaginavo e desideravo io, rispettandola e non come l’aveva apostrofata quel tamarro, pensai ancora:
“Secondo me sì, è ancora vergine… anche se è qualche anno che esce con Marco. Dai tempi del liceo…” Mi dicevo:” … e poi è di buoni principi Giulia, è una ragazza morigerata e sincera e anche lui è un tipo serio che la rispetta…”
Non capivo perché mi facessi quelle domande e mi dessi quelle risposte con quei discorsi e continuassi a pensare in quel modo a Giulia. Non lo avevo mai fatto.
“Di cosa devo convincermi?” Mi chiedevo paradossalmente. Rispondendomi: “Se non da una preoccupazione immotivata, irreale, fantasiosa di dimostrare a me stesso che Giulia è una ragazza semplice e seria come le altre che frequenta e del nostro ceto sociale, e non la puttanella o troietta che dice quel balordo?!” E ragionavo: “Solo per il fatto che quel tanghero ha fatto apprezzamenti volgari su mia sorella ingiuriandola, io devo mettere in dubbio la sua onestà morale?”
Certo le opinioni di quel tipo non erano vere e nemmeno da prendere in considerazione, ma non capivo perché ci pensavo. Feci un’altra pausa mentale e ragionai:
“E comunque se non lo è più non importa, e se lo è ancora quando sarà il momento che vorranno lo faranno. Con Marco sono fidanzati… anche se ancora giovani universitari, e io personalmente non ho niente in contrario e non ho pregiudizi su queste cose. Sceglierà lei il momento che riterrà giusto di donarsi a lui…” Aggiungendo però dubbioso: “…e se invece lo hanno già fatto, buon per loro, si vede che volevano, si desideravano, si amano e con Marco prima o poi si dovrà sposare.”
Era tutto irrazionale quello che ragionavo, come se quel balordo mi avesse meso in testa delle incertezze, dei dubbi su mia sorella e anche se non me ne importava niente se lo era o non lo era e di quello che aveva detto lui, comunque ci pensavo.
Inconsciamente mi venivano delle incertezze sulla verginità di Giulia, se paragonavo lei a tutte le sue coetanee diciottenni che sapevo non essere più vergini ma essere libertine, perché a detta di qualche amico lo avevano già fatto sesso, avevano chiavato con loro. Come Luciana che era lì a pochi metri da me che limonava con il suo secondo ragazzo, lui subito si era vantato con noi che era già riuscito a chiavarla e che lo facevano ancora.
Ma pur essendo un tradizionalista per educazione, pensavo con la mente aperta:
“L’importante che lo faccia con chi ama, con Marco, e che lo pratichi con desiderio quando vuole lei. Deve volerlo lei.” Mi dicevo girandomi verso gli amici, osservando quei due che avevano abbordato le ragazze ed essendoci riusciti, si allontanavano con loro.
Mentre ero assorto nei miei pensieri qualcuno era andato via e qualche altro era ancora seduto sulle panche con la sua ragazza a parlare e limonare o semplicemente a sbaciucchiarsi.
Mi sentivo come se avessi una premonizione, che avessi paura delle parole di quel balordo, perché in fondo dentro di me lo ammiravo… non so perché mi affascinava, pur essendo così diverso da me.
E istintivamente nel mio isolamento mentale volontario, poco distante da loro ripresi a pensare:
“E poi Marco è un ragazzo, intelligente, è bello, educato non come quel balordo spara seghe di sotto le gradinate.”
Tutto sommato anche se negativamente quel ragazzo mi aveva colpito, non so perché ma, mi attraeva, era rozzo, sboccato, volgare e sbandato al punto che inconsciamente anche se non volevo, lo pensavo.
In quel periodo eravamo tutti giovani, ed era l’età dei primi amori, i periodi delle infatuazioni giovanili, sembrava che tutto fosse eterno e duraturo come quei momenti che vivevamo, non conoscendo ancora che le situazioni, gli amori, come le idee potevano cambiare improvvisamente e in fretta. Non sapevo cosa sarebbe accaduto fra due, tre anni tra di loro, se Giulia e Marco sarebbero stati ancora assieme o no… se si sarebbero lasciati come molte coppie delle nostre compagnie o si sarebbero sposati e avuto dei figli.
La mia convinzione era di sì, che il loro amore sarebbe durato in eterno e lo vedevo da come si amavano, guardavano, cercavano e abbracciavano, come avrei voluto capitasse a me quando avrei trovato la mia anima gemella, che il mio amore per la mia amata fosse uguale al loro. E comunque in quel momento mi piaceva pensarli com’erano, seri, educati e rispettosi l’uno dell’altro, che anche se giovani, erano fidanzatini sulla via del matrimonio e che una volta finito gli studi universitari, si sarebbero sposati, come desideravano anche le famiglie.
Mi alzai dalla panchina continuando assurdamente a riflettere sull’amore e la verginità di mia sorella e che l’avrebbe colta Marco, e volevo ragionare da grande, non da ragazzo piccolo borghese che ero, ma da adulto emancipato quale mi ritenevo di essere, cercando anche di ragionare differentemente da come ero stato educato. Avevo il timore inconscio che potesse accadere, che fosse un altro, come quel tipo, quel balordo sotto le gradinate a cogliere la sua purezza e questo mi spaventava ed eccitava… ed esorcizzavo quei pensieri ribadendo a me stesso:
“Sarà certamente Marco il suo compagno di vita. E comunque anche se avesse già fatto sesso con lui e poi in seguito per qualsiasi motivo si lasciassero e si mettesse con un altro ragazzo, non cambierebbe niente. La verginità in una ragazza non è più un valore assoluto, una virtù come un tempo e come pensano ancora nella nostra famiglia. L’importante per due persone è stare bene assieme e amarsi. Quello che conta è che si viva con qualcuno che si ama. Poi se da ragazza anche lei fa qualche peccato prima del matrimonio, pace… ce n’è tante ragazze che lo fanno…”
Pensando in quel modo credevo di essere aperto, di ragionare da adulto, considerando ancora: “E poi Giulia non è assolutamente una troietta o una puttanella come dice quel balordo guardone. Lei è una ragazza seria, morigerata e di buona famiglia.”
Finii con quel pensiero le mie riflessioni e passeggiando mi avvicinai agli altri. Irragionevolmente non riuscivo a capire perché quel giorno mi passassero per la testa quegli assurdi pensieri e sempre quel ragazzo che da sotto le gradinate la spiava, che non conoscevo nemmeno, non sapevo neppure come si chiamasse, chi era e dove viveva… era un perfetto sconosciuto per me che avevo visto per la prima volta quel giorno.
Ma forse era proprio per l’incontro che avevamo avuto che mi venivano certe idee e che interiormente mi aveva turbato tanto. Inconsciamente quel balordo mi appariva sempre nella mente mentre spiava mia sorella e lo immaginavo anche in situazioni che non aveva fatto, ma che mi creavo mentalmente io; come nel pensarlo mentre spiandola si masturbava con il cazzo in mano verso Giulia, con lei ignara che glielo puntasse contro, eccitandomi e giocando con quei pensieri.
Oggi forse posso dire, per chi ci crede, che quei pensieri erano un presagio, una premonizione di quello che poi sarebbe accaduto in un futuro prossimo e che io avvertivo inconsciamente facendomi quelle domande e quei discorsi.
Era tutto così strano assurdo quello che vivevo, che nei giorni e nelle settimane seguenti, tra inquietudine e piacere, vergognandomi, invece di pensare a un’altra ragazza, immaginavo mia sorella con quel tamarro che si segava per lei. E divenne come un gioco erotico segreto che mi eccitava e aiutava a masturbarmi e a godere con più intensità e piacere, a eiaculare meglio.
Pur rendendomi conto di quello che facevo, consideravo quel nuovo modo di fantasticare Giulia e lui, e di masturbandomi per loro, una trasgressione mentale e nulla di più e non una perversione morbosa pericolosa che riguardasse me o mia sorella. Vivevo quella fantasia che mi aiutava ad eccitarmi maggiormente, come una stravaganza, intanto sapevo che una situazione del genere non sarebbe mai accaduta nella realtà e come con altre cose mi sarebbe passato tutto di mente presto. Ma in quei momenti il pensarla in quel modo e con lui l’avevo accettato, era un mio segreto per godere meglio.
Ribadisco, non era il pensare con immagini mentali che lui la chiavasse, ma solo che si masturbasse praticandole atti di libidine desiderandola, un po’ come facevo io e questo mi soddisfaceva enormemente sessualmente e mi appagava mentalmente.
Come dicevo, non c’era giorno, anche se non volevo, che non mi tornasse in mente e pensavo a quello accaduto, a mia sorella e a lui, e mi masturbavo.
Mi sarebbe piaciuto rincontrarlo ancora, parlargli, ma non sapevo neppure chi fosse, dove cercarlo, al punto che il sabato successivo quasi istintivamente ed eccitato tornai in quel campetto a vedere se c’era, se magari ritornava a perpetrare la sua insana passione con qualche altra ragazza sopra le gradinate, che ignara di lui le mostrava tutto sotto la gonna. Ma niente…
Un pomeriggio addirittura, giunto in motorino a campo vuoto, andai sotto le tribune, per rivivere quelle sensazioni di quando lo incontrai ed ero sotto le tribune di metallo con lui. Mi misi sotto dov’era stato lui e guardai in alto, immaginandomi Giulia con il gonnellino corto e le cosce lunghe sopra di me a saltellare e lui che la spiava.
Mi eccitava essere là e pensare a quei momenti alle frasi oscene e volgari che aveva detto su mia sorella Giulia.
Restai un po’ lì sotto a passeggiare, a ricordare e poi me ne andai via rassegnandomi, probabilmente io e lui non ci saremmo più rivisti e più sarebbe passato il tempo, più il ricordo della sua immagine e della sua faccia ombrosa si sarebbe sbiadita nella mia mente al punto che non lo avrei nemmeno più riconosciuto.
Ma, come si dice, il destino ci mise la mano.
Erano passate alcune settimane e un pomeriggio per caso, passando in scooter in una via vicino al Policlinico, un vigile urbano mi fermò per far passare una signora anziana sulle strisce pedonali e in quei pochi secondi che restai fermo in attesa di ripartire. Mi guardavo attorno e all’improvviso sentii il clacson di un’auto suonare, mi voltai e … lo intravvidi per strada sul marciapiede. Lo avevo visto solo una volta al semibuio sotto le tribune, ma ero certo che fosse lui. Stesso stile di camminare e atteggiarsi, ed era vestito uguale a quel giorno di qualche settimana prima, stesso giubbotto di pelle, pantaloni jeans e la maglietta bianca, e camminando sul marciapiede si voltava guardandosi dietro e attorno come ad assicurarsi che non fosse seguito da qualcuno. Entrando poi in un bar lì vicino.
“Cazzo!” Pensai: “È lui!... Si è lui!” Dentro di me ero contento di vederlo.
Non so perché, ma fu come se una forza più grande di me mi guidasse. D’istinto misi la freccia allo scooter e posteggiai lateralmente tra due auto, lo misi sul cavalletto e mi tolsi il casco mettendolo nel bauletto e mi avviai verso il bar dove lo avevo visto entrare.
“Che coincidenza!” Mi dissi: “Lo pensavo, ed è apparso! Un minuto di ritardo o di anticipo in moto e il vigile non mi avrebbe fermato e sarei passato, e se in quel momento non sentivo il clacson che mi faceva voltare la testa a destra verso dov’era lui, non lo avrei visto. “
Erano particolari assolutamente accidentali che se non fossero accaduti con quella successione non lo avrei mai più rivisto e non avrebbe cambiato in maniera definitiva e irrevocabile la mia esistenza e rovinata quella di Giulia.
In un certo senso in quel momento ero felice di averlo rivisto, ritrovato, lo presi come un evento straordinario, una sequenza insolita di avvenimenti simultanei in qualche misura collegati tra loro… che mi portavano a credere che fosse stato il destino a farci rincontrare.
Quell’avvenimento lo presi come un messaggio, come un segno della sorte, che dopo averlo tanto pensato e cercato, mi indicava che quella persona, tamarro o no che fosse, dovevo conoscerla.
Non pensavo ancora che quell’incontro fosse una semplice coincidenza, poiché dava modo a due ragazzi diversi socialmente e culturalmente di incontrarsi ancora per caso una seconda volta, anche se sarebbe stato meglio che non fosse mai avvenuto. Ma la casualità, era stata incredibile.
Sciaguratamente presi quella coincidenza come un’occasione per conoscerlo, non sapevo che sarebbe nata un’amicizia tra noi e che quell’amicizia sarebbe diventata tossica e velenosa per me e mia sorella.
“Sarà un’occasione di crescita…” Pensai quando decisi di conoscerlo. Ma dopo i primi mesi che lo frequentai, mi resi conto che non era l’amicizia giusta per me, ma solo sfortuna di essermi imbattuto ancora in lui.
Comunque quel pomeriggio entrai anch’io in quel bar.
Il locale era pieno di gente, anche giovani, più o meno vestiti tutti allo stesso modo da bori (burini di città) o coatti che parlavano e vociavano forte in romanesco.
Mi accorsi subito che era completamente diverso e non era il mio ambiente e forse per questo paradossalmente me ne sentivo attratto.
Mi guardai attorno ma non lo vidi e curiosando nelle stanzette dei giochi, lo notai che mi dava la schiena e giocava a una slot machine.
Mi avvicinai amichevolmente alle sue spalle e mentre era intento a giocare da dietro pur di dire qualcosa mormorai: “Oltre che spiare le ragazze giochi anche alla slot machine.”
Lui si voltò di scatto spaventato e mi guardò serio per qualche secondo, poi come ricordandosi di me, fece spallucce e abbozzò un sorriso.
“Gioco solo cinque euro… anche perché non ne ho altri.” Affermò sorridendo.
In quel momento lo vidi bene da vicino e alla luce del giorno e non più nella penombra di un sotto tribuna. Era alto e snello, capelli rasati quasi a zero, mi parevano più corti di quando l’avevo visto sotto le gradinate: “Forse se li è rasati ancora…” Pensai.
Il viso era spigoloso con un sorriso da canaglia, non si può dire che fosse un bel ragazzo o almeno come lo intendevamo noi nella nostra cerchia, forse per qualche ragazza del suo ambiente lo era, non certo del nostro. Aveva anche qualche piccolo segno nel volto, piccole cicatrici probabilmente dovuto a qualche lite. Nell’insieme era un tipo, un suo tipo, un esempio di tamarro, ma se devo essere sincero a parlarci era piacevole, era intelligente e anche simpatico, ma dietro a quella simpatia si nascondeva il diavolo e lo scoprii in seguito.
Quello che mi colpì maggiormente di lui furono le braccia e un dorso della mano tatuato, con disegni e forme strane, qualcuno era anche colorato, nella semioscurità del sotto tribune non me ne ero accorto.
Non so perché ma mi sentivo affascinato da lui, da quel ragazzo così diverso da me. Anche se era strano ci vedevo qualcosa che mi piaceva e curioso volevo sapere di più su di lui, conoscerlo meglio, averlo amico.
Lui giocando allo slot…vinse:
“Beh, meno male porti fortuna…” Esclamò raccogliendo poche monetine dallo slot, dicendo: “…vieni che ti offro da bere.” E così mi invitò a un tavolino un po’ in disparte e mi offrii da bere.
Ci sedemmo e subito lui precisò mettendo in chiaro le cose:
“Guarda che se sei venuto a rompermi i coglioni ancora con quella storia di tua sorella non è giornata… è un periodo brutto questo…”
Sorrisi: “Guarda che non sono venuto a romperti i coglioni…” Risposi con il suo stesso linguaggio: “…ti ho visto entrare e voglio solo parlare un po’ con te… tutto qui!”.
“Ma a che proposito vuoi parlarmi?” Domandò diffidente.
“Così per curiosità…”
“Curiosità di che cosa?” Chiese ancora.
“Curiosità di te, cosa hai fatto poi quella volta al campo sportivo sotto le gradinate quando io sono andato via.”
Abbozzò un sorriso: “Eh sei morbosetto, ti piace sapere se mi sono segato per tua sorella?... Ma sono certo che lo sai già cosa ho fatto!... Ho fatto una sborrata in alto verso lei che se la colpivo sulle mutandine avrebbe dovuto lavarle per mezz’ora per toglierla... “Esclamò ridendo, aggiungendo subito: “Ma era davvero tua sorella quella ragazza?”
“Sì... Perché?” Ribattei.
“Così! È raro che un fratello lasci guardare le cosce e le mutandine alla propria sorella sapendo che poi il tipo si masturberà guardandole, a meno che non piaccia anche a lui.”
“Tu lo hai fatto? Ti sei masturbato davvero per lei?” Domandai curioso e turbato di fargli quella domanda e di avere la sua risposta.
“Eh lo credo… Sì!... Te l’ho detto!!” Ribatté deciso con un sorriso da canaglia: “Ho fatto una sborrata che se le colpivo le mutandine le bucavo e la mettevo incinta…” E rise ancora da solo.
Abbozzai una smorfia di sorriso anch’io, mi sentii turbato e infastidito da quella battuta.
“Ti sei fatto una sega mentre la guardavi da sotto?” Precisai.
“Sì … certo, appena sei andato via io sono ritornato sotto e ho completato la mia visione. È stato bello… peccato che gli schizzi verso l’alto non sono arrivati a colpirle le mutandine o le cosce della tua bella sorellina, mi sarebbe tanto piaciuto sborrarle addosso.” Esclamò sempre ridendo guardando attento a una mia reazione.
Al che, visto il suo linguaggio, gli domandai:
“Ma tu parli sempre in questo modo irrispettoso e volgare delle ragazze?”
“Con gli amici sì… e tu sei mio amico vero?” Mi chiese.
Mi sentii gratificato che mi considerasse tale: “Certo se vuoi tu, volentieri…” Risposi sorridendo.
“Di la verità che piace anche a te tua sorella… è una bellissima ragazza!” Affermò.
“Non sessualmente …” Precisai…
“Non ci credo se no non me l’avresti lasciata segare, ti piaceva che lo facessi…” Disse sorseggiando la birra in bottiglietta.
Mi imbarazzava quello che diceva così apertamente ed esplicitamente e cercai di cambiare discorso.
“Sei tatuato!” Pronunciai.
“Sì, perché ti dispiace?” Rispose.
“No… no …figurati, dicevo solo così per dire, sono molto belli.”
“Ne vuoi fare qualcuno anche tu? Te li faccio io... se vuoi ti tatuo... ogni tanto tatuo, ho tutto l’occorrente a casa.”
“No… no... ci mancherebbe, in famiglia siamo contrari a queste cose volgari che consideriamo oscene e poi ho paura degli aghi…” Replicai.
“Anche la tua bella sorellina la pensa come te? È contro i tatuaggi?”
“Sì certo, guai, non le piacciono le persone che li hanno, non frequentiamo gente del genere… mamma non vorrebbe.”
“E a te non piacciono?”
“Sì, mi piacciono, ma vederli sugli altri…” Replicai ridendo.
“Sai non lo faccio solo per motivi estetici, ma perché fanno parte di me, sono un simbolo sessuale, della mia cultura, del mio passato e futuro, del mio mondo. Io comunico la mia identità in questo modo, significa che appartengo a un gruppo è un rito per noi farlo…” Mi informò.
Poi passandosi la mano sul cranio continuò:” Anche i capelli, lunghi come i tuoi non mi piacciono, mi piaccio rasato completamente, è una mania, un mio modo d’essere di appartenenza e mi ci trovo.” Affermò.
A quel punto si tolse il giubbotto ostentando i tatuaggi, li aveva anche in alto sul braccio, sui bicipiti e deltoidi.
Lo guardavo ed ascoltavo mentre parlava e mi mostrava le braccia spiegandomi.
“È bello disegnare qualcosa di indelebile su noi stessi, è una forma d’arte sulla propria pelle lo facevano già le tribù antiche sai…!” Esclamò.” C’è qualcosa di magico nel tatuaggio… come nella Roma...” Disse. E rise facendo sorridere anche me. E senza che gli dicessi nulla proseguì:
“Fanno parte della mia personalità sono simboli che non cambieranno mai e saranno per sempre con me, sono il simbolo di me stesso.” Affermò.
“È un modo di comunicare…” Pronunciai io.
“Sì!” Rispose lui: “Comunichi al mondo di essere entrato in una fase nuova della vita.”
“Tu hai già 18 anni…” Mi domandò.
“Sì, ne ho 19 compiuti da alcuni mesi.” Risposi.
“E tua sorella?”
“Lei 18 fatti da poco.”
“Allora potete fare il primo tatuaggio. Tu se vuoi, segni il ricordo del passaggio all’età adulta e l’ingresso nel mondo degli uomini e delle donne, e l’uscita definitiva dall’età dell’adolescenza.” E rise… guardandomi.
“Hai solo quelli lì?” Domandai tanto per parlare con lui che mi affascinava.
“Li ho anche sul torace… ma ne farò altri anche sulla schiena.” Poi fece una pausa dicendo:
“Le ragazze preferiscono tatuarsi i polsi e le caviglie, mentre gli uomini il petto e le braccia.”
“Ah…. Non lo sapevo…” Risposi mentre continuava a spiegare:
“Tatuarsi la parte destra del corpo e il petto come l’ho io indica una personalità forte e decisa. Al contrario tatuarsi la parte sinistra o le gambe è indice di un carattere chiuso, tendente al pessimismo e debole…” Affermò facendo una espressione sdegnata. Proseguendo:
“Se la parte tatuata è in bella vista, questo denota chiaramente la voglia di mostrarlo, mentre se il tatuaggio è nascosto come fanno i fighetti e le fighette che lo fanno e poi si vergognano di averlo, spesso è indice di timidezza.”
“Perché hai detto che sono un simbolo sessuale? C’è della sessualità nei tuoi…?” Domandai.
“Perché sì, i miei sono simboli sessuali, eccitano le ragazze. Alcune ragazze si tatuano le parti intime, sopra il sedere, sulla mammella o sopra la figa e indicano personalità combattiva e sensuale. Queste godono della loro libertà, anche sessuale, in modo cosciente e a 360 gradi.” Fece una pausa sorseggiando ancora la birra ed esclamò:
“La mia ragazza dovrà essere tatuata e se non lo è, la tatuerò io.”
“Non ce l’hai la ragazza?” Domandai.
“Se intendi per chiavare ne ho tante… ma ora mi piace tua sorella e la vorrei avere come ragazza…” Affermò ridendo come per provocarmi.
Scossi il capo muovendo la testa e pensando dentro me:
“Poveretto… se pensa di piacere a Giulia conciato in quel modo, con tutti quei tatuaggi, con quella faccia da delinquente e rasato quasi a zero si sbaglia… ma lasciamolo illudere.” Aggiungendo subito io alla sua esclamazione: “Sì, ma non parliamo di lei… di mia sorella, lei oramai è già fidanzata…” E per cambiare discorso subito aggiunsi: “Ma fa male tatuarsi?”
“Macché…! Devi pensare allo scopo del perché lo fai quando lo pratichi… e non sentirai niente, solo pungere un pochino. Oggi con la penna rotante elettrica, in un’ora ti disegno e tatuo il braccio completamente. E ricorda sempre, chi fa il tatuaggio è un artista io sono bravo, ma il mio amico che li ha fatti a me è il Michelangelo dei tatuatori…” E rise…
Da quella chiacchierata mi resi conto che anche se era un balordo, era un ragazzo intelligente e a suo modo acculturato, che sapeva leggerti anche dentro e stavo per chiedergli altro, parlargli ancora quando squillò il suo smartphone.
Sentivo che rispondeva: “Sì… sì… va bene… vengo subito, che via sei?”
Poi chiuse si alzò dicendo: “Devo scappare, il lavoro… se passi ci vediamo domani… ora vado, ciao…” E pagando con le monete dei cinque euro vinti si avviò all’uscita.
“Sì, va bene passo domani…” Esclami forte mentre si allontanava non sapendo nemmeno se mi sentiva e come si chiamava.
Uscii anch’io dietro di lui, misi il casco, presi lo scooter e mi avviai verso casa e tutto sommato ero contento che quell’incontro fortuito avesse sugellato una nuova amicizia fuori dal mio ambiente sociale. Sapevo che socialmente, culturalmente e moralmente era diverso da me, che era un balordo, forse un piccolo delinquente, ma mi piaceva parlare con lui, raffrontarmi e avere la sua amicizia.
Quella sera a casa durante cena osservai ancora Giulia, ma con occhi diversi non più fraterni e ripetei il mio rito serale non sotto le lenzuola, ma in bagno, mi masturbai. Quella volta fu una masturbazione ancora diversa dal solito, lo avevo incontrato e ne ero divenuto amico e lui mi considerava tale e per questo ne ero contento e scioccamente nella mia fantasia, lo associavo volentieri a Giulia. Associavo lei, dolce e pulita con lui, volgare e tatuato, era assurdo ma mi piaceva farlo, mi eccitava e non sapevo perché. Lo facevo senza rincrescimento, come se per il fatto di averlo conosciuto, nella mia mente permettevo a me stesso di associarlo a lei.
Anche quella sera mi feci una sega esaltante… immaginandoli ancora e pensando alle sue parole del pomeriggio su di lei: “Ho fatto una sborrata che se le colpivo le mutandine le bucavo e la mettevo incinta…” Era osceno e offensivo quando parlava, ma assurdamente mi eccitavo all’inverosimile ricordarlo mentre in piedi dietro la porta del bagno eiaculavo. Sapevo che era solo fantasia e che intanto niente e mai di quello che fantasticavo si sarebbe avverato, ma quella fantasia mi soddisfaceva.
Il giorno dopo all’università durante le lezioni assurdamente pensavo a quel balordo, a chissà cosa facesse in quel momento e dove fosse e non vedevo l’ora che arrivasse il pomeriggio per ritornare e incontrarlo di nuovo al bar, anche se non sapevo ancora come si chiamasse.
Uscito dall’università alle 15.00, invece di andare a casa, salutai Giulia anch’ella a fine lezione e mentre lei si allontanava con l’amica, mi diressi di nuovo in quel bar, posteggiai vicino lo scooter ed entrai e lo vidi, era solo in piedi che guardava un altro ragazzo giocare alla slot machine parlando con lui e dicendole come doveva fare per vincere.
Mi vide e sorrise, io feci lo stesso dicendo subito: “Oggi offro io…” E prima che dicesse qualcosa, ci sedemmo ancora al solito tavolino, bevendo io una bibita e lui una birra, e fumando e parlando del più e del meno, mi domandò di me, dell’università e della facoltà che frequentavo, poi all’improvviso mi chiese:
“Anche tua sorella frequenta l’università…?”
“Sì… frequentiamo tutti e due l’università cattolica qui a Roma, lei è al primo anno e io ho iniziato il secondo.”
“E cosa studiate?”
“Economia e commercio lei, io psicologia…” Lo informai. E il discorso inevitabilmente tornò su lei.
“Come si chiama tua sorella?” Domandò.
“Giulia…” Risposi oramai ritenendolo amico da potergli fare confidenze.
“Ah… Giulia!... Un bel nome romano, bello come lei, sarà romanista e non laziale spero?!” Esclamò sorridendo.
“Sì, tutti romanisti a casa… della magica…” Risposi, sorridendo anch’io felice che ci fosse qualcosa in comune tra noi.
“Bravo… anch’io lo sono.” Ribatté lui.
A quel punto posando il bicchiere sul tavolino dissi: “Io mi chiamo Adriano…” Porgendogli la mano, presentandomi nel modo classico. Lui sorrise ancora allungando la sua e stringendomela, dicendo:
“Io sono Lucio…”
“Nome da imperatore, guerriero… e come il cantante… Battisti.” Esclamai
“Sì, ma a me non piace Battisti, preferisco Niccolò Morricone …” Rispose.
“Non conosco…” Ribattei io.
Lui sorrise:
“Chiedilo a tua sorella, lei lo conoscerà senz’altro… piace a tutte le ragazze.”
Poi mi guardò in modo strano, fissandomi tanto quasi da imbarazzarmi:
“Devi essere un bravo ragazzo tu Adriano!” Esclamò: “Di buona famiglia, educato…”
“Sì!” Confermai felice di quella considerazione.
Poi mi chiese ancora di Giulia e parlando di lei mi informò:
“Guarda… non offenderti se a volte la chiamo troietta o puttanella, è il mio modo di parlare, lo faccio con tutte le ragazze non solo con tua sorella, anche perché per me le donne sono tutte puttane e troie. Questo è il mio linguaggio, perciò non offenderti e non sentirti offeso. Ti ci abituerai se mi frequenterai…” Disse ridendo.
Non risposi a quella sua considerazione ma domandai serio:
“Ma tu non hai una ragazza?”
“No! ...” Disse, aggiungendo subito: “Una no! ... Ne ho tante! …” E rise precisando: “Ma solo per chiavare… Non mi piace legarmi fisso con qualcuna. Io ne ho quante ne voglia di ragazze e le chiavo anche.” Affermò.
“Quindi non ti fai solo delle seghe…” Gli domandai ridendo.
“Nooo… quel pomeriggio perché avevo visto tua sorella e mi piaceva molto e se la meritava proprio una bella sega, se no, dipende… cerco qualcuna e se non la trovo vado anche a puttane… con il preservativo si intende.” Puntualizzo: “E a volte all’uscita del disco ne chiavo qualcuna su di giri...”
“Come su di giri?” Ripetei.
“Sì, che ha bevuto qualche bicchiere in più o si è impasticcata …” E rise ancora. Capii cosa intendeva era abbastanza frequente che molti ragazzi e ragazze si ubriacassero e si impasticcassero nelle discoteche. Poi guardandomi come a vantarsi aggiunse presuntuoso sorseggiando: “Sono giovane ma so già chiavare molto bene… e far godere le donne e le ragazze.” E come se riflettesse aggiunse: “E tu? ...ce l’hai la ragazza? ...”
Mi sentii a disagio e abbassai gli occhi: “No… purtroppo!” Risposi.
“Non hai mai chiavato nessuna?” Mi domandò.
“No mai!” Ribattei sinceramente.
Sorrise ancora: “Hai diciannove anni e non ha mai chiavato?” Ripeté ridendo: “Io ne ho quasi 22 di anni e la prima chiavata l’ho fatta a quattordici anni con una amica di mia sorella…” Sorseggiò nuovamente e pronunciò con un sorriso ironico: “Sai almeno come si fa?”
“Per sentito dire e aver visto qualche video sullo smartphone.” Affermai: “Ma nella realtà non l’ho mai fatto.”
“Ma nemmeno a puttane sei mai andato?”
“No… non mi piacciono quelle ragazze lì!” Risposi.
“Ma anche tua sorella è vergine?” Domandò ancora sfacciatamente.
“Non so ma credo di sì…” Risposi.
“Lei 18 anni, tu quasi 19 passati … e nessuno dei due ha mai chiavato?! Siete vergini!?” Esclamò ridendo.
“Ma davvero tua sorella è ancora vergine? Non ha mai chiavato nemmeno lei? Non ha mai fatto sesso? Se è così è proprio un finocchietto il suo ragazzo…” Disse ridendo.
“No, non è finocchietto, lui la rispetta!” Replicai io.
“La rispetta?” E rise di più per poi dire: “Ho capito… vi devo far chiavare io…. A te devo far chiavare con qualcuna, qualche puttanella che conosco… e a tua sorella la sverginerò e chiaverò io, la preparerò io al suo fidanzato finocchietto.” Dichiarò sarcastico.
“Dai Lucio… non scherzare in questo modo volgare e irrispettoso su mia sorella.” Affermai.
Lui rise ancora di più, si divertiva a provocarmi e scandalizzarmi e seppur felice della sua disponibilità a farmi avere rapporti sessuali con qualcuna e mi aiutasse a sbloccarmi risposi:
“Non accetto grazie, a puttane non voglio andare… te l’ho detto non mi vanno quelle donne lì, mamma dice che sono portatrici e attaccano le malattie agli uomini…”
“Ah dice così tua madre? Che le puttane hanno le malattie? …” Replicò risentito. “Ma non lo sa tua madre che le donne sono tutte puttane!?” Esclamò divertito di scandalizzarmi. “Quindi secondo tua madre sarebbero tutte malate…?” Puntualizzando ridendo: “Ma a te ti ci porto con il preservativo… Vedrai, ti farò chiavare io.”
Ma nonostante la sua disponibilità, infastidito di quel discorso, risposi:
“No a puttane non voglio andare…” Ripetei: “…non mi piacciono quel tipo di donne lì.”
“Ehi… non sarai mica un finocchietto anche tu come tanti ragazzi del tuo ambiente e il fidanzato di tua sorella?” Domandò sogghignando sorseggiando la birra.
“No.… no…” Lo rassicurai: “A me le ragazze piacciono è con le puttane che non voglio andare…”
“Eh sei proprio un ragazzo per bene tu… Tua madre pensa di averti insegnato bene, invece ti ha solo rimbambito, messo in testa solo delle idee sbagliate, delle grandi cazzate. Ci penserò io a istruirti…” E corrucciando la fronte riflettendo ribadì: “Va bè, te ne farò chiavare qualcuna su di giri, qualcuna pulita come tua sorella Giulia…” E rise guardandomi di traverso e con una smorfia perfida aggiungendo: “A te come a me piace Giulia… l’ho capito sai…Vero!?”
“Ma no…no...!” Balbettai:” Cosa pensi… cosa ti salta in testa?”
“Dai… non c’è niente di male se ti piace tua sorella, anche a me piaceva la mia qualche anno fa.”
“No… no… stai tranquillo Lucio, a me non piace Giulia come intendi tu! È mia sorella!” Precisai.
Poi sentendo che anche lui aveva una sorella esclamai:
“Anche tu hai una sorella?”
“Sì!” Rispose:” Una bella sorellina come la tua… ora sorellona un po’ più grande di me.”
Poi all’improvviso leggendo un messaggio sul display dello smartphone che si era illuminato, disse:
Ora devo salutarti, devo andare… ho un appuntamento.
Lui pensava che a me piacesse Giulia carnalmente, ma non era così, a me piaceva immaginare che lui la desiderasse e che io potessi masturbarmi a quel pensiero di loro, senza che però avvenisse mai nella realtà. E visto che me lo ripeteva in continuazione, addirittura pensai di lasciarglielo credere che mi piacesse anche in modo sessuale, di modo che smettesse di ripeterlo.
Quel pomeriggio dopo la chiacchierata ci salutammo con il proposito di rivederci il giorno dopo.
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